lunedì 30 novembre 2009

Michele COGLIANI, Pietro Paolo PARZANESE e la sua terra (vol. 1° e 2°)

Edizioni del Centro Studi Eupliani, Trevico, 2009



L’11 novembre 2009 è stato celebrata la memoria della nascita del poeta irpino Pietro Paolo PARZANESE. Non sono tanti i lettori che lo conoscono. Chi lo conosce lo ama svisceratamente per essere l’antesignano campano della lotta culturale contro il potere politico. Cosa rilevante è che la sua lezione, seguendo le direttive vichiane della Scienza Nuova, ritorna oggi prepotente e collabora ad animare la rivolta culturale in atto verso il potere costituito.
Del PARZANESE si sono interessati, nel corso dei loro studi critici, autori come Benedetto CROCE, Francesco FLORA, Francesco De SANCTIS, Luigi BALDACCI e altri. Pochi di questi hanno saputo dare veramente corpo e forza al messaggio cristiano/rivoluzionario del Nostro. Nelle sue molteplici opere, quasi tutte pubblicate dopo la sua morte, è viva e palpitante la dignità di una intera geografia territoriale: la Campania, che Egli conosceva per i suoi viaggi e l’esercizio sacerdotale che svolgeva con prediche appassionate e comprensibili alla gente comune di allora.
Una grandezza di studi che mai sommergeva l’affabilità dell’uomo e del sacerdote. Una grandezza d’animo che gli permetteva di comunicare con gli umili alla maniera del Cristo: con parabole. Trovo riscontro a questa diversità nel libro IV della Storia della civiltà letteraria italiana diretta dal chiarissimo professore Giorgio BARBERI SQUAROTTI, UTET, 1992, dove Folco PORTINARI scrive testualmente: «È probabile che la voce solista più identificabile tra le voci del coro dei “minori” sia quella di Pietro Paolo PARZANESE, il sacerdote di Ariano Irpino, morto ad appena quarantatré anni nel 1852. Un “poeta del villaggio”, secondo desanctisiana dizione, eppure ricco di promesse, aperture intravedibili, suggerimenti innovativi.” 
E l’opera di maggior rilievo, citata da quest’ultimo, sono I canti del Viggianese. Quest’opera è l’allegoria perfetta del cantore (similitudine dello stesso PARZANESE) che parte da un luogo e gira libero su interi territori portando il suo canto di Libertà, di Speranza per i poveri, gli orfani, gli emarginati, in uno Stato borbonico dove di Libertà non si doveva né poteva pensare. Viggiano è in provincia di Potenza; emblematicamente però assume l’identità del luogo degli uomini liberi, che vivono con l’arpa a tracolla, non solo per procacciarsi il necessario ma per alleviare, acculturare, insegnare un nuovo linguaggio alla gente dei luoghi dove si portavano.
Della veridicità di quanto affermo trovo conferma nell’autorevole voce di Vittorio SPINAZZOLA, che nel volume VII del libro L’Ottocento, Garzanti,1969, assegna al Nostro poeta l’identità di una lingua nuova ed autentica per quegli inizi del XIX secolo. Una lingua rivoluzionaria che si avvaleva dei canoni del Romanticismo per sfociare nelle innovazioni civili ed etiche contro le canaglie che affamavano il popolo e lo rendevano sofferente nella vita quotidiana. Questi insegnamenti sono oggi, più di allora, vivi e fulminanti nel territorio campano. Oggi come allora dalla cultura e dal clero si aspettano testimonianze di Verità e di Lotta contro lo strapotere della Mafia e della Politica, in una regione-stato lontana dal progresso morale e civile desiderato dal PARZANESE. Stupende sono in tale senso le parole dello stesso Autore: “Va, buona gente, va a compiere la tua giornata, ed i duri travagli della vita tollera con rassegnazione; poiché mangi il tuo pane senza vergogna e senza rimorso: a te il Signore diede giorni di fatica, ed ai ricchi la noia e le passioni divoranti del cuore. Chi stia peggio lo sa Dio!” (da Un viaggio dieci giorni, Ediz. La Ginestra, 1996).
Si dovrebbe dire ancora tanto della bella vita di un giovane Poeta morto per gli affanni che la polizia borbonica gli procurava continuamente, anche nell’esercizio del suo sacerdozio. Una vita terrena, quella del Nostro, spesa per il Cielo. Un’esistenza vissuta con intensità, orgoglio sincero, maturità, nell’esempio del Cristo della rivoluzione sociale: beati i poveri!
Chi poteva raccogliere una eredità tanto pesante se non un altro sacerdote? In questo ventunesimo secolo appena agli inizi, durante il quale nessuna guerra si è spenta nel nostro pianeta, anzi se ne annunciano altre per la sopravvivenza: l’immigrazione, il clima, l’acqua per tutti, la fame e le malattie, l’insofferenza tra le culture e le religioni, lo sfruttamento senza pietà, il diodenaro che divora l’anima di troppi. L’eredità è stata raccolta da un altro sacerdote, don Michele COGLIANI, di una cittadina perduta sulle sommità appenniniche. Un sacerdote, per il sacerdote PARZANESE.
Per l’amore portato alla missione civicomorale del PARZANESE, don COGLIANI si è fatto carico di pubblicare, per tutti coloro che desiderano leggere di Libertà e metterla in pratica, due pratici volumi sulle opere del Nostro poeta, munendo le stesse di tutti i dettagli tecnici e critici tali da far riemergere nella memoria collettiva, attuale, la figura poliedrica e vivificante del grande Autore irpino. Irpino per nascita ma che appartiene all’ Umanità e alla Storia Letteraria Nazionale.

Novembre, 2009
 


Su Ferruccio Benzoni


CANZONI E PENSIERI







Canzone civile per Peppino Impastato

Non passeranno treni stanotte
A coprire il mio sangue sui binari
Madre, mi piacevano i treni per viaggiare
Per andare lontano con la mente lontano

Sento buio e freddo qui da solo
Ma non sento e non vedo nel nulla
Ricordo però, ricordo tutto di me
Della vita caduta, della voce rubata

Madre lo sai, mi piaceva la vita
Le onde del mare in inverno
E l’odore salmastro nel naso
E la pelle tirata dal sale, dal sale

Mi piaceva la terra arida e spoglia
E l’arbusto che cresce comunque
E la foglia che promette quel fiore
Che le mie mani non ti hanno portato

Saluta il padre e il fratello
Saluta gli amici più cari
Per tutti un sorriso una voce
La carezza che cura e consola

So di chiederti tanto madre mia
Ancor più dell’amore che hai dato
Coi silenzi chiusi e tenaci
Non capivi eppure accettavi

Questa gente che rimane sola
Non cacciarla per odio o rancore
Verranno a baciarti la mano
Non ritrarti per paura o dolore

Ricorda di me la lieve risata
Le parole gettate nel vento
Gli occhi larghi la corsa le mani
I gesti antichi da me tanto amati

Ora vado madre mia non temere
Non affido l’anima a dio per domani
Non l’affido al partito o al demonio
Ma a te madre mia, solo a te, capirai



Disincanto
(per sopravvivere)

ognuno ci è estraneo
è un’angoscia del pensiero
a suggerire l’alterità
irriducibile all’io solo
non è filosofia, è vita
perché se ti dormo accanto
mi sveglio e non ti conosco?
I nostri corpi si mischiano
ho la tua saliva e il resto
gli occhi si guardano, dicono
insistono, trovano ma
perché c’è un te in te
che non è né sarà mai me?


Ricordare, ricordare

E non ricordo più cosa ho scordato
Senza neanche la fatica di dimenticare
È andato via quel pensiero così caro
Volato via come finisce una malattia

Come scompare una ruga quando
La notte sogni di tornare bambino
E ti senti leggero e incosciente
Leggero e incosciente, leggero

Adesso ogni tanto qualcosa ritorna
una vertigine di smemoratezza
il sapere di non sapere più
l’affetto per un dolore che non c’e

passerà il tempo e forse svanirà
questo sentirsi orfano di una ferita
il girarsi come se qualcuno per strada
ti chiamasse, una voce alle spalle

tu ti giri e sorridi nel vento zitto
e poi continui, la strada che va
e un altro giorno è passato piano
un giorno normale, una vita normale


Estate

Nell’aria calante e distesa
Agosto finisce in un pranzo
Dalla terrazza il mare
Nell’ora del riverbero acceso
Infinite schegge d’oro bianco
Barche vicine e lontane
Bambini urlano in spiaggia
Gli uomini sudano, le mogli
Vorrei toccarle con pigrizia
Si compie l’egoismo sensuale
Della involontaria, ironica
Solitudine dello scapolo


Il Barbone

Vivo sul ciglio negletto del mondo
Al confine invisibile che presidio di giorno
Da un lato i passanti dall’altro i cassoni
Vivo tendendo la mano nel fondo

Vivo nel neon delle stazioni
Non treni da prendere né da salutare
Sotto il cartone metropolitano
Vivo le notti senza finzioni

Vivo le rughe con distrazione
I sandali sporchi ed i pantaloni
Bucati di soldi abbandonati
Vivo ridendo come un aquilone

Sono la macchia del marciapiede
La crosta di pane sopra il tappeto
Il resto lo scarto il ferro buttato
L’anima sporca di un sogno mancato

