domenica 30 maggio 2010

Farepoesia n. 2 (a cura di Tito Truglia)

AVVISO
Lieto di annunciarvi l'uscita della rivista Farepoesia n. 2. 142 pagine in parte a colori di poesia e arte. La rivista mantiene il costo di copertina di 12 euro ma ha aggiunto un allegato, ovvero un CD con 11 brani musicali e ha migliorato la rilegatura e la carta.
TIto Truglia

EDITORIALE MINIMO
Il progetto Farepoesia è in via di rodaggio ma già fa sentire il suo strillo rombante. Tre plaquette di poesia, con un'altra in arrivo, e tre cataloghi di arte underground bastano per far sapere delle nostre intenzioni. Quanto alla rivista omonima, dopo l'apprezzato primo numero, ecco il secondo della serie. Certo, con una buona dose di ritardo come si conviene. Ma eccoci. Siamo qui a lanciare la nostra Re-Sistenza contro i mostri che abitano la palude. E udite udite, già con al fianco un primo allegato-potlach. E chi siamo? L'Espresso?!
Un CD tutto nuovo del bravo Bruno Marazzita a testimoniare la nuova scena cantautorale che viaggia per tutto lo stivale e passa anche da Pavia. Voce intensa, testi molto curati. Un ponte tra la tradizione e la nuova sensibilità umplugged, parole cariche di espressività senza mai essere banali. Ma torniamo alla rivista.
La rivista FAREPOESIA è una costola del progetto editoriale che porta lo stesso nome. L’idea è quella di offrire una possibilità di intervento ai tanti cultori dell’arte poetica (e non solo poetica) all’interno di un contesto di riflessione critica, letteraria ed extraletteraria...
Per quanto riguarda i contenuti la rivista vuole promuovere un rinnovamento di quella categoria che è passata alla storia col termine di “poesia civile”. Il concetto di “poesia civile” racchiude una particolare attitudine che vogliamo indagare fino in fondo e in tutte le sue possibili manifestazioni, senza per questo cadere nell'errore di voler definire un qualunque canone, né di indicare una direzione obbligata. Detta altrimenti, ci sembra essenziale attivare una decisa riappropriazione dei dati della realtà anche in riferimento al fare artistico.
Questo indirizzo non sarà mai posto come esclusivo e ideologico. Tutt'altro. L’attività si svolgerà con la massima apertura verso la pluralità degli stili, delle personalità e delle forme. Il dialogo e le relazioni costruttive sono i principali valori che guidano il lavoro dell’intero progetto. Ricosciamo una tensione, un campo entro cui sviluppare una ricerca, ma i punti di approdo non sono predefiniti e, per la verità, nemmeno all’orizzonte. Come altre volte, pensiamo necessario incentivare il viaggio, avendo preparato una accurata borsa degli attrezzi, ma senza sapere dove, e forse, solo per il gusto di andare…
Un altro segno caratterizzante sarà l’interdisciplinarietà. Sentiamo davvero importante questo tema soprattutto in riferimento alla scarsa visibilità del mondo della poesia attuale, che non deriva solo da condizioni editoriali particolarmente inefficaci a livello di vendite, ma è motivata spesso dai risultati concreti di poetiche piuttosto chiuse e confinate nello stretto giro di consorterie amichevoli, finalizzate a un protagonismo molto provinciale, poco attento alla condivisione e alle aperture. Poetiche spesso programmaticamente avulse dal reale, o ristrette in visioni estremamente “linguistiche”, che non hanno trovato (e non trovano) fondamento in alcuna prospettiva di ricerca e approfondimento di ampio respiro. Infine segnaliamo la caratterizzazione no-profit del progetto e l’adozione (non esclusiva) del regime Copy-left / Creative Commons. Crediamo in una politica di bassi costi e soprattutto nell’idea di non mercificare l’utilizzo dell’arte e della conoscenza.
La rivista è redazionalmente legata a Pavia, ma i collaboratori sono di varia provenienza. Se non di vere e proprie sedi regionali possiamo sicuramente parlare di piccoli nuclei attivi un po' su tutto il territorio nazionale. È una pubblicazione a cadenza quadrimestrale.
Per l’acquisto dei volumi inviare richiesta a titoxy@libero.it o telefonare al num. di cell. 3495959694.
INDICE
5 Che fare di Tito Truglia.
6 EDITORIALE MINIMO
8 LA PAROLA ATTIVA 1 - Scrittura e impegno di Rosa Elisa Giangoia.
12 LA PAROLA ATTIVA 2 - Per un'arte dell'hic et nunc. H.C. Bukowski a cura di Ivan Pozzoni.
14 LA PAROLA ATTIVA 3 - Ed. Farepoesia: G. Stocchi, G. Michelone, L. Ariano.
21 ZONA X – Schiaffo Edizioni. Una ricerca editoriale di Marco Bini.
27 DOVEALTROVE – Berlino. Guida alla città invisibile di Natascia Ancarani.
39 DONNE IN POESIA OGGI IN ITALIA - Testi poetici di Iride Enza Funari.
45 POLIFONIE – Libri, idee, interventi di M. Bini e G. M. Gallerani, L. Ariano.
53 POETRY GENERATION - Barbarah Guglielmana. Note di Paolo Sorice.
56 DIVERGENZE – Allen Ginsberg di Tito Truglia.
64 VERSITUDINE - Poesie di Nicola Bonacini e Giancarlo Fascendini.
71 SINESTESIE - Poesie visive di Renato Sclaunich.
77 SITUAZIONI 1 - I Fantasmi del Mare di Enzo Niutta e Luigi Briglia.
85 SITUAZIONI 2 – Le Ragazze di Benin di L. Maragnani e Isoke Aikpitanyi.
88 AREA FACKEL 1 - La diversità nell'arte di Giancarlo Da Lio.
89 AREA FACKEL 2 – Pianeta Mail Art tra ieri e domani di Tiziana Baracchi. Con una breve selezione di opere dall'archivio Baracchi-Da Lio.
96 KALEIDOSCOPIO - Due disegni di Antonio Savino Damico.
97 IDEE E FORME – Scatti fotografici di Giulia Comenduni.
109 TERRITORIO E COMUNITÀ - In Calabria di Benny Nonasky.
112 EUROPA POESIA - Eva Bourke e Patrick Deeley a cura di Chiara De Luca.
125 LE PAROLE CANTATE – La presenza di Ivan Della Mea di Piero Carcano.
127 LA SCELTA – Umberto Bellintani. Nel gorgo del cielo di Lorenzo Mari.
137 FINAL CUT – Ubry Haky due tavole (+1) di Mariano Bellarosa.
140 AUTORI DI QUESTO NUMERO

Sono inoltre presenti opere di/e/con:
Iride Enza Funari, Eva Bourke, Patrick Deeley, Nicola Bonacini, Giancarlo Fascendini, Enzo Niutta, Luigi Briglia, Laura Maragnani, Isoke Aikpitanyi, Allen Ginsberg, A.PK, Pete Spence, Maryse Four, Dmitry Babenco, Pennacchi, R.D. Kamperelic, Zoe Elizabeth Zois, Ambasciata di Venezia, Eligio Leschiutta, Furlotte, Eddie Nero, Wu Ming, F. Rentocchini, E. Morgan, J. Bornie, M. Cangiano, R. Renzi.

venerdì 28 maggio 2010

La punta della lingua 2010 Ancona e Portonovo 16-27 giugno

Poesia Festival (V Edizione)

Mercoledì 16 giugno

Portonovo / Chiesa di S. Maria
H 18.45
POETI NUOVI
Franco Buffoni presenta i poeti del X Quaderno italiano di poesia contemporanea (Marcos Y Marcos, 2010)
Letture di Corrado Benigni, Andrea Breda Minello, Luigi Nacci, Francesca Matteoni, Italo Testa

Portonovo / Fortino Napoleonico
H 20.30
Cena a buffet

H 21.45
Franco Buffoni presenta il suo libro di poesie Roma (Guanda, 2009)

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Giovedì 17 giugno
Portonovo / Fortino Napoleonico
H 18.45
APERITIVI POETICI
Presentazione della rivista Argo (Cattedrale, 2010)
Letture dei poeti Franco Buffoni, Manuel Caprari, Manuel Cohen
Interventi musicali: Samuel Manzoni
Cocktail by Varnelli

Portonovo / Fortino Napoleonico
H 20.30
Cena a buffet

H 21.45
Paolo Nori legge Chlebnikov
Lettura scenica tratta da Velimir Chlebnikov, 47 poesie facili e una difficile (Quodlibet Compagnia Extra, 2009)

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Venerdì 18 giugno

Portonovo / Parco Hotel La Fonte
H 18.45
LE MARCHE DELLA POESIA
Il critico Linnio Accorroni presenta i nuovi libri dei poeti
Massimo Gezzi, L'attimo dopo (Luca Sossella, 2010)
Adelelmo Ruggieri, Semprevivi (peQuod, 2009)
Interventi musicali: Fabrizio Alessandrini
Cocktail by Varnelli

Portonovo / Hotel La Fonte
H 20.30
Cena a buffet

Portonovo / Sala Chiesetta Hotel La Fonte
H 21.45
FACEBOOK POETRY
II edizione

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Sabato 19 giugno

Portonovo / Chiesa di S. Maria
H 18.45
LE MARCHE DELLA POESIA
Il critico Manuel Cohen presenta i nuovi libri dei poeti
Maria Lenti, Cambio di luci (Cattedrale, 2009)
Francesco Scarabicchi, L'ora felice (Donzelli, 2010)

