lunedì 31 gennaio 2011

Claudio Damiani a Pratola Serra 5 feb

Prosegue con grande successo la rassegna “A Volte, Ieri, Domani”, promossa dall’Associazione “Agorà” di Pratola Serra. L’iniziativa ha lo scopo di valorizzare l’arte, la storia, la scrittura, la musica, con la presenza dei protagonisti della cultura italiana. Appuntamento prestigioso dall’Agorà sabato 5 Febbraio, alle ore 18,30, presso l’Oratorio di Pratola Serra, con uno dei più importanti poeti europei, Claudio Damiani  che presenterà la sua ultima opera “Poesie”, Fazi, Roma 2010,a cura di Marco Lodoli.

I versi saranno introdotti da Franco Arminio, Enzo Rega e Paolo Saggese, e declamati dagli attori della compagnia Teatro nel Teatro di Pratola Serra con sottofondo musicale. A moderare la serata sarà Stefania Marotti - Il Mattino. Le conclusioni sono affidate a Giuseppe Iuliano, mentre il coordinamento artistico è a cura di Antonietta Gnerre. La manifestazione è in collaborazione con le associazioni PremioPrata, Festival della Poesia dei Paesi del Mediterraneo, Quaderni di Cinemasud e Sorgenti di Sapere.

Claudio Damiani è un affermato poeta italiano, nato nel 1957 a San Giovanni Rotondo, vive a Roma dall'infanzia. Ha pubblicato le raccolte poetiche Fraturno (Abete,1987), La mia casa (Pegaso, 1994, Premio Dario Bellezza), La miniera (Fazi, 1997, Premio Metauro), Eroi (Fazi, 2000, Premio Aleramo, Premio Montale, Premio Frascati), Attorno al fuoco (Avagliano, 2006, finalista Premio Viareggio, Premio Mario Luzi, Premio Violani Landi, Premio Unione Scrittori) e Sognando Li Po (Marietti, 2008, Premio Lerici Pea). Ha curato i volumi: Almanacco di Primavera. Arte e poesia (L'Attico Editore, 1992); Orazio, Arte poetica, con interventi di autori contemporanei (Fazi, 1995); Le più belle poesie di Trilussa (Mondadori, 2000). È stato tra i fondatori della rivista letteraria Braci (1980-84). Suoi testi sono stati tradotti in diverse lingue (tra cui principalmente inglese, spagnolo, serbo, sloveno, rumeno) e compaiono in molte antologie italiane (anche scolastiche) e straniere. Collabora con vari giornali tra cui la cronaca di Roma di «Repubblica».

Scrive Marco Lodoli, nell’ampia introduzione al libro: ”La poesia di Claudio Damiani ha un timbro e una sostanza immediatamente riconoscibili, perché afferra il cuore e perché viene da lontano – dal sempre, direi, se il sempre fosse una categoria letteraria. Certo, la classicità nutre questi versi come una madre fa con un figlio: non si tratta di colti recuperi di forme metriche e compositive, di un nobile omaggio alla tradizione, ma di un’adesione profonda allo spirito della poesia più vera, quella che non divaga e non si distrae in inutili acrobazie stilistiche, che non vuole scandalizzare o sorprendere grattando i nervi, ma che rimane costantemente fedele, persino nella sua metrica, al ritmo profondo dell’esistenza”.

 (AG)

mercoledì 26 gennaio 2011

Presentazione de «Il Monte Analogo» n. 12 a Milano 23 feb

“Da quell’intrico di rami/ si tendeva il germoglio di un  kiwi/ incontro al ramo di una betulla.” (Giampiero Neri)

mercoledì 23 febbraio 2011 ore 18,30
I n c o n t r i i n B i b l i o t e c a

La cultura poetica a Milano

Presentazione della rivista di poesia e ricerca
«Il Monte Analogo» (N° 12 – Dicembre 2010)
a cura dei componenti della redazione

BIBLIOTECA Civica Sicilia 
via L. Sacco 14 – Zona 7
Tel. 028846 5863





Facendo seguito a varie e recenti iniziative delle Biblioteche Civiche milanesi miranti ad arricchire e stimolare lo sviluppo della cultura poetica a Milano, la Biblioteca Sicilia propone ora al pubblico un vivace e diretto contatto con gli strumenti di diffusione e di valutazione della attività di numerosi poeti che operano in città e in tutto il paese.