Sono la crepa che segna la diga
La rotella mancante dell’ingranaggio
Sono il rovescio della pagina bianca
Il giocoliere di una civiltà stanca

Vivo di cicche e di rosso in cartone
Giocando a scacchi con il mio cane
Conosco la mossa del Dio buffone
Vivo di freddo e disattenzione

Vivo l’oblio di un tempo migliore
Di sentieri persi e strade sbagliate
Di anni lontani e carte truccate
Vivo il silenzio del male minore

Vivo per voi pubblico pulito
Perbene distratto fugace e smarrito
Sono la zecca che punge seccante
L’imbarazzo che passa, dopo un solo istante


Pasquilio

Foschia immobile
Il bosco scricchiola
Impercettibile
La minima spia rossa
Della sigaretta
Distoglie gl’occhi
Dal bianco impalpabile
Dell’aria, dal verde
Scuro dei pini


L’incidenza dell’orrore

Abbracciami
Riscaldami
Illumina
Se puoi

L’incidenza dell’orrore
Nella macabra risata
Del bravo presentatore
Della vittima predestinata

L’incidenza dell’orrore
Contro ogni assicurazione
Nel destino per errore
Nella mano del padrone

L’incidenza dell’orrore
Nella voce senza parole
Nei corpi senza candore
Con le luci senza sole

Proteggere
Comprendere
Per sempre
Lo vorrei


Nonna Agatina

Con cocciutaggine infantile
Volevi festeggiare il natale
La dolcezza della costrizione
Faceva sorridere di te noi che
Misuravamo sui tuoi passi lenti
Lo scorrere del nostro tempo
Nell’ovatta dell’età bianca
Di quaranta, venti o cinque
Anni cosa vuoi che importi
Il tuo bastone precedeva
L’ironia apprensiva nel
Brillare dei tuoi occhi
Dietro le lenti signorili
E il corpo ridotto a scrigno
Buon natale nonna


Lampedusa

Con una moneta vera
Abbiamo pagato
Una parola falsa
Con gli occhi asciutti
E in tasca il deserto
Siamo partiti ieri
Sperando il domani
I volti scolpiti
Di ebano triste
Le mani nude
Le vene ferme

In questo mare madre
Come salvare l’acqua dal sale?
Come distinguere il bene dal male?
Chi maledire e chi perdonare?

In questo mare madre
Ora beviamo l’acqua di sale
Non distinguiamo il cielo dal mare
Dentro il dolore ad annegare

La terra ci copre
dura e lontana
l’isola al sole
ci offre una croce
ci toglie il nome
senza preghiere
ci impone un dio
che non conosciamo
a noi che vi amiamo
a noi che vi odiamo


Se tutto passa

Se tutto passa o qualcosa rimane
A lume spento continuo a chiedere
Quando le gambe sentono il riposo
E il cuscino ha l’odore della calma

Dentro nel buio cresce la domanda
La voce dei rimorsi, quella dei rimpianti
L’io che già c’era e ora non c’è più
Quante persone mi muoiono dentro

Tutti i pensieri perduti nel tempo
Come capelli ossidati e caduti
Sguardi non colti e svaniti
Giorni su giorni coltivati a oblio
 

Lo santo patrono

Intorno ai ceri delle cosche
Ronzano ebbre e pie mosche
Di ori e argenti trasuda il santo
Lungo la strada di vino e canto

Urla di bestie e viva maria
Per il perdono larga la via
talare e mitria, fumi d’incenso
spari per aria dal mare denso

vesti di fiori poppe e creature
bocche sdentate, crepe nei muri
torrone e zucchero sniffato
nella calura senza più fiato

milza di bue trippe di porco
a sfrigolare per mano d’orco
in canottiera e croce di panza
sono i maschi di vera sostanza

Ecce Agnus Dei, ecce Qui tollis peccata mundi
Lava signore le nostre colpe passate e future
Proteggi le nostre case dalle mille sventure
Non lasciarci soli con le nostre paure

Scema la folla, sgonfia la bolgia
Con la frescura si placa l’orgia
Con gli ultimi botti della mattanza
Chiude la festa, scema la piazza 

cala la sera dal cielo ambrato
scende la pace di chi è salvato
seduto solo davanti al mare
sorride piano, continua a fumare


Malinconica in 3/4

Estate che m’incolla
Come serra che non culla
e dopo tutto questo tempo 
chi mi scrolla non c’è più

Ambascia che non lascia
Nella notte già posticcia
Ed il mio letto 
È una ganascia in fondo al blu

Ritorno di un eterno
Stanco e uguale gioco al-terno
Riflusso senza lusso
che allontana la mia età

minaccia che non morde
come sonno che confonde
il tempo è andato
e non ritornerà mai più

sento l’anima come una giostra rotta ormai
questo odor di gelsomino non risana più
vedo luci colorate giù in città
detesto il mondo e la felicità

è vero non è molto
quel che ho dato quel che ho tolto
ma il regno astratto
e matematico non so cos’è

di colpe ne ho commesse
poche molte un po’ le stesse
ma il senso del rimorso
l’ho seppellito già

e allora vado avanti
nonostante gli occhi stanchi
ho deciso che reagisco
la commedia la finisco

e scrivo la mia parte
con l’ipocrisia dell’arte
e per non sfiguare
mi riservo il gran finale

resto nel mio letto sono desto più che mai
come gufo sbatto gli occhi forte e poi
sento vive le mie vene dentro me
è l’alba e voglio vivere anche se….


Un annuncio mortuario

Un annuncio mortuario
Con catastale geometria
In bianco e in nero
Concedeva il professore
A un ultimo sguardo
Burocratico della gente
Tre giorni dopo
Con meccanico dispetto
Gli si sovrapponeva
Un impiegato di banca
Contabilità d’anime
Affissa al muro


O’ pugile

La faccia scolpita dai pugni presi
È una roccia scavata dall’acqua e dal vento
Le sue mani piccole e dure
Hanno colpito la sfortuna d’essere nato

Nei suoi occhi di terra
C’è la polvere di antiche civiltà meticcie
La paura esorcizzata da stregone
Proletario ritorna sempre e se ne va

La sua pesantezza di bisonte
Svanisce nella danza libellula sul ring
Il “fuori i secondi” è la sua trance
E allora morde colpendo l’amaro mondo

Non sa scrivere il suo nome
I banchi di scuola erano troppo stretti
Per la sua faccia povera
Ma i compagni non ridevano mai

Solo “Tomaia” lo capiva e guidava
Il vecchio ciabattino allenatore di mani
Col suo volto storto e triste
Di caffè, nicotina e delusione infinita

Quando è tornato con la medaglia
al paese c’era la banda nella piazza e il prete
e ancora bambini scalzi
e donne in nero come vele greche del non ritorno

a un certo punto ha sorriso
un raggio di sole obliquo, minimo e scarno
ha colpito il suo volto
e una lacrima è scesa: l’unico pugno felice


Sonetàula

Gli uomini si riconoscono dalla risata Zuà
L’ho imparato in miniera coi polmoni sporchi
L’ingegnere sorrise grasso quando dissi
Che lo sputo sapeva di rosso e nero

Meglio le pecore e la fame Zuà
E il vino forte per non pensare
E le notti al freddo di stelle dure
Con il mare lontano giù in fondo

Sonetàula volto di randagio
Col coltello pronto e la paura
Nascosta nel dolore rappreso
Sonetàula ferito e braccato
Dallo stato nemico di sempre
Solo fugge col fucile in mano

Tuo padre mandato al confino
Tua madre muta davanti al fuoco
E Maddalena che hai amato con rabbia
Senza riuscire mai neanche a sfiorarla

Non hai visto la vita Zuà
Il continente e l’America lontana
La violenza ti ha reso adulto
Ti ha negato di vivere a lungo

Sonetàula occhi di brace
Coi capelli duri di pece
E le braccia secche di legno
Sonetàula contro la giustizia
Che ti insegue perché sei nato
Nel tempo e nel luogo sbagliato


Stalingrado

Le mani, generale, e i piedi
Diventano grumi neri
Dentro le trincee di fango
Rigano di sangue il bianco
Della neve infinita e sola
A stento stringo la penna
Per scrivere a mia moglie
Sono un soldato, generale
Ho creduto alle parole
Del nostro grande Führer
Con tanti altri, ho ascoltato
Ein Volk, ein Reich, ein Führer
Perché ora cerco Dio?
Perché penso a mia madre?
È grave mio generale?
Vorrei solo tornare bambino
Perdermi di nuovo tra i campi
Sentire l’odore del fieno
Vedere la luce del tramonto
Rientrare a casa, stanco e felice
Non sono un bravo soldato
Non voglio morire generale
Se potessi scapperei, lo so
Verso i campi lontani
A giocare per sempre



«Mi piaceva la terra arida e spoglia / E l’arbusto che cresce comunque»;
«La faccia scolpita dai pugni presi/ È una roccia scavata dall’acqua e dal vento»: i versi di Carmelo Calabrò sono pervasi da una nostalgia attiva che non si “riposa” sull'idillio, né si rifugia nel privato, ma ha un profondo legame con la realtà, con la storia di ciascuno di noi, da cui l'alienazione omologante ci vorrebbe “astrarre” («ognuno ci è estraneo / è un’angoscia del pensiero»), ma il poeta (filosofo) sa riconoscere il tu, sa che non potrai mai assimilarlo, ma che gli è necessario per definirsi. La lingua è fluida eppure si increspa in domande inquietanti, a tratti leopardiane o esistenziali, e sa descrivere immagini intense e belle in cui ci è facile (magari doloroso) immergerci: «tu ti giri e sorridi nel vento zitto»; «In questo mare madre / Come salvare l’acqua dal sale?»



giovedì 26 novembre 2009

Roberta Borsani vince I Premio Natale di Tremestieri Etneo!



