giovedì 31 gennaio 2008

Se avvenisse che un raggio non scisso (Anita T. Giuga)

«E tu? / Strofinavi la faccia contro i dubbi: / si vede il porto? / È lieto oggi il respiro? / Mi manchi quando ci sei»… si rivolge a un “tu” impellente e necessario la voce di Anita T. Giuga in queste poesie che si allugano in versi ritmati e scorreveli o si rattrapiscono in altri di poche sillabe: c'è dunque un movimento sostenuto anche da una significativa capacità metaforica a tratti giocosoamente ossimorica o kafkianamente visionaria (ergo inquieta).


I
Omero

Ecco Odisseus
Se il tuo destino è partire
Il mio piangerti
Filo che cuce e scuce e ci lega
Sutura di un sorriso:
ti scordo
ti rammento
ti scordo
Sotto il mare – dimmi – chi sogna?
Il mare è di lacrime

II
Leopardi - Freud
Tutto sapevo
O credevo
Tranne il cuore
E intona nella certezza un cielo che non vedo.
Per gli alienati una cura è la ragione…degli altri
Per tutti gli altri - l’una e l’altra cosa - è natura
Quella che scorgesti oltre la siepe
Il giorno che ti lasciai indietro

III
Pirandello
Il ragionato distacco
Delle mani
Dell’abbraccio
Un pianto dirotto
Le gramaglie del lutto
L’esplorazione di un letto
A metà diserto
La donna è mobile
L’uomo il tetto
Viene il crepuscolo – splende sospeso sull’ulivo -
Zoppica il fiato
La luce arretra
L’ombra avanza


Per voce sola

Assoli, scusate l’assonanza,
ma la distanza di luci e suoni concertati è breve.
Voi chi siete?
Pellegrini smarriti
o camminate soltanto?
Non odo risposte,
né tintinnii d’intelligenza
fuggite dunque da noie in-ter-mi-na-bi-li?
E dovrei temere le desolazioni della mia stessa eco!
Ad amarsi respira il confine,
confondiamoci allegramente
è già vita,
seppur rara.



Meditazioni sulla metafisica della presenza

Vedi, ero una stazione
Visitata da treni

A chi lo scambio
A quale sosta l’addio
A volte la meta
Altre sola la scia

Un indice contro il profilo
E l’ombra del rimpianto
A frantumare il binario dimenticato
L’ostia del risentimento per biglietto
E il cielo lontano, profondo e strano



QUOTIDIANA

I
Il giorno va e torna
lascia la luce indietro e procede verso il mattino
a questi odori di zagare e gente ammassata sulla costa ho consacrato contemplazioni
scelte di mezzo
non di mare né di terra.
Ma tu, che sacramenti all'immobilità il suo tedio
lava la lingua imbastardita nell'arsura dei meriggi
ingessàti di bianco e cenere,
nel sudore pungente che riga spasmi di polvere
nelle pigre mosche che ronzano Kant e Pessoa

II
Di quel che vedo:
dopo il corpo le ombre.
Acqua e sale per tutti i pasti brevi.
– Aspettare che la sera si faccia più morbida e potermici distendere;
augurare al vicino pensieri collinari per raccapezzarmi nel paesaggio di tutti e quattro gli occhi –
Un credo e il Pater degli infedeli,
con la farina di semola sulle dita a consumare il sole meridiano
e gerani
sul davanzale.
Ripetevo della nostra fortuna
- un'aspra consolazione per piedi frettolosi -
E tu?
Strofinavi la faccia contro i dubbi:
si vede il porto?
È lieto oggi il respiro?
Mi manchi quando ci sei

III
Ci sarà il tempo per stendere un velo
Sopra quegli occhi
Che già offuscati si stringono
E lasciare i pensieri ai passi che contano
Una numerazione impropria
Eppure sciolgono i nodi nel ritmo del cammino
Solo per dispari è permesso un respiro lungo
Una pausa nel lavorio dell’ombra
Un placido soccombere
Al viso sotto il velo
Non resta uguale né l’anima
Né la maschera


Salotto d’ombre


All’alba,
non è ancora l’alba, potrebbe…
se avvenisse che un raggio non scisso,
si frantumasse sulla pelle arlecchina (!?)
Il bacio della notte sotto i riflettori
È già sfavillante falò di vanità
Oscura il sole latitante e riscalda
Di fuochi artificiali.
Dimmi del tempo: è bello? Tossisce?
Di me non ti curare.
Dalla grata della mia finestra raggiungo abbastanza;
È già troppo vero guardare al di qua, dentro il cortile dei frutti caduti.
La notte alle porte, i palmi annaspanti, la quiete apparente.
Non vuoi parlarmi, suggerirmi un pasto di frivolezze, di minuzie?
Lo so, lo so, va da sé che scuci e ricuci possibilità di pace.
Voltati, a sera sincerità non rischia molestie.
Ieri era solo un salotto, un salotto d’ombre.

***

Sacro e presto
Sacro purché non mio
Sarò
così straparlando vi guardo guarendo
Nel senso della poesia
Vago alimentando l’io



E se nell’aldilà

E se nell’aldilà, appena defunti,
fosse tutto uguale a prima.
Con la sola differenza che non moriremo più.
E se ritrovassimo strade e palazzi,
la nostra porta di casa e il nostro letto,
il bucato da fare e la spesa da comprare.
E se nell’aldilà, gli stessi rancori e livori, gli abbandoni e gli amori disordinati,
la luce fredda di gennaio e il crepuscolo sulle foglie dell’olivo, non fossero che più lenti…
Ruote che girano su se stesse.
E se nell’aldilà ci fosse la disoccupazione e la cassa integrazione.
Se il corpo invecchiasse indefinitamente?
Certo non ci sarebbe il lutto, ma le liti con tua madre e tuo padre,
il capo ufficio, il panettiere che pesa un po’di più la sua merce…
quelle cose continuerebbero ad accadere.
La malattia che di sorpresa ti dimostra che ci si può fermare e capire, quella no, non più.
Ma poi il vicino tiene lo stereo troppo alto, e ad una promessa segue uno svogliato rimando.
E se le tue ossa facessero ancora male per l’umidità e chi dice “vado” non tornasse indietro.
Se fosse proprio tutto come adesso, nel tuo presente, nell’imminenza dell’attesa…
Come vivresti l’ora, il tuo destino, il giorno eterno e il suo risveglio?



Anita T. Giuga è critico d’arte, indipendent curator, insegnante di Teoria della percezione e Psicologia della forma; organizzatrice di eventi di promozione artistica e letteraria, sta attualmente collaborando con il dipartimento di Estetica presso l'ateneo siracusano. Ha partecipato con docenze e seminari alle attività del dipartimento di Psicologia dell’Arte del DAMS di Bologna e ha insegnato all’ABA di Bologna. Dopo aver vinto diversi premi minori di poesia e prosa poetica (Fara Editore ed. 2007) ha pubblicato il romanzo Il padre manca per la A & B Editrice, insieme a Egidio Cacciola.

http://tania-giuga.neurona.it

Incontri con poeti a Milano feb 2008

Alla Casa della Poesia
Palazzina Liberty di L.go Marinai 1
Ingresso libero

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Giovedì 7 febbraio 2008 ore 21

"MARE SCRITTO" DI ALESSANDRO SERPIERI

A cura di Tomaso Kemeny

Uno dei massimi anglisti viventi, teorico eminente della letteratura e della scrittura drammatica, traduttore di Shakespeare per la scena italiana, Alessandro Serpieri (Universitࠤi Firenze) evidenzier࠮el suo romanzo Mare Scritto (Manni, 2007) un tracciato esistenziale simbolico atto a restituire all'uomo contemporaneo tutti i suoi diritti alla felicitࠥ al libero uso della memoria e delle passioni.
L'attore Franco Sangermano legger࠰assi del testo dove la scrittura offre la raffigurazione del mondo sotto l'aspetto dell'avventura, del tragico e del meraviglioso.

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Martedì 12 febbraio 2008?

ore 18

Andrea Cortellessa presenta
fuoriformato. Collana di testi contemporanei

a seguire:
Emilio Villa, Attributi dell'arte odierna (1947/1967), nuova edizione ampliata a cura di Aldo Tagliaferri (Le Lettere, 2008)
Ne parlano Cecilia Bello Minciacchi, Andrea Cortellessa, Claudio Parmiggiani, Marco Vallora e il curatore

ore 21

Cecilia Bello Minciacchi presenta Marco Giovenale, La casa esposta (Le Lettere, 2007)
Laura Pugno, Il colore oro (Le Lettere, 2007)
Saranno presenti i due autori e il curatore della collana Andrea Cortellessa

Coordina Alessandro Broggi

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Segreteria e Ufficio stampa: Elena Andreani e Patrizia Burgatto?
E-mail: segreteria@lacasadellapoesia.com
Tel: 3389928288
www.lacasadellapoesia.com

scuola di poesia 7

l'amore “oceanico” di Gabriele, e verbale, nell'Onda – come Gabriele ride, e come ride di noi: una piccola morale, a nostro uso – il sacro, altissimo, nelle Ottave di Mandel'štam – il nuovo è più vecchio del vecchio – ancora sulle "piccole cose", nel trattamento eccezionale di Cristina Annino - e altri Nomi alti

lapoesiaelospirito.wordpress.com/2008/01/30/altri-libertini-scuola-di-poesia-7

con ogni bene, sempre
massimo

Bando Poesia di Strada 18-5-08



XI Edizione

a cura di Alessandro Seri e



REGOLAMENTO

Art.1 Possono partecipare al Concorso autori italiani o stranieri ovunque residenti.

Art.2 I testi devono essere in lingua italiana.

Art.3 Ogni concorrente partecipa obbligatoriamente con tre poesie a tema libero di non più di 30 versi ognuna.

Art.4 Le poesie devono essere inedite.

Art.5 Gli elaborati devono essere inviati in n.1 copia esclusivamente via e-mail al seguente indirizzo: poesiadistrada@email.it entro il 18 maggio 2008.

Art.6 La partecipazione al Concorso non necessita di quota d'iscrizione.

Art.7 Con i testi devono essere recapitati i dati riportanti: cognome, nome, indirizzo e numero telefonico e recapito email. I dati verranno trattati in accordo alla legge 675/96 e per il solo scopo del concorso. Titolare del trattamento è l'associazione culturale LICENZE POETICHE.

