venerdì 10 settembre 2010

Lettera su Gli angoli della terra

Gentilissima Germana,
ho ricevuto il Suo libro Gli angoli della terra.
Perdoni il ritardo col quale Le rispondo, ormai fisiologico, per altro, ma aggravato in questo periodo da una serie di circostanze, fortunatamente anche liete, che mi hanno come travolta: anch’io sono diventata nonna.
La ringrazio, tanto, perché ho trovato il Suo libro “lieve” e al tempo stesso ricco di sapienza umile e grazia discreta: non leggero nel senso della sostanza delle argomentazioni; lieve nella complessità, nella sapienza della organizzazione strutturale e nella essenzialità - congiunta al nitore - della forma espressiva.
La struttura bipartita dichiara immediatamente le scelte di campo necessarie alla vita, la fede che sostiene questa esperienza di scrittura, lo sguardo sul mondo, pure in mezzo alla violenza della storia, soprattutto la capacità di leggere gli eventi anche ordinari dell’esistenza.
Dalla prima sezione, “gli angoli materiali”, si legge la propria vicenda personale con gli autoritratti d’apertura - autoritratto giovanile - e di chiusura , che hanno in comune non pochi elementi, in particolare il lago e la scrittura. Nell’ultimo, la ragazza, mutata nell’aspetto non è più sola; e infatti la poesia si arricchisce di tutta l’esperienza della vita, della maternità, della genitorialità dei figlia a loro volta… Il tempo, è vero, è la categoria esistenziale più rilevante.
Da “gli angoli immateriali” si rileggono gli eventi e i destini, sono restituiti i ritratti degli amici scomparsi, si ricompongono i volti, prende maggior forza la preghiera e infine la supplica alla pace, di fronte alla violenza della terra: “gli angoli della terra sono covi di violenza” è citazione  dal salmo 73 che fa da titolo-epigrafe all’ultimo testo della raccolta con lo sguardo sempre vigile sulla realtà della condizione umana nella storia. È rievocato anche lo strazio delle Torri Gemelle, ma la speranza è categoria fondamentale della poesia come della vita; e non viene meno:  “Pregare è ricevere delle forze” per orientarsi anche controcorrente: “e se guardando le ultime foglie che cadono / provassimo a vedere anche le piccole gemme / che spuntano / le bacche che resistono?” Di tanto c’è bisogno in questo e in ogni tempo.
Dalla specola delle realtà invisibili l’esistenza nell’orizzonte delle realtà visibili, analogamente alla siepe leopardiana, è quasi ostacolo alla visione. Forse soprattutto per l’aderenza al testo biblico ho avvertito grande sintonia con gli autori a me più cari.
Con stima buone cose e cordiali saluti
                                                                       Anna Maria Tamburini
Rimini, 4 agosto 2009

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