Gentilissima Roberta Borsani,
ci è gradito comunicarLe che il suo libro di poesia Il rosaio d'inverno ha vinto il I premio ex aequo del  Premio NATALE-CITTA' DI TREMESTIERI ETNEO XXI EDIZIONE 2009.
La invitiamo, pertanto, alla cerimonia di premiazione che si svolgerà il 12 dicembre p.v. a Tremestieri Etneo, alle ore 18:00, presso il Centro Culturale comunale "Villa Immacolata", in via Etnea (largo Immacolata), per il ritiro del premio.
In attesa di un Suo cortese riscontro, inviamo distinti saluti.
Dott. Vincenzo Caruso
Segretario del Premio

Maria Pina Ciancio vince 2° Premio Natale di Tremestieri Etneo!



Gentilissima Maria Pina Ciancio,
ci è gradito comunicarLe che il suo libro di poesia Storie minime ha vinto il 2° premio denominato "Targa Antonio Corsaro" del Premio NATALE-CITTA' DI TREMESTIERI ETNEO XXI EDIZIONE 2009.
La invitiamo, pertanto, alla cerimonia di premiazione che si svolgerà il 12 dicembre p.v. a Tremestieri Etneo, alle ore 18:00, presso il Centro Culturale comunale "Villa Immacolata", in via Etnea (largo Immacolata), per il ritiro del premio.
In attesa di un Suo cortese riscontro, inviamo distinti saluti.
Dott. Vincenzo Caruso
Segretario del Premio

mercoledì 25 novembre 2009

Volpe bellissima a cura di Lorella De Bon




Curata dalla scrittrice Lorella De Bon per conto del portale culturale «L(’)abile traccia», Volpe bellissima (scaricabile gratuitamente dalla seconda tabella bianca dall’alto della pagina web www.labileabile-traccia.com/rivista_000000.htm) è un’antologia elettronica che, destinata a diventare presto cartacea, raccoglie i versi di quattordici autori: Liliana Arrigo, Alberto Barina, Andrea Cambi, Margot Croce, Lorella De Bon, Maria Stella Filippini, Vittorio Fioravanti, Silvana Fiori, Fabio Franzin, Sara Grosoli, Ardea Montebelli, Alessandro Monticelli, Francesco Scaffei, Sara Scialdoni.
Sulla scorta d’immagini o riflessioni a volte sorprendenti, rette da un’ispirazione schietta e lirica che osserva con eleganza vuoi la natura vuoi la vita quotidiana, i trentadue componimenti del volume – espressamente dedicati alla geniale Alda Merini, di recente scomparsa – affrontano a viso aperto i temi più cari a questa grande poetessa milanese: l’amore, l’eros, la follia, la morte, Dio, il sentimento religioso. E tutto ciò sia per dare maggior risalto ad un’artista d’inoppugnabile valore, forse mai assurta al grado di notorietà che le sarebbe spettato di diritto – e che ambienti letterari poco attenti le hanno negato ingiustamente –, sia per inneggiare alla figura della donna in genere, che da sempre relegata nel corso della storia a ruoli marginali, è colpevolmente sottovalutata perfino in seno alla società odierna, che pecca ancora d’eccessivo maschilismo.

Settimo Concorso di Poesia "Don Luigi Riva" 31-3-09

Riconciliarsi con “le Stagioni,
riscoprire la misura del tempo,
che non è quel la del l’orologio,
perché i l vero ri tmo del la natura,
prima che nel l’aria,
lo sent i nel le vene e nel cuore!”
(Don Luigi Riva, Fili d’Amicizia, Pagnona, LC, 1980)

Bando di Concorso

Settimo Concorso di Poesia
"Don Luigi Riva"

REGOLAMENTO
· ART. 1: E' indetto il settimo concorso di poesia a tema libero dedicato a
Don Luigi Riva, riservato a tutti i cittadini residenti nei paesi facenti parte
dell'Unione Europea.
· ART. 2: Ogni poeta può partecipare con un numero di poesie che varia da
un minimo di 1 ad un massimo di 3.
· ART. 3: Sono ammesse poesie in tutte le lingue ufficiali dell'Unione
Europea e in dialetto.
· ART. 4: Tutte le poesie scritte in una lingua diversa dall'italiano dovranno
essere accompagnate da una traduzione in lingua italiana.
· ART. 5: Le opere dovranno pervenire entro il 31 marzo 2010
esclusivamente in formato digitale (file Word o file .txt, no pdf) per via
telematica al seguente indirizzo di posta elettronica:
la_combriccola@libero.it. L'invio dovrà contenere le generalità e i recapiti
del poeta (Nome, Cognome, Indirizzo, Telefono). Nota: poesie pervenute
solo in forma cartacea non verranno prese in considerazione.
· ART. 6: La quota di partecipazione è fissata in € 7 (a parziale copertura
delle spese di organizzazione e di segreteria) da versarsi entro il 31 marzo
2010, tramite versamento su carta Postepay n. 4023600463666190
intestato a Elia Ilaria. Il costo del versamento è di € 1. La copia del
versamento su carta Postepay dovrà essere inviata via mail all’indirizzo
sopraccitato oppure via posta a Elia Ilaria, via Cavour, 66- 21020- Bregano
(VA). Eventuali ritardi nel pagamento escluderanno di fatto il poeta dalla
partecipazione al concorso.
· ART. 7: Per giudicare le poesie verrà nominata una Commissione
composta da 4 membri più un Presidente.
· ART. 8: La Commissione assegnerà un primo, un secondo e un terzo
premio ed eventuali altre menzioni o premi speciali.
· ART. 9: Il giudizio della Commissione è insindacabile.
· ART. 10: A tutti i partecipanti verrà assegnato un attestato di
partecipazione.
· ART. 11: “La Combriccola” si riserva il diritto di pubblicare i componimenti
pervenuti.
· ART: 12: La premiazione avverrà durante una serata di gala organizzata
da “La Combriccola” entro la fine del mese di maggio 2010.
· ART. 13: Tutti i poeti partecipanti verranno avvisati sul giorno e sull'ora
della cerimonia di premiazione.
· ART. 14: Nel caso in cui un poeta, la cui poesia risulterà vincitrice di uno
dei premi, non si presentasse alla serata di premiazione, potrà comunque
ritirare il premio entro 30 giorni dalla data della cerimonia di premiazione
contattando “La Combriccola” all’indirizzo e-mail sopraccitato. Nel caso in
cui il poeta non contattasse “La Combriccola” entro i suddetti 30 giorni,
egli perderà ogni diritto sul premio, il quale rimarrà di proprietà de “La
Combriccola”.
La partecipazione al "Settimo Concorso di Poesia - Don Luigi Riva" implica
l'accettazione completa ed automatica di tutte le clausole riportate nel
presente Bando.
Bregano, 16 novembre 2009
Il consiglio direttivo

La poesia, il sacro, il sublime a Milano sabato 28 nov

Incontro poetico a cura di Adele Desideri e Alessandro Ramberti


dalle ore 9.30 alle ore 17.00 con pausa pranzo condiviso
presso l’Oratorio del Corpus Domini

(di fronte al numero civico 12 di via Piermarini; mezzi 61-1-29/30 oppure dalla stazione della metro Cadorna prendere il tram numero 1 e scendere davanti alla Basilica del Corpus Domini in via Pagano)


Adele Desideri «Sacro e sublime: i canoni traditi»

Adele Desideri – poeta, saggista e critica letteraria, studiosa di fenomenologia delle religioni – vive e lavora a Milano. Ha pubblicato due libri di poesie: Salomè (Il Filo, 2003) con nota critica di Vito Riviello e Non tocco gli ippogrifi (Campanotto, 2006), con postfazione di Ottavio Rossani; e le plaquettes Aforismi (Pulcinoelefante, 2005); Hommage à Piero Manzoni (Pulcinoelefante, 2005); La terra delle croci, con sette opere di Angela Bucco (La collana dei numeri, n. 184, Signum Edizioni d’Arte, 2008); Cementi surreali (Isaia 53,2), immagine di copertina: E. Barber, Balcone fiorito 1950 ca. (Copertine di M.me Webb, giugno 2009). È inserita in varie antologie, tra cui Milano in versi, una città e i suoi poeti, a c. di A. Gaccione (Viennepierre, 2006); Il silenzio della poesia e Lo spirito della poesia, a c. di Alessandro Ramberti (Fara, 2008); Le avventure della Bellezza (1988-2008), a c. di Tomaso Kemeny (Arcipelago Edizioni, 2009). È stata finalista al Festival di Poesia San Pellegrino Terme, 2006, più volte menzionata al Premio Lorenzo Montano e vincitrice del premio Giuseppe Longhi, Romano di Lombardia, 2007. La poesia Inganno (da Non tocco gli ippogrifi) è citata nella tesi di laurea di Carla di Quinzio, Dopo il figlicidio come dare spazio alla speranza, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Milano, 2006. È stata tradotta in inglese, francese, spagnolo e arabo. Scrive per diversi siti e riviste culturali. Sue poesie o note critiche sulle sue liriche sono apparse su Corriere della Sera, poesia.corriere.it (blog di poesia a cura di Ottavio Rossani), l’Unità, Il Giorno, La Nazione, CalabriaOra, Poesia, La Mosca di Milano, La Clessidra, Leggere donna. Collabora con il Quotidiano della Calabria e con Il Tempo, rubrica “L’Orlando curioso”, a cura di Davide Rondoni.