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Domenica 20 giugno

Ancona / Anfiteatro romano
H 21.30
POETI DA ANTOLOGIA
Letture di
Fabio Franzin
Gabriele Frasca
Patrizia Valduga
Interventi musicali: Contrada Merla

In caso di maltempo: Chiesa di S. Maria della Piazza

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Lunedì 21 giugno

Ancona / Cinema Azzurro
H 21.30
LA POESIA CHE SI VEDE
Gilda Policastro presenta il video
Abecedario di Edoardo Sanguineti

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Giovedì 24 giugno

Ancona / Ridotto del Teatro delle Muse
H 21.30
LA POESIA CHE SI VEDE
Franco Scataglini Esplumeor
Un video-ritratto di Stefano Meldolesi

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Domenica 27 giugno

Ancona / Mole Vanvitelliana
H 21.30
IL SIGNOR ROSSI E LE POESIE
Incontro con Paolo Rossi

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Cene a buffet: euro 15
Prenotazioni: 071 801470

Bus-navetta gratuito per gli eventi di Portonovo
Linea n. 94 Conerobus
Da Ancona (Stazione FS/P.za U. Bassi): H 17.45, 20.30
Da Portonovo: H 23.45

Soggiorni convenzionati a Portonovo:
Hotel Excelsior La Fonte http://www.excelsiorlafonte.it/
Hotel Fortino Napoleonico http://www.hotelfortino.it/

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LA PUNTA DELLA LINGUA 2010
Organizzazione: Nie Wiem
Responsabile: Valerio Cuccaroni
Direttore Artistico: Luigi Socci

Con il contributo di: Comune di Ancona, Provincia di Ancona, Arci Ancona, Parco del Conero, Varnelli

Grazie a: Caleido, Conerobus, Fortino Napoleonico, Hotel La Fonte, Ministero dei Beni e delle Attività culturali Direzione regionali per i Beni culturali e paesaggistici delle Marche Soprintendenza per i Beni archeologici delle Marche, Portonovo Srl

Info: www.lapuntadellalingua.it, lapuntadellalingua@niewiem.org, 335 1099665

giovedì 27 maggio 2010

Ultranovecento (arte e poesia) dal 29 mag

San Giovanni in Persiceto (BO)
Bar Venezian

dal 29.05 al 06.06.2010


Inaugurazione 29.05 ore 18.00


Silvia Avallone

Marco Baj

Daniela Barulli

Jacopo Casadei

Chiara De Luca

Matteo Fantuzzi

Martino Neri

Francesco Terzago

Simone Zanin



Presentazione di Gian Ruggero Manzoni
Patrocinio artistico della Rivista di arte, letteratura, idee A L I

Un progetto. Ultranovecento è un progetto di ricerca. Artistica, culturale, di
atteggiamento verso la realtà nelle sue possibilità di rappresentazione. Una
ricerca di linguaggi, di significati e di segni che prende le mosse dall'eredità
di un secolo, il novecento, che solo adesso possiamo pensare stia volgendo
verso il termine. Quasi mai, infatti, i periodi culturali, le epoche artistiche e
le visioni culturali hanno coinciso con le date convenzionali di termine di un
secolo o di un millennio. E su questo non ha fatto eccezione il novecento. Il
2000 non ha chiuso un'epoca, ha solo sancito un passaggio temporale da un
punto di vista meramente calendariale. In realtà gli echi delle
sperimentazioni dell'ultimo scorcio del XX° secolo hanno proseguito per
almeno la prima decade del nuovo millennio. Hanno consumato la loro
spinta innovativa, hanno mostrato i confini delle possibilità artistiche
novecentesche, hanno costituito le avanguardie per gli eserciti del futuro,
esplorando nuovi territori semantici ed espressivi. In parallelo hanno
ingenerato, e questo almeno a partire dagli anni novanta, un ritorno al
“classico contemporaneo„, un'involuzione verso un'arte meno sperimentale,
quanto pur sempre moderna, secondo un ciclo fisiologico che
periodicamente si ripresenta al termine di un'epoca culturale. Spinte sempre
più vigorose ed estreme verso un futuro che pare sempre più vicino di quella
che è la sensibilità reale che deve accoglierlo e poi un riassestamento verso
placidi e rassicuranti perimetri artistici e infine la sintesi, verso espressioni
che partano dalla giusta miscela di questi due momenti apparentemente
antitetici, per andare davvero oltre il secolo precedente.
Oggi siamo arrivati a questo punto, credo. Abbiamo visto le grandi correnti
del novecento, eterogenee e dissonanti, sia in letteratura, che nelle arti
visive, abbiamo assistito alle sperimentazioni delle avanguardie degli anni
sessanta, alle ricerche estreme degli ultimi trent'anni del secolo, ci sono state
mostrate le possibilità, i limiti, le strade. Abbiamo visto nuovi canali e mezzi
a supporto dei più svariati linguaggi artistici, anche per mezzo delle
tecnologie, abbiamo visto le arti allontanarsi, anche in maniera incoerente, a
volte, dal proprio terreno d'elezione, verso forme espressive che non sono
proprie. E abbiamo visto rientrare i linguaggi verso quello che era stato il
puno di partenza di queste sperimentazioni, abbiamo assistito a spinte
“reazionarie„ alla ricerca di significati che sembravano perduti. Adesso è
venuto il momento della sintesi, è arrivata l'ora della ricerca concreta e
consapevole. È arrivato il momento di andare davvero oltre il novecento, di
cavalcarne l'eredità per spingersi sui terreni del nuovo secolo.
E in questo solco ideale si pone “Ultranovecento„.
Frutto dell'incontro di arte visiva e poesia, il progetto
“Ultranovecento„ vuole mostrare la nuova generazione di artisti che ha
intrapreso un percorso. Ognuno a modo suo, secondo la propria sensibilità e
formazione, nove artisti, cinque poeti e quattro artisti visivi, tutti nati dopo
il terzo quarto del secolo, e alcuni addirittura poco più che ventenni, ma con
alle spalle, comunque esperienze artistiche di non secondaria importanza,
pongono la sfida ad un secolo con parole diverse, tecniche diverse, alfabeti
diversi, visioni diverse.

Ma “Ultranovecento„ è un progetto in evoluzione, non un momento statico.
Per questo ogni esposizione ha una storia a sé, lungo i tanti luoghi della
nostra storia. Per questo le opere non saranno sempre le stesse, ma
seguiranno un'evoluzione, un mutamento, un percorso di ricerca nuovo.
“Ultranovecento„ è un punto di partenza verso strade diverse che portino
oltre il secolo breve.

mercoledì 26 maggio 2010

Su Sputami a mare di Stefano Bianchi

Fara Editore 2010, € 10,00

recensione di Narda Fattori

Stefano Bianchi, poeta per caso, è tornato ad essere visitato dalla Musa e lui, attento e avvertito, l’ha accolta e, malgrado le reticenze, si è lasciato sedurre dal canto, dalla visione rarefatta, dalle rifrazione della luce.
senza saperlo nemmenoÈ una poesia quasi elegiaca, con le suadenti immagini che recano i sogni, ma anche con improvvise consapevolezze di stare tradendo una vocazione all’inquietudine che ne salva l’identità.
Quasi in chiusa, all’interno di una poesia che dà voce ad uno stare “inconsistente”: “La finestra illuminata / di scatto si richiude / le ante sbattono sui muri / il tempo prende la rincorsa / ci ripiglia e ci mulina.”; dunque continuerà la fatica di individuare una meta, una sosta che duri per incontrare il riposo, un traguardo, degli obiettivi.
Stefano sa che abbandonarsi al canto lo porterebbe alla rovina, accecherebbe la sua volontà e altri compirebbero la scelta che già gli è impossibile fare fra “fuga e responsabilità” perché ogni scelta comporta una perdita, e una solitudine e che ora non si può più tornare all’innocenza dei bambini.
Ma allora lo smarrimento si moltiplica, si perde ogni orientamento e tutto congiura per schiantarci dentro un mare d’inverno che trascina oggetti residuali, ormai privi di un punto di partenza, cioè di un punto da cui sono partiti, perché se quel punto, logos o topos è individuato, magari penosamente e in solitudine, si potrà individuare la meta. Ma dentro questo smarrimento ci sono attimi/luoghi “insensatamente felici” come lo scorgere, con la meraviglia del vedente, una radura di verde, la distesa azzurra del mare. Allora il dubbio sull’arrivo cessa e si può pensare che tutto sia nella corsa, che il destino dell’uomo si compia nel suo farsi quotidiano, incespicante ma mai reso.
Illuminante, a questo proposito, è la postfazione di A. Ramberti che invito a leggere perché oltre che sulla poetica di Stefano Bianchi pronuncia una dichiarazione di vitalità e di necessità della poesia, comunicazione che libera dall’energia che grava sull’anima, negativa o positiva, e sommuove “la pigrizia intellettuale”.
Ma torniamo al dettato del poeta sempre lessicalmente quotidiano, ma molto giocato sul ritmo, ora disteso, più spesso ritratto, di pochi suoni nel verso, ma armonici, come un’elegia appunto.
Di una silloge di poesie che non vogliono essere una confessione ma una ricerca del sé segnata dalla più nuda e tremante verità, mi pare giusto citare i versi finali della poesia Inverno (pagg. 33/34): “ … /Sta a te tirare i dadi / a noi andare /di casella in casella. / È il turno / niente di triste / niente di che”. Sono versi importanti, da poeta.
Resta forse da interpretare il titolo, volutamente basso, quasi di sprezzo; ma occorre sapere che Stefano ama immensamente il mare, le passeggiate sulla riva, il perdersi nel calmo azzurrato o nel grigio tumultuoso. È il suo infinito, il luogo dove si incrociano tutti i luogi e tutti i destini; ma è anche il luogo dove smarrirsi e perdersi, anche per sempre. I versi sono sputati a mare come un dono e lui parimenti è sputato a mare nella ricerca di punti fermi, di un porto che però non cerca, di un approdo che non vede.
Molte poesie sono segnate da una specie di voce in contrappunto, a piè di pagina, in caratteri minuscoli: sono voci, momenti, esperienze che vengono da lontano, da un infanzia riminese che si fa quasi mitica; sono una specie di coro etico che accompagna i versi e riporta ogni volta alla pesantezza della terra Stefano, lo chiamano alle radici, ai primi graffiti nella sua anima.

