lunedì 5 dicembre 2011

Sopra un inedito di Giovanna Iorio




di Vincenzo D'Alessio

Giovanna Iorio è nata in Irpinia, ha nel cuore il fuoco della “poesia meridiana”, così come ha scritto il critico letterario Franco Cassano nel suo profondo lavoro Il pensiero meridiano (Editori Laterza, Roma-Bari, 2010), e nelle vene il sangue ribelle  di quei “Terroni” di cui parla il giornalista-scrittore Pino Aprile nel suo ultimo lavoro Giù al Sud (Piemme Edizioni, Milano, 2011).
A tale proposito scrive quest’ultimo nel suo lavoro: “Poeti e matti sono antenne sensibili della comunità, per l’esasperata capacità di cogliere, prima e più degli altri, il nuovo e il diverso” (pag. 323). Il nuovo e il diverso, che Pino Aprile cita nel suo lavoro, sono la parte più difficile e pericolosa,  affidata a persone eccezionali ma scomode, direi scomodissime. Sia al Sud che al Nord i cambiamenti rapidi non sono accetti: mettono in pericolo un sistema (politico, religioso, clientelare) che si è consolidato dalla Roma Imperiale fino ai giorni nostri. Ecco il motivo reale per il quale i  giovani vengono esclusi da qualsiasi aggregazione, se non quelle autonome che spariscono dopo poco tempo per mancanza di fondi.
Ho premesso questi pensieri perché il Sud, “i Terroni”, non da oggi hanno offerto le loro energie per la crescita dell’ Italia: quasi sempre ripagate con odio e resistenze infami. I poeti sono i primi a pagare, già nella famiglia di appartenenza, perché la loro diversità, il loro vedere oltre la siepe gli avvenimenti, dà diritto a tacciarli di pazzia. Altrimenti, se non smettono, vengono fatto bersaglio di malanimi che possono raggiungere l’odio feroce e l’omicidio. I casi sono tanti, e quasi tutti dimenticati dalla maggior parte degli Italiani, che preferiscono scorrere nella corrente, galleggiando. I versi però restano, fanno la Storia, e di questo gli Italiani poi ne vanno fieri!
Il Nostro Sud, la nostra terra, accoglie la poesia che il grande critico Paolo Saggese ha consacrato, sul pensiero di altri grandi pensatori (cita il poeta scozzese Kenneth White, Enrico Capodaglio, Massimo Gezzi e altri) come “geopoetica”. A questo solco, scavato da anni da tanti antesignani: il Nobel  Salvatore Quasimodo, Rocco Scotellaro, Leonardo Sinisgalli, Franco Costabile, Luigi Fontanella, per citarne alcuni), appartengono i semi delle poetesse irpine: Franca Molinaro, Antonietta Gnerre, Emilia Dente, Giovanna Iorio. Alcune sono rimaste a combattere accanto ai loro figli, nelle loro piccole comunità. Altre, come Giovanna Iorio, hanno solcato l’oceano mare, conosciuto poeti e poetesse europee, andate a vivere lontano dalla loro casa d’origine, facendo della diaspora un’energia costruttiva, di forte recupero della memoria d’infanzia, delle persone care, della Natura amica, o nemica.
In questo solco germogliano i versi dell’inedito che sottoponiamo all’attenzione dei lettori, tenendo conto che la Nostra è stata traduttrice di poetesse irlandesi come Eavan Boland, Medbh McGuckian e altre, per conto delle Edizioni “Via del Vento” di Bologna. Ha inoltre presentato la sua prima raccolta, inedita, al concorso Faraexcelsior, 2011, dal titolo Mare Nostrum, raggiungendo la rosa dei finalisti:

  Testarda
  come un fiore
  come un filo d’erba
  solleverò l’asfalto
  giuro non mollerò
  lo giuro al polline matto
  che mi soffia
  sul cuore
  lo giuro alla collina
  che mi abbaglia col suo verde
  lontano
  lo giuro a questa frana
  di sogni che corrono
  sul fiume di parole
  vuote parole nuove.

La Iorio è capace di ascoltarsi. È capace di ascoltare. Vive in continua tensione tra realtà e sentimento. Produce  versi che scovano, nell’ascoltatore, i punti originali della memoria personale e collettiva. Investe, della sua energia poetica, gli occhi e le orecchie di chi segue i suoi versi, impregnandoli di cambiamento. Necessari per evitare il crollo totale di una Natura vicina ai sognatori e distrutta dai fautori di quella falsa identità chiamata “progresso industriale”. L’anafora incalza con la sua energia. Mentre lo scorrere asindetico dei versi brevi produce nell’ascoltatore il senso della vertigine della ricerca poetica.
C’è lavoro solo quando l’Uomo rispetta l’Uomo naturale. Soltanto quando il cemento e l’asfalto non ridurranno le terre coltivate a spazi recintati. C’è lavoro solo quando “il polline matto” si mischierà alle nere polveri sottili che promanano dai milioni di mezzi motorizzati che solcano terra e cielo. Credo che “Testarda” sia la generazione dei poeti di questo nuovo secolo. Testarda e convinta che i cambiamenti vanno eseguiti rapidamente, come il soffio del vento, perché non abbiamo molto tempo a disposizione.  Il lavoro procede insieme alla Poesia ed hanno la stessa intensità d’azione.  La generazione che non lavora vede “franare i propri sogni” e non bastano le parole a sostentare né i singoli, né le future famiglie.
La poesia inedita di Giovanna Iorio è soltanto lo spunto per accedere al mondo concreto dei giovani. Ai colori della loro anima “il verde che abbaglia”, epperò lontano come le speranze disattese. Fino all’essenza della “parola”, come mezzo di fiducia, di ricerca, di approdo dei prodromi nuovi.
Mi chiedo: fino a quando resteranno inascoltate le “parole nuove” ?

Nessun commento: