venerdì 15 febbraio 2008

L’Arcadia di Jacopo Sannazaro e di Lope de Vega

recensione di Vincenzo D'Alessio (G.C.F. Guarini)
via Sala 29 - frazione S. Felice
83025 Montoro Inferiore (AV)

Sono trascorsi esattamente 42 anni dall’uscita presso l’editore napoletano Fausto Fiorentino del saggio, in volume, L’Arcadia di Jacopo Sannazaro e di Lope de Vega scritto da monsignor Michele Ricciardelli.
Nella premessa al volume, il chiarissimo professore Antonio Altamura, filologo, ricercatore del dialetto napoletano, scrittore molto noto nel panorama letterario nazionale, definisce con queste parole don Michele: «Nato in Italia (dove si è laureato in Lettere e giornalismo), dopo la seconda guerra mondiale si stabilì in Brasile, insegnando in diversi istituti superiori. Trasferitosi negli Stati Uniti, vi conseguì il dottorato in Lingue e letterature romanze, che tuttora insegna in Florida, nell’Università di Tallahassee.»
Il resto dell’esistenza di monsignor Ricciardelli ci è nota perché si è svolta in mezzo a noi.
Il saggio critico, che in appendice reca una bibliografia che spazia su tutto il panorama letterario italo-spagnolo-portoghese, è un grande contributo filologico per conoscere gli autori che si sono mossi all’intero del “siglo de oro” prendendo spunti, se preferite proseguendo, dalle orme dei grandi scrittori italiani del Rinascimento.
Scopriamo in questo lavoro che il mito “bucolico”, di derivazione virgiliana, si affaccia in “un mondo fantastico, in cui l’anima del poeta va errando, malata d’amore”. Viene messa in luce la forza della lingua italiana in ambito napoletano, considerando la città di Napoli come luogo privilegiato d’incontro tra la cultura spagnola e quella italiana, sul finire del XVI secolo.
Ricciardelli lavora su un testo letterario che molta critica ha definito “superficiale, leggero, che apporta poche novità”. Invece l’Arcadia di Lope di Vega, partendo da quella di Sannazaro, aggiunge alla tradizione letteraria iniziale, un luogo deputato, che è la Spagna del suo tempo, e innalza i ruoli dei personaggi ai ruoli consoni alle proprie vicende umane e sociali. Quindi è riscontrabile un’autobiografia giovanile di Lope de Vega nei personaggi che si avvicendano nella sua Arcadia.
Il valore filologico del Nostro non si arresta però alla suprema forma critica accessibile solo agli addetti ai lavori. Egli riprende i modelli morali che l’Arcadia di Sannazaro e di Lope di Vega suggeriscono; affronta l’evolversi di quel mondo “aureo” accostandolo alle vicissitudini che l’Arte ha avuto nel corso di quattrocento anni di storia letteraria. Il mondo arcadico è per Ricciardelli il quotidiano, sobrio e umile, che la civiltà umana dovrebbe conoscere. Non un mondo sognato che si frantuma contro i dolori della realtà. Ma un mondo in cui la morale riporti i contemporanei agli antichi costumi e alla Fede degli antenati.
Possiamo cogliere, a distanza di anni, cioè nel 1990, per l’uscita del libro Il minuto più lungo della vita presso il Cento Culturale Orizzonte 2000, fondato dal stesso, il messaggio chiave già avidenziato dal professore Altamura nella premessa al saggio sull’Arcadia. Riprendendolo dai versi del “Pantheon Solophranum” del teologo canonico Antonio Giliberti: «Solofra, che vivano in questo luogo / i tuoi figli continuamente / una vita felice; e nello stesso tempo / rifioriscano i costumi e la Religione / degli Antenati.»
Ricciardelli ha lavorato con “sagacia e misura” intorno ad un autore e al suo testo restituendo all’Arcadia il giusto ruolo che ancora oggi potrebbe svolgere, all’interno di una società contemporanea, dove il travaglio dell’esistere attanaglia l’intero genere umano.
I pastori istruiti, cioè quella parte più lontana dalla partecipazione cittadina, sono gli uomini di ogni secolo invitati al Convivio delle Arti, alla frantumazione della solitudine, all’inversione della tendenza alla sopraffazione dell’altro pur di possedere. Non un testo che invita all’abbandono in un mondo irreale e trasognato. Un testo critico con una lunga ricerca alle spalle che illumina i due autori tra Umanesimo e Rinascimento che riporta ai giorni nostri l’insegnamento e l’invito ad avvicinarsi a quel mondo “arcadico”: vicini alla Natura e alle aspirazioni di un mondo “in pace” con il creato.

2 commenti:

monirec ha detto...

Dico io: anche la foto accanto lo scrive con UNA SOLA ZETA, e lei continua a scrivere SannaZZaro???

Alessandro Ramberti ha detto...

Ringrazio Muflone per avermi segnalato l'errore che ho corretto (spero di non aver dimenticato qualche occorrenza). Alessandro