martedì 25 maggio 2010

VII Edizione In Cammino… con Gesù 30 ott

Strada in Casentino (AR)
organizza la:
VII Edizione della
Rassegna di Testimonianze Letterarie
In Cammino… con Gesù

La partecipazione alla Rassegna di testimonianze Letterarie In Cammino… con Gesù, di Poesia e Prosa è gratuita e aperta a tutti i "laici Cattolici". In particolare si indirizza all'attenzione delle scuole di catechismo delle Parrocchie e degli insegnanti di religione nelle scuole, per lo stimolo alla partecipazione dei bambini, ragazzi e giovani; alle associazioni di laici, gruppi di preghiera, consacrati laici ecc. per la partecipazione degli adulti laici.
I testi, poetici o narrativi, dovranno essere inediti, in lingua italiana in forma dattiloscritta cartacea o elettronica e attinenti al tema specifico della VII edizione :
Dolore  Fede  e  Preghiera
Sezioni
a) Poesia intesa come forma di "Preghiera"
Si partecipa con un solo componimento (non superiore a trenta versi ), in tre copie, una delle quali dovrà contenere firma, nome e cognome, indirizzo (possibilmente anche e-mail) e numero telefonico dell'Autore.
b) Narrativa intesa come forma di racconto di una "Esperienza di fede" personale o altrui.
Si partecipa con un solo testo, che non deve superare le due cartelle dattiloscritte con interlinea due di 30 righe ciascuna, in tre copie, delle quali una dovrà contenere, firma, nome e cognome, indirizzo (possibilmente anche e-mail) e numero telefonico dell'Autore.
Ogni sezione si suddivide in fasce di età o "Ambiti":
1.     Ambito Prima Comunione
Dedicato ai bambini area istruzione elementare
2.     Ambito Cresima
Dedicato ai ragazzi area istruzione media
3.     Ambito Giovani
Dedicato ai giovani fino ai 30 anni
4.     Ambito Adulti
         Dedicato agli adulti laici.


SEZIONE AGGIUNTA
Comunicazione mediatica. Dedicato a tutte quelle forme di comunicazione nuove che si appoggiano ai sussidi informatici, ed in particolare ai siti Internet parrocchiali.
Le opere dovranno pervenire alla Segreteria della rassegna In Cammino…con Gesù, presso la Parrocchia di San Martino a Vado, Via Pieve n°1 - 52018 Strada in Casentino (AR) entro il giorno 30 ottobre 2010, preferibilmente per e-mail (parrocchia.strada@libero.it) o anche per posta.
E' possibile partecipare ad entrambe le sezioni del proprio ambito.
Tutti gli Autori sono chiamati a partecipare alla presentazione delle opere Domenica 28 Novembre 2010, in occasione delle feste del Santo Patrono, alle ore 15.30 nella Pieve romanica di Strada in Casentino (AREZZO).
Gli Autori segnalati saranno avvertiti tempestivamente per telefono o via e-mail.
Fra tutte le composizioni pervenute, sarà fatta una premiazione di alcune; il giudizio di merito, insindacabile, riguarderà più il contenuto e la spontaneità della testimonianza, rispetto alla esposizione linguistica con la quale sono espressi, trattandosi appunto di una rassegna di "Testimonianza Letteraria". Saranno premiati con targa personalizzata e diploma un poeta e un narratore per ogni ambito.
In particolare si segnala un "Premio al Merito" che il Comitato individuerà in un personaggio per il quale si ravvisano impegno e testimonianza di vita alla sequela di Gesù.
Gli elaborati, premiati e non premiati, non saranno restituiti. Il Comitato organizzatore, si riserva la facoltà di autorizzarne la pubblicazione e la lettura pubblica. Alcune opere verranno raccolte in un opuscolo che sarà distribuito a tutti i presenti alla cerimonia di premiazione. La semplice partecipazione al Concorso costituisce autorizzazione alla pubblicazione, all’utilizzo dei dati anagrafici dell’autore ai fini di comunicazioni relative al Concorso, e costituisce rinunzia ai diritti di autore.
La partecipazione alla rassegna implica l'accettazione di tutte le clausole comprese nel presente regolamento.
Per coloro che giungono da lontano, sarà possibile prenotare il pernottamento presso la Casa di Accoglienza delle Suore Orsoline (0575/572893).
Referenti
Presidente: Don Roberto Bresciani
Segreteria: Antonio Fani
Informazioni:
Antonio Fani: Cell. 328/8317156
e-mail: parrocchia.strada@libero.it

Su Sputami a mare di Stefano Bianchi

recensione di Nicola Vacca in anteprima per Farapoesia. Questa recensione uscirà mercoledì 2 giugno su «Linea quotidiano» nella rubrica “Nel verso giusto”.


Il poeta ascolta le voci del presente. Stringe nella mano le sensazioni del proprio tempo che scorre, e con semplicità disarmante le riversa sul foglio bianco per donare a chi legge soprattutto emozioni. Questo è il poeta autentico che fa della poesia una cosa onesta.
senza saperlo nemmenoStefano Bianchi, riminese classe 1972, in questa direzione sa leggere le cose del mondo. Ce ne eravamo accorti divorando lo splendido Le mie scarpe son sporche anche d’inverno (Fara editore 2007), umana commistione fatta di persone, sentimenti e fatti. Recensendo il libro alla sua uscita, feci notare la naturalezza di Stefano Bianchi, poeta che scrive versi umani troppo umani per inventare gli stati d’animo che ognuno di noi prova nella vita.
Il nuovo libro conferma la riconoscibilità di questo poeta. Sputami a mare (Fara editore, pagine 84, 10 euro) è un’altra meravigliosa incursione nel nostro quotidiano, dove ancora una volta sono le cose semplici a dare la voce a quel filo misterioso dell’esistenza al quale apparteniamo.
Da poeta del vero, Stefano si consuma nella folle corsa dei minuti di giornate e stagioni per cercare con ogni cosa un dialogo naturale. Non mancano nella sua poesia quelle interrogazioni corali che in maniera imprescindibile coincidono con la vita vissuta da ognuno.
“Camminiamo / una strada di ciechi / segnata da chi regge le sorti / senza un dubbio, / ne manca il tempo, / da che tutto quanto è / soldi.”
Per Stefano Bianchi la poesia è un irrinunciabile gioco dei perché per capire come la vita accade nel vero delle cose.
Il poeta è ancorato al suo presente, perché sa trasmettere con forte intensità emotiva il nostro difficile stare: “… in questo tempo / che sembra morire / ingranaggio inceppato / ci prende la testa / come il bianco delle nostre colline / leggero al palato / burrasca alle menti. / Tutto è davvero possibile / e senza una sola ragione / che non sia questa vita / risoffia in mare aperto / la nostra vela stanca”.
Bianchi si sofferma sulla vita vissuta con le sue spigolature. Con una malinconia agrodolce inventa la sua poetica, anteponendo sempre l’emozione a tutto.
Con un umile spirito di condivisione la sua poesia è fatta della stessa materia della realtà che tutti attraversiamo sapendo che il rischio del naufragio nel “mare del presente” è alto.
Quale direzione prendere? Saremo sicuri di trovare una strada? Nella folle corsa della vita saremo in grado di ascoltare?
Questi sono soltanto alcuni degli interrogativi che Stefano Bianchi si pone nella sua poesia, che fa i conti con la sostanza dei giorni che viviamo. Ha ragione il nostro poeta, quando citando Leonard Cohen, afferma che la poesia è la prova della vita.
Sputami a mare è un libro di poesie originali perché il suo autore è un poeta autentico che non si sottrae a dire le cose come stanno. Con una gentilezza pronunciata quasi sotto voce, Stefano Bianchi scuote i cuori con i suoi versi che cantano l’interiorità del nostro vissuto: “È che il segreto di ogni cuore / non ci sta in un bigliettino / quando i giorni se ne vanno // e i giorni se ne vanno // questo è il gioco cui giochiamo / nessun coniglio anima mia”.
I giorni se ne vanno, e il lettore è spiazzato davanti a una poesia, come questa di Stefano Bianchi, che sa avere una voce sola quando le parole sanno sorprendere per la loro sincera aderenza umana a quel vero in cui c’è la vita con la sua “folle corsa dei minuti” che riprende e consuma.