Il Monte Analogo, rivista semestrale sorta su iniziativa del noto poeta Giampiero Neri promuove dal 2004 le sensibilità artistiche individuali pubblicando i testi di quindici nuovi poeti in ogni numero e proponendo saggi, interviste e incontri con le più promettenti individualità creative del nostro tempo. I redattori e i collaboratori della rivista e i poeti stessi presenti condivideranno col pubblico le loro scelte e le loro valutazioni.

Interverranno:
Giampiero Neri, componenti della direzione e della redazione, alcuni dei poeti pubblicati che leggeranno le loro poesie, poi critici, simpatizzanti, amici e sostenitori.

Versi tra sacro e profano a Genova 10 feb


Poesie ritrovate di Antonio D'Alessio a Solofra 27 feb


cfr. Antonio D'Alessio

La poesia di Margherita Guidacci a Firenze

Galavereni e Lucca a Forlì

ASSOCIAZIONE CULTURALE POLIEDRICA
in collaborazione con CULTURAPROGETTO-Narrative
e con il patrocinio dell'Assessorato alla Cultura e dell'Assessorato alle politiche di Welfare
del Comune di Forlì



VENERDI' 28 GENNAIO 2011 - ORE 18
Centro Culturale San Francesco - Via Marcolini, 4 - Forlì
Incontro con ROBERTO GALAVERNI

Esperto e curatore di antologie e pubblicazioni sulla poesia italiana in special modo contemporanea, Galaverni è pienamente calato nella battaglia quotidiana in difesa di tutta la poesia (il sottotitolo di un suo recente saggio è proprio “Una difesa della poesia”). La lectio magistralis, che il critico modenese presenterà a Forlì, riguarda proprio l’essenza e le forme di questa grande forza vitale che si esprime in versi, ma è intimamente collegata con la vita e la dignità dell’uomo.


SABATO 29 GENNAIO 2011 - ORE 18
Centro Culturale San Francesco - Via Marcolini, 4 - Forlì
CESARINA LUCCA presenta LORO
Dialoga con l'autrice ANDREA BRIGLIADORI

Loro stanno, un po’ rigidi, in posa di occasione, dentro una sbiadita fotografia di quasi novant’ anni fa. Primi anni Venti. Adulti, ragazzi e ragazze. Contadini di Selbagnone. Una famiglia numerosa e povera, come tante altre di allora. Lontani, lontanissimi nel tempo, nello spazio, nella condizione.
Ma qualcosa di loro, l’essenziale dienneà che incatena l’una all’altra le generazioni umane, è trapassato per i decenni fino a scorrere nelle vene di Cesarina Lucca, l’autrice di questo bellissimo romanzo. Una che in fatto di scrittura la sa lunga, e che non rinuncia a dichiarare il proprio debito a Pavese e specialmente al suo romanzo ultimo, del ritorno e della rivisitazione, dolente e trasognata, dei luoghi contadini dell’ infanzia. Romanzo, questo di Cesarina Lucca, non del ritorno, né in senso stretto della memoria, e neppure della nostalgia.
Romanzo, piuttosto, del risarcimento (dare voce e figura a chi non ebbe, nell’ anonimo pulviscolo delle umane esistenze, né figura né voce), e della lontananza, marcata dai corsivi che interpongono il presente della narratrice al passato-presente della rievocazione di loro [Andrea Brigliadori].