Tomaso Kemeny «Spuntano le luci delle parole»

La scrittura del sublime non è traducibile, essendo custodita nella stesura linguistica originale. Come si evince dallo Pseudo Longino “il pathos e il sublime del linguaggio per la loro lucentezza prevalgono sempre sulle figure, ne adombrano l’artificio, badano a tenerle celate”. Di fatti il sublime, inteso come effetto esaltante della pratica poetico-artistica e del confronto con le forze della natura e/o con le figure ineffabili della trascendenza mitico-religiosa, non può venire felicemente ridotto a oggetto di conoscenza rigorosa, può invece essere tenuto in massimo conto nell’elaborazione di uno o più modelli esistenziali atti a mutare la nostra vita individuale o a definire tipologie soggettive tendenti verso il sublime.

Tomaso Kemeny, ha pubblicato otto libri di poesia, tra i quali Il libro dell’angelo (Guanda, 1991). Con cesare Viviani ha organizzato i seminari sul “Movimento della poesia negli anni ‘70” (1978-79) presso il Club Turati di Milano. E co-fondatore del “Movimento Internazionale Mitomodernista” e della “Casa della Poesia” di Milano.


Guido Passini «Preghiere»

Lettura di poesie salmiche.

Guido Passini è nato a Bologna nel novembre del 1978. Ammalato di fibrosi cistica scopre qualche anno fa una grande passione per la poesia, condividendola con tante altre persone. Nei suoi versi (cfr. Senza Fiato, Fara 2008) Guido libera l’anima: la poesia diviene così respiro di vita. Diventa socio dell’Associazione Culturale Poliedrica di Forlì nel 2008. Le poesie La Vita tra le mani e Feriscimi compaiono nell’antologia Sentieri edita da Lulù.com per il blog di poesia ParolArte nel gennaio 2009. La poesia Ti mostrerò compare sull’Antologia I poeti romagnoli d’oggi e Federico Fellini (Il Ponte Vecchio, 2009). La poesia Italia son cresciuto compare nell’Antologia Il segreto delle fragole 2010 (LietoColle).


Dome Bulfaro «Milano Ictus»

Reading/performance: Ictus come colpo. Ictus come accento ritmico di un verso, di un passo che segna un cammino. Ictus come accidente cerebrovascolare che nasce e muore nel cuore di Milano: il Duomo. Ictus come crollo del Duomo di Milano. Ictus come pesce, acrostico cristologico (Ichtus-pesce) che significa “Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore”. Milano Ictus, attraverso progressivi crolli poetici, celebra un rito di passaggio dalla condizione di ictus a quella di Icthus. Nel crollo l’uomo risveglia la sua Poesia ricostruendo il dentro e fuori di sé.

Dome Bulfaro (Bordighera 197, di Marco Zanirato) è poeta, performer, artista. Ha pubblicato Ossa. 16 reperti (Marcos y Marcos 2001), Prove di contatto (Coen Tanugi 2006), Carne. 16 contatti (D’IF 2007) vincitore del Premio di Letteratura “Giancarlo Mazzacurati e Vittorio Russo”, Versi a Morsi (Mille Gru 2008). Tre testi di Milano Ictus sono inseriti in Pro/Testo, a cura di Luca Ariano e Luca Paci (Fara, 2009). Sue poesie sono state pubblicate in America (Interim, 2006) e in Scozia (Luath Press/Torino Poesia 2009) tradotte dal poeta americano Christopher Arigo.  È direttore artistico di PoesiaPresente, stagione poetica in Brianza e a Monza, città in cui vive.


Paolo Rabissi «Poesia tra dicibile e non dicibile»

Alla poesia, alla mia e a quella degli altri, mi avvicino sempre in punta di piedi, mi sento sempre troppo pesante. Dovrei farmi sfoglia di luce o di vento per accedere a quell’area, ma sono francamente troppo grande e grosso. Ci vuole allora un po’ di faccia tosta per farlo, fingere un po’ l’allegria del folle o lo sguardo del rapace. Quell’area sottile collocata tra visibile e invisibile, tra dicibile e non dicibile ha la sua sacralità situata com’è aldilà, oltre il reale quotidiano. In un territorio di conoscenza: per me la poesia è soprattutto conoscenza di me e del mondo. Parlando del mio essere figlio e del mio essere padre, come succede in questa breve raccolta, ho attraversato questo territorio di conoscenza.

Paolo Rabissi è nato a Trieste (1940), dal 1958 vive a Milano dove ha insegnato fino al congedo. Poeta e saggista, suoi interventi critici e testi poetici compaiono su riviste e siti. È attualmente codirettore della rivista di poesia e ricerca «Il Monte Analogo». Ha pubblicato nel 2001 la raccolta Città alta (DIALOGO libri), nel 2006 La ruggine, il sale (Lieto Colle), nel 2009 la plaquette Maschile plurale (DIALOGO libri). Di imminente pubblicazione la nuova raccolta I contorni delle cose.


Eros Olivotto «Un Dio dimenticato»

L’intervento consiste in un breve monologo che vedrà la lettura di versi, alternata a riflessioni, aventi come oggetto la ricerca di Dio.

Eros Olivotto nasce ad Ala (TN) nel 1950. Nel marzo del 2003 pubblica nella collana “Paradigmi” dell’editore Perosini Sipari, raccolta poetica d’esordio. Nel settembre del 2007, sempre per i “Paradigmi” di Perosini, esce Ogni istante, sua seconda raccolta poetica.



Isabella Vincentini «Dove il sacro splende da sempre: la poesia di Odysseas Elitis»

La sacralità della vita dentro l’intero alfabeto delle emozioni nella sublime poesia di Elitis. Il sacro non come l’assoluto e l’infinito dei monoteismi, ma come pienezza greca dei valori dell’esistenza, come il divino nel mondo e il mondano nelle divinità. Un ordine naturale e collettivo che consacra e integra universo fisico, sociale e morale.

Isabella Vincentini (1954), saggista e critico letterario è consulente e redattrice della rivista di estetica «Agalma» e autrice di programmi culturali della RAI. Ha pubblicato: Atene. Tra i muscoli dei Ciclopi, Unicopli, Milano, 2002; Varianti da un naufragio. Il viaggio marino dai simbolisti ai post-ermetici, Mursia, Milano, 1994; Colloqui sulla poesia: Le ultime tendenze, Nuova ERI Edizioni RAI, Torino, 1991 e La pratica del desiderio. I giovani poeti negli anni Ottanta, Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta, 1986. In poesia: Le ore e i giorni, La Vita Felice, Milano, 2008; Diario di bordo, I Quaderni del Battello Ebbro, Porretta Terme (Bologna) 1998. Ha curato la raccolta di interviste di Milo De Angelis Colloqui sulla  poesia, La Vita Felice, Milano, 2008. Sempre per i tipi de La Vita Felice è appena uscito il romanzo Lettere a un guaritore non ferito (settembre 2009).


Riccardo Burgazzi «Un cerchio di pietre»

Letture da Un cerchio di pietre (in Legenda, Fara 2009) con accenno al tema del “viaggio/rapimento/ispirazione in poesia”, che fa da filo conduttore alla raccolta stessa. Accompagnamento live (arpa).

Riccardo Burgazzi, nato a Milano il 13/02/88, frequenta la facoltà di Lettere Moderne all’Università Statale di Milano. Alcuni suoi lavori si trovano ne Il silenzio della poesia, Fara, 2008, e nelle antologie dei premi letterari “Via delle belle donne” (2008) e “Filari in versi” (2008) (www.culturaglobale.it). Ultimamente, sempre più convinto che la poesia stia giungendo a un binario morto, sta cercando di avvicinarla al teatro, con uno spettacolo ispirato a una raccolta, che sia in grado di coinvolgere il lettore/spettatore.


Alberto Mari «La montagna sacra»

Un viaggio tra realtà e fantasia, con riferimenti storici e vari elementi di cultura popolare. Si svolge verso Monte S. Angelo sul Gargano, dove c'è una cripta e la grotta di S. Michele Arcangelo, meta di pellegrinaggi con varie implicazioni sulla ricerca di  Dio. Con vari segni e analogie sul tema della Montagna sacra, con vari simboli e significati tra cinema e letteratura. Lettura di alcune poesia sugli “Angeli”.  