Art.8 Gli elaborati in concorso verranno presi in esame da una Giuria che sceglierà i 10 autori finalisti. Una poesia per ogni finalista (su indicazione dell’autore finalista) verrà riprodotta su tela da noti artisti ed esposta nell’ambito di manifestazioni culturali nelle città della provincia di Macerata e non. I vincitori saranno esclusivamente proclamati in base alla valutazione di merito espressa dalla Giuria. Ci sarà anche un premio minore per il testo riprodotto maggiormente votato durante la votazione popolare che si svolgerà nel corso delle esposizioni delle tele.

Art.9 I 10 autori finalisti verranno premiati in settembre (data da definirsi che verrà comunicata ai finalisti e pubblicata a mezzo stampa e sul sito web www.licenzepoetiche.it) in occasione della IV edizione del RAMPE PER ALIANTI Festival che si terrà nello splendido scenario del Castello della Rancia di Tolentino. Sarà Cura dell’organizzazione avvisare i vincitori tramite telefono o e-mail.

Art.10 I primi tre autori classificati e la poesia preferita dal voto popolare verranno premiati con opere d'arte e/o buoni acquisto. Tutti i finalisti entreranno a far parte dell’antologia dell’XI edizione del premio pubblicata dalla Wizarts Edizioni con i commenti critici dei giurati. Inoltre i finalisti verranno premiati con diploma d'onore e libri.

Art.11 Il giudizio della giuria è insindacabile. La partecipazione al concorso concede all'Associazione Culturale LICENZE POETICHE la facoltà di utilizzare i testi per una eventuale successiva pubblicazione.

Associazione Culturale LICENZE POETICHE

Il corpo dissonante: cinque poeti brasiliani contemporanei

Poesia in lingua portoghese amata e promossa da un editore Svizzero – alla chiara fonte di Lugano – e da una poetessa Svizzera, Prisca Agustoni, che in Brasile si è trasferita dopo avere conseguito una laurea in lettere ispaniche e filosofie in quel di Ginevra.
Il Corpo dissonante è l’offerta di cinque poeti nati “poeticamente” negli anni ’80 proprio mentre il Brasile è ancora attraversato da una moltitudine di “correnti” poetiche (l’estetica avanguardista della Settimana di Arte Moderna del ’22 – la poesia oggettiva di Joao Cabral de Melo – Carlod Drummond de Andrade – la poesia sociale degli anni ’60) e mentre è ancora in vigore la dittatura militare iniziata nel 1964.

Cinque poeti originari di Juiz de Fora, città del Minas Gerais, sul confine con lo stato di Rio de Janeiro, più nota forse per avere dato i natali a Murilo Mendes che abiterà per lungo tempo a Roma.
Cinque poeti che pur essendo diversi per dettato, operano moralmente assieme confrontandosi, criticandosi, portando avanti un discorso sempre comune tanto che dal 1983 il gruppo editerà la rivista D’Lira che pubblicherà testi inediti di tutto il Brasile, sia poeti a loro legati, che appartenente invece alle diverse “correnti” o estetiche allora vigenti.
Ciò che a noi può sembrare un discorso apparentemente locale, focalizzato in un determinato punto minuscolo di una terra-continente, si rivelerà invece un fenomeno di portata colossale, seppur cresciuto lentamente, passo a passo, lontani quindi dall’esplosione massmediatica che di tutto fa moda e che tutto dimentica e lontani anche dai centri “istituzionali” della poesia.

La nota di presentazione a firma di Prisca Agustoni bene illustra la situazione poetica in Brasile negli anni ’80 con raffronti rispetto “ai nostri cinque”. Questi ultimi sono inoltre presentati con una stringata ma efficacissima analisi in rapporto a potenziali influenze o rispetto alle “correnti” alle quali abbiamo accennato poco sopra.
Segue – nelle pagine dedicate – una generosa offerta di testi e una nota bio-bibliografica per ciascun autore.
Segnalo inoltre – per eventuali approfondimenti – il pregiatissimo articolo Poesia Brasiliana e Portoghese (sempre a firma di Prisca Agustoni) apparso sulla rivista Semicerchio (XXXV, 2006).



Il corpo dissonante – cinque poeti brasiliani contemporanei
Eustáquio Gorgone de Oliveira – Júlio Cesar Polidoro – Fernando Fábio Fiorese Furtado – Edimilson de Almeida Pereira – Iacyr Anderson Freitas -

a cura di Prisca Agustoni
(con testo a fronte portoghese – italiano)
Collana volgere, pp. 76, Lugano, Alla Chiara Fonte, 2008


edizioni alla chiara fonte
via degli Orti, 17
CH 6962 Lugano Viganello
chiamavals@ticino.com
Fabiano Alborghetti

mercoledì 30 gennaio 2008

Poesie in forma di rosa (Cosimo Caputo)

commento a margine della raccolta di poesie di Antonietta Gnerre Fiori di vetro
(pubblicato su «Il Sannio» del 24-2-08 v. qui)

In un mondo sempre più cinico e materialista – dove tutto si misura in termini di do ut des – qui risuona la gratuità del suono, della parola, del ritmo, dell’incanto di sillabe. Sgorgano faville come dono di una intimità vertiginosa; tra l’io e il mondo sorge una premonizione di rugiada: è lo stelo di un fiore che si incarna in una promessa d’amore.
Se il “compito dell’arte è trovare una forma che accolga la confusione” (S. Beckett), Antonietta Gnerre vi riesce nel momento in cui rimette in sesto i cocci dell’esistenza, trasfigurandoli nella dignità della luce «Tutto prende forma / nelle mie pupille / d’invenzione » (pag. 13), nell’attimo in cui sostanzia – per dirla con M. Heidegger – “un poetare originario e primitivo”, tra il rigore della geometria e la leggerezza della fantasia.
Parole che risalgono in gola, pronte a germogliare e a ridare un significato più profondo a ciò che spesso si presenta opaco e assurdo “Solo un artista può indovinare il senso della vita” (Novalis ).
È una fresca ventata di grazia che pare rinnovarsi ad ogni pagina di questo libro così delicato e prezioso. Un unicum di immagini, visioni, intuizioni; un affidarsi alla bellezza al fine di esorcizzare il vuoto, di rintuzzare l’inverno dell’anima, di recuperare la sacralità delle cose.
Il mondo è visto sub specie aeternitatis. Frammenti che diventato scarti di bellezza, lacerti di una pietas che affratella gli esseri umani. Dettagli di cronaca e squarci di metafisica che presentano una innegabile potenza simbolica « Sarà il mio cuore / seduto sulla ruota delle acque / a svelarmi il futuro tra le rose / fasciate negli scaffali di vapore» (pag. 47).
Con Seamus Heaney, potremmo dire che l’Autrice: “Dà credito alla poesia” , affilando le armi per una resistenza attiva fatta di sentimenti, emozioni, atti di carità quotidiana e facendo scaturire un canto che diventa coscienza dolorosa del proprio tempo. Un grido ancestrale e veemente che proviene da immemori radici, da nidi siderali, dalle province più remote dell’universo «Vicino alla luna allacciata al / vento dei girifalchi consumo / zuppe di versi» (pag. 84).
Vincastri, spirali, ghirigori, cerchi, labirinti, nodi, rami, foglie, sassi, cupole, ecco le evoluzioni di corpi che ricevono una spinta verso l’alto e che si inarcano quasi a forare la volta celeste «qui io le guardo / arrivare tra le mani / contro un cielo di vetri» (pag. 65).
La nostra poetessa ha la capacità metaforica di collegare entità disparate, elementi che appaiono a prima vista discordanti tra loro; insomma, con abilità e maestria sa miscelare quelli che Ferlinghetti definisce “gli ingredienti di tutti i giorni”.
E infatti nella sua lirica nulla vi resta escluso: la terra e i luoghi fisici della memoria, gli oggetti e gli utensili, gli studi e la fede, il privato e le relazioni sociali, i rimpianti e le attese «coriandoli d’osso sullo stampo / delle attese» (pag. 55), i tormenti e i sogni «m’inchiodano i sogni indifesi / tra le ciglia bruciate / come farfalla di rame» (pag. 83) – «Rimango a volte / nei ricordi irrequieti di questa terra / a sognare nuove onde di stagioni» (pag. 90).
Dal suo caleidoscopio emerge un fiorire di linee, punti, tracciati, ascensioni; quasi una nuova percezione dell’Essere e dell’esistenza che riapre orizzonti di speranza, con il supporto di ardite costruzioni linguistiche «nelle linee incartate dal sonno / il tempo dei giardini fioriti / è serrato sul catrame ai piedi dei pini / nel sud dove le curve dell’erba / risalgono gli ulivi selvatici/ sul tramonto del cuore» ( pag. 85) – «senz’ombra per la scialba luce / come cani sotto i ponti della storia / filtrano i poeti lo stupore veggente / con l’ascensore delle parole / sognano nel tempo / dei bruchi / sorpresi dal colore / dell’erba nella clessidra / aspettando la flora del motivo» (pag. 93) e di altisonanti allegorie «la farina si srotola / pettina sugli orti / il raccolto dei cristalli» (pag. 61).
Una irruenza lirica che si avvale di misteri e di allusioni, di fiducia e di sfinimenti «l’inverno/ di questo/ mondo / consuma / la mente» (pag. 81). Lapilli e cenere, impegni ed oblio «chiusi nei lunghi meriggi in sacchi / dimenticati come fiori di papavero» (pag. 21).
La dimora e l’esilio. Identità ed esproprio, appartenenza e spersonalizzazione «oggi ritorna / sui veli secchi / di sambuco / il tuo nome / nel sogno / si felpa / s’apre / oltre l’universo / giocando a dadi»(pagg. 63-64).
Antonietta Gnerre, pur rimanendo inchiodata alle proprie radici, tenta di spiccare il volo verso un altrove reale, concreto e – al tempo stesso – utopico, immaginifico; resta in lei un qualcosa di inespresso, un antico pudore che relega il tutto in un paesaggio umbratile e trasfigurato, con una natura quando palpitante e vitale, quando pietrificata, immobile, imperturbabile.
L’Autrice è una creatura debole e ferita, ontologicamente impotente ma che dispiega “le sue ali di gigante” (Baudelaire) per un’opera che sfida l’insignificanza, la mediocrità, le brutture del mondo.
In conclusione, in Fiori di vetro sembrano risuonare gli echi di una poesia al femminile (E. Dickinson / Sibilla Aleramo/ Alda Merini/ Amelia Rosselli/ le poetesse russe) alimentata da fuoco sotterraneo e da energia tellurica.
Un’ ebbrezza panica che riavvolge il tutto in una disperante mitezza, in una magica forza evocativa.
Una solitudine feconda e visionaria capace di aprirsi al numinoso e al sapienziale.
Mani di frumento, colline di ulivi, stelle invisibili, zolle disossate (alla prima luce dell’alba o nella penombra della sera) fanno da sfondo ad un dettato doveroso, umile e sincero in un’avventura linguistica ed esistenziale – come quella di Antonietta – ad un tempo estetica ed etica, simbolica e morale, con versi che si fanno lievito per il pane della festa «Tra le cornici aspetterò / i tuoi amuleti il tuo pane / azzimo» (pag. 28).