Poliedrica è una Associazione culturale, apolitica e senza scopo di lucro. Nata da un gruppo di artisti forlivesi desiderosi di diffondere il messaggio artistico nelle sue molteplici forme. Così come un poliedro è un solido composto da innumerevoli facce, allo stesso modo riteniamo che l'espressione artistica non sia univoca ma che si manifesti attraverso innumerevoli sfaccettature, diverse e complementari, unite da "lati" comuni e tendenti, seppur attraverso strade uniche e mai ripetibili, ad un fine espressivo e comunicativo medesimo: da qui il nome "Poliedrica".

martedì 25 gennaio 2011

Premio Agostino Venanzio Reali 2011 scad. 31-5-2011

gli autori possono partecipare presentando tre poesie inedite, ciascuna non superiore a 40 versi, mai premiate o segnalate in precedenti concorsi alla data di scadenza del bando, in 7 copie, di cui una sola dovrà contenere le proprie generalità (i giovani e giovanissimi dovranno indicare anche la data di nascita). La partecipazione con un numero inferiore o superiore a tre (3) poesie comporta l’esclusione dal premio. Non possono inoltre partecipare al concorso i vincitori dei primi premi dell’edizione precedente.


Su Colibrì di Anna Maria Tamburini

recensione di Sonia Gardini

La prima raccolta di poesie di Anna Maria Tamburini, dal titolo Colibrì è un cantico alla vita, ai suoni, ai colori, in particolare alla luce. In tempi in cui dominano il dolore, la morte, la disperazione, la distruzione di tutti i valori, il lettore ha il piacere di sfogliare un libriccino dove la scrittura volteggia come l’uccello mosca di cui è oggetto: basta osservare gli acquarelli della prima e della quarta di copertina per capire la coerenza al contenuto, la fedeltà alla vita “lieve” come la “punta dell’anima”.
C’è un colibrì in ogni pagina, per discorrere della vita che porta altra vita, che nasce dalle attese del cuore ed il succedersi delle parole è come l’incommensurabile velocità delle ali del più bello e del più piccolo degli uccelli.
Le quattro sezioni in cui è diviso il testo evocano i quattro elementi dell’aria acqua terra fuoco. L’acqua appare nella luce che sale all’ “incrocio terrestre”, le luci sono ovunque comunicate come punti o raggi che arrivano sui fondali nonostante le ombre della risacca di superficie.
Un cosmo di esseri viventi in relazione pulsa tra le righe: dai delfini che giocano all’ippocampo che danza nell’unità di una musica che distoglie dal “frastuono di inutili transiti” cui siamo abituati. E c’è pure un bimbo giocoso che vuole mettere il mare in una buca sulla spiaggia come volere penetrare il Mistero della “Vittoria” di chi continua ad offrire le sue palme sull’altare.
Per la poetessa vale l’infinitamente grande, il cosmico, come l’infinitamente piccolo che non indugia in inerte attese, ma che è vorticosamente operoso e dà vita al fiore conducendolo “dal bulbo alla gloria”. La metafora dell’ape che assapora il frutto è distillato del Verbo che crea silenzio nella luce e nel contempo movimento di carne e di pensiero generatori di lontananze e intimità “commovimento” come dice l’autrice. Alla fine “Non abbiamo che l’augurio / e il nostro dire bene / se non si può dire bene dire.”

lunedì 24 gennaio 2011

Su A dieci minuti da Urano di Carla De Angelis

Carissime amiche e cari amici di Flannery,
conosciamo oggi da vicino una poetessa romana, Carla De Angelis, dotata di grande sensibilità e di una certa leggiadria nei versi di cui vi renderete conto voi stessi leggendo i suoi testi.
Noi ne abbiamo scelti alcuni, che abbiamo estrapolato dalla sua ultima bella raccolta poetica dal titolo A dieci minuti da Urano (Fara Editore, 2010), invitandovi come sempre alla lettura e al commento libero.
Grazie per la vostra affettuosa attenzione.
Maria Di Lorenzo
* * *