Alberto Mari (la foto è di Dario Raimondi, book-fashion.com) è poeta milanese, fiabista e artista visivo.Vive a Cologno Monzese e lavora in ambito giornalistico e pubblicitario. Ha pubblicato diverse raccolte di poesia, antologie di cultura popolare e testi di fiabe e filastrocche, tra questi: Il mondo d'un fiato (1996), Pensieri, orologi (2005), Alberto e il pulcino. La Milano dei ricordi, Fiabe popolari italiane e Il posto delle favole (2001).



Maria Carla Baroni «L’energia che permea il tutto»

Lettura di poesie.
 
Maria Carla Baroni, economista ambientalista da decenni impegnata in politica e nel movimento delle donne, è nata nel 1940 a Milano, ove vive e opera. Scrive poesie fin dall’adolescenza, ma solo recentemente ha iniziato a pubblicarle e a leggerle pubblicamente: Canti del divenire (L’Autore Libri, Firenze 2002); Canti di amore e di lotta (Ibiskos, Empoli 2003); Millenni di minuti (Il Filo, Roma 2005); Canti d’amore e di lotta (LietoColle, Faloppio 2008) in edizione ampiamente riveduta e rinnovata. Ha ottenuto tre primi premi di poesia e vari altri riconoscimenti.


Rosa Elisa Giangoia «La santità della rosa»

Letture da Agiografie floreali.

Rosa Elisa Giangoia è insegnante, scrittrice e saggista. Collabora a riviste letterarie e di didattica anche on line. Ha ideato e cura (dal 2001) la newsletter Lettera in Versi. Ha pubblicato manuali scolastici, tre romanzi (In compagnia del pensiero, 1994, Fiori di seta, 1989, Il miraggio di Paganini, 2005), un prosimetron (Agiografie floreali, 2004), un saggio di gastronomia letteraria A convito con Dante (2006) e ha curato un’edizione delle Bucoliche di Virgilio con annotazioni in latino (Accademia Vivarium Novum, 2008).  Ha realizzato, insieme a Laura Guglielmi, la collana (10 voll.) Liguria terra di Poesia (1996-2001) e, insieme a Margherita Faustini, i volumi Sguardi su Genova (2005) e Notte di Natale (2005). Fa parte di diverse giurie di Premi letterari. Sue poesie sono presenti in numerose antologie. Ha vinto vari premi letterari. È impegnata nella diffusione in Italia dell’insegnamento del Latino con il “metodo-natura” proposto dal linguista danese H.H. Oerberg.


Davide Rondoni «Dio non è interessante (come argomento)»

La poesia come messa a fuoco della vita induce alla lettura del vivente come luogo del segno. La poesia come esperienza di conoscenza: il mondo come scena. Nel gesto della poesia razionalità e senso religioso si incontrano. Nella messa a fuoco della scena del mondo l’inevitabile messa a fuoco della presenza o della assenza di Dio. Dio non è interessante “come argomento”. Essere post-baudelairiani, post-pasoliniani, post-luziani.

Davide Rondoni è nato nel 1964, a Forlì. Laurea in Letteratura italiana Università di Bologna, relatore Prof. Ezio Raimondi (110 lode). Ha fondato e dirige il Centro di poesia contemporanea dell’Università di Bologna. Ha tenuto e tiene corsi di poesia e letteratura nelle Università di Bologna, Milano Cattolica, Genova, Iulm e in diversi Istituti specializzati nonché all’estero a Yale University e Columbia University (Usa). È direttore artistico del festival DANTE09 a Ravenna. Ha partecipato ai più importanti festival di poesia in Italia e all’estero. Ha pubblicato alcuni volumi di poesia, tra cui Il bar del tempo (Guanda, gennaio 1999) e Avrebbe amato chiunque, con i quali ha vinto, tra gli altri, i premi più importanti in Italia (tra cui Montale, Carducci, Gatto, Ovidio, Camaiore, Metauro); Apocalisse amore (Mondadori, Giugno 2008); un libretto edito nel 2001, Non sei morto, amore (ripubblicato nel 2006) è letto in performance dall'autore insieme ad un pianista di blues, oltre che messo in scena da Sandro Lombardi e David Riondino. Mentre con una compagnia di tango vengono lette le poesie di Ballo lentamente con le tue ombre (Tracce 2009). È presente nelle più importanti antologie di poesia italiana del secondo Novecento edite da Mondatori (a c. Cucchi e Giovanardi) e da Rizzoli (a c. Piccini) e in numerose altre. Sue poesie sono edite in volume o in rivista in Francia, Usa, Venezuela, Russia, Inghilterra, Croazia, Cina e altri paesi. Il romanzo breve I santi scemi (Guaraldi 1995) è stato finalista al premio Berto 1995 per l’opera prima. Ha pubblicato il romanzo per ragazzi I bambini nascono come le poesie (Fabbri 2006). Con Franco Loi ha edito nel 2001 per Garzanti un’antologia della poesia italiana dagli anni ’70 a oggi, Il pensiero dominante. Poesia italiana 1970-2000. Cura le collane di poesia de Il saggiatore e di Marietti. Dirige la rivista di poesia e arte «clanDestino».



Maria Pia Quintavalla «Sulla relazione tra la poesia, il sacro e il sublime»

La Poesia, nella sua genesi e poiein, opera con le parole per eccellenza,ed ha sempre a che vedere con il mettersi in sintonia con qualcosa che precede il testo. La Poesia si incarna e vive in qualcosa e di qualcosa d’ Altro. Ha a che vedere con l’alterità del reale, ma al tempo stesso non può più essere riportato all’indietro, alla sua “occasione”: diviene un messaggio, diventa governato da leggi sue. Dante lo spiega dicendo questo input iniziale “com’ei mi ditta dentro… vo significando”, cioè nella maniera in cui (Essa) la Musa,  inspira insuffla nel cuore e nella mano il soffio vitale, precisamente in quella forma straniera che procede a dettatura, ecco che Lì, noi –il poeta – possiamo farci strumento. (…) Anche nella dottrina del Kamasutra, in certe trattazioni del Corano, per non parlare del Cantico dei cantici, l’unione sessuale tra corpi è vista come campo mistico del dialogo col divino. Di questo principalmente ci è dato sapere. Da Plotino a Santa Teresa D’Avila, da Blake a Hölderlin alla scrittura esplicitamente religiosa, sempre il tramite della ispirazione è dunque  tramite con Dio, origine e modalità del dettato poetico. (…) La poesia dialettizzando la relazione con l’altro,  trasportandola in un alfabeto nuovo, e non reversibile, trasporta anche, lo reinventa, un codice del sacro del bello e del sublime nel testo, tessitura  orale sonora e di pensiero, finalmente inedita e sacralizza quel non detto e non dicibile che non aveva trovato parole, quel “silenzio frontale dove eravamo già stati” (De Angelis). Strumento siano, come studierà Maria Zambrano e Ortega y Gasset prima di lei, quel pensiero- passione, medium dell’abitare e passeggiare entro il “bosco sacro” del cosmo.

Maria Pia Quintavalla, nata a Parma, vive a Milano. Suoi libri: Cantare semplice 1984, Lettere giovani 1990, Il Cantare 1991, Le Moradas 1996, Estranea (canzone), 2000, Corpus solum, 2002, Album feriale 2005, Selected poems 2008. L’antologia dall’omonimo festival Donne in poesia, 1985 e 1987. Tradotta in più lingue, cura seminari sul testo poetico e sull’italiano scritto (Un. Statale Milano).


Ottavio Rossani «Il diapason della poesia tra passioni e mitofanie»

L’uomo insegue il trascendente. Ha bisogno di credere. Il poeta tenta di approdare a sponde di luce profetica, partendo dal corpo e navigando tra mente e follia. La poesia può proporre ogni ipotesi, attraverso l’invenzione linguistica, e le modificazioni semantiche e formali. La soglia dell’impossibile segna sacralità e misticismo, il limite dell’invisibile può aprire la porta dell’estasi. L’itinerario spirituale non esclude il tormento. Il disagio, l’inadeguatezza, l’estraniazione sono sintomi di una diminuzione nella propria concezione del mondo e della vita, che il poeta sa, vuole, vivere nella tensione del superamento per raggiungere vette mentali di riscatto e di esaltazione nella scala degli estremi. (Ognuna di tale situazione letteraria sarà illuminata da versi degli autori che l’hanno interpretata).

Ottavio Rossani (Sellia Marina, 1944) è giornalista, scrittore, poeta, pittore. Si occupa anche di teatro. Come giornalista (inviato del Corriere della Sera per 30 anni) ha scritto di politica, economia, cultura, cronaca. Ha intervistato molti personaggi in Italia e all’estero. Ha viaggiato nei diversi continenti, in particolare in lungo e in largo per l’America Latina. Ha pubblicato diversi libri. Le raccolte di poesia: Le deformazioni (1976); Falsi confini (1989); Teatrino delle scomparse (1992); Hogueras (1998); L’ignota battaglia (2005). I saggi: L’industria dei sequestri (1978); Leonardo Sciascia (1990); Le parole dei pentiti (2000), Stato società e briganti nel Risorgimento italiano (2002). Il romanzo: Servitore vostro humilissimo et devotissimo (1995). Il suo libro più recente è L’ignota battaglia (2005), romanzo in versi. Per il teatro ha curato alcune regie e ha scritto diversi testi. Ha esposto i suoi quadri in molte mostre personali e collettive in Italia e all’estero. Sue opere figurano in molte collezioni private. Dal dicembre 2007 tiene un blog dedicato alla Poesia sul Corriere della Sera on-line (http://poesia.corriere.it). Scrive articoli e recensioni di narrativa, poesia, saggi, sulle pagine culturali del Corriere della Sera e su altri quotidiani, riviste e siti internet.