Cosimo Caputo

Gladys Basagoitia a Tolentino 31-1-08

ALL’AUDITORIUM DELLA BIBLIOTECA FILELFICA
INCONTRO CON LA POETESSA GLADYS BASAGOITIA
E PRESENTAZIONE DEL LIBRO LA CARNE / EL SUEÑO



Marco Di Pasquale presenta l’esperienza umana e letteraria di una scrittrice peruviana emigrata in Italia.

Giovedì 31 Gennaio 2008 alle ore 21.30, per il ciclo di serate con la letteratura Abbracci di culture, nell’Auditorium della Biblioteca Comunale Filelfica si terrà l’incontro con la poetessa peruviana Gladys Basagoitia, promosso dall’Associazione culturale “Licenze poetiche” con il contributo ed il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Tolentino.
In questa occasione avrà luogo la presentazione, a cura di Marco Di Pasquale, dell’ultimo libro pubblicato dall’autrice, La carne / El sueño, uscito per i tipi di Fara Editore di Rimini.


Gladys Basagoitia, di origine peruviana, da molti anni stabilitasi in Italia, svolge molteplici attività nel campo della letteratura ed oltre a scrivere poesia è performer e traduttrice. Premiata più volte in importanti concorsi nazionali ed internazionali, le sue poesie sono state pubblicate in America Latina, negli Stati Uniti, in Portogallo ed in Italia, dove appaiono in importanti antologie. Tra i suoi numerosi libri: Peces Ebrios (1969, Premio J.M. Arguedas), Il sorriso del fiume (1995), Acquaforte (2003, Targa del Parlamento Europeo).
Nell’ultima raccolta La carne / El sueño, i versi “due mondi in lotta / le perverse incantevoli cugine / ognuna vuole il predominio / palabras parole”, aprono la sezione «Dire l’indicibile» e ci introducono nella poesia di Gladys Basagoitia: fare delle parole un ponte tra la cultura sudamericana e quella italiana (e il testo a fronte ci rivela comunanze e differenze, anche nella musicalità dei versi, fra queste “cugine”), fra le ragioni del corpo e quelle del cuore (“dialoga la mente con la carne”), fra la parola ed il silenzio che la genera, fra espressione e senso/sentimento che pur nella sua imprendibilità viene con forza evocato (“dire anche l’indicibile alzare le mie note”). La poesia rende dunque possibile gettare un ponte tra due mondi, tra visibile ed invisibile, ed è assolutamente necessaria in quanto “tutto ciò che scrivo / in me è un violino che piange”.
A dispetto e oltre la sofferenza della carne, la poetessa conserva intatti i propri sogni, le emozioni, l’entusiasmo e la meraviglia, offrendoci mani tese e braccia aperte “per baciare il cuore degli incontri / vivendo in una vita mille vite”, ricordandoci che soltanto i sogni “sono l’energia della speranza”.
La manifestazione è l'ennesimo tassello che Licenze Poetiche aggiunge all’attività già consistente portata avanti dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Tolentino, volta all'approfondimento culturale dedicato alle tematiche dell’integrazione tra le diverse culture e i popoli. Questa iniziativa si inserisce inoltre in un più ampio progetto di analisi di queste problematiche anche dal punto di vista letterario, durante gli incontri di lettura che si svolgono a cadenza mensile sempre nelle sale della Biblioteca Filelfica, e che vedranno protagonista, mercoledì 13 Febbraio alle ore 18.30 il romanzo “Neve” del Premio Nobel turco Orhan Pamuk.

Abbracci di Culture – incontro con l’autrice Gladys Basagoitia
Sede: Auditorium Biblioteca Filelfica, Largo Fidi, Tolentino, ore 21.30
Ingresso gratuito
Info points: Ufficio Cultura Comune di Tolentino 0733.901326 - Biblioteca Filelfica 0733.968670
Licenze Poetiche 349.5753241 www.licenzepoetiche.it – licenzepoetiche@email.it
Ufficio Stampa: Luca Romagnoli tel. 335.475004

martedì 29 gennaio 2008

amazonas - un ambiente (Laura Pugno)

«un nastro di uccelli fa moebius», «trova a terra / il corpo di una scimmia grande / scuoiato»…
sintassi frantumata nel ritmo sincopato, immagini vivide e come su schermo, inquadrate nell'attimo giusto, fatte scorrere con una tecnica che sa ben dosare le pause: gli intervalli sono pilastri del messaggio poetico di Laura Pugno, inquieto e intelligentemente decisivo: «con questa profonda // capacità di scomparire»



amazonas

un ambiente


allatta
una scimmia cucciolo
dalla pelliccia d’oro,
trova a terra
il corpo di una scimmia grande
scuoiato

senti che si muove come foglie o
passi sulle foglie
ha i seni fuori –


un nastro di uccelli fa moebius
in alto e nel grigio –




poi mastica parola-cerbottana,
uccide
la scimmia
lo guardi
disteso su un intreccio
che trasportano sollevano da terra




quelli che compaiono-scompaiono,
che abitano la mente,
non-contattati

non visto,
così è che lo vedi
per la prima volta
da un intreccio


di rami e foglie contenenti acqua
larghe, carnose-
cave
masticano a lungo la parola
la carne di scimmia prima
di metterla in bocca




ti troveranno,
se cercano,
se entrano tagliando
non può durare,
sono
sparsi e
accerchiati,
nel folto
lungo l’acqua fangosa
mescolata con corpi,
con foglie




di nuovo perdi i sensi
e sei portato
via perché ti salvino
con questa profonda

capacità di scomparire



Trovate notizie di Laura Pugno nel suo sito www.laurapugno.it

lunedì 28 gennaio 2008

Alberto Mori a Radio Alma - Bruxelles


nella trasmissione Brusellando
sezione LA TELA SONORA

trasmissione del 25 gennaio 2008
click here

v. scheda di Raccolta, fresca di stampa

Coop trasnazionale poeti a Bologna 12-4-08

Carissima/o,
eccoci qui come promesso a batter cassa. Stiamo procendendo esattamente secondo i piani (la scaletta che ci eravamo proposti era fine gennaio).

La quota come sostenitore di anarchica e' di 30 euro. Più che una tassa è un esperimento. Vogliamo dimostrare che noi (poeti, scrittori, fotografi, pittori,ecc.) possiamo trovare forme di aggregazione culturale alternative a quelle tradizionali/istituzionali. La scommessa è di far lavorare il più possibile la fantasia per far sì che queste forme diventino veri canali di scambio e crescita reciproca. Il villaggio globale è una realtà. Ci organizziamo attraverso e-mail ed sms. Il mondo degli affari organizza le sorti dell'economia mondiale con le videoconferenze: noi dobbiamo fare lo stesso. Sfruttare il mezzo per i nostri fini, machiavellicamente. Non so se riusciremo ad avere impatto culturale, ma intanto abbiamo organizzato - anche grazie alla rete di anarchica - questa bella giornata all'università di Bologna (12 aprile). Se puoi vieni, è la prima opportunità per conoscerci personalmente e progettare insieme nuovi modi di fare poesia ed editoria. I tuoi soldi finanzieranno anche il bellissimo sito curato da Barbara Delfino e Miles Faber. In questa vetrina virtuale potremo inserire il nostro materiale che verrà poi diffuso in maniera rizomatica attraverso iniziative e progetti a respiro internazionale. Aderisci ora e potrai dire “io c'ero”...

Il tesoriere per l'Italia sarà Guglielmo Stabile
e potrete versare la somma richiedendoci le coordinate bancarie anarchica@gmail.com
--
www.anarchica.net

Enrico Besso e gli Anni di vento

di Davide Argnani

Anni di vento è il certificato di identità di un libro di poesia assai originale e interessante. Indurre subito a fare questa constatazione è lo stesso titolo che rappresenta, se così si può dire, una unione di simboli capitali dell’Essere. Intanto perché il significato del primo fonema stabilisce il concetto di Tempo e quindi il senso enigmatico di finito-infinito, mentre poi il secondo suono di testata, il ‘vento’, ora sobrio ora capriccioso, ne è contraltare visionario dell’essenza in movimento. Un’opera che si legge tutta d’un fiato, senza distacchi o intercorrenze da testo a testo, in quanto tutta la raccolta è unica simbiosi poematica. La poesia di Enrico Besso contiene la suggestione di scavare, attraverso un proprio linguaggio personale, nell’anima e nella coscienza del sentimento negando ogni sentimentalismo. Attraverso la ricerca illuminante della parola e la riscoperta di un vocabolario frizzante, musicale, distillato, il poeta esplora senza ritegno il labirinto dell’inconscio prendendo atto della dimensione storica ed esistenziale nell’incrocio tra dolore e gioia di vivere fin dalla prima poesia del libro, che recita così:

Più forte già di me
del mio dolore,

nel cerchio di un inutile frammento,

il male, infame,

viene pronunciato a mezzabocca,

quasi sottovoce,

– che a dirlo forte forse ti contagia? –


Quando sorrido a cielo aperto al giorno,

nell’ora scarsa d’ambra del mattino,

il mio tumore appare all’orizzonte

s’accende lentamente

e mi riscalda.


