lunedì 10 maggio 2010

Vincenzo D’Alessio e il suo contributo alla conoscenza della poesia irpina

Donal d'Irlanda-di P. Galloni
Paolo Saggese

Gli studi sulla poesia irpina, nel corso dell’ultimo decennio, anche a seguito della pubblicazione della collana Poeti del Sud e dunque della “Storia della poesia irpina”, ha avuto un certo rinnovato impulso, come dimostra tra l’altro un’importante fatica letteraria, i Profili critici di Vincenzo D’Alessio, editi con postfazione di Massimo Sannelli, Presentazione di Alessandro Ramberti, per i tipi di Fara editore (Rimini, 2010). Si tratta di una raccolta di ben novantacinque interventi, quasi tutti recensioni, scritte soprattutto tra il 2006 e il 2010, e che proiettano meritoriamente la poesia irpina e meridionale in un dibattito nazionale garantito dalla prestigiosa casa editrice, che le ospita (molto interessante, ricco di stimoli, prezioso, è anche il dialogo a distanza intessuto con Padre Bernardo Francesco Maria Gianni, curatore dell’antologia Poeti profeti?).
Sebbene Vincenzo D’Alessio abbia dedicato molti dei suoi interessi alla poesia meridionale e sebbene lo spirito meridionale sia ben presente, l’intellettuale non perde di vista l’idea che la Poesia è sempre tale, prodotta al Nord, al Centro, al Sud di una Nazione che dovrebbe trovare, in occasione del centocinquantesimo anniversario dalla sua nascita, le ragioni di una convivenza civile necessaria, oltre che giusta. Pertanto, molti autori di altre regioni d’Italia sono oggetto delle indagini profonde, acute, “simpatetiche” e filologicamente fondate di Vincenzo D’Alessio.
Il suo “meridionalismo” e il suo profondo senso etico dato alla poesia sono colti subito e con intelligente empatia da Alessandro Ramberti e da Massimo Sannelli, che scrive una riflessione che condividiamo pienamente: “A Sud si deve essere ‘partigiani’, come scrive Vincenzo D’Alessio: ma non per riaffermare una povera fisionomia stilistica; a Sud si deve essere partigiani per non morire e per non sradicarsi” (p. 229). La riflessione ricorda Gramsci, e in effetti oggi non si può non essere “partigiani”, soprattutto al Sud, come anche nel resto d’Italia.
Vincenzo D’Alessio, infatti, è consapevole che ormai a Sud una delle poche voci libere è quella della poesia, e “che la ‘Questione Meridionale’ non è più nelle mani della politica: è oggi nelle mani della Poesia” (p. 53, a proposito delle Storie minime di Maria Pina Ciancio, Fara, 2009).
Il carattere antagonistico degli interventi di D’Alessio sul Sud può essere sintetizzato dall’amara riflessione sull’interruzione del Premio Nazionale di Poesia Città di Solofra organizzato dall’Associazione “Francesco Guarini” dal 1976 al 2006, fino alla XVI edizione. Così conclude la sua amara riflessione: “Siamo stati perseguitati, perché non abbiamo accettato, mai, la protezione di nessuna schiera politica. Noi abbiamo camminato sempre con la lucerna della conoscenza tra le mani, in cerca delle nuove generazioni, per aiutarle, con il silenzio della Poesia, a vincere le turpitudini politiche della nostra terra, madre-matrigna. Non siamo sconfitti. Ci fermiamo perché non ce la sentiamo di gravare sulle spalle di nessuno …” (“Come muore un premio letterario”, p. 64).
Oltre che al Sud, l’attenzione di D’Alessio è rivolta alle voci della terra irpina. E così compaiono le recensioni a Domenico Cipriano (L’enigma della macchina, L’Arca Felice, 2008), poeta giovane di grande eleganza, ad È luce il tarassaco, poi “Tarassaco e viole” (in Legenda, Fara, 2009) di una “voce” forte e profonda, che risponde al nome di Emilia Dente (“I versi di questa raccolta denunciano il dolore che promana dalla terra devastata, dai giovani invecchiati anzitempo, dalle forze sane che hanno molto da dare e che invece vengono paralizzate alla frontiera del fare …”, p. 78), alle raccolte di Antonietta Gnerre Fiori di vetro: restauri di solitudine (Fara, 2007), “Preghiere di una poetessa”, in Lo spirito della poesia (Fara, 2008), a PigmenTi (L’Arca Felice, 2010), poetessa di cui D’Alessio percorre con grande profondità il complesso percorso intellettuale: “Prova poetica”, scrive dell’ultima plaquette, “di elevato spessore filosofico, senza abbassare la musicalità delle composizioni. Una pietra miliare del suo percorso poetico” (p. 131). Ad Emilia Dente, tra l’altro, è dedicato ampio spazio anche nella recensione a Legenda (Fara, 2009).
Gli altri autori irpini, appartenenti alle generazioni precedenti e qui studiati, sono il poeta meridionalista e della “diaspora” Michele Luongo (di cui è recensito Irpinia terra del Sud, Tracce, 2003) e il poeta dialettale Giovanni Taufer (per la raccolta Sciure e papagne, Domicella, 2009). Inoltre, è dedicato un saggio a Michele Ricciardelli, per il libro L’Arcadia di Jacopo Sannazaro e di Lope de Vega (Fausto Fiorentino editore, Napoli, 1966) e ai volumi di Poesia meridiana, Poeti del Sud 3 (Elio Sellino editore, 2007), e Versi per il Formicoso. Raccolta differenziata (Lioni, 2008), a cura di chi scrive e di Giuseppe Iuliano. Dunque, queste ultime tre recensioni sono dedicate al nostro lavoro, alla riscoperta che noi stiamo tentando della poesia irpina, meridionale e meridiana.
Attraverso questi saggi, Vincenzo D’Alessio, mettendo in evidenza una notevole consonanza di idee con il Centro di Documentazione sulla Poesia del Sud, dà un contributo notevole alla nostra testimonianza culturale e morale. Lo studioso si domanda: “Perché il Nord non riconosce al Sud la partecipazione alla Letteratura Nazionale, dimentico dei grandi letterati e poeti che il lembo di terra meridionale ha offerto all’Italia?” (p. 194). E a proposito degli autori antologizzati in Poeti del Sud 3, osserva: “Crediamo sia giusto che il Meridione venga conosciuto attraverso questi esemplari Autori” (p. 200).
Insomma, con questo volume, il poeta e critico Vincenzo D’Alessio fa propria, come ha fatto per un’intera esistenza, la battaglia della poesia del Sud, coerente con l’idea che la “questione meridionale” spetti oggi combatterla alla poesia.
Su questo non avevamo dubbi, anche perché l’autore dice di sé, nella “autopresentazione in forma epistolare”: “Ho avuto un’infanzia difficile, ho subito forme di violenza fisiche che mi hanno segnato per il resto della vita. Sono stato, per queste prove, un animo sensibile alla poesia, alla musica, all’arte, all’esistenza dei più deboli” (p. 225). E la poesia del Sud è poesia dei più deboli per i più deboli: dunque, è la poesia più consona ad un grande che risponde al nome di Vincenzo D’Alessio.

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