Su Sputami a mare di Stefano Bianchi

FARAEDITORE, 2010
recensione di Vincenzo D'Alessio

C’è un interrogativo ricorrente, in me, quando apro le pagine di una raccolta di poesie: perché il poeta scrive? Una risposta non la trovo. Mi ritrovo a formulare diverse congetture e cerco nei versi della raccolta una possibile risposta.
senza saperlo nemmeno“(…) Che voglia di raccoglier / la tua scarpa dopo il ballo / che voglia d’abbandono / alla piena del fiume. / Spazzami via, sputami a mare / come un ramo già caduto” (pag. 37). I versi sono della poesia Malìa (come magia), della nuova raccolta di Stefano Bianchi, il poeta che ci ha consegnato,nel 2007 la raccolta Le mie scarpe son sporche di sabbia anche d’inverno. Dunque le scarpe per il cammino, per il viaggio. Viaggiare comodi e non a piedi nudi. Sporcarsi di sabbia anche d’inverno perché vicini al mare. E anche in questa seconda raccolta il mare c’è: una presenza inquietante, un difficile asilo per le speranze.
Nel verso, che richiama il titolo dell’intera raccolta, la scarpa questa volta è quella della favola bella di Cenerentola, divenuta principessa per amore di una madrina buona. Il dolore di una fanciulla trasformatosi, per magia, nel raggiungimento della felicità terrena. La fanciulla del ballo del Nostro poeta, chi è? Inesorabilmente potrebbe essere la fine dell’esistenza, la morte. Da qui la voglia d’abbandono alla piena del fiume. L’intensità di un avvenimento al quale nessuno di noi riesce a sottrarsi: “spazzami via”. Riuniscimi al mare, umanità di millenni, che raccoglie il ramo già caduto, la vita che dispare. Il senso più drammatico è nell’atto più duro che l’uomo compie: lo sputo. Essere sputati, espulsi, dalla vita affidati ad un continuo presente, per continuare a sbagliare.
Ricorrente, come in questa poesia, nell’intera raccolta è l’anafora. La ripetizione come lo sciabordio delle onde lungo la sabbia di quel mare che è la vita. Quasi una metafora dei versi di Cesare Pavese in Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, quando Bianchi scrive: “(…) la tua bicicletta incappa nella mia / come un’abitudine o un vizio / che non si perde / che non si perda/ mai” (pag. 39). Ha ragione l’editore Ramberti che scrive nella postfazione a questa raccolta: “Ma la melodia del poeta è una 'pericolosa' voce da sirena: con una sintassi suadente e sospesa, stende un manto impalpabile sulla realtà rendendocela traslucida ed elusiva” (pag. 83).
Perché il Nostro poeta scrive? I suoi interrogativi sono simili ai miei, che leggo. Mi propone una realtà variegata, simile alla mia, ad una latitudine diversa, con nomi a lui noti, ma che percorrono le stesse strade della mia vita. Visitano le stesse stanze, chiuse e illuminate da lampi di parole, che sono versi. Infuocati tramonti e splendidi mattini, nella voce del bosco. A questo punto capisco che la poesia serve al poeta per svelarmi il suo mondo interiore, la sua anima: “fino a scoprirla amara / sulla lingua / come il caffè della mattina” (pag. 49). Una callida iunctura per dare corpo e tangibilità a quella interiore voce che chiamiamo anima.
Il poeta scrive anche per questo. Vuole che lo stesso vento, interiore, ci sveli le sue voci: “(…) mi prendo / la colpa del vento / che fugge impunito / a tormentare altre vite, / dispetti cretini / di cui si fa vanto” (pag. 79). Quante voci ha questa raccolta. Bella la poesia dialettale di Nino Pedretti a pag. 39. Il dialetto è la radice delle parole che sovrapponiamo, in italiano, ai nostri pensieri. Vorrei tradurre tutte le rime, le assonanze, i richiami ai grandi poeti che sono racchiusi in questa raccolta. Una citazione vorrei farla, però, perché mi sembra bella: “Alberi / che mi guardate, / che accompagnate il passo / lungo il mio viale” (pag .57). Questi versi, della poesia omonima di Bianchi, mi riporta alla mente la poesia del Carducci Davanti a San Guido, il dialogo tra il poeta e i cipressi che da Bolgheri andavano a San Guido, di quella “sera” che si concede agli occhi attenti, all’animo sofferente, alla voce rotta dalla “collana” dei ricordi, dalle perle che si disperderanno nella terra. Ogni poeta ha un’anima e gli pesa negli occhi della mente. Quasi un dolore involontario, ma tramandato per chiamata naturale, su tutto il dolore del mondo.
Il Nostro Stefano Bianchi conosce “i segni del tempo” (pag. 73) e mi auguro che saprà rinnovarli nella bella Poesia che gli appartiene e che ci sostenta.

lunedì 24 maggio 2010

In bianca maglia d’ortiche. Per un ritratto di Cristina Campo di Massimo Morasso


Segnalo che da oggi è reperibile in libreria

In bianca maglia d’ortiche. Per un ritratto di Cristina Campo (Ed. Marietti 1820, Genova-Milano, pp.128, 14 euro)

Si  tratta della raccolta dei testi di tutte le mie conferenze su Cristina Campo.
Nei suoi cinque movimenti o “capitoli”, il libro affronta preliminarmente
questioni di ordine metodologico (Al modo di un paleografo), per addentrarsi
nel vivo del lascito testuale tramite l’analisi dell’opera in versi
(Tra due analogiche visioni), nonché della vasta produzione traduttoria
(Il dovere di esprimere la cosa muta) ed epistolare (Il pudore della distanza)
della scrittrice. La raccolta si chiude con una digressione sorprendentemente proficua
intorno a un dialogo mancato, quello con Rainer Maria Rilke (Un’imperfetta amicizia).
Dell’imminente pubblicazione del libro, ha dato anticipazione, giorni fa, “la Voce di Romagna”.
In allegato, trovate il pdf dell’articolo, che riporta uno stralcio del volume, una poesia della
Campo e una nota a firma di Marco Brezza.

In quarta di copertina, l’editore presenta il  libro in questo modo:

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Nonostante la ricca messe di studi e la crescente bibliografia critica sull’opera di Cristina Campo, mancava a tutt’oggi un libro di un singolo interprete disposto a divenire “l’eco mnemonica” di quella che si va imponendo, ormai, come una vera e propria maestra segreta del ‘900.
Non è, questa di Morasso, una semplice raccolta di saggi sparsi. Pur nella sua sintetica brevità, il libro si addentra per scorci prospettici nel vivo del corpus testuale della Campo puntando a delineare i tratti di un itinerario tematicamente esaustivo.
Arricchisce il volume un’intensa postfazione di Alessandro Spina, il grande amico “lontano” di Cristina Campo.

Massimo Morasso (Genova, 1964), è poeta, critico e traduttore. Per Marietti nel 2005 ha pubblicato Le poesie di Vivien Leigh. Canzoniere apocrifo (Premio Città di Atri 2007), parte di un più articolato progetto di scritture nel segno unico della Leigh. I suoi ultimi libri sono Bagattelle per un progetto di civiltà (2008), La furia per la parola nella poesia tedesca degli ultimi due secoli (2009) e La vita intensa. I racconti di Vivien Leigh (2009).
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Grazie per l’attenzione.

M.




Pro/testo a Mantova 29 mag


Sabato 29 Maggio h. 18.30

Libreria Di Pellegrini



Pro/Testo:

Incivile a chi?
Incivile per chi?





Sono passati esattamente 50 anni dal primo utilizzo, nella tradizione letteraria italiana, del termine Poesie incivili, nell’omonima raccolta di Pier Paolo Pasolini. L’inciviltà, nel contesto di una poesia più correntemente conosciuta come “di impegno civile”, esprime – più che la scorrettezza, o la barbarie (già divenute norma, peraltro) – una consapevole e responsabile scelta di non-appartenenza e di non-riconoscimento nella società presente, oppure, più precisamente, in una certa immagine, divenuta purtroppo dominante, di società.
Chiaramente aderente a questa prospettiva critica e militante, Pro/Testo (Fara, Rimini, 2009) fa parte, assieme alle antologie Vicino alle nubi sulla montagna crollata (Campanotto, Udine, 2008) e Calpestare l’oblio (e-book, 2009/2010), di una recente fioritura “incivile” della poesia italiana.
Rispetto alle altre due esperienze, Pro/Testo si fregia di una peculiare diffusione nazionale (i 23 poeti provengono da varie aree geografiche italiane ed europee), generazionale (gli autori sono quasi tutti nati tra gli anni Settanta e Ottanta) e territoriale. È questo forse uno dei tratti distintivi dell’opera, che ha avuto presentazioni a Trieste, Bologna, Roma, Barcellona ma anche e soprattutto in provincia (Montichiari, Vignola, Faenza, Massalombarda…), cercando un contatto diretto e senza mediazioni con il pubblico.
Perché Pro/Testo si configura, prima di tutto, come un atto di parola da ri-presentare alle persone che ne fruiscono, dal momento che i vari autori coinvolti nel progetto, nella varietà delle posizioni e degli stili, coincidono senz’altro su una posizione: la poesia veramente, letteralmente “incivile”, oggi, è quella che non parla più al pubblico, non comunica nulla né vive pienamente questa mancanza di relazione, finendo rinchiusa in una torre d’avorio che è poi, in fin dei conti, banalità e irrilevanza.