La parola si dilata in un racconto di vita inframmezzato dagli eventi e dalle aspirazioni alte e cruciali:

Erano gli anni della pasta e sarde,
del falco pecchiaiolo in Aspromonte,

delle ginocchia sporche e spelacchiate,

del gracidare greve dei bufoni


(da Un ragazzo antico di Calabria)

e poi nella constatazione d’amore, il sentire profondo e sincero, pur nella dimestichezza costante del dolore, forte come nei canti d’amore del vecchio e sempre giovane J. J. Prévert, nei versi della poesia Nafta & Lina a pagina 50:

Eppur V’amo di questo amore immenso,
di questo amore tenero e pulito,

di questo sentimento senza senso

che par far da contorno all’infinito

Ma ancora i dilemmi e i demoni accidentali fanno di questo surrealismo polpóso, prégno di cromatica materia, un vero e proprio condensato di umana saggezza e coraggiosa rivolta contro ogni inganno. La parola, nella poesia di Besso, sembra scagliare pietre alla luce, pur nell’intensità d’amore che tanto sensibile s’innesta in un discorrere colloquiale da verso a verso. Ribellione e reazione al disincanto di un sogno che ha tradito ogni certezza o illusione. Insomma ecco un rapporto tra poesia, scrittura e vita, fra speranza e circospezione, disincanto e ‘chiaroscuri’ perché ‘nel falsovero è la verità delle bugie’ e il poeta non si adagia mai. La vita è dolore, è piacere, è gioia, è illusione e illuminanti utopie. In queste poesie ci sono grumi di vita ma anche quel senso di dissoluzione come spesso ci insegna l’opera di Vittorio Sereni, soprattutto nei suoi ‘strumenti umani’. Insomma l’avventura della vita è un frammento di sole, è una tempesta improvvisa che quando giunge mugghia come un toro infuriato colpendo qua e là senza requie, proprio come canta Giacomo Leopardi in questo suo ‘frammento’:

Pure il vento muggia nella foresta,
E muggia tra le nubi il tuono errante,

Pria che l’aurora in ciel fosse ridesta.

O care nubi, o cielo, o terra, o piante…



Anni di vento è un’opera che lascia sospesa ogni risposta ma che dimostra, in ogni parola, di voler affermare senza condizioni i valori profondi dell’anima umana anche se la certezza è sempre quella di un altrove, di un senso incerto della realtà che non è mai qui e ora ma fisso in quell’occhio tenebroso del Corvo di Edgar Poe. Ecco allora la misura di un tempo che è da essere, che sarà quell’infinito sconosciuto che una realtà avara e arbitraria ‘sbrinchia di rabbia anche il cielo’ e non lascia illusioni. Ma il poeta non si lascia incantare dall’ “immobile stagno” preferendo mormorare sillabe ‘coi duroni alle mani’ come ‘la vecchia contadina’ che “passa le ore e i giorni / a cardare la vita, / bisbigliando nel vento.”
Ci trovo Leopardi, la morte, e la vita, le pulsioni esistenziali che non danno tregua, spinte dal vento, e che significano amore, allegria, malinconia… Un’isola umana, concreta, saporosa, e una poesia impossibile da citare perché è una poesia da leggere tutta insieme, come un poemetto tragico, trafitto d’amore e di vita e squarci di luce e di gioia.
È una poesia di innovazione linguistica o comunque una poesia che resta appartata dai luoghi comuni della scrittura contemporanea, ma senza disdegnarla, ben disposta, giustamente, a conservare la propria autentica valenza. È una innovazione linguistica dettata, in notevole misura, dalle ricerche della massima naturalezza e possibilità di scatenamento dell’espressione verbale. Una poesia che coinvolge e allo stesso tempo ti allontana riportandoti a convivere con quella asprezza metaforica delle grandi passioni che sanno ben ponderare ogni sogno.
E il poeta ce lo confessa con la bellissima copertina azzurra del suo libro, un cielo intenso con nuvolaglie portate dal vento, scarmigliate, e il vento della vita, dell’esistenza, di umori e di amori. Anni di vento è un’opera che trovo rara sia per il linguaggio così magmatico che per la sincera disponibilità colloquiale del poeta ripulita di ogni retorica autoconsolatoria.


Enrico Besso è nato a Rivoli, in provincia di Torino, l’otto dicembre 1957, e attualmente vive a Catanzaro Lido, dove si dedica a tempo pieno alla gestione dei siti web: www.poetilandia.it e www.poetilandia.com. Nel 1991 ha pubblicato, in edizione fuori commercio, la prima raccolta di liriche dal titolo Cantando e quindici anni dopo, nel 2006, Anni di vento.

da Anni di vento di Enrico Besso

*

Più forte già di me
del mio dolore,
nel cerchio di un inutile frammento,
il male, infame,
viene pronunciato a mezzabocca,
quasi sottovoce,
– ché a dirlo forte forse ti contagia? –

Quando sorrido a cielo aperto al giorno,
nell'ora scarsa d'ambra del mattino,
il mio tumore appare all'orizzonte
s'accende lentamente
e mi riscalda.

*

Sorpresi a declinare amori stanchi, noi,
uomini di una stagione sola,
nel – fumo uccide –
ché la vita invece anche,
col capoufficio che ti tocca il culo
e tu che – non l'ha fatto apposta! –,
viviamo di candeggi in lavatrice,
un euro d'enalotto nelle tasche
e l'agenzia di viaggi nelle scarpe.

*

Smorendo al cigno della sofferenza,
il male, sgomita derive
e làcera cenacoli di sedie vuote,
prede intessute alla stessa ragnatela.

Poiché, noi, figli siamo di un’icona
– un michelangiolesco cristo in croce –.

*

S'annotta a strati chiaroscuri,
il giorno in fuga dalla cieca voce al muto sguardo,
sordo, all'onda immane,
traligna incerto nei sudari senza nome.

*

Scrivo a braccio, sul braccio,
o forse è meglio dire
ch'è il braccio che mi scrive,
spesso monco delle parole che non sa contare
– a undici si stacca –.
Sordo al ritmo
(non può essere altrimenti!) degli accenti
e muto in quarta, ben venga,
trapuntato in quinta.

Il poeta scrive coi piedi,
non tutti i poeti, vero,
ma la figura rappresenta il tratto
e a me, stasera, puzza la parola.

*

E lavala tu questa poesia,
con un riflesso assonico di luce,
un po' d'azzurro strappato dal cielo,
l'atarassia dell'animo felice.

Stendila nell'assolo di una stella,
sulle tre corde della balalaica,
tra le coccole rosse dei ginepri
e nel profumo della violacciocca.

Stirala a fuoco lento sulla brace
con lamine cromate di vibrafono
e infine indossala come calendula
sanguigna e vai controvento all'inferno.

*

In quell'andare a struscio muro d'ombra,
sfugge, tra un battito di ciglia e l'altro,
l'ora del giorno che si appresta a sera
e mi dolora, genuflesso,
l'ansia nel dormiveglia tra la pietra fredda
e l'incartare del sole
in persiane rigate a coltello dal vento.

Come il muso del cane, che mi somiglia,
scompiglio l'ombra a questa vita morta
nel segno dei miei denti sulla mela.

*

Di quell'ossuta mano a ravviare, lenta,
l'azzurrità del cielo, madre,
ho qui davanti a gli occhi il gesto stanco

e a mezzasera,
in questa attesa assurda della fine,
pare appoggiarsi, fredda, alla mia spalla.

Fuori, avanza svelto,
il passo silenzioso dell'autunno.

*

Dicotomie di amori in bancarella (un mazzo dieci euro)
e a calci e spinte e ghirigori farsi largo al cuore,
ché avvicinatevi signori, noi, svendiamo proprio tutto
anche quel misero pudore che ci resta.

Amori freschi, appena colti, sguardi che se prendi tre,
rischi di pagare mille volte d'averne lasciato uno
e poi sedie vuote e posti a tavola per chi non c'è,
non ci sarà mai più.

Solitudini, listini senza prezzo su ricordi stinti
come quei jeans che non ti vanno
e odio per le buste della spesa,
per le comari a contrattar lo sconto,
ché Marianeve, lei, non ha mai detto una parola
e cucinava bene.

*

Conosci questo passo lento, notte,
e la tua solitudine è la mia.

Come ortica di mare sfuggo l'onda,
quest'avido tempo senza memoria,
queste pietre che traspirano angoscia
e questa penna senza fantasia.

Ed io vorrei potere farmi foglia
per mordere l'acqua chiara d'ottobre
e diventare aeroplano di carta
per bestemmiare più vicino a Dio.

Dipoi disfarmi in rucola selvatica,
spicchio di limone agro nel the
e sabbia, sale, vento e infinità,
nel cielo che si fa di rame io ...

*

Sferza la pula al viso forte il vento
e di granaglie l'umido sapore,
tra vagolanti stelle dispettose,
nel cielo stinto con la varecchina.

Ti ho vinta ai dadi tanto tempo fa,
fuori pioveva l'acqua di settembre
e l'abbuzzire dell'età sul seno
già s'accosciava al buio della strada.

L'Italia – casachiesa di puttane
nel tuo parlare così tanto strano
e il pane nelle patte sbottonate
sapeva della casa in Albania.

Adesso non è facile spiegare
perché ti porto i fiori al cimitero.


Un soldatino blu

Papà, stammi vicino,
tienimi forte stretto a te,
ritorna insieme a me un po' bambino,
giochiamo ancora a fare il karatè.

Tu sarai Zorro ed io farò il cavallo,
con le pistole come quelle dei cowboy,
a Ciccio, il gatto, faremo fare lo sciacallo
e ai canarini nella gabbia gli avvoltoi.

Papà, non ho la forza di saltare…
sento le gambe senza peso, molli molli,
ho freddo… ed ho ripreso anche a sudare…
ti raccomando l'album con i miei francobolli.

Col trucco della mamma sarò il tuo capo indiano,
ti legherò a una gamba del tavolo in cucina,
col casco della moto diventerò un marziano
e la tua penna a sfera sarà la mia antennina.