Pausa pranzo condiviso dalle ore 13.00 alle 14.00


Giuseppe Curonici «Linguaggio spaziale e linguaggio verbale. Di fronte al sacro e al sublime»

La difficoltà nell’esprimere le idee di Sacro e di Sublime è data dal fatto che queste nozioni riguardano le dimensioni massime dell’esperienza umana, e il linguaggio sia verbale sia spaziale  è forzato a esaurire le sue capacità muovendosi  verso gli ultimi aspetti di ciò che è percepibile e dicibile. Riconosciuto il confine tra profano (o laico) e sacro, varcare il confine è possibile soltanto con un linguaggio autocritico, ossia disposto a riconoscere i propri limiti, usando definizioni non esaustive, parzialmente indeterminate, e comunque aperte.

Giuseppe Curonici è nato nel 1934. Laureato in filosofia teoretica a Milano, Università Cattolica. Ulteriori studi di semiotica e storia dell'arte. Articoli per riviste e mostre d’arte contemporanea in sedi private e musei pubblici soprattutto in Italia e Svizzera. Fino al 1999 direttore della Biblioteca Cantonale di Lugano (e archivio Prezzolini). Opere letterarie: L’interruzione del Parsifal dopo il primo atto (romanzo, Interlinea, Novara 2002, premio Bagutta Opera Prima); Nell’isola distante (romanzo, Novara 2004); La Maschera di Edipo Re (poesie, Alla chiara fonte, Lugano 2006).


Guido Oldani «Senza il sublime»

Il Sublime non lo conosco e diffido di tutto ciò che si elevi dal suolo anche di una sola spanna. È il tonfo quello che avverto, il gomito puntuto e sleale che ti accoglie. In questa cassetta degli attrezzi che è l’universo, sento il sacro come un pugno e mi fa felice se mi contraddice.

Guido Oldani è nato nel 1947 a Melegnano (MI), dove vive. Ha pubblicato sulle principali riviste letterarie del secondo Novecento: da «Alfabeta» a «Paragone», da «Poesia» a «Il Belpaese». È del 1985 la raccolta Stilnostro (ed. CENS), che reca l'introduzione di Giovanni Raboni. Il secondo libro, Sapone (2001), è stato pubblicato dalla rivista internazionale di poesia e filosofia «Kamen», in occasione del decimo anniversario di attività editoriale. La sua plaquette La betoniera è del 2005 (LietoColle) e la sua traduzione in spagnolo (La hormigonera) gli ha valso la partecipazione al festival internazionale di poesia di Medellín, Colombia (2009). È stato curatore dell’Annuario di Poesia (Crocetti editore) ed è presente in alcune antologie, tra cui Il pensiero dominante (Garzanti 2001) e Tutto l’amore che c’è (Einaudi 2003). Del 2008 è la pubblicazione di Il cielo di lardo (ed. Mursia). È incluso nella Storia della poesia italiana 1948-2008 (Daniele Maria Pegorari, Moretti e vitali ed.). È curatore della collana di poesia “Argani” (Mursia). Dirige il festival internazionale di poesia di Cagliari. Le sue poesie sono state tradotte e pubblicate e tradotte, oltre che in spagnolo, in tedesco, inglese e svedese.


Giancarlo Pontiggia «La poesia è un gesto vitale»

Le Muse non furono altro che ninfe delle acque, delle selve e dei monti: natura che diviene canto, sovrana immersione nella favolosa e scura corrente del mondo. Poeta è chi sa mettersi in ascolto delle forze della vita, ed elaborarle in avventurosi racconti, in immagini dotate di una loro verità sensibile e animistica. Che parli di lutti o di gioie, la poesia è sempre un gesto vitale, è sentire la maestà e la sacralità di un tronco, di un cielo. Ma pretende una disciplina severa, ferrea: richiede studio, silenzio, un ordine morale del pensiero e della lingua.

Giancarlo Pontiggia ha pubblicato due raccolte poetiche (Con parole remote, Guanda 1998; Bosco del tempo, Guanda 2005) e due volumi di saggi (Contro il Romanticismo. Esercizi di resistenza e di passione, Medusa 2002; Selve letterarie, Moretti & Vitali 2006). Traduce dal francese (Sade, Céline, Mallarmé, Valéry, Supervielle, Bonnefoy) e dalle lingue classiche (Pindaro, Sallustio, Rutilio Namaziano, Disticha Catonis). Vive a Milano, dove insegna al Liceo.

David Aguzzi «Al servizio della parola e del silenzio: la poetica di David Maria Turoldo»

Riflessioni e letture dedicate alla parola intesa come verbo in senso cristiano, luogo ove risiede la manifestazione artistica e poetica del divino in Turoldo.

David Aguzzi, nato a Rimini nel 1966 ,vive a Riccione dove lavora nell’ambito delle politiche sociali, giovanili, formazione e lavoro, comunitarie. Laureato in Sociologia con specializzazione in Teorie e Tecniche della Comunicazione, ama leggere poesia, saggistica su comunicazione e relazioni sociali e tanto altro. Pubblica saggi e articoli per la rivista «Catarsi. I Teatri della Diversità». Ha pubblicato: Lo straniero di carta; L’arte del legno (artigianato locale); Il Dono di Davide. I Volontari e la rete di Solidarietà; … e’ cuchel – il Gabbiano; Per uscire dall’invisibile (ANC Edizioni).


Patrizia Rigoni “Date”

Date è una sorta di poema sul tempo, in onore del tempo. Scritto praticamente da ferma. Per tornare non a ‘voler’ dire, ma a dire quello che mi viene detto. Ciò che oggi sono in grado di udire, e che non ho mai conosciuto in questo modo. Sono date vere, potrebbero essere anche altre. Tutte le date del calendario potrebbero essere Date. Se non ho avuto la forza di trasformare ogni data in Data, è perché la vita chiede sempre atti, oltre alla scrittura, chiede generosità concrete, presenza al tavolo di lavoro, alla mensa dei figli. È questa la vera difficoltà, l’ostacolo. Ma è proprio dentro questa massa di rovi, nel disordine dei loro grovigli, che voglio cercare l’offerta. Fermare l’irripetibilità sacra del tempo, fermarlo come la pianta di una città, una scultura, a volte un labirinto. Trovare l’ombra del tempo come se fosse un albero, una persona. Riuscire ad entrarci dentro come in visita ad un paese ritrovato. Dargli bussola, senso, intimità e confidenza. Ascoltare le sue parole. Dall’alba al tramonto. In una sorta di doppio binario dell’esistere, ‘dentro’ (per essere nelle cose) e contemporaneamente a lato (per poterle testimoniare).

Patrizia Rigoni, a Trieste dal 1998, ha pubblicato romanzi e poesie. È appena uscito con Fara il romanzo Avrò i tuoi occhi. Con il romanzo Come tenere l’acqua nella mano, MobyDick 2007, ha vinto il Premio speciale Trieste scritture di frontiera, e con la raccolta di poesie Distanze Astrali il Premio Internazionale di Poesia Fiur’lini in Olanda. Conduce laboratori di scrittura autobiografica e laboratori di narrazione su tutto il territorio nazionale, sia per gruppi privati o associazioni culturali sia all’interno di aziende e di istituti scolastici, come percorsi di formazione professionale per operatori. A conclusione dei laboratori ha pubblicato inoltre diversi volumi. Da alcuni di questi sono stati realizzati spettacoli teatrali e mostre. Si occupa inoltre di comunicazione e di progetti culturali per la città di Trieste.


Chiara De Luca «Lettera al tuo silenzio»

Monologo teatrale a mani sciolte con l’assenza. Dal ricordo della prigione rossa con le finestre aperte sull'assenza, sotto gli occhi verdi del cecchino del silenzio. Disperatamente in cerca del sacro nell'umano.

Chiara De Luca corre 10-12 chilometri al giorno, è nata a Ferrara nel ’75, traduce da inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese. Ha pubblicato con Fara i romanzi La collezionista (2005), La Mina (stra)vagante (2006), la silloge senza inserita ne La coda della galassia (2005), il poemetto La notte salva inserito ne Lo spirito della poesia (2008) e, con Alessandro Assiri, sui passi per non rimanere (2008). Ha pubblicato con Perdisa la pièce teatrale Duetti, e poesie in varie riviste e antologie. Sempre per Fara ha curato nel 2009 l’antologia poetica Nella borsa del viandante. Ha tradotto, tra gli altri, Marcos Ana, John Barnie, Thomas Beller, Jorge Carrera Andrade, John F. Deane, Guy Goffette, Dominique Grandmont, Thomas Kinsella, Werner Lambersy, Colette Nys-Mazure, Sabina Naef, Gray Sutherland. Si occupa di critica di poesia italiana e straniera su riviste e siti letterari. Di recente ha pubblicato la raccolta poetica La corolla del ricordo, con traduzione in inglese di Eileen Sullivan. Ha realizzato e gestisce il sito www.chiaradeluca.com, che ospita le opere di oltre 130 poeti italiani e stranieri. Ha creato le edizioni Kolibris (www.edizionikolibris.eu), dedicate alla traduzione e diffusione in Italia della migliore poesia straniera contemporanea e alla creazione di sempre nuove sinergie culturali tra le nazioni.