Alla presentazione interverranno gli autori

Luca Ariano (curatore dell’antologia)

Nato a Mortara (PV) nel 1979, Luca Ariano vive ora a Parma. Nel 1999 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie: Bagliori crepuscolari nel buio. Numerose sue poesie sono apparse riviste, blog e siti letterari, tra cui “ALI”, “Clandestino” e “La Barriera”. Nel 2005 è uscita una plaquette ne La coda della galassia (Fara, Rimini) e la sua seconda raccolta di poesie Bitume d’intorno (Edizioni del Bradipo, Lugo di Romagna, con prefazione di Gian Ruggero Manzoni). Nel 2008, insieme a Enrico Cerquiglini ha curato l’antologia poetica a carattere ambientalista Vicino alle nubi sulla montagna crollata (Campanotto). Nel 2009 è entrato a far parte dello staff della casa editrice Kolibris e ha pubblicato la plaquette Contratto a termine all’interno dell’antologia La borsa del viandante, a cura di Chiara de Luca (Fara), confluita poi nell’opera omonima, uscita nel 2010 per Edizioni Farepoesia.

Lorenzo Mari

Nato a Mantova nel 1984, vive e lavora a Bologna.
Nel 2004 ha ricevuto il premio ex aequo Biennale di Poesia di Alessandria e ha pubblicato la prima raccolta di poesie, libere sequele, per i tipi Gazebo di Firenze.
Con Pellegrinaggio senza Endimione ha vinto il Premio Alessandro Tanzi 2005 e la raccolta è stata poi pubblicata da Contrada della Tartuca per le edizioni Inventario Senese, di Siena.
Nel 2009 ha pubblicato la raccolta Minuta di Silenzio (L’Arcolaio, Forlì, 2009, prefazione di Luca Ariano), mentre sue sillogi sono apparse su Pro/Testo (Fara, Rimini, 2009) e nell’antologia a cura di Chiara de Luca Nella borsa del viandante (Fara, Rimini, 2009).
Ha collaborato con la rivista militante bolognese Tabard; attualmente, è impegnato nella promozione delle attività culturali dell’associazione culturale sardo-bolognese Casa Lettrice Malicuvata (www.malicuvata.it).

Tito Truglia

Nato a Vallefiorita (CZ), si è laureato in Filosofia all’Università di Pavia, città dove attualmente vive e lavora, occupandosi di problematiche relative ai problemi dell'apprendimento.
Ha alle spalle diversi anni di attivismo poetico, come organizzatore di eventi culturali e sociali dal basso. A partire dalla metà degli anni  ’90 ha portato avanti una serie di iniziative di microeditoria poetica e di attività collettive di ricerca letteraria, confluite poi nell’avventura, recentemente iniziata, della casa editrice Fare Poesia (www.farepoesia.it).
Presente in numerose antologie, tra cui Vicino alle nubi sulla montagna crollata (Campanotto, 2008), a cura di Luca Ariano e Enrico Cerquiglini, ha curato una raccolta di testi in dialetto calabrese, Diavuli e Santi, per Crocetti editore mentre a suo nome ha pubblicato la raccolta Assalti Poetici (Edizioni O.M.P. Farepoesia, 2008). 

Su La tirannia dell’intimità di Francesca Mannocchi


Fara Editore, 2010, € 11,00

recensione di Narda Fattori

È prezioso questo libretto di poesie di Francesca, giovane e trapassata dalla parola e dal dolore e, soprattutto, da una consapevolezza a cui pochi pervengono: “il mondo non ha senso se non per trasformarlo”. Qualcuno obietterà che è affermazione immatura o presuntuosa, comunque del tutto personale; io penso, invece, che se non si è disposti a cambiare il mondo, ci penserà il mondo a cambiare noi. Credo sia meglio adoperarci che lasciarci andare.
io lei e la romagnaE nella volontà di sopravvivere alla grande ferita degli eventi che frastagliano il percorso, si agita non un bisogno di potenza ma di condivisione, di farsi toccare evitando il colpo ferale.
L’amore, il più potente degli attrattori, sovente scaglia frecce avvelenate; non si possono evitare, occorre “mitridizzarsi”, ovvero assumerlo come una grazia che ti eleva poi ti spalanca abissi; aspettarsela la freccia, almeno metterla in conto, ma allora si perderebbe la gratuità dell’amore, l’oblatività che chiama a sé. Che fare? Un poeta coglie l’occasione per riconoscersi nei meandri più nascosti, nelle pieghe ornate che celano lo strappo; ne fa uno strumento di analisi, ricrea la situazione e se stesso, si ammanta di nudità: “… Ma il mio bersaglio / era un’illusione d’ingegno / e l’arma raggiante / caricata a salve”) e “lama di rasoio mi faccio, nella carne”.
Francesca non si piange addosso, certifica le lacrime e la menzogna, non cerca la parola consolatoria ma quella che esviscera – sviscera – la disfatta  e certifica non la ritrovata innocenza ma la durezza e l’asprezza “io di marmo e / nuda all’origine”; la carne, sorgente del dolore come lo fu della gioia ora non ha altri mezzi per sopravvivere che quello di annientarsi, perché il tempo che non passa  ha durate insopportabili. E lui non può più circuirla con nuove frottole.
La scrittura ha denudato anche lui, ne ha svelato grandezze e pochezza: l’amore che finisce lascia sempre feriti, uno grave, l’altro pure anche se non pare. Ma  questo aspetto sarebbe faccenda da
psicoterapeuti; quello che resta nel ferito grave è il ricordo e la proiezione verso altri gesti che non gli apparterranno più (spio ogni angolo fuori controllo/ tra le pieghe lascive del tuo tempo a me ignoto) e nel protrarsi di un tempo che sembra pietrificato “Difficile per noi perdersi / nel funerale del pensiero”. E poi anche la rabbia (“Con otto pugni / a penetrarti il cuore”).
Ma verrà il tempo ancora di cantare le stesse sillabe zittite e dalle ceneri, nuova eterna araba fenice, risorgerà il canto, che non cercherà a tutti i costi l’armonia assoluta ma vorrà darsi e dirsi comunque a gola piena. Non è ancora finita: “e oggi è la vigilia / perciò , se puoi, digiunami”, eppure, “non metto in saldo il mio passato / alla fiera dell’uguale”, ma l’ossessione dura  e chiunque abbia provata i tormenti dell’abbandono ben conosce il dolore della disconoscenza, del rifiuto.
Ma Francesca ha uno strumento potente contro ogni ossessione o possessione o malagrazia: scrive, quindi produce, quindi è viva, quindi avrà un domani, quindi, ricreerà, quindi…
Questo libretto così crudo e impietoso muove a tenerezza anche il critico che  ben vede immagini fulminanti, metafore ferrose e calzanti, ritmi quieti che sedano il gran mare dell’inquietudine.
Salutiamo con piacere una nuova voce promettente, dunque.

venerdì 21 maggio 2010

LA POESIA DEL SECOLO NUOVO

a Edoardo Sanguineti

Inizio lentamente a capire quanto bene costruisce la Poesia in questo secolo malato di videocrazia. Tutto quanto compare sugli schermi televisivi, dei palmari, dei cellulari, dei computer, dei megaschermi, è Storia Sacra. I valori morali non esistono più, perché la violenza li ha cancellati con le guerre, le stragi, gli eccidi, le pulizie etniche. Il denaro è la forza delle società umane. Le religioni sono divenute il rifugio per le paure violente umane, in cerca della purificazione, prima della morte. Un assurdo silenzio cade sulle turpitudini compiute in ogni angolo del pianeta. La solitudine più cupa riveste gli spazi di vita serena, prima destinata ai bambini e agli anziani. I malati, i portatori di difficoltà motorie, i più deboli, gli uomini e le donne libere di dormire per strada, sono bersaglio di continue violenze. La pulizia sociale emargina chi non lavora. Elimina chi non frequenta i luoghi comuni. Il sesso violento ha preso il posto dell’amore. I migranti sono ingombranti, pericolosi, affamati di tutto, per questo non sono necessari nella società in cui viviamo.
La Poesia non muore. La Poesia alleva i sogni e i sognatori. La Poesia si fa carico di essere anche ironica, per non dolersi di essere capita in ritardo. La Poesia è la vita che non muore. La Poesia è la storia degli uomini. La Poesia è musica, passione, anarchia, caos, è perfino balorda. La Poesia è viva anche se il poeta muore.
Muore, il 18 maggio, un poeta dedito all’astrazione, all’eterodossia, all’astoricità. Ma nessuno se ne duole. Se ne accorge il mondo nuovo di quest’assenza immediata? Muoiono tanti uomini, il poeta con loro! Che c’è di nuovo?! In un coro ogni voce ha un suono, come le canne di un organo maestoso. L’organaro cambia la canna con una nuova, ma non ha la stessa voce. Questa è la variegata musica dell’esistenza. Chi ascolta questa musica ?
Scrive un giovane poeta scomparso di recente: “Lavorare concretamente / per la realizzazione dei sogni: / concentrarsi / caparbietà / costanza”. Ci vuole tanta forza perché la Poesia non scompaia dalla società contemporanea, di questo secolo appena iniziato. Ci vuole una forza immane per lottare contro la violenza delle immagini che uccidono i sogni. Immagini senza parole, non fanno sognare. Parole che scrivono sogni, fanno sognare. Come le cantava L’usignolo del poeta Pasolini: “(…) E vivo ancora; ma se ho già creduto / a quell’incanto, ora pare vano / come le notti morte, qui, nel lume / uguale alla luna. Non si muta / il silenzio e il fioco oro sugli steli, / e sull’acqua; annotta da millenni / un medesimo mondo.”
Il mondo ha bisogno della Poesia per continuare a vivere. Ha bisogno della Poesia per superare l’infelicità dovuta al potere dei pochi rispetto ai molti. Ha diritto alla Poesia perché è fonte pura e perenne di Libertà. L’umanità ha il dovere di ristabilire l’equilibrio della Poesia nella Natura, negli Oceani, nelle radure, nei deserti, nelle città. La Poesia ha il diritto di esistere in mezzo agli uomini perché è il senso più alto della sua civiltà. In nome dell’utile si uccidono i deboli. In nome del molto si distruggono i poveri. Per la sete di energia si stravolge l’armonia della Poesia nel Creato.
L’uomo ha dimenticato che non è il creatore di questo pianeta. L’uomo è solo un abitante, come tanti altri. Il pianeta Terra è del Tempo, dei fenomeni che l’hanno generato. La Poesia del nuovo millennio dovrà cantare, senza timori, la rinascita della Libertà della parola sull’immagine. Dovrà domare il caos che è stato inserito, in nome dell’economia, nella nostra società umana. Dovrà domare i mostri immaginari, restituendo le immagini reali nell’armonia del pianeta vivente. La Poesia deve continuare a vivere, anche se i poeti muoiono.
La sfida di questo nuovo secolo è per la Poesia una prova cruciale, sofferta, quasi insormontabile. Bisogna far vivere la Poesia: leggerla, suonarla, declamarla, seminarla nelle metropolitane e negli ascensori, nei luoghi dove le persone muoiono, sole. Un saluto alla vita che fugge altrove. Un abbraccio all’uomo che ha donato amore, comunque, finché nascerà un uomo.