Papà, non riesco più a tenere gli occhi aperti!
Papà, non posso più quasi parlare!
Papà, ora sei qui! Ora che posso averti…
sento una voce che mi chiama… devo andare…

Hai chiuso gli occhi, ora non soffri più
e il tuo papà rimane solo qui a giocare,
coi tuoi balocchi, un soldatino blu,
addio bambino mio… non mi scordare…


Un ragazzo antico di Calabria

Sul barroccino di frutta e verdura
incorticato all'angolo del corso,
lupini e fichi d'india scintillavano
nell'acquolina in bocca dei ragazzi.

Erano gli anni della pasta e sarde,
del falco pecchiaiolo in aspromonte,
delle ginocchia sporche e spellacchiate,
del gracidare greve dei bufoni.

Sfilava tra le case abbarbicate,
nell'aria di ricotta stagionata,
la processione con l'astile in testa,
ricordo il barbugliare del torrente,
i pantaloni corti e nelle tasche,
un piccolo confetto d'anicino.


Pescatori

Io non dirò di loro che dal mare vengono
e al mare, come bambini, vanno.

Non vi dirò del sale sotto sole,
degli occhi persi all'infinito,
dei lumi accesi a notte nelle case.

L'onda riporta sempre ciò che prende
e io non vi dirò di ciò che ho dato.

*

È un violino impazzito
l'urlo rauco del mare in tempesta,
la corda tesa nelle notti insonni,
quando la luna zoppa
sgrolla alta di luce opaca
la strada del ritorno.

Quanto fango su questa nostra storia,
quanti occhi di pianto al cuscino.

Lascia che il volo delle ciglia
baci la curva delle labbra,
che segua il segno oscuro
delle piccole rughe sul viso
e nel vento,
a riccioli scolpiti dalla pioggia,
gridalo forte il tuo orgoglio di donna ferita,
ché nel silenzio dell'alba
anche un richiamo può essere amore.


Il profumo dei limoni

E porterò con me il profumo dei limoni,
i cerchi intorno al fuoco a fine estate,
gli amici, i giochi, i cori, le canzoni,
i bagni a mezzanotte e poi le serenate.

Li porterò con me quei vetri colorati
e quella casa bianca in riva al mare,
il canto dei delfini innamorati
lo porterò con me, non lo potrò scordare.

Avevi gli occhi al cielo a far l'amore,
la prima volta sotto gli ombrelloni
e ci batteva forte forte il cuore,
tra l'onde di granito senza suoni.

Pelle brunita tra i capelli un fiore:
sabbia, sole, mare e il profumo dei limoni.


Anni di vento

Erano gli anni di cose proibite,
dei primi turbamenti, i primi ardori.
Anni di mosca cieca e margherite,
dei baci di nascosto, i primi amori.

Erano gli anni a balli stretti stretti,
di cuori sul diario e di colori.
Anni di banchi a scuola, di biglietti:
– dopo la campanella aspetto fuori. –

Erano anni che non puoi capire,
guance di mele rosse, d'oro e argento.
Anni che non potranno più venire,
parlano sottovoce e io li sento.

Ora che si avvicina l'imbrunire,
penso a quegli anni miei,
anni di vento.

La Mosca di Milano n. 17 si presenta 4-2-08

Lunedì 4 febbraio 2008
ore 18.00

Sala "Grandi"- c/o sede CISL
Via Tadino, 23 – Milano –
MM1 Porta Venezia o Lima


La Mosca di Milano
n. 17 – dicembre 2007

OMBRA e SOGNO

Interventi

Gabriela Fantato: sogno e voce poetica
Aldo Marchetti: un sognatore nel mondo contemporaneo. Studi per un’antropologia

Filippo Ravizza: lingua madre e lingua della poesia
Alessandra Paganardi: l’opera di Luigi Fontanella, un poeta che dice il sogno ( lettura di testi)

Laura Cantelmo: lettura in lingua dei testi di Seamus Heaney, tradotti appositamente per la rivista da Roberto Bertoni.

Roberto Caracci: i mille veli di Hermes, note sulla scrittura di Paolo Lagazzi

Letture dei loro testi poetici

Pietro Salmoiraghi e Patrizia Puleio


Gabriela Fantato
gabrifantato@libero.it

Giancarlo Cavallo a Casa della poesia 2-2-08

Cari amici,

Sabato 2 febbraio, alle ore 19,30, nella sede di Casa della poesia a Baronissi (Salerno), inaugurazione delle attività del 2008. Prosegue il viaggio nella poesia italiana contemporanea che vedrà nel corso dell'anno la partecipazione di alcune delle voci più importanti del panorama nazionale.

Il primo incontro è dedicato a un poeta salernitano, tra i fondatori del progetto di Casa della poesia, Giancarlo Cavallo.

L'occasione è data dalla pubblicazione, nella collana «poesia come pane», del libro di Giancarlo Cavallo, Quadreria dell'Accademia ed altre poesie, che raccoglie le sue opere più recenti. All'abituale lettura del poeta, che è ormai tradizione di Casa della poesia, si uniranno gli interventi critici di Francesco Napoli, che ha anche curato e prefato il volume, e di Stefania Zuliani.

Scrive Francesco Napoli: «Il poema occupa una centralità nello sviluppo della poetica di Cavallo. Con la Quadreria, infatti, si passa da una sorta di giovanil furore diffuso nella più sciolta e libera forma del poème en prose a una maturata considerazione della misura poematica capace di dare adeguato respiro e illustrazione alla materia. (…) Il verso, come detto, è breve, per lo più pennellato e d'intensa coloritura espressionista. C'è una straordinaria quanto inconsueta plasticità delle immagini sulla quale si fonda la forza evocativa della parola. L'altra materia fondante il tratto pittorico, la luce e il suo battere sulle immagini, si diffonde in un'assimilazione nella quale l' “occhio bramò/ una fedeltà minuziosa/ inseguendo/ la chimera del vero”. (…) ma nella sorpresa della luce riesce a “dar vita/ in forma di figura”, lontano dall'arte dell'illusione e dell'apparenza, a una riuscita sintonia tra parole e cose. (...) Di Alfonso Gatto sembra resistere in Giancarlo Cavallo la tensione morale della poesia come mostrano i poemetti Sarai Sarajevo e Poema a matita per Pier Paolo Pasolini. Plastici nel loro equilibrio formale, queste due opere offrono l'omaggio a due grandi poeti che, pur distanti tra loro, sono sentiti molto prossimi sul piano dell'etica della poesia: Izet Sarajlic e Pier Paolo Pasolini. (.) Ambedue sembrano da adesso vestire i panni dei lari famigliari con i quali Cavallo vuole ora accompagnarsi "perché la Storia non è mai finita" e la poesia può e deve trovare le risposte più appropriate al divenire dell'uomo.»

Invitiamo tutti gli amici di Casa della poesia e gli appassionati a diffondere la notizia e a partecipare alla serata.

GIANCARLO CAVALLO
Ma alla fine la vera biografia dei poeti sono i loro versi, quello che lasciano all'occhio (complice si spera) dei lettori e poco aggiunge sapere che Giancarlo Cavallo è nato nel 1955 a Salerno, che lì da sempre vive, e che poco ha fatto (per pigrizia o forse memore del monito di Izet Sarajlic “non abbiate fretta di fare i poeti”) in campo letterario: Poema Robinson (1982), Lo stato dei luoghi (1993), Santa Maria de Alimundo (1994), Oltre le terre emerse (1996), Breviario dell'avventuriero (2000); il saggio Mappe dell'immaginario. Poesia visuale portoghese (1987) ed alcuni racconti in antologie edite da Guida e da Laveglia; la breve stagione di «Percorsi. Laboratorio bimestrale» (di cui fu fondatore con Sergio Iagulli) e qualche collaborazione a riviste di poesia (alcune sue liriche sono apparse in traduzione spagnola sul numero 9 di «Sibila», Siviglia 2002) e di arti visive. Inoltre ha curato e tradotto in italiano, per Multimedia, i libri dello scrittore haitiano Paul Laraque ed ha partecipato a letture di poesia, rassegne e performances poetiche in varie località italiane ed all'estero.

Francesco Napoli (Napoli 1959), storico, critico letterario, giornalista, si occupa di poesia contemporanea. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni su riviste specializzate e in volume tra cui ricordiamo per Leonardo editore Milano racconta (1993) e Napoli racconta (1993); ha curato per Alfredo Guida editore il volume Viaggio nel mezzogiorno di Giuseppe Ungaretti (1995) e per la Jaca Book l'antologia Poesie di Alfonso Gatto (1998) e Novecento prossimo venturo. Conversazioni critiche sulla poesia (2005). Collabora da alcuni anni alle attività di Casa della poesia.

Stefania Zuliani, critico d'arte e curatore della sezione arti visive della Fondazione Filiberto Menna, studia i rapporti tra arte, poesia e critica d'arte nel Novecento. Ha pubblicato i volumi Il demone della contraddizione. Sinisgalli critico d'arte (Milano 1997), Scritture dell'arte. Luoghi figure incroci (Napoli 2002) e Michel Leiris. Lo spazio dell'arte (Napoli 2002) e curato, tra gli altri, Figure dell'arte 1950-2000 (Milano 2005) e Il Centro. Storie ed eredità di una galleria d'arte (Napoli 2006). Più di recente, ha analizzato aspetti del contemporaneo sistema dell'arte con particolare attenzione alla forma museo, curando per le edizioni Bruno Mondadori il volume Il museo all'opera. Trasformazioni e prospettive del museo d'arte contemporanea (2006), ed alla scultura italiana del novecento con il volume Il fantasma della statua (Roma 2007).

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CASA DELLA POESIA Laboratorio internazionale

Sabato 2 febbraio 2008 ore 19,30

Presentazione del libro
: Giancarlo Cavallo Quadreria dell'Accademia e altre poesie
Multimedia edizioni 2008, pagg. 120 - € 12,00

Lettura dell'autore

Intervengono:

Francesco Napoli (storico della poesia)
Stefania Zuliani (critico d'arte)

Informazioni: Tel. 089/951621 - 347/6275911


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Casa della poesia
Astrolabio Biblioteca-Mediateca
Convento francescano della SS. Trinità, Baronissi (Salerno)

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Casa della poesia è un progetto di Multimedia Edizioni supportato (forse) da Regione Campania, Provincia di Salerno e Comune di Baronissi.

Con la partecipazione amichevole di Antonio Amato Molini e Pastifici

Casa della poesia

Poesie in maschera a Macerata 31-1-08

Giovedì 31 Gennaio 2008
Macerata, Circolo TERMINAL
ore 21.30

POESIE IN MASCHERA
performance di Luigi Socci


Ass. cult. "Licenze poetiche"
www.licenzepoetiche.it

venerdì 25 gennaio 2008

Alcune segnalazioni di Adele Desideri

** 6 marzo 2008 ore 20.30 presso la Casa dei poeti, Via Roma 1, Mori, Trento, per la rassegna Donne in poesia, lettura poetica di Adele Desideri, da Salomè (il Filo 2005) - Non tocco gli ippogrifi (Campanotto 2006) - Il pudore dei gelsomini (inedito)

** 16 febbraio 2008 ore 11-18 presso MUMI - Museo Michetti, Piazza San Domenico 1, Francavilla al Mare (CH), Il silenzio della poesia, per ascoltare, riflettere, dialogare, a cura di Alessandro Ramberti e Massimo Pasqualone, riflessioni, reading e dibattito


* Maddalena Capalbi, Olio, LietoColle, Falloppio, Como, 2007, intervento critico a cura di Adele Desideri (reperibile in www.lietocolle.it, funzione «cerca»)

* Francesco Piscitello, Tra el lusch e’l brusch, Edizioni Nuove Scritture, Abbiategrasso (Mi), 2007, in www.rebstein.wordpress.com, nota critica a cura di Adele Desideri

* Mihai Mircea Butcovan, Borgo farfalla, Eks&Tra, 2006, ne El Ghibli, rivista online di letteratura della migrazione, www.el-ghibli.provincia.bologna.it, alla voce recensioni nota critica a cura di Adele Desideri

* Arnold de Vos, Vertigo, Edizoni del Leone, 2007, ne El Ghibli, rivista online di letteratura della migrazione, www.el-ghibli.provincia.bologna.it, alla voce recensioni nota critica a cura di Adele Desideri

* Nuovo blog dedicato alla POESIA sul Corriere della Sera on line. Per accedere al blog cliccare http:// poesia.corriere.it


* Inoltre potete trovare mie recensioni, a scadenza pressocchè mensile, ne il «Quotidiano della Calabria»

Lieta con voi
Adele Desideri

Concorso ClanDestino 31-5-08

In occasione del ventennale la Rivista ClanDestino bandisce un Premio di Poesia, con lo scopo di segnalare opere di pregio e promuovere nuovi autori sostenendone la pubblicazione in volume.

In allegato il bando di concorso (cliccare per ingrandire)

Concorso “Voci 2008”

II Circolo I.P.LA.C. (Insieme Per LA Cultura)
con il Patrocinio dei comuni di Castelvenere (BN), Marino (RM), Montignoso (MS) e Venezia
organizza il
3° Concorso Nazionale di Poesia

“VOCI 2008 – NICOLA RIZZI” (già INSIEMI)

La partecipazione al Concorso di Poesia è aperta a tutti i poeti italiani e stranieri, purché con testo in italiano.
II concorso è così suddiviso:

SEZIONE “A”: Poesia singola a tema libero in lingua. Quota di partecipazione 10,00 Euro .

SEZIONE “B”: Poesia singola a tema libero in vernacolo. Quota di partecipazione 10,00 Euro.

SEZIONE “C”: Libro edito di Poesia. Quota di partecipazione 10,00 Euro.

Sezioni “A” e “B”: Si partecipa con una lirica a tema libero, dattiloscritta e non superiore a 35 versi (per la sezione in vernacolo aggiungere la traduzione in italiano). La lirica dovrà essere redatta in 6 copie, di cui una contenente i dati anagrafici, indirizzo, n° di telefono, eventuale e-mail e firma dell'autore.

Sezione “C”: inviare 4 copie di un libro di poesia edito (1 copia deve contenere i dati anagrafici, indirizzo, n° di telefono, eventuale e-mail e firma dell'autore).

All’interno della busta contenente gli elaborati, dovranno essere inserite:
a)- una busta vuota preaffrancata e preindirizzata,
b)- la/le quota/e di partecipazione, o copia ricevuta avvenuto versamento.
c)- dichiarazione che la lirica, o il libro, inviati non risultano classificati ai primi tre posti di altro concorso letterario (la dichiarazione deve essere firmata).
d)- dichiarazione, per le Sezioni “A” e “B”, che la lirica è di propria e personale produzione (la dichiarazione deve essere firmata).
Si declina ogni responsabilità in caso di plagio o falso da parte dei partecipanti.
Poiché a tutti gli autori partecipanti è data la possibilità, a cura della Vitale Edizioni, di ricevere la stampa gratuita di una copia di una propria silloge, gli autori che lo desiderano potranno inviare un CD o un Floppy contenente, in un unico documento Word, una trentina di poesie separate da tre asterischi, oltre ad una loro breve biografia. Su file a parte in formato JPG potrà essere inviata una immagine per la copertina. In assenza di immagine verrà fornita una copertina standard.

La quota di partecipazione può essere inviata tramite contante o Postepay (carta n° 4023600431471889 ) intestato a: Maurizio Meggiorini - Via Spalato, 3/A – 30174 Mestre (VE).
La scadenza per l’invio degli elaborati, è fissata per il 29/02/2008. Si declina sin d’ora ogni responsabilità per eventuali disservizi postali. Le opere non saranno restituite.
La busta, contenente quanto previsto ai commi a, b, c, d del presente bando, dovrà essere inviata a:

Concorso di Poesia “VOCI 2008 – NICOLA RIZZI” - c/o Maurizio Meggiorini Via Spalato, 3/A - 30174 MESTRE (VE)

Le opere partecipanti alle Sezioni “A” e “B”, che non dovranno essere in contrasto con i più elementari valori morali, verranno raccolte in un volume antologico, pubblicato dalla Vitale Edizioni, che verrà presentato il giorno della premiazione.
La partecipazione al concorso vale quale tacita autorizzazione alla pubblicazione delle opere pervenute.

I premi:

1° Classificato: Trofeo personalizzato, diploma, (per sez. “A” e ”B” pubblicazione di una silloge in 50 copie)

2° Classificato: Trofeo personalizzato, diploma, (per sez. “A” e ”B” pubblicazione di una silloge in 30 copie)

3° Classificato: Trofeo personalizzato, diploma. (per sez. “A” e ”B” pubblicazione di una silloge in 20 copie)

Verranno inoltre assegnate Menzioni d’Onore (Targa personalizzata e diploma). Segnalazioni di Merito e Segnalazioni (Medaglia commemorativa e diploma).

A insindacabile giudizio della giuria, potranno venire assegnati eventuali Premi Speciali.
La premiazione è prevista per Sabato 24 Maggio 2008 alla presenza di autorità locali. Tutti i concorrenti verranno avvisati tempestivamente sull’esito finale del concorso e sulla data e luogo della premiazione. La giuria, il cui giudizio è insindacabile, verrà resa nota al momento della premiazione. Nella stessa occasione avverrà la consegna della targa all’autore risultante vincitore del concorso “Omaggio al lettore”, concorso legato all’invio delle cartoline abbinate all’antologia del premio “INSIEMI” 2007.
Si raccomanda, sin d’ora, la presenza dei premiati; è comunque possibile il ritiro di quanto spettante da parte di altra persona munita di delega. La partecipazione al concorso comporta l'accettazione del presente regolamento.
Si garantisce che i nominativi saranno utilizzati esclusivamente ai fini del concorso per la legge 675 del 31/12/96 e D.L. 196/03.

Per ulteriori informazioni contattare telefonicamente, e in ore serali, i seguenti numeri: 335 6104214, 347 1852927, 067221150.
Maurizio Meggiorini Presidente Circolo I.P.LA.C. (Insieme Per LA Cultura)

Il lavavetri (Guido Matteo Gallerani)

«Tutti i nostri visi si corrispondevano / in un’immagine comune: / per voi non c’era differenza di persone.»
Versi piani, dal ritmo riflessivo e trattenuto. Poesia che interroga i volti, ne ricerca il nucleo caratterizzante, personale e unico. Quella identità autentiche che pare, oggi, una ricerca ardua anche in prima persona, perché pare che le stesse trasformazioni dell'io e del noi siano omologate e spersonalizzanti. Non a caso il poeta si chiede: «Meritiamo un nome per le nostre metamorfosi come da bruco a farfalla?»



Per un colpo di fortuna
le tesi, quelle, non le gettammo.
Le bruciammo a Como per il freddo.
Allora facevamo i lavavetri per le strade.

Tutti i nostri visi si corrispondevano
in un’immagine comune:
per voi non c’era differenza di persone.

Uno di noi mille, invece, per dispetto
conquistò famiglia, villa, rispetto
e una singolare distinzione.

Gli era accaduto all’ospedale dopo anni:
qualcuno non l’aveva visto al semaforo
e lui era stato investito sull’asfalto.

E ne aveva avuto irriconoscibile il volto.


***


Ti disperde lontano dal centro questo eco suadente,
e a noi ci sta sfrattando dal ghetto come un malato.
Io insegnavo ancora nelle scuole il nostro conto delle vittime,
e spesso quello dei bambini che intonavano le tue canzoni.
Tu profumavi superba intanto, in sala coi fiori del Tuileries,
e grazie al tuo flauto materno ci raccoglievi e addormentavi.


***


Che solo una grigia fantasia ne restasse, ed un disarmante abbandono
all’inizio credevamo non potesse accadere al nostro paese.
Troppo presto aveva attirato le masse l’appagante novità,
ridisegnato per la pubblicità una parte per l’altra di Berlino:
mio fratello l’avevano convinto a fare il postino e io, come lui,
avrei confuso quartieri e distretti e i nomi delle vie per cercarlo
dentro a un mondo che non sarebbe riapparso.


***


Meritiamo un nome per le nostre metamorfosi come da bruco a farfalla?
invidiamo loro questa ascesa dal foglio tra una voce del dizionario e l’altra,
meglio sempre che scivolare piede in fallo a spiccare un balzo oltre la falla
fuori da quell’equilibrio temporaneo di cui sono fatti tutti i castelli di carta.
Noi ci intingiamo ancora d’inchiostro per convincere di potere cambiare,
per giusto non smettere di credere al volteggio di una matita nella mano
ma è come non riuscissimo a trovare la nostra vera faccia al di là del naso,
come i camaleonti paurosi che occultano la vista della vita dal di fuori.


