mercoledì 24 gennaio 2007

Poesie (di Enrica Musio)


IL GRILLO SBADATO,
HA LASCIATO
SUL PRATO
LA SUA GAMBA
DI VIOLINO.


***

NEVERMORE

Ricordo che vuoi da me,
libravi verso un’aria atona
e dardeggiavi un raggio monotono
dove rintrona la bora
noi due che camminiamo al sogno
coi capelli e i pensieri al vento
commovente
quando volgemmo uno sguardo
la voce di oro viva
dal fresco timbro angelico
diede un sorriso
la risposta discreta
devotamente
la tua mano baciai
risuona un brusio incantevole
il primo sì che esce dalle tue
labbra adorate.

(ad Andrea Parato)

***

SOGNO

Dormo,
ma il cuore
veglia,
guarda in cielo
le stelle,
e la barra
infiorata
dell’acqua
al timone.

***

Un solo squillo,
della tua voce senza
epoca
e tutte le
gioiellerie
di questo crepuscolo
rassegnato in
pantofole
si mettono
a lampeggiare
creando
un giorno
nuovo.

***

IL CREPUSCOLO DELLA SERA

La bella sera,
arriva complice
amica criminale
si chiude lentamente
a passi di lupo
e come in una alcova
l’uomo in una belva
si trasforma
oh cara sera desiderata
dal pensatore ostinato
all’operaio ingobbito
si svegliano malsani
i demoni
come fossero uomini
di affari
raccogliti anima mia
e in questo
momento
grave
cerca di chiudere
un orecchio sordo.

(ad Arthur Rimbaud)


***

Spuma un docile stupore,
un implicito segnale scaglia
un aroma di metro in tinta
affina una dissimile conferma
una sapienza irruente
sparsa fama distolta
da ostili immagini
a suono
prediletta a gioia
accolta rispettosa
osservata
una brama nobile
istanza
di una effimera condotta
un necessario eco
da spontaneo
gesto.

***

GIA C’È

Come trama io adopero le ore,
su nel canto soprano
che a noi arriva alterato
senza chiavi di bemolle
pronti allo slancio
così io sto,
ma la memoria ha un peso grave
le scorie ad ancorare di nuovo
come nello spirito delle dermatiti
ogni abbandono mi rendono penoso.
A ripescare dunque rivado,
nelle righe usate delle pergamene
che mi sembrano miei i suoni
e quando li scrivo non lo sono più,
quando credo di inventarli
perché quanto giace li si trova,
che ne è strumento oltre questo mio io
per eludere un libro aperto
la paura invasiva del silenzio oscuro
(e la ripetizione scivola sulla ragione).
E ricercato come un padre,
saresti un Dio, di ogni figlio
freddissimo e abscontitus,
quando solo morti accogliessi
per questo il salmo afferma nel tuo dire:
dei tuoi santi l’incorruzione
– Tu, il vivente,
lodato dai cadaveri non puoi essere.

(ad Alessandro Ramberti)

1 commento:

Alessandro Ramberti ha detto...

Sono lieto di pubblicare alcuni recenti versi di Enrica Musio che esprimono a una poetica semplice, riverberante e immaginifica: "libravi verso un’aria atona /e dardeggiavi un raggio monotono / dove rintrona la bora / noi due che camminiamo al sogno / coi capelli e i pensieri al vento / commovente…"