Vincenzo D’Alessio e G.C. F. Guarini

A William Stabile (in Bolivia)

Hai il coraggio di chiedere al mare
di fermarsi, al vento di placare la sua
corsa, all’uomo di fermare le sue guerre,
al poeta di fermare la sua canzone?
Hanno una voce, i morti, nella tempesta
il gabbiano sugli scogli, il motore nel vuoto
della notte, tutto il creato
chiede solo amore, per generare
l’uomo che la vita non vuole.

20 maggio 2010, Montoro
Vincenzo D’Alessio

Raccolta di Willam Stabile, ora in Bolivia come volontario per Laboratorio Solidalequi

mercoledì 19 maggio 2010

Su Profili critici di Vincenzo D'Alessio

recensione di Antonietta Gnerre pubblicata su Il Ponte maggio 2010
scheda del libro qui

Su sui passi per non rimanere di Alessandro Assiri e Chiara De Luca

di Nicoletta Verzicco

Sono un percorso sulla sabbia questi ‘passi’, dove l’orma dell’Uno scompare dissolta dalla marea, dell’Altra si forma, in un continuo richiamo alla consistenza che si fa leggera nel perpetrarsi di voci che chiedono senza pretendere. Sono un profondo guardarsi l’anima per provare a specchiarsi, per cercare parole proprie in quelle dell’altro. Non è una commistione eterogenea di pensieri, ma un susseguirsi coeso di risposte non chieste e pagina dopo
pagina si percepisce l’attesa, come in uno scambio epistolare, quando la lettera appena giunta forma i pensieri che diventeranno nuova aspettativa. Non c’è spazio né luogo in siffatti ‘passi’ perché sono essi stessi a creare il momento e l’ambiente che seguiranno e che saranno il passaggio da un respiro all’altro. A volte, quando il comunicare dell’Uno diventa poesia ‘irrimediabilmente’, la parola dell’Altra sboccia in un afflato ed è così che si intrecciano, si avvolgono, si rafforzano come un tronco d’ulivo centenario le cui fronde si fanno ‘nidi da sempre inabitati’. Il percorso di questi ‘passi’ che svaniscono per poi ricostituirsi, spinge il lettore ad anelare il seguito, ad osservare comparire sulla pagina, fattasi battigia, la nuova orma, egli consapevole che sarà prima dell’Uno e poi dell’Altra vicendevolmente in antitesi e tesi.

scheda del libro qui

martedì 18 maggio 2010

Alla ricerca della poesia irpina

di Paolo Saggese,  pagina pubblicata il 12-5-10 nella rubrica Cultura del quotidiano irpino «Ottopagine»



scheda del libro qui

Su Profili critici di Vincenzo D'Alessio



recensione di Narda Fattori

L’editore, poeta e saggista, nell’introduzione afferma che il libro è uno scrigno di emozioni e così infatti muove e sommuove il lettore senza fare appello al facile sentimentalismo o a una ridondante prosa.
Vincenzo D’Alessio è un colto gentiluomo del Sud, poeta dalle forti tinte civili, credente appassionato, che ha conosciuto l’emigrazione e la durezza di abitare una terra avara, non solo per natura, ma soprattutto per rapina.
La raccolta delle sue recensione scritte per i libri editi da Fara, o meglio, dall’amico Alessandro Ramberti, sensibile e affine, ed ora raccolte, costituiscono una preziosa lettura del panorama poetico di un’Italia che si vorrebbe minore e che invece rappresenta una finestra sulle energia culturali ed etiche di questi nostri squallidi tempi. I poeti non vogliono sapere di tacere, anche se la loro poesia non cambierà il mondo; con la loro opera scavano trincee di contro l’omologazione, si tendono le mani per schiarire la solitudine, per darsi voce, richiami.
Vincenzo, nei suoi scritti, ha colto con profonda empatia e con altrettanta competenza, l’humus poetico dei libri che andava leggendo, donava loro una personale legittimazione, elevava lo sconosciuto dell’opera prima al livello dell’acclarato vate del momento.
È proprio nel nocciolo della sofferenza, nei pertugi della sopravvivenza e della speranza, nella grazia che abita la parola e nella sua ritrovata sacralità donatale dai poeti, che D’Alessio trova speranza disseminata come piccoli semi pronti a germogliare anche su terreno arido.
La poesia riscatta e ricrea: questi due atti bastano a giustificare la sua esistenza e la sua persistenza nel tempo; e ben lo sa D’Alessio e, nelle sue analisi non si disperde a mostrare la sua dottrina, come purtroppo spesso succede nel mondo della critica dove l’autore finisce ai margini totalmente sopraffatto da chi sfoggia e non declina con umiltà ed empatia, con curiosità anche; da grande e sensibile lettore traccia il suo percorso di lettura segnandola con le sue emozioni, vibrando con le sue note, cogliendo sempre l’attenzione all’altro, alla fatica del vivere, al dolore che il giorno diffonde.
A leggere tutte insieme le recensioni si ha l’impressione di trovarci davanti ad un grande affresco, a volte minuzioso, altre volte più emotivo, ma sempre nell’attualità dei tempi, sempre a ribadire che speranza e carità salveranno anche i poeti che ormai forse sono i pochi a erigerne i vessilli.
Vale proprio la pena stringersi ad ogni figura e camminare lungo il libro con Vincenzo e poi, alla fine , fare qualche passo indietro e ammirare la magnificità dell’insieme.
A ciascuno il suo e a tutti il merito: mi piace ribadire la sua capacità e di entrare in sintonia con l’altra, capacità questa proprio non delle belle anime, ma delle anime grandi.


Dall'Irpina Dalla Lucania: il Prometeo del Sud in compagnia di Scotellaro e Sinisgalli

di Teresa Armenti

Il mio primo incontro con Vincenzo D’Alessio risale all’agosto del 1993, quando giunse a Castelsaraceno con il CAI di Salerno; insieme a lui c’erano il giudice Giuseppe Stabile e Sabatino Landi. Fu una giornata indimenticabile, fatta di escursioni, soste, mostre fotografiche e canti degli Alpini. Vincenzo, guidato da Peppone, il re della montagna, prese d’assalto la zona archeologica del Piano dei Campi e scese a perlustrare la grotta della Badia di Sant’Angelo. Era sua intenzione scrivere un articolo per la rivista archeologica «Antiqua» sulla mitica Planula e sul culto micaelico in Basilicata. Saputo, però, che io e la mia cara amica Ida Iannella stavamo conducendo da anni ricerche sul nostro territorio, desistette dall’impresa, anzi ci diede preziosi suggerimenti e ci fornì il materiale che utilizzammo nel nostro testo sulla badia di S. Angelo al Raparo. Fui colpita subito dalla sua versatilità, dalla sua precisione e dalla sua umanità, ma anche dal suo sguardo carico di malinconia. Da allora la conoscenza si è trasformata, negli anni, in amicizia, in condivisione, in sostegno morale e in fervida collaborazione culturale.
Inizialmente partecipai al concorso biennale di poesia Città di Solofra; successivamente Vincenzo mi inserì nella giuria del Premio, dandomi la fiducia necessaria per affrontare il difficile compito della valutazione di testi poetici.
Emozionanti, poi, sono stati gli scambi epistolari, gli incontri con gli alunni del Primo Circolo Casapapa di Solofra, con il dirigente scolastico Paolino Marotta e con le insegnanti delle classi quinte. Tra Solofra e Castelsaraceno è nato un piacevole ed interessante connubio culturale, basato sull’accoglienza e sulla calorosa ospitalità. Chi ha favorito questo clima è stato il nostro instancabile D’Alessio, che rappresenta il massimo della velocità, della puntualità ed è l’abile tessitore delle relazioni culturali tra l’Irpinia e la Lucania. Grazie a lui, ho conosciuto, oltre a sua moglie Raffaela, ai suoi figli Pietro e Michelangelo, mons. Michele Ricciardelli, Michele Luongo, Michele Caliano, Nino D’Amore, Emilia Dente, Domenico Cipriano, Antonietta Gnerre, William Stabile, Alessandro Ramberti.
Vincenzo è stato (ed è) il punto di riferimento, la guida attenta, costante e premurosa, tanto che è diventato l’editore delle ultime pubblicazioni.
I suoi interessi spaziano dalla poesia alla saggistica, dalla storia all’archeologia, dalla letteratura alla critica letteraria.
Non a caso è stato definito dalla giornalista trevigiana Adriana Scarpa “Vulcano in continua attività”.
L’ultimo libro Profili critici, omaggio dell’editore Alessandro Ramberti, racchiude 95 recensioni a testi di poesia e narrativa, pubblicati per la maggior parte dalla casa editrice Fara, che mettono in risalto il pensiero meridionale, sofferto, gridato. Sono grida di dolore che denunciano i mali provocati dai politici corrotti. Nella recensione a Storie minime di Maria Pina Ciancio, D’Alessio afferma che la questione meridionale non è più nelle mani della politica, ma nelle mani della poesia. Il Sud, per il Nostro, «ha sapore di ruggine e tradimenti / del poco lavoro della sofferenza. / I figli lontani dal sole nelle nebbie tristi di torpore»: il suo tormento sono i giovani che sono costretti ad emigrare in cerca di lavoro. Egli si definisce “partigiano meridionale”. È il pensiero meridionale che lo collega a Rocco Scotellaro, a Leonardo Sinisgalli, ad Alfonso Gatto e a Bartolo Cattafi, che cita nei suoi frontespizi. Egli si identifica con i Padri della Terra quando percorre i sentieri del monte Alpi, regalandoci questi versi: «Di notte le rane recitano inni al silenzio / eterna l’acqua pensa / passo incerto viola / il Dio che tace / l’anima sversa nell’iride / sale.»
Nell’ultimo periodo D’Alessio è stato visitato dal dolore: suo figlio Antonio sorride nel luogo «dove i sogni vivono più della vita nel gioco delle note con l’eterno».
Per i suoi sessant’anni, spero che il suo dolore, ancora pungente, si lasci accarezzare dalla tenerezza della speranza, che la luce faccia scomparire il buio, permettendo alla fiducia e all’amore di vincere la solitudine, alla sofferenza di trovare la forza interiore di superare le dure prove della vita.
Auguri di cuore dagli amici di Castelsaraceno.
Tutti noi abbiamo bisogno dei suoi versi, per vincere l’atonia della nostra anima.
Che la sua strada continui ad essere quella «dei poeti argilla rossa/ arsa di campagna / che si plasma ai piedi scalzi dei fanciulli, / si inebria ai temporali di montagna».

Tomada e Ramberti finalisti al Premio Città di Forlì

Francesco Tomada per la prefazione Prima vita di Stefania Crozzoletti, e Alessandro Ramberti per la prefazione a Lattice di Andrea Garbin risultano finalisti alla sezione C. del Premio Città di Forlì. La giuria di ciascuna sezione designerà 5 finalisti, fra i quali verrà nominato il vincitore. La premiazione avrà luogo il 29 Maggio 2010 alla Sala Santa Caterina, via Romanello 2, Forlì.
 I risultati saranno comunicati a mezzo stampa, in internet e sul sito www.anardia.it


CENTRO CULTURALE L’ORTICA – FORLI’
7° PREMIO LETTERARIO NAZIONALE CITTà DI FORLì
PREMIAZIONE: SABATO 29 MAGGIO 2010, ALLE ORE 15,30, PRESSO LA SALA SANTA CATERINA in Via Romanello da Forlì, 2 – FORLI’

Con il Patrocinio di: Comune di Forlì – Assessorato Cultura, Politiche Europee e Relazioni Internazionali; Provincia di Forlì-Cesena – Assessorato Cultura, Sport e Servizi per il Turismo; Dipartimento di Studi Interdisciplinari su Traduzione, Lingue e Culture (SITLeC) dell’Università di Bologna, Scuola Superiore Lingue Moderne Interpreti e Traduttori (SSLMIT) – Forlì, Università di Bologna: Il Centro Culturale L’Ortica, sezione Orticadonna, organizza la premiazione della Settima Edizione del “Premio Letterario Nazionale Città di Forlì 2010” suddiviso nelle seguenti Sezioni: Premio Sandra Mazzini per la poesia inedita, Premio Jacopo Allegretti per la traduzione di poesia, Premio Guido Bonatti per la prefazione a un libro di poesie. Ad ogni vincitore è assegnato un premio di € 500,00; mentre sarà premiato con la pubblicazione dell’opera il vincitore della sezione
Premio Foschi Editore per il romanzo inedito.  
Ai finalisti verranno consegnati oggetti artistici e opere letterarie. Saranno inoltre consegnati i seguenti premi: Premio “La Còcla” del Centro Educazione Ambientale di Forlì, Premio “Irene Ugolini Zoli”, Premio “Renzo Camporesi”.
Nel corso della premiazione Serena Focaccia presenterà il romanzo vincitore della scorsa edizione: “Smetto domani” di Erba e Sara, pubblicato da Foschi Editore.
Presenta Paola Riciputi; Letture dei testi: Daniela Popovic e Pif e interventi Musicali con Daniela e Leonardo Vallicelli
A tutti coloro che interverranno verrà offerto un omaggio e a fine premiazione l’aperitivo con dolci e salatini nel “Giardino ritrovato” della Còcla.
Questo il verbale della 7a edizione 2010 del Premio letterario nazionale “citta’ di forli’”:
La giuria del premio “Sandra Mazzini” per la poesia inedita, composta da: Daniele Baldinotti, Miro Cortini, Anna Facciani, Pierluigi Moressa, Luana Pagan, Cristian Pretolani, che si è trovata a dover assolvere un arduo compito avendo constatato l’ottimo livello compositivo di un gran numero delle opere partecipanti, dopo approfondita lettura e minuziosa analisi delle poesie (più di mille composizioni), all’unanimità ha dichiarato vincitrice Antonella Sbuelz di Udine, gli altri finalisti sono: Alberto Barina di Mira (VE), Bruno Centomo  di Santorso (VI), Domenica Mauri di Rimini e Giuseppe Vetromile  di Madonna dell’Arco (NA).
Il Premio  “Renzo Camporesi”  viene assegnato alle poesie inedite di:  Edoardo Conficoni (12 anni) di Forlì, Caterina Mattei (7 anni) di Cesena (FC), Michele Corsi (11 anni) di Livorno e Fiorenza Ferrante (9 anni) di Verbania.
Il Premio “La Còcla” del Centro Educazione Ambientale di Forlì va a Maria Chiara Coco di Gorizia.
Per la sezione Premio “Jacopo Allegretti”  riservata alla traduzione di poesia, la giuria composta da: Ahmad Addous, Gloria Bazzocchi, Giorgio Casadei Turroni, Anabela Cristina Costa da Silva Ferreira, , Gian Luca Guerneri, Laurence Kamoun, Bruno Persico dopo aver attentamente esaminato e valutato il lavoro dei partecipanti che hanno presentato opere tradotte da varie lingue, esprimendo apprezzamento per la qualità dei lavori pervenuti, ha dichiarato vincitore  Piero Ambrogio Pozzi di S. Pietro all’Olmo (MI) per la traduzione dall’inglese di Emily Holmes Coleman,  e finalisti: Anna Natascia Bernacchia di Roma per la traduzione dal rumeno di Nina Cassian, Antonio Castronuovo di Imola (BO) per la traduzione dal tedesco di Walter Benjamin, Mario De Fanis di Falconara (AN) per la traduzione dal francese di Rosine Nobin e Alessandra Quattrini di Forlì per la traduzione dall’inglese di Jennifer Perrine.
Claudia Bartolotti, Tebe Fabbri, Luciano Foglietta, Wilma Malucelli, Ariella Monti, Maria Filippa Zaiti, componenti la giuria del Premio “Guido Bonatti” per la prefazione a un libro di poesie, a seguito di seria e diligente valutazione delle prefazioni ai volumi concorrenti, compiacendosi per l’ottimo livello linguistico di molte delle prefazioni pervenute, ha scelto quale vincitrice Sandra Landi di Certaldo (FI) per la prefazione a “Pater” a cura di M. Cristina Landi – Morgana Edizioni, e quali finalisti: Alessandro Ramberti  di Rimini, per la prefazione a “Lattice” di Andrea Garbin – FaraEditore, Annamaria Tamburini di Rimini per la prefazione a “Il verso del moto” di Narda Fattori – Ed. Mobydick, Francesco Tomada di Gorizia, per la prefazione a “Prima vita” di Stefania Crozzoletti – FaraEditore, Stefano Valentini  di Padova per la prefazione a “Il mare” di Antonio Capuzzo – Venilia Editrice.
È stato assegnato il premio “Irene Ugolini Zoli” a Raffaella Tonin di Padova per la prefazione al volume “Antologia” di Giuseppe Antonio Brunelli–Coop. Libraria Editrice Università di Padova.
La giuria del Premio “Foschi Editore” per il romanzo inedito, composta da: Andrea Barbieri, Paolo Cortesi, Gianluca Gatta, Maria Teresa Indellicati, Cesarina Lucca, Marco Mazzoli, Fabrizia Montanari, Rosanna Ricci, dopo  approfondita lettura e dettagliata disanima delle varie opere concorrenti ha designato quale vincitore: Franco Nanni di S. Lazzaro di Savena (BO) autore del romanzo “Fuga in sé minore”, e quali finalisti: Davide Bacchilega di Lugo per il romanzo “Bad news”,   Maurizio Caldini  di Castel S. Giovanni (PC) per il romanzo “Ipotesi di un incrocio” e Dina Ravaglia di Brescello (RE) per il romanzo “La mano di legno”.
Ad ognuno dei vincitori delle prime tre sezioni € 500,00 e al vincitore della sezione per il romanzo la pubblicazione dell’opera. A tutti i finalisti oggetti artistici e libri di letteratura e natura.
Per info: Centro Culturale L’Ortica, Via Paradiso 4, 47121 Forlì, tel. 0543/092569 Email: orticadonna@tiscali.it
Forlì 15 maggio 2010

lunedì 17 maggio 2010

Conversazione con Antonietta Gnerre

“La poetica della speranza”
Mercoledì 19 maggio 2010, ore 18.30
Fondazione "Gerardino Romano" ONLUS
Piazzetta Gerardino Romano
Telese Terme (BN)