***


Non risaliamo da questo animo introverso per allearci con il mondo,
ma di un’odissea opposta e contraria stringiamo a collare la calligrafia,
sterziamo come un solletico dell’aria la brezza che ci sbatte a vagabondo,
in mezzo a noi stessi seminiamo con la nostra ombra sulla terra questa via.
Il nostro sguardo convesso più che da miopia è affetto dal male dell’occhio,
che non vede dal disotto in dipartita lo scarabocchio di una strabica scia
di una pandora fuoriuscita uguale e distante come la pupilla di un sosia
sempre più vero, a cui nessuno ormai non crede sia autentico davvero.


***


Serve entrare in silenzio nel grande cimitero di Père Lachaise,
la sua meraviglia è d’ospitare cornacchie ed altri viventi:
nella giostra impetuosa degli uccelli si scandisce questo circo naturale,
in un ritmo regolare di sonno e di notti, di giorni e di insonnie.
Soltanto una lancetta resta ferma dell’animato orologio,
dentro i corpi pietrificati di artisti, sapienti e celebri scrittori
balbetta un meccanismo tormentato da un’interferenza clandestina,
uno scatto da sempre bloccato nei clamorosi e chiassosi ingranaggi celesti.


Guido Mattia Gallerani è nato a Modena (1984). Laureato in Lettere Moderne a Parma con una tesi sul problema dell’oggettività nella poesia di Giampiero Neri, ha studiato all’Université de la Sorbonne Nouvelle – Paris III. Ha partecipato al convegno L’esperienza (2003) organizzato dal settore Fondamenti Filosofici e Letterari della Modernità (direzione prof. Marzio Pieri), Ateneo di Parma, tenendo una lezione sulle possibilità di lettura pedagogica del poemetto Gli sguardi i fatti e senhal di Andrea Zanzotto. Ha pubblicato saggi critici sull’«Archivio on-line del Centro Studi Archivio Barocco». Ha collaborato al cortometraggio Metropotamie, Bergervoet production, soggetto di F. Iarlori. Organizza eventi culturali legati al mondo della poesia. Come poeta ha vinto la sezione giovani Renato Giorni 2004, Guido Gozzano, e ha pubblicato su alcune riviste e antologie (Le voci della luna). Ha partecipato al Marché de la Poésie 2007 a Parigi presso le Éditions Éoliennes. Ha tradotto il poeta Pierre Bonnasse.

Una cena inusuale

nuove poesie di Paola Renzetti

giovedì 24 gennaio 2008

Fratus a Vercelli 27-1-08

T O R I N O P O E S I A
la poesia è materia in cerca di definizione

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domenica 27 gennaio 2008
Casa della Poesia | Officine Sonore di Vercelli

ore 21.30

Tiziano Fratus legge integralmente i poemi
"La Materia (Omaggio a Giacomo Manzù)" ed "Il Ventre"

"La Materia" è edito nel volume "Il Molosso (Poema
d'un'anima)"
Edizioni Torino Poesia, Torino, 2007
"Il Ventre" è edito da Genesi, Torino, 2007

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Volumi in cantiere per le Edizioni Torino Poesia:

collana Le Vene
"Astor Piazzolla e altre poesie" di Gianni Marchetti
"Tre ore di notte e un pezzo del mattino" (ristampa
ampliata)
di Valentina Diana
"Il Vangelo della Carne" di Tiziano Fratus


collana I Sassi
"Il pane quotidiano" antologia della poesia di William Cliff
a cura di Fabrizio Bajec
"Deeserte. Tre poemi teatrali" di Edy Quaggio

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Nuove recensioni al volume "Frau" di Francesca Tini Brunozzi

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www.torinopoesia.org | info@torinopoesia.org

Concorso Letterario “Il Calatino” 20-3-08

Prima edizione

1. Sono previste tre sezioni:
A) Poesia singola in lingua italiana: si partecipa con un numero da una a tre poesie, non più lunghe di 35 versi ciascuna.
B) Poesia singola in dialetto siciliano: si partecipa con le stesse modalità di cui sopra. Le poesie devono recare la traduzione in calce.
C) Narrativa in lingua italiana: si partecipa con un unico racconto che non deve superare le tre cartelle dattiloscritte, formato A/4, corpo 14, interlinea 2.
2. I testi devono essere inediti o in ogni caso non coperti da copyright. Si può partecipare a tutte le sezioni.
3. Si richiede una quota di partecipazione fissata in € 10,00 (euro dieci) a sezione, da spedire in una agli elaborati. La presentazione dei lavori, in sei copie, di cui una firmata con generalità complete e recapito telefonico, deve avvenire entro e non oltre il 20 Marzo 2008 al seguente indirizzo:
Concorso Letterario “Il Calatino”, c/o Samperi editore, Via Genova 4, 95037 San Giovanni La Punta (CT). Si prega di non inviare gli elaborati all’ultimo momento.
4. Con la firma i concorrenti dichiarano implicitamente che i testi presentati sono di loro composizione, inediti, ed accettano tutte le norme che regolano questo concorso.
5. I Premi consistono nella pubblicazione in un’esclusiva edizione d’arte a tiratura limitata contenente tutte le opere (vincitrici, finaliste e segnalate) che hanno riscontrato il parere favorevole dei componenti la giuria. Ad ognuno dei premiati sarà consegnata una copia dell’artistica antologia unitamente ad un caratteristico diploma di merito.
6. Gli autori resteranno titolari dei diritti sulle loro opere, fatta salva la pubblicazione di cui sopra per la quale non potranno richiedere alcun compenso.
7. La commissione giudicatrice, formata da autorevoli personalità competenti in materie letterarie, sarà resa nota a risultati ottenuti.
8. È prevista una cerimonia di premiazione, la cui data e luogo, da destinarsi, sarà comunicata tempestivamente agli interessati. Nessuna comunicazione sarà data agli altri Autori partecipanti, che potranno in ogni caso richiedere informazioni alla segreteria del premio. I risultati saranno inoltre resi noti attraverso giornali e riviste specializzate e via internet.
9. I dati personali saranno trattati secondo quanto disposto dalla legge sulla privacy 675/96.
10. Gli elaborati non verranno restituiti e saranno distrutti dopo la premiazione.

Per ulteriori informazioni telefonare al 3402764858.
E-mail: samperieditore@libero.it

Si prega di diffondere il bando.

mercoledì 23 gennaio 2008

Parole capaci di incantare (Franco Casadei)

«la vela è destinata al vento» ci ricorda Franco Casadei in questi versi nitidi, vissuti, umili e quindi veri per la loro partecipata e lievemente nostalgica oggettività lontana da certo minimalismo o artificoso distacco “scientista”: «gli ultimi tre avventori inchiodati / al banco come insetti di una collezione /(…) tutti nella luce spietata dei neon»; «ti guardo di soppiatto / nella calma del sonno che t’incalza». (AR)

Le ultime parole di Eluana sulla croce

Ho sete!
Al grido di Cristo, una spugna imbevuta
gli ha mitigato il fuoco.
Non posso gridare io, voi lo capite.
Riarsa e inaridita mi accontento
di un avanzo di pane, di una tazza.

L’avrò detto due, tre volte forse, non ricordo:
diventassi un rottame, lasciatemi morire!
Chi, a vent’anni, vorrebbe giacere in un letto a vita?
Ma adesso non potete sapere, non tirate a indovinare…
quella parola nella baldanza di un’adolescente
non è fuoco inciso sulla pietra,
non può essere un marchio di condanna.

Odio questa vita di letto senza fine
– ben altro avevo previsto per domani –
ma non voglio si chiuda lo spiraglio,
non sono uno scarto umano, roba morta.
………………………
Che succede?
Da quella notte non sentivo più motori,
stridori di ruote sull’asfalto.
Dove sono, di chi le voci?
Non avverto più quella campana,
i veli bianchi ondeggianti sul mio letto.
Di notte rapita dal convento
come Lucia implorerò nel pianto,
un Innominato ci sarà nel fortilizio,
un samaritano che colga il mio lamento.
Nella stanza adibita al mio congedo
le ronde della morte fan di conto:
meno venti, meno cinquanta,
fino allo spegnimento.
Per falsa pietà si vuole che io muoia,
già nelle mani dei soldati, nell’orto degli ulivi
suderò l’ultimo sangue che mi resta.
I sacerdoti hanno emesso la sentenza.

Non lasciatemi morire! Ho sete!
E tu mamma, non ti sento
non sento da anni la tua voce.
Mentre decidono della mia vita,
tu, uscita di scena, ti sei appartata.
La sete mi secca vene e gola…
di’ una parola, ti prego, una parola sola!

P.S.:
Tutto è compiuto
– ridotta a cosa, a un caso, ad un’idea –
ero di carne e porto ancora un nome,
Eluana Englaro.



Compianto sul figlio morto

Trafitta, sono qui
a bocconi sui gradini dell’altare
respiro la polvere del dolore,
gemiti di bava d’animale,
io gli avevo tessuto gli occhi
le sue mani, la carne rosa del fiore.
Miserevole, sono qui
nella spoliazione totale
avrò riposo nello scavo della terra
nel ventre del mare.

Incrina il mio rancore
lo sguardo della Tua pietà
che pende dalla croce
lo squarcio del petto
la bocca di sangue muta.

Come Maddalena,
i capelli rossi del dolore,
prima di notte abbraccerò il legno
freddo della morte,
non voglio essere consolata
a Te avvinta sarò di marmo, statua

resto qui, con il mio strazio,
fosse la vita intera.


Clausura

Anime mute avvolte in grezze lane
il passo austero
fra penombre bisbiglianti
di navate e chiostri

al lume di ceri e di un sole
obliquo fra le grate
Dio riempie i dettagli e le fessure,
l’anima scandita da silenzi e salmi

la solitudine
scelta per non sentirsi soli.