* * *
Madre
questa notte lascio aperto un sogno
Entra
puoi vegliare
o dormire accanto
le mani inermi
o accarezzarmi
Non ti inquietare
Lascio aperta anche la porta
quando vuoi puoi andare
*
Temo la vita senza emozioni
abiti da comprare
alberi da curare
stoviglie nuove tappeti
pareti da dipingere
appetiti di tavole imbandite
desideri da fantasticare
Temo di più la vita
Senza il buio della notte
Senza amore da giocare
che la morte
*
Porto a spasso la bellezza
eppure bella non sono
Serro la pazienza fra le dita
in borsa la realtà di un’ombra
sempre troppo avanti
troppo indietro
Tento i battiti giusti per ogni passo
per piangere aspetto la pioggia
mentre si allaga nell’asfalto
l’arcobaleno fra terra e cielo
si muovesse di un passo
troverei il ritmo
Riconoscerei anche dio
senza chiedere a ogni passante:
Sei tu?
*
CARLA DE ANGELIS
Nata a Roma nell’ottobre del 1944, Carla De Angelis ha pubblicato i primi versi nel 1962. È Cavaliere al merito della Repubblica Italiana dal 1995. Sue poesie sono presenti in diverse antologie edite da Kolibris, Aletti, Perrone e Estroverso. Con Fara Editore ha pubblicato, prima di A dieci minuti da Urano, la raccolta di poesie Salutami il mare, il libro dialogato con Stefano Martello Diversità apparenti (i due libri sono stati vincitori e finalisti in vari premi) e, sempre con Martello, a curato il libro di testimonianze Il resto (parziale) della storia. Sue sillogi sono inserite nelle antologie Il silenzio della poesia (2007) e in Poeti profeti? (2008). Altri suoi versi sono stati recentemente pubblicati in Demokratica (Limina Mentis, 2010). Fa parte della redazione di Kolibris, casa editrice di Chiara De Luca.
*
CARLA DE ANGELIS
A dieci minuti da Urano
Fara Editore 2010
*
Carla De Angelis ha pubblicato diverse raccolte di poesie, ed ha ricevuto numerosi riconoscimenti letterari. Questo fa di Lei un poetessa amata e seguita.
I nostri tempi sono di guerra: si muore di fame; di malattie; di terremoti; di alluvioni; di indifferenza; di guerre economiche; di guerre etniche; di guerre religiose. Ci fosse qualcuno disposto a vivere per la Poesia? La Poesia non cambia il mondo, lo rende migliore. La nuova raccolta della De Angelis, “A dieci minuti da Urano”(poesie di tentata conquista) si ispira proprio a questa massima.
Il motivo ispiratore è il Surrealismo: i versi della raccolta, sistematicamente, lo dicono pagina dopo pagina ad iniziare dalla prima composizione:” Mi sveglio:vesto come sono / apro l’armadio/ affido al cassetto la notte/ sospendo allo specchio/(pag.15). Elementi della scrittura surreale: il dormiveglia, l’attesa del futuro, lo specchio che trascina l’immagine in un’altra dimensione, lo stato di incoscienza ipnotica. Il dolore è vero. Il male degli uomini è vero. La guerra sociale è vera. “il sudore dell’anima”(pag.15) è vero.
Mi tornano alla mente le lezioni universitarie del professore Luigi Fontanella su Massimo Bontempelli. I versi forti de” L’Angelo di Redon” di Benito Sablone.I versi chiari e semplici dove prevalgono anafore:”Mi vestirei di nuvola”(pag.34); di assonanze:”in cambio qualche coccola/ che mi prendo quando la carezzo”(pag.42); di maieutica:”(…) eppure scrivo / del dolore/ che non so dire / barcolla la voce nel pentagramma”(pag.40);di tautologia:”(…) Pulsare di vita ritrovato / nell’oblio del lutto a cercare / nelle strade di perdersi / per ritrovarsi/”(pag.28); sono questi della raccolta che stiamo leggendo. L’accostamento che propongo è veritiero.