Mercoledì 19 maggio, alle ore 18.30, la Fondazione “Gerardino Romano”, sede di Telese Terme, ospita la poetessa Antonietta Gnerre. Il lavoro poetico di Antonietta Gnerre, un lavoro che conserva un registro poetico anche quando affronta temi saggistici (come quello su Mario Luzi), appare una delle voci più nitide e convincenti del nuovo panorama letterario italiano. Da Anime di foglie a Preghiere di una poetessa, da Fiori di vetro a PigmenTi, l’ultima sua opera, il percorso della Gnerre si concretizza per l’impegno etico ed il travaglio spirituale che esprime, nella dimensione lineare ma forte di una poesia salvifica, redentiva, non estranea alla realtà, alla sua terra di origine, al “Sud dei tormenti”, di cui la poetessa irpina vive ed opera. “Una lirica segreta e inconfutabile che impone un ascolto emotivo, fanno di questa Autrice una testimone dell’accoglienza e della solidarietà”. Sono le parole del professor Casucci, presidente della Fondazione Gerardino Romano, che la presenterà ai soci ed al pubblico sannita il prossimo 19 maggio 2010. Nell’occasione si presenterà il libro di Etty Hillesum “Diario (1941-1943)”. Faranno da supporto all’iniziativa gli studenti delle scuole della valle telesina (in particolare, l’Istituto Telesi@ di Telese Terme) nell’ambito del progetto “Rilettura dei classici”.
Gli incontri della Fondazione, aperti al pubblico, si svolgono ogni settimana e rappresentano un momento di confronto dialettico volti a favorire una crescita equilibrata e sostenibile del territorio sannita.

Su Sputami a mare di Stefano Bianchi

recensione di Caterina Camporesi

Nella pregevole ed accattivante raccolta poetica di Stefano Bianchi, Sputami a mare, si possono, a mio parere, senza minare la evidente continuità ed unitarietà dell'opera, individuare tre fasi alle quali corrispondono specifici atteggiamenti e comportamenti rispetto all'azzardo del vivere. Conseguentemente anche i toni si diversificano, sintonizzandosi di volta in volta con i differenti risvolti emergenti dai testi.
senza saperlo nemmeno
La prima parte, quella più breve, si caratterizza per il tono pensoso di fronte a decisioni da prendere comunque insoddisfacenti se non impossibili poiché sembra mancare il varco per l'entrata nel mondo: «E già so che qualunque sia / la scelta / mi lascerà solo // ma libero no / come non si può tornare bambini.»

La seconda parte, che inizia con la nona poesia dal titolo Tasca bucata, dove a fine testo fanno la loro comparsa le voci, si caratterizza invece per un tono più concreto: le perplessità si sciolgono e sia l'io soggettivo che quello poetico si fanno carico di scelte e responsabilità, specie per quanto riguarda la presa in carico e la cura dei propri tesori.
Le voci, riecheggiano la presenza di un humus relazionale famigliare e, nel loro ripetersi, accompagnano con una premura amorevole e protettiva il cammino nel mondo del fuori.
Si respira un'aria più leggera e il soggetto si sente pronto a compiere il primo decisivo passo per entrare nel flusso della vita, accettandone i rischi e gli inevitabili smacchi: «solo il partire conta», per vivere le esperienze: «Forse tutto è nella corsa / lontano l'approdo / troppo / non perderci un giorno / a pensarlo.»

La terza fase è introdotta dal stupendo testo Al vousi di Nino Pedretti e conduce il lettore in un'atmosfera colma di mistero dentro la quale echeggiano le voci perdute.
Si fanno i conti con la mancanza, con il rimpianto, con il bisogno di recuperare parole e insegnamenti dati da chi ora non è più. Solo i ricordi sono rimasti a consolare il vuoto.
Anche in questa nuova opera, come nelle precedenti – La bottiglia (Edizioni Pendagron, 2005) e Le mie scarpe son sporche di sabbia anche d'inverno (Fara Editore, 2007) non manca l'elemento che caratterizza la poesia di Stefano Bianchi, vale a dire, quella sana e sagace ironia che rende la lettura dei suoi testi quanto mai godibile.
Se si aggiunge, poi, che egli con i suoi versi è come allestisse delle rappresentazioni teatrali, non meraviglia se il lettore si lascia sollecitare e coinvolgere tutti sensi, in particolare quello della vista.

Continuamente l'autore chiama in causa l'altro attraverso il tu che, oltre ad essere l'esteriorizzazione di una sua parte interiore è soprattutto un invito, se non addirittura una richiesta, a partecipare e a condividere dubbi, stupori, nostalgie, speranze, coraggio, rischio, fatica, dolore e quanto altro pertinente all' umano.
Quel tu, così perennemente interpellato, aiuta a superare quel tutto che è niente, poiché la presenza di qualcuno, che sostiene ed incoraggia l'illusione della speranza, fa sì che si possa proseguire il cammino fra le perplessità e le insidie della vita.
Stupisce la grazia con la quale il poeta afferra contemporaneamente riuscita e fallimento con il mirabile ossimoro: «Dimmi sì fratello in bianco / che non è il solito abbaglio / che sono ancora in tempo / per ogni sbaglio».
Immenso e deciso è l'amore di Stefano nei confronti della natura e tenta in ogni modo di scuotere il torpore per invitare a cogliere la meraviglia del ritorno delle rondini che ad ogni nuova primavera si ripete come un rito: «Ci sono ancora rondini su questi cieli / le ho viste, non ci credi? / Ieri / c'eri / dove sciupavi gli occhi?»
Questo ultimo verso è ineguagliabile per bellezza e condensazione di senso: “sciupare gli occhi” rimanda allo spreco, alla disattenzione e all'ingratitudine presente in quel non sapere godere e meravigliarsi del miracolo della bellezza che ci sta di fronte.
L'incitamento vale anche per l'amore nel sua sfera più pertinente quando dichiara la sua «(…) voglia d'abbandono / alla piena del tuo fiume. Spazzami via, sputami a mare / come un ramo già caduto».
Correre il rischio: «Presto saprai chi sono / e non ti piacerà, / (…)», ma «il mare di presente» va vissuto «finalmente».

Il viaggio tra le pagine di questo libro, dove è stato bello sostare e perdersi lungo i sentieri conosciuti e sconosciuti del vivere, del pensare e del sentire accompagnati da rara sensibilità e intelligenza è giunto alla fine e di questo non si può che provare gratitudine per l'autore.

Non cercate di prendere i poeti vi scapperanno tra le dita


Cattolica, Snaporaz – Piazza Mercato
Sabato 22 maggio 2010 
dalle ore 16.00
 
Non cercate di prendere i poeti vi scapperanno tra le dita
Dedicato alla psiche ed ai suoi turbamenti
 
Saluti di Marco Tamanti, Sindaco del Comune di Cattolica.

Intervengono:
Umberto Piersanti, docente dell’Università di Urb
ino, poeta e scrittore presentato da Andrea Parma
Claudio Roncarati, letture tratte dal suo libro Manuale di psichiatria poetica, Roma, Alpes Italia, 2009
Roberto Sarra, scrittore, presidente dell’associazione culturale Pegasus di Cattolica
Patrizia Pesci, letture tratte dalle opere di Cristian Dell'Anna, William Carnevali e del professore Angelo Chiaretti
 

Presentazione del nuovo concorso letterario e reading poetico di Fara Editore con
 
senza saperlo nemmenoCaterina Camporesi che leggerà da Solchi e Nodi e altro
Stefano Bianchi che leggerà dall’appena uscito Sputami a mare (Le Voci)
Enrica Musio che leggerà dal suo nuovo Senza saperlo nemmeno
Alex Celli che leggerà esilaranti passi dal Ritorno di Chicken Breast e da altri suoi libri

Contributo del Centro Stampa CEIS e del Lions Club di Cattolica
 
Presenta Patrizia Pesci
Perché i poeti non trascurino la loro funzione terapeutica ed i terapeuti non ignorino la parola poetica
Iniziativa organizzata dal CSM di Riccione in collaborazione con l’assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Cattolica.
Visioni dal futuro-di F. Chiappetti