Preti col tricorno

Non li vedrò più
i preti col tricorno,
la veste sfilacciata
che striscia sulla ghiaia

non li vedremo più
i preti dalla dottrina austera,
le chiese aperte
i lini ricamati a mano
turiboli anneriti
madonne coperte sugli altari,
il velo che s’alza nei giorni stabiliti

ore di misericordia
nascosti da una grata
giorni, anni
seduti su una panca
fra rosari e salmi

non li vedremo più
su biciclette di ruggine
su auto rottamate
lungo i sentieri
a benedire stalle e casolari
le muffe di case popolari

le messe in gregoriano
i patroni in processione
fiori d’arancio
torme di bambini
i cortei con rintocco a morto
verso i cimiteri

come noi, peccatori e santi,
per secoli guide di popolo,
segno del mistero.

Avremo altri preti
senza collare
senza vesti nere
le chiese con le porte chiuse…

non li vedremo più.


I cerchi dei tuoi anni
Come luce nel suo fervore
in un giorno bianco di ciliegi
mi sei piovuta dentro

un amore inquieto,
caduto nell’agguato
se l’è portato il vento,
un esodo di addii e ritorni

ore di sere
lontane dai tuoi pianti segreti
ti guardo di soppiatto
nella calma del sonno che t’incalza
leggo i cerchi dei tuoi anni
fino al ramo di nuovo germogliato.


Guardando “Nighthawks” (“Nottambuli”)*

In un angolo di metropoli
la vetrina di un caffè
– è l’ora delle strade vuote –
nell’oscurità un bagliore livido
dentro l’orbita cava di finestre

gli ultimi tre avventori inchiodati
al banco come insetti di una collezione,
uno chino davanti all’ultimo bicchiere,
un uomo una donna ben vestiti
hanno esaurito le parole
in una notte in cui nulla è accaduto,
il barista stanco di una giornata
di poche mance e di sogni per domani,
tutti nella luce spietata dei neon

di lì a poco sul marciapiede
lo schianto della saracinesca
i tre se ne andranno come ombre
per opposte strade.

* Dipinto del pittore americano Edward Hopper (1942)


Ci vorrebbe un poeta


Ci vorrebbe un poeta
in ogni strada,
la sua voce che canta la follia,
parole capaci d’incantare
nel respiro ansante delle ore

l’ormeggio in porto è più sicuro
ma la vela è destinata al vento.


Franco Casadei (Bertinoro di Forlì-Cesena, 1946), medico otorinolaringoiatra, vive e lavora a Cesena. Dall’età del liceo compositore di zirudèle e filastrocche in vernacolo romagnolo, solo dal 2000 scrive liriche in lingua italiana. Impegnato in ambito sociale e civile, già responsabile dell’Associazione “Medicina e Persona” di Cesena, attualmente coordina il gruppo “Amici AVSI” di Cesena che opera a sostegno dei progetti dell’Associazione Volontari per il Servizio Internazionale, presente nei paesi più poveri del mondo. Sue poesie sono presenti in Poeti romagnoli d’oggi e Giovanni Pascoli, 2005 e Poeti romagnoli d’oggi e Charles Baudelaire, 2007, antologie a cura di Franco Pollini, ed. Ponte Vecchio, Cesena. Ha vinto diversi premi (tra cui il Carlo Levi e l’Ungaretti) e pubblicato I giorni ruvidi vetri (Il Ponte Vecchio, Cesena, 2003) e Se non si muore (Ibiscos, Empoli, 2008).

martedì 22 gennaio 2008

Premio “E. Cantone” 15-3-08

cliccare sull'immagine per ingrandirla





Il Club del Rubicone promuove il Premio di Poesia “E. Cantone”, giunto alla 12 edizione, riservato ai giovani, che non abbiano superato il 25° anno di età.
Il Club sostiene fortemente questa iniziativa di scrittura che rinnova, in un contesto tecnologico e simbolico, il valore della poesia e il potere della parola, interpreti e giudici della vita. La poesia è, per questi giovani, quella voce troppe volte inascoltata dagli adulti, è quello sfogo, quasi urlato, ad un bisogno di comunicare agli altri e a se stessi le emozioni che provano e che troppo spesso gli adulti dimenticano. La scrittura diventa fonte di rivelazione della verità e ricerca del senso della vita.
Pertanto La preghiamo di dare la massima divulgazione al Concorso attraverso la diffusione del bando allegato alla presente, nel quale sono indicate le norme di partecipazione, invitando i giovani a concorrere.
La celebrazione delle premiazioni avverrà domenica 11 Maggio 2008,alle ore 10:30, presso l’Accademia dei Filopatridi di Savignano sul Rubicone.
Ringraziando per l’attenzione e la disponibilità dimostrata, voglia gradire i nostri più sinceri saluti.

Il Lions Club del Rubicone
L’Officer Distrettuale
Abele Bellavista


Presidente Francesco Covarelli via Felloniche 815 – 47020 Longiano (FC) – tel.0547-665728 e-mail: fcovarelli@tiscali.it
Segretario Ricci Dott. Clemente via Don Minzioni 44 – 47039 Savignano su Rubiconde e-mail: clemric@tin.it

Incontri con poeti campani 2008

Rassegna a cura di Antonietta Gnerre e di Lucrezia De Benedetto



v. anche Domenico Cipriano

Freccia d'allodole (Ivan Pozzoni)

Il tono prevalentemente lirico di queste poesie ha momenti particolarmente riusciti in quei punti in cui l'autore lascia vagare un'immaginazione creativa e libera, disancorata dal soggetto (e dalle sue riflessioni) eppure di esso più emotivamente rivelatrice: «i miei sentimenti / da merlo indiano»; «non dimenticare / d’incuneare un / calco dei tuoi seni / sulla mia gelida /
pietra tombale.»
A volte le allitterazioni e le assonanze sono forse un po' troppo volute e qualche verso sembra artificiosamente breve e potrebbe esser facilmente accorpato, ma quando la voce del poeta si condensa in parole visionarie o di nostalgico (e anche pietoso) sarcasmo risulta efficace: «occhio per occhio / occhio perdente»; «Mostro, piangi / nascosto, vivi interrotto, / come i cocci taglienti…»

CANZONE D’UN SUICIDA

Finalmente,
è ora d’andare,
attendere oltre
mi sembrerebbe
un po’ come offendere
dèi e cani randagi,
ubriaconi, e puttane,
i miei amori traditi,
i miei sentimenti
da merlo indiano,
i tuoi occhi azzurri
da bacino montano.
Finalmente,
è ora d’andare,
senza dimenticare
di chiudere i
tuoi sogni osceni
nella mia bara,
senza dimenticare
chi sono stato,
nascosto nel calore
delle mie mille maschere
d’acido arsenicato.
E, ora, ridi,
ridi di cuore,
ridi di rabbia,
ridi d’amore,
abbandonati,
rosa selvatica
dentro ai ricordi
del mio dolore,
e ricordati, di
non dimenticare
d’incuneare un
calco dei tuoi seni
sulla mia gelida
pietra tombale.



POLIFEMO

Chi sei,
donna,
divina natura,
o umana?

Prima
di conoscerti,
di conoscermi,
straniera, estraniato
vivevo tra nuvole,
antri d'antrace,
cumuli di pecore,
e, ora, abito,
tra i cuori feriti,
macerie di desideri,
cieli senza senso
d'orbo in orbace.

Nell'eternità reale,
novello Polifemo,
mi trovo a risiedere,
o meglio, a svernare,
a Monza, una cittadina
– modello Guantanamo –
che ride, sarcastica,
del mio star male,
occhio per occhio
occhio perdente,
ai confini dell'aria,
e di Milano;

e non mi avvincono,
strana straniera,
ristoro, o consolazione,
mentre m'infilzo
di te, freccia
d'allodole smarrita
tra le aiuole,
drogato dal sottofondo
del digrignare infame
d'un motto di buon senso,
che recita, senza troppe scene,
occhio non vede,
cuore non duole.


IL MOSTRO E I TULIPANI

Mostro, dolore
dentro, cocktail
d'adrenalina,
non fare caso
all'onta immensa
della tua berlina,
senza esserti abituato
alla risata mortificatrice
di chi soppesa, cm su cm,
fitta su fitta, i margini
d'ogni tua cicatrice.
Mostro, piangi
nascosto, vivi interrotto,
come i cocci taglienti
d'uno specchio rotto,
in cerca di un amore
steso su assi da stiro,
nell'attesa della carezza
che ti spezzi il respiro.
Mostro, nel buio attonito
delle tue notti infernali,
vedrai che, un giorno,
le tue braccia esauste
sbocceranno in ali,
e sfrecciando, cadendo,
cadendo in cielo, nel sogno
d'un volo d'otto piani,
riuscirai a dormir, sereno,
ora!, steso sull'asfalto,
avvinghiato ai tulipani.

***

LETTERA DALL'ASSEDIO
Anche se
subisci rovesci
che sembrano
intollerabili,
o se vivi difficoltà
che sembrano
invincibili
non smettere
di lottare!

Benché ti senta
schiacciato a terra
senza coraggio
di rialzarti,
anche se sei sensibile
od insicuro,
e se questa sensibilità
e queste insicurezze
sono viste da chi ami
come una debolezza
senza riscatto
non smettere
di lottare!

Prendi cento bastonate,
insabbia nel cuore
risate e moine
di chi ha tutto,
non nascondere
la faccia alle sberle
di chi ti rifiuta,
a chi ti considera
con indifferenza.
La tua vita,
sfortunata, vivila
fino in fondo.

Perché se vivrai
questa vita di merda
fino in fondo,
andando a fondo,
mille altre vite di merda
troveranno la forza
di non arrendersi e
di continuare
a vivere.

Non smettere
di cercare, anche se
niente mai
ti troverà.


Ivan Pozzoni è nato a Monza nel 1976; si è laureato in diritto con una tesi sul filosofo ferrarese Mario Calderoni. Ha diffuso molti articoli dedicati a filosofi italiani dell’Ottocento e del Novecento, e diversi contributi su etica e teoria del diritto del mondo antico; collabora con numerose riviste italiane e internazionali. Nel 2007/2008 sono uscite sue raccolte di versi: Underground e Riserva Indiana, con A&B Editrice, Versi Introversi e Androgini, con Limina Mentis Editore; nel 2008 ha curato il volume Grecità marginale e nascita della cultura occidentale. I Presocratici (Limina Mentis Editore). È direttore culturale della LiminaMentis Editore (cultura solidale); in un’azienda della G.D. è logistico.