La poesia che richiama in modo chiaro la dichiarazione surreale è questa a pag.66: “Forse alla poesia conviene / riunire leggende / insinuarsi negli anfratti del passato / fantasticare seguendo il primo verso / (…) / scrivere senza il peso del cuore”. I mezzi semplici dei nostri sensi non bastano per analizzare i versi che sono stati scelti per questa raccolta. Ci vogliono le ali dell’Angelo(pag.71) Allora le nuvole, onnipresenti, riveleranno la loro essenza di leggerezza e di pianto. Il dolore che macera l’intera raccolta sarà “un dolore condiviso”(pag.65). Ogni lettore comprenderà da quale galassia scende questa poesia che è un nuovo tentativo di raggiungere Dio, l’Infinito e il lontano pianeta Urano, che nella fantastica leggerezza del verso, dista solo dieci minuti. Attraverso questi versi possiamo vincere la solitudine del XXI secolo?
Carla De Angelis ha scelto di vivere con la semplicità del poeta. Nel nostro mondo che non reclama la Poesia ; dice di sé candidamente:”(…) Sono una donna legata alle passioni / Ogni tanto riordino la casa e la mente / mi accuccio in un angolo / fingo di non sentire chi chiama / un po’ di solitudine/(pag.61). Vive il delicato dolore della maternità:”(…) Burli il tempo, resti bambina / Ti as/serve tanta bellezza / figlia”(pag.79). Tutta la raccolta è un unico poema: non ci sono punti di chiusura nelle poesie, se non nell’ultima a pag.96. Il verso iniziale di ogni componimento è di per sé il tutto che il resto dei versi declama. Una raccolta della maturità. Un dono a se stessa e a chi legge per scalfire il male che regna tra gli uomini.
La poesia che maggiormente mi ha toccato nell’anima, e mi ha fatto pensare ai versi di Giuseppe Ungaretti, è quella a pagine 35: “Madre / questa notte lascio aperto un sogno / Entra / puoi vegliare/ o dormire accanto / le mani inermi / o accarezzarmi/ Non ti inquietare / Lascio aperta anche la porta / quando vuoi puoi andare” Cosa leggere di più doloroso e al tempo stesso bello, se non questi versi? Scrive benissimo della Nostra, il critico letterario, Stefano Martello che la conosce più di me che leggo da questa postazione di fronte all’universo che ascolta:”Non è un caso se la sintesi – nell’esposizione come nella scrittura – sia oggi una valuta preziosa.”(pag.7) Aggiungerei, di mio, che la sintesi è da sempre un dono prezioso, nella mani del saggio che il mondo ha vissuto riconoscendo al suo viaggio il diritto alla Vita.
La poetessa De Angelis ha visto paragonata, questa sua raccolta, “all’Urlo di Munch”, oggi purtroppo sottratto dal suo luogo di esposizione(vedi i risvolti di copertina alla raccolta), che delineava la sofferenza in un momento così tragico per il popolo ebraico e per il mondo intero. La raccolta che vi invito a leggere non semina l’angoscia, come nel volto del quadro di Munch, ma assolve ad un preciso compito:”…poi una nuvola è scesa / fino a terra / il Pastore sfinito l’ha raggiunta / per dissetarsi, / seguito da una moltitudine / piena di speranza.”(pag.96) Chi legge entra nella speranza di vivere di Poesia.