Nino Di Paolo «Sacro e sublime nei poeti ‘senza speranza’ del ’900 italiano»

Ungaretti, Quasimodo, Montale: la poesia del Novecento italiano presenta figure che esprimono, nella differenza di sensibilità ed anche di posizioni civili e politiche, una disperazione per le azioni degli uomini che mai trova sbocco nella consolazione di un Dio-persona  che cancelli la morte. In loro, Dio è lontano e assente: la loro è la generazione che ha visto e vissuto la decimazione della trincea e che, in seguito, è stata testimone diretta di Auschwitz e di Hiroshima. In realtà Ungaretti ha una conversione religiosa, a quarant’anni, ma le sue opere più importanti e conosciute, le poesie scritte in trincea sono specchio di una immagine di uomo fragile e sacro o, forse, sacro anche in quanto fragile. Diversi sono i percorsi umani di Montale e Quasimodo.

Nicola (Nino) Di Paolo, nato nel 1958, vive a Pero (MI) e lavora per la locale Biblioteca Comunale. Anima, da alcuni anni, gli "incontri con gli autori" che si tengono presso la Biblioteca stessa. Ha pubblicato, per Fara nel 2007, Anno Santo 1975. Da Milano a Roma a piedi, diario di viaggio di un adolescente e, nel 2008, Il primato della pietà, raccolta di racconti autobiografici e no, su temi attinenti le opere di misericordia.


Luigi Cannillo «Marmo e fango. Sublime e materia in poesia»

Sublime e materia non rappresentano due forze contrastanti, ma piuttosto elementi in tensione. Nella scrittura poetica si fecondano vicendevolmente fino a formare un’energia unitaria di senso e di lingua. Il confine tra queste due forze, apparentemente opposte, è una zona di sconfinamenti e contaminazioni, un campo autonomo di nuclei inscindibili, nella parola e nei testi. La sintesi della parola offre cittadinanza al rapporto fruttuoso fra immanenza e trascendenza, fra utopia linguistica e Tempo e ha alimentato esperienze poetiche diversificate ma molto significative: pensiamo, anche solo in riferimento  al ’900 e alla poesia contemporanea, a Dino Campana, Paul Celan, Sylvia Plath, P.P. Pasolini o, tra gli autori più vicini nel tempo, a Milo De Angelis. Sublime e materia sono infatti elementi essenziali della vita, dell'esperienza. La poesia, che inevitabilmente vi si accosta e ne è voce, rappresenta e crea a sua volta esperienza: come lingua del desiderio, della ricerca e della mancanza, lingua delle interrogazioni e della meditazione sul destino e la condizione umana; è componente imprescindibile di tale ricerca, di tale slancio.

Luigi Cannillo è nato e vive a Milano. È insegnante di lingua e letteratura tedesca. Ha pubblicato le raccolte di poesia Transistor (TS, Novara 1986), Volo simulato (Campanotto, Udine 1993), Sesto senso (Campanotto, Udine 1999) e Cielo Privato (Joker, 2005); le plaquettes Cieli di Roma (LietoColle, 2006) e L’ordine della madre (Amici del Libro d'Artista, 2008). Singole poesie sono state pubblicate su numerose riviste, fra cui Millepiani, Manocomete, Il segnale, La mosca di Milano, Il Monte Analogo. È presente, antologizzato come poeta o con interventi critici, in antologie e raccolte di saggi. Ha collaborato alla redazione dell’Annuario Crocetti 2000 e di Sotto la Superficie. Letture di poeti italiani contemporanei (Bocca, 2004) e ha curato con Gabriela Fantato La biblioteca delle voci. Interviste a 25 poeti italiani (Joker, 2006) e le antologie di poesia e prosa giovanile della Rassegna “M. Incerti” Battiti d’alfabeto (Ed. dell’Ambrosino, 1999) e Il Cerchio e la Conchiglia (Le Voci della Luna, 2008). Ha curato l’antologia Il corpo segreto. Corpo ed Eros nella poesia maschile (LietoColle, 2008).


Antonietta Dell’Arte «Così il deserto si ascoltò»

Lettura di versi.

Nata a Troina (Enna), Antonietta Dell’Arte vive e lavora a Milano. Fra le pubblicazioni: Filtro, Guanda, 1984; Lei, Marsilio, 2001, selezionato al premio Viareggio Repaci; Nel Bosco del Prete Rosso (versi per le Quattro stagioni di A. Vivaldi), 1996); Il tema del Padre, Passigli, 2008; la fiaba La Lumaca del Bosco Rosso, Castalia; il saggio Autoanalisi semiotica, Forlì, 1982. Fra i premi, la “benemerenza civica” (Ambrogino d’oro) del Comune di Milano (1993). La sua poesia è stata tradotta in Romania, in Francia e negli Stati Uniti. È stata inserita, tra l’altro, in Manifesto di Poesia, Ed. Rusconi, 1988; Poeti latini, Bompiani, 1993; Repertorio della poesia contemporanea, Mursia, 1970-1980; Il verso all’infinito, Marsilio, 1999.


Roberto Cogo «Poesia e alfabeto naturale: lettura da Io cane»

Su Io cane (L’arcolaio, 2009) Fabio Franzin scrive: “quando tutto sarà buio silenzio ricordarsi soltanto / di questo spazio verde di sogno e di suono / nella lingua pacata dei tronchi /con la pazienza dei rami e delle foglie. La lingua di Cogo è, proprio come dice il verso succitato, pacata e precisa, contemplativa; una lingua precisa, da scienziato, quando scrive e descrive le specie, sia animali che vegetali, pacata e contemplativa quando le fa correre, volare o stormire nel foglio; (…) quando Cogo è cane, e lo è col muso accucciato per terra, chi legge ha le orecchie schiacciate, sente la polvere; quando è uccello, vola con lui, con lui nuota nella scia dei pesci e avverte il lieve peso dell’uccello posato, se è ramo; è anche un osservatore attento e innamorato (non trovo altro termine per definirlo), se nel tronco malato del faggio, come bestemmia al mondo di cui sopra, sa scorgervi una mappa di stelle e di pianeti, straziante tentativo di riagganciare le altissime entità che possono ancora consolarci, e salvarci.”

Roberto Cogo è nato a Schio (Vicenza) nel 1963. Si è laureato in Lingue e letterature anglo-americane all’Università Cà Foscari di Venezia con una tesi sulla letteratura di viaggio (Jack Kerouac e W. Least Heat-Moon). Ha pubblicato Möbius e altre poesie, Editoria Universitaria, Venezia, 1994; In estremo stupore, Edizioni del Leone, Venezia, 2002 (finalista al Premio di Poesia Lorenzo Montano 2003); Nel movimento, Edizioni del Leone, Venezia, 2004 (segnalato al Premio Montano 2005); Di acque / di terre, Edizioni Joker, Novi Ligure, 2006; le sequenze poetiche Ancora nel luogo neutro e Il cielo dentro la montagna nell’antologia Dall’Adige all’Isonzo. Poeti a Nord-Est (Fara, 2008). Ha tradotto dall’inglese numerose opere di autori classici e contemporanei.


Salvatore Ritrovato «Poesia e preghiera»
Lettura e commento di alcuni versi. A volte la poesia nasce da una preghiera, e la preghiera diventa poesia. Ma quando e come la poesia cerca la preghiera? Una scelta di testi di autori del Novecento e non; riflessioni intorno al valore, e al bisogno, di guardare oltre le cose.

Salvatore Ritrovato (1967), ha pubblicato tre raccolte di versi: Quanta vita (1997), Via della pesa (2003), Come chi non torna (2008). Di recente ha curato l’antologia Dentro il paesaggio. Poeti e natura (Archinto, Milano, 2006). Di prossima pubblicazione, la raccolta di saggi e interventi La differenza della poesia. Insegna Letteratura Italiana all’Università di Urbino, dove vive.


Alfonsina Zanatta «Sguardo sull’oltre»

La poesia è sguardo sull’Oltre, disseppellirsi di mistero e di trascendenza, affondo nell’essenza della vita. L’intuizione di un altro mondo spesso coincide con la sete di senso, con la tensione esistenziale ad un approdo di luce e di significato autentico. Quasi un affare di coscienza, un insopprimibile bisogno etico. Al tempo stesso, o in un varco solo apparentemente successivo, la poesia diviene sguardo sull’Altro, su Colui che mi trascende e che si offre nella gratuità più libera alla mia attesa. Il confine con la contemplazione, con l’esperienza mistica, si assottiglia. D’altra parte i tentativi  per dire Dio, la sua Vita, la sua relazione con me non possono che stare nei dintorni della parola poetica. Parola, sì, e silenzio. Silenzio. Silenzio come grembo, come respiro. La poesia intesse relazioni con l’Oltre, con l’Altro. Non ripiegamento, ma dialogo. Non isolamento, ma partecipazione ad uno scambio vitale di Amore.

