martedì 10 marzo 2009

Su Senza fiato (a cura di Guido Passini)


recensione di Nino Di Paolo
(scheda del libro qui)

Caro Guido,
era la prima volta che leggevo, di una malattia, in una forma diversa dal saggio o dalla narrativa "ottocentesca", quella delle Violette e dei Don Rodrigo.

Mi sono accorto, innanzitutto e, forse, stranamente di come le poesie e le prose da te scritte e raccolte, mi abbiano "informato" più e meglio di una relazione medico-scientifica: questa è la prima sensazione che ho avuto.

L'immagine che avevo della fibrosi cistica era l'immagine di una grave malattia dell'apparato respiratorio, che si porta via i bambini ancora in età preadolescenziale.
Non avevo conoscenza dei sintomi e delle complicazioni né, tantomeno, del fatto che pressoché tutti gli organi ne possano essere aggrediti.
Anche sul dato statistico di incidenza non avevo idea alcuna.

La tua è letteratura che diffonde conoscenza, ed attraverso la comunicazione più diretta dei sentimenti, quella che si manifesta attraverso la Sintesi della poesia, delle poesie.

Poi, anche il lavoro di raccolta e di scelta della "scaletta di pubblicazione" è stato elemento fondamentale per presentare, in modo sì toccante ma pure preciso, ordinato, chiaro, il mondo delle persone che vivono questa guerra.

Questo è il cuore dell'opera: la comunicazione che le persone che convivono con la FC sono combattenti esemplari, che mi sono apparsi, da un lato, simili ai soldati che si fronteggiavano senza scampo sotto le mura di Ilio e, dall'altra, astronauti lanciati in missioni ai limiti dell'impossibile, con una salvezza forse lì a portata di mano, quella che dovrà arrivare dalla terapia genica.

E questa salvezza è dipendente da studi, finanziamenti e ricerche di uomini che possono essere lì a pochi chilometri da casa oppure dall'altra parte del mondo.

Quello che resta, in ogni istante, il nòcciolo, a me è parso lo spirito guerriero.
Forse in una sola poesia c'è un rivolgersi ad Altro, nella gran parte c'è solo l'essenza della battaglia.
Non è semplice rivolgere lo sguardo in alto quando la prima domanda che, fin da bambini, si presenta all'intelletto è: "Perché a me?".
La dignità, non certo una superbia che non può mai essere addebitata a chi è segnato, non consente troppo di alzare gli occhi al cielo.

Conoscenza e condivisione, conoscenza ed attenzione.
Non si riconosce, per strada, chi convive con la FC.
La FC non dà spettacolo, quindi l'occhio di chi passa non la coglie.
Ed allora solo la conoscenza, con informazioni semplici da comprendere, così come sono ben presenti nel tuo lavoro, può mettere nei giusti binari l'atteggiamento di tutti, per poter attivare con "cortese sollecitudine" l'applicazione della già citata terapia genica.

Un sincero grazie per la tua opera che, sempre a mio modestissimo parere, lo ripeto nuovamente, è un cardine per la diffusione di una conoscenza seria, non accademica e non pietistica, di una realtà che coinvolge un numero non piccolo di fratelli e sorelle.

Nino Di Paolo, 9.3.2009

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