sabato 22 gennaio 2011

Dalle Centurie di Nostradamus

traduzione di Massimo Sannelli


II 45
Il cielo piange troppo
l’Androgino creato:
accanto a questo cielo
il sangue si diffonde.
Da morte troppo tarda
un popolo si forma
tardi, grande, e l’aiuto
non tarderà a venire.

I 8
Quante volte sarà
invasa la città
solare e cambieranno
le leggi vane e barbare:
il tuo male è vicino.
Tu sarai tributaria,
la grande Adria deve
riaprire le tue vene.

II 92
Il fuoco d’oro piove
sulla terra dal cielo:
dall’alto si colpisce
il nato, fatto cosa
meravigliosa, enorme
strage umana. Si prende
il nipote del grande:
spettacolare morte,
e l’orgoglioso fugge.

II 97
Pontefice di Roma,
non devi avvicinarti
alla città che due
fiumi bagnano: il tuo
sangue tu sputerai
lì, e la tua gente, quando
la rosa fiorirà.

III 2
La Sapienza di Dio
donerà alla sostanza,
cielo e terra compresi,
al fatto mistico oro
che non si vede: corpo,
spirito, anima per la
sua potenza piena.
Come sotto i suoi piedi,
così nel trono in cielo.



III 40
Si rialzerà il teatro!
Gettato il dado, già
tese le reti. Troppo
in lutto sarà messo
il primo, da turbati
archi, rotti da tanto.

III 44
Gli animali potranno
agli uomini domestici
dopo gran pena e salti…:
potranno DIRE. Il fulmine
scende sopra una vergine,
micidiale, che è terra
rapita e messa in cielo.

III 34
In pieno giorno il mostro
si vede e c’è l’eclisse
di sole: ma si interpreta
non così come è.
Non controllano il prezzo,
nessuno ci fa caso.

III 67
Una diversa schiera
di Filosofi sprezza
la morte e l’oro e i soldi
e l’onore: l’appoggio
per seguirli è presente.
Neanche la massa manca.



[2005-2011: in fieri]

Su Le lumache mediocri di Gaetano Giuseppe Magro

LietoColle 2010

Questo è uno dei libri più belli che ho letto ultimamente. Magro, già “incontrato” nella silloge Il glomerulo di sale (fra le opere vincitrici del concorso Pubblica con noi 2010) ha uno stile sobrio, salace e riconoscibile in grado si scalzare con efficacia chirurgica frusti stilemi, luoghi comuni, autoreferenzialismi asfittici che non raramente ricorrono in tanta poesia/vita contemporanea. Il suo sguardo è scettico ma non indifferente, la carica emotiva è trasmessa con immagini splendide e stimolanti, c'è una intelligenza delle cose, degli accadimenti, dei sentimenti che ci toglie dal torpore in cui questo nostro stanco Occidente tenzialmente adagiato e narcisista sembra indulgere. L'Autore si sente come l'Albatro di Baudlaire “forse esiliato per incomprensione d'ali” (p. 69) eppure dice anche “Mi moltiplico d'ontogenesi” (p. 68). C'è una tensione direi spirituale, nell'approccio “scientifico” del Nostro alla realtà: una domanda di un senso ulteriore che le parole cercano di attingere, finanche di provocare. A volte c'è forse qualche verso di tono intimo/familiare, descrittivo/diaristico o scientistico che potrebbe essere asciugato ma il libro è assoluto, compatto, resiliente, ben tornito.
Mi sono rimasti in particolare impressi i versi in cui le grandi questioni sono riassunte in quadri pulsanti e magmatici pur sotto una pellicola “oggettiva” e a tratti analiticamente russelliana eppure altre volte vitalistica come la natura francescana evocata nei versi di Agostino Venanzio Reali (come ad esempio in «Stupisce la divertita smorfia / della felicità rossa dei coralli», p. 42): «Sono una lumaca senza Dio / che lascia indizi falsi sul foglio / (…) / La poesia è l'occhio attraverso/ cui le cose guardano gli uomini / (…) / e la nostra vita è soltanto una smania di nomi» (p. 15); «La parola è neve / che muore ai piedi degli dèi» (p. 17); «le intercapedini strusciano / e le cose si toccano appena / ma non ce la fanno a sapere» (p. 19); «per ora a me basta il passo incerto  / di queste cieche salamandre / e l'ombra che lasciano / senza sapere di lasciarla» (p. 20); «Appendo alla croce una spina di pesce / è la mia resa a comprendere, / nella parola c'è un angolo morto» (p. 25); «Il cuore è la donna / che ciascun uomo / non sa di portare dentro» (p. 27); «Hanno occhi grandi le piccole cose / guardano di spalle / sanno il tuo segreto» (p. 31); «e le pietre muoiono, a parte, dagli uomini / formando tombe e santuari / per piccoli fossili, da lì passati per caso» (p. 38 e qui come in altri casi il tono assertivo segnala la sospensione di una domanda aperta la cui risposta è mistero o rivelazione); «Anche il vuoto del mio bicchiere / capovolto non vuole morire / perché ogni cosa priva di nome / è ogni cosa» (p. 41); «Si scrive la storia degli uomini / mai la storia delle ombre, / la loro scaltra sopravvivenza / al netto degli oggetti» (immagine davvero fantastica perchè in queste ombre ci vedo l'orma del divino, in una prospettiva teilhardiana, anche se penso che l'Autore non voglia volutamente pronunciarsi in proposito); «Le cose esistono perché si ripetono» (p. 49); «le cellule impazziscono d'amore / se le tagli nel punto giusto» (p. 53); «Irrimediabile la carne si confonde con altra carne, / (…) / io ti chiedo a che serve la vita e la morte? / tu rispondi prontamente: “a fare la storia”» (p. 61).
Una raccolta da assoparare, vibrante come un trattato filosofico in versi di mente, di corpo (e di spirito). (AR)