Alfonsina Zanatta ha curato, per un’antologia della Paravia, le sezioni dedicate alla poesia, con affondi sulla produzione del Novecento e su quella contemporanea. “Ospita” esperienze liriche nell’ambito di un programma radiofonico (in una radio ascoltata nel Piemonte orientale). Scrive, organizza e cura la regia di proposte poetico-spirituali per la Fraternità della Trasfigurazione, a cui appartiene. Vive e opera a Vercelli.


Alessandro Moscè «È possibile poter parlare con Dio?»

L’esperienza di Giorgio Saviane, scrittore filosofico-religioso, che in quarant'anni di produzione narrativa ha sempre cercato il senso di assoluto e di sacro, attraverso le parole dei suoi libri.

Alessandro Moscè è nato ad Ancona nel 1969 e vive a Fabriano. Ha pubblicato l’antologia di poeti italiani contemporanei Lirici e visionari (Ancona, il lavoro editoriale, 2003); i libri di saggi critici Luoghi del Novecento (Marsilio, Venezia 2004) e Tra due secoli (Neftasia, Pesaro 2007); l’antologia di poeti italiani del secondo Novecento, tradotta negli Stati Uniti, The new italian poetry (Gradiva, New York 2006, seconda edizione 2008). Ha dato alle stampe le raccolte poetiche L’odore dei vicoli (I Quaderni del Battello Ebbro, Porretta Terme 2004) e Stanze all’aperto (Moretti & Vitali, Bergamo 2008). È tradotto in inglese e in spagnolo. Si occupa di critica letteraria e di filologia su varie riviste e giornali (“Il Corriere Adriatico”, “Il Tempo”, “Pelagos”). Ha ideato e dirige il periodico di letteratura “Prospettiva”, ed è caporedattore della pagina della cultura del settimanale “L’Azione”. Ha ideato e dirige il Premio Nazionale di Narrativa e Poesia “Città di Fabriano”.



Lorenzo Mari «Nel gorgo del cielo. Umberto Bellintani a colloquio con il divino»

Un omaggio al poeta mantovano Umberto Bellintani nel decennale della sua scomparsa. Ripercorrere l’incontro del poeta con il divino non traccia soltanto un percorso mistico eterodosso, ma apre nuovi spiragli critici sull’approccio al Mondo di una parola che non si è mai limitata – nonostante le apparenze superficiali – al perimetro della realtà quotidiana.

Lorenzo Mari (Mantova, 1984) vive e studia a Bologna. Ha pubblicato la raccolta di poesia Minuta di silenzio (L’Arcolaio, 2009) ed è presente nelle antologie Pro/Testo (Fara Editore, 2009) e Nella borsa del viandante (Fara Editore, 2009). Collabora con la rivista militante «Tabard».



Roberto Mussapi «La poesia affonda nel sacro perché ne nasce»

La tragedia greca dell’età classica è una delle massime espressioni poetiche di ogni tempo, e deriva da un rito: la tragedia nasce come preghiera. Il sacro non è quindi un possibile argomento della poesia ma una realtà inscinbibile dalla poesia stessa, pur se da questa distinta. Una ricognizione su poesia e sacro è dunque uno dei nodi del pensiero, poietico e teorico.

Roberto Mussapi, nato nel 1952, vive a Milano. Poeta e drammaturgo, è anche autore di saggi e di traduzioni da autori classici e contemporanei, oltre che di un’opera narrativa, Tusitala, il narratore (Ponte alle Grazie, 2007). Tra i più recenti volumi ricordiamo Il testimone (teatro, Jaca Book, 2007) e La stoffa dell’ombra e delle cose (poesia, Mondadori, 2007), Volare (varia, Feltrinelli, 2008). È autore e conduttore di programmi radiofonici.


Cinzia Demi «Il tratto che ci unisce»

La poesia, l’amore, la fede ci uniscono in qualche modo anche al sublime, oltre che gli uni con gli altri: non è forse sublime scrivere qualcosa in cui gli altri si possono riconoscere? Non c’è del sacro nella poesia sessa, specie se contiene, si ispira e nasce dal contatto, come dice E. Pound nella poesia Hystrion, con le anime dei grandi? Credo che se i pensieri poetici riescono a contenere una visione sul mondo e a descriverla, o raccontarla, e a trasmetterla al lettore, si faccia presto a raggiungere vette elevate di sentimenti e passioni da condividere. Sì, certo, da condividere: sono per la poesia che avvicina la gente, che sta in mezzo alla gente e proprio da questo trova la sua forza. Il poeta deve essere uno di noi, non deve stare sul piedistallo, altrimenti non serve a nessuno. Il sublime è riuscire a leggere un testo in mezzo a una piazzetta, a un'osteria, a un angolo di via e farsi capire da chi è lì, in quel momento, se pure per caso. E dai bambini, dai ragazzi che si affacciano alla vita e hanno bisogno di essere avvicinati dalla poesia e non di vederla come qualcosa di irraggiungibile.

Cinza Demi, nata a Piombino (LI), lavora e vive a Bologna. Fa parte del Gruppo Poetico “Laboratorio di Parole” (ne cura le relazioni esterne ed è redattrice della rivista bimestrale «Parole»). Organizza scambi culturali e gemellaggi in varie località d'Italia e cura la regia di eventi di poesia e arte varia. Nel 2007 ha pubblicato il libro Incontriamoci all'Inferno, parodia di fatti e personaggi della Divina Commedia (ed. Pendragon) con il quale contribuisce alla conoscenza del Poema dantesco nelle scuole, in conferenze e drammatizzazioni in varie realtà istituzionali d’Italia. Ha collaborato con il Centro di Poesia Contemporanea, con il Dipartimento delle Discipline Storiche dell’Università di Bologna, con l’Università Primo Levi sempre di Bologna e con varie associazioni e istituzioni sul territorio nazionale. Nel febbraio 2009 ha pubblicato il libro di poesie Il tratto che ci unisce (ed. Prova d’Autore) con prefazione di Davide Rondoni. Della poesia dice che fa parte della sua vita, soprattutto in forma d'ascolto.


Angela Passarello «Il sacro, il sublime nel mondo animale»

Della vita degli animali mi ha sempre incuriosito la misteriosità. Sebbene il sacrificio, il dolore, la morte accomunino uomini e animali, nella sfera cosmica essi rimangono privi di coscienza, sottomessi, confinati in luoghi specifici. Nel suo “dire poetico” Rilke ci presenta nelle Elegie Duinesi l’animale in costrutti mitopoietici. Gli animali indagati da R. Steiner e dalla filosofia buddhista assumono un significato cosmico legato alla rinascita e alla reincarnazione. Nel Diluvio universale il Signore dice a Noè: “D’ogni animale mondo prendine con te sette paia…”

Angela Passarello è nata ad Agrigento.Vive e lavora a Milano. È cofondatrice della rivista «Monte Analogo» di cui è redattrice. Ha pubblicato la raccolta di racconti Asina Pazza (Greco@Greco), la raccolta di poesie La Carne dell’Angelo (ed. Joker) le prose poetiche Ananta delle Voci Bianche (ed. I Quaderni di correnti). È presente nell’antologia Poeti per Milano (Viennepierre ed.).


Gabriela Fantato «L’evoluzione del sublime»

Dopo Baudelaire non è più possibile quell'idea di sublime (alto): poesia come lingua e voce del corpo, della vita che in sé è sacra; la poesia del ’900 dice il dolore, il senso del limite, la gioia e la fragilità del vivere; nuova idea di sublime come  voce di ciò che è intrecciato alla vita, alla materia e al corpo; la sacralità è appartenenza alle leggi dell'universo.

Gabriela Fantato, poetessa, critica, saggista. Suoi testi, anche in traduzione inglese, francese, spagnola e araba, compaiono su riviste e antologia italiane e straniere. Raccolte poetiche: Fugando (Book editore, 1996); Enigma (DIALOGOlibri, 2000); Moltitudine, in Settimo Quaderno di Poesia Italiana, a cura di F. Buffoni (Marcos y Marcos, 2001); Northern Geography, traduzione di E. Di Pasquale (Gradiva Publications, 2002); Il tempo dovuto, poesie 1996-2005 (editoria&spettacolo, 2005); Codice terrestre, pref. di Milo De Angelis (La Vita Felice, 2008). Ha curato con Luigi Cannillo il libro di interviste La Biblioteca delle voci. Interviste a 25 poeti italiani (Joker edizioni, 2006)e ha collaborato a varie dizioni di Almanacco di poesia, edito da Crocetti, a cura di G. Oldani. Dirige la rivista di poesia, arte e filosofia: “La Mosca di Milano”e la collana di poesia, saggi e traduzioni “sguardi” (La Vita Felice, Milano). Ha vinto: Premio M. Cumani Quasimodo (edito, 1997); Premio Gozzano (2003, inedito); Premio Montale Europa (2004, inedito) e Premio Tortona (edito, 2008).

Dibattito con il pubblico e interventi flash
Mariangela De Togni, Luigi Metropoli, Natascia Ancarani, Alessandro Rivali…



L’universo sotto le parole