venerdì 21 gennaio 2011

Su Tessere, Ex ore e Gli angoli della terra di Germana Duca Ruggeri

recensione di Carla De Angelis

La storia, le storie hanno sempre avuto e per fortuna ancora hanno, un grande valore. In un mondo sempre più abitato dalla immediatezza – è sufficiente una risposta sbagliata per finire nella botola dell'oblio – dai rumori e da suoni che coprono le voci del tempo, c’è per fortuna la scrittrice poetessa Germana Duca Ruggeri che nei suoi libri offre la possibilità di un confronto con il passato.
Nel libro Tessere (Manni) c’è l’amore per il mondo contadino, lo stesso amore per la terra marchigiana che avevo trovato nei testi dello scrittore, poeta, incisore Luigi Bartolini.
Il tempo che rende prezioso ogni attimo della vita è protagonista indiscusso dei suoi componimenti.
In uno degli esergo l'autrice dichiara “il dolore a volte deriva dalla sfasatura fra una persona, i suoi desideri, le sue attese, e la realtà che, prima o poi irrompe. Per questo nel corso della vita siamo chiamati e tessere trame nuove su antichi orditi. Il passato per raccogliere il presente e seminare il futuro.
Il lettore si specchia nella realtà quotidiana in tutti gli elementi che la compongono e che spesso ci sorpassano velocemente. La scrittrice Germana Duca Ruggeri, invece, si sofferma e rende importante ogni gesto, così anche nel libro di poesia Ex ore (Marsilio) il tempo è costante, perché è evidente che è il linguaggio naturale e potente nel quale siamo immersi costantemente.
Accanto a me ho anche il suo libro più recente Gli angoli della terra (Joker) , il titolo mi porta a quei versetti della Bibbia “dopo questo vidi quattro angeli in piedi ai quattro angoli della Terra che trattenevano i quattro venti della terra” (Rivelazione 7:1 – Apocalisse di Giovanni). Infatti la raccolta si apre a riflessioni e suggestioni sparse nel tempo e nello spazio. Le due sezioni del libro scorrono fluide, la prima propedeutica alla seconda: “Traversati i dodici segni di gran carriera siamo immateriali”. Alla scansione del tempo si aggiunge l’amore per la famiglia e il rispetto che dovremmo a noi e al futuro del mondo: “Volano i bambini / in braccio ai genitori /… / e ogni parola detta / è un investimento / sull’età futura” (pag.75). I versi non sono mere contemplazioni o ripiegamento privato, sono considerazioni approfondite su valori irrinunciabili: “La condanna più dura / inflitta a chi sa / il perché della rovina. / Spietati i particolari / della Crocifissione”; a volte sono denunce “La guerra corrompe. / Solo fosche soglie… /Nessuna memoria del passato” (pag. 13), o segreti che svela “La poesia non è una pianta esotica / non cresce sulle nuvole” (pag. 28).

Tre libri, tre gioielli da leggere e rileggere per la loro delicatezza, per la buona scrittura, per le parole tenere, ma incisive.
Tre libri, una buona semina per una terra che li saprà accogliere.

Roma 15 gennaio 2011

giovedì 20 gennaio 2011

Opera Prima a Verona 22 gen

OPERA PRIMA
UNA COLLANA EDITORIALE GARANTITA DA BONNEFOY, GALIMBERTI, ZANZOTTO


Sabato 22 gennaio 2011, alle ore 18 alla Libreria Bocù di Verona (Vicolo Samaritana 1/B (Galleria Mazzini, tel. 045-596856) viene presentata la collana di poesia Opera Prima, diretta da Flavio Ermini per Cierre Grafica e Anterem.
Questa collana ha due particolarità. È dedicata a quei poeti che ancora non hanno pubblicato in volume. Inoltre la scelta degli autori da pubblicare è garantita da un consiglio dei garanti composto dai poeti Yves Bonnefoy e Andrea Zanzotto e dallo psicoanalista Umberto Galimberti.
L’incontro prevede riflessioni critiche e testimonianze di: Alessandro Assiri, Flavio Ermini, Guariente Gaurienti, Alberto Tomiolo. Alcuni poeti di Opera Prima leggeranno propri testi: Michele Fogliazza, Michele Lamon, Francesca Monnetti, Paolo Valentino.

www.facebook.com/group

Su Figli di Vincenzo D'Alessio

ed. G.C. "F. Guarini", Montoro, 2009

recensione di Fortuna Della Porta

Aleggia sulla silloge la consapevolezza di un tradimento dalle molte fisionomie. L’arte del governo, in specie quella del sud, si è trasformata nel malaffare, che ha irrorato il suolo nativo di veleno ed esso oggi germoglia in piante anomale e tumori.

Sud che mi urli dentro e / mi disperi non voglio più saperne /  delle belve assetate di potere.
E più avanti: Nelle mie montagne c'è la morte / la respiriamo nei fili d'erba nera, / nelle macchie malate dei castagni/cancro che sgorga dalla terra/madre dei nostri padri / merito dei politici assassini/carichi di denaro e di potere.

La terra – terra che divora i figli - a sua volta ha obbligato molti suoi nati all'esodo, non riuscendo a legare a sé chi vi è venuto alla luce, col concedere il necessario sostentamento e, pertanto, troppi, con disperazione, hanno dovuto cercare altri ripari.
Tradimento è anche di coloro che non hanno saputo custodire il dono degli antichi, ossia proprio questa terra benedetta, un tempo di latte e miele, dove l'anima una volta poteva mettersi a riposo. Nessun luogo è luogo dell'emozione, lontani dalle proprie strade e l'altrove, qui identificato col Nord e in particolare con Milano, è freddezza di impressioni e spaesamento. Nell’altrove, di cui trattasi, si allentano tutti i legami, sia quelli del sentimento sia della geografia. 


Le genti del sud / hanno un cuore che / perdono al Nord nella / macchina del benessere /  rincorrono case affollate / di elettrodomestici vuote / di vita.

Ritorna sovente l'aspirazione al mondo intatto dei padri, in una sorta di età mitica della vita perfetta, con quella forza di velame che la nostalgia pone sulle brutte cose passate, che di sicuro anche allora ci hanno attraversato. Ma forse lo sguardo del poeta vaga fin laggiù perché allora il cuore non doleva e ignorava che ci sono fulmini che squassano il cielo e in briciole lo riducono per sempre.
Il tradimento più tragico, difatti, è quello del destino che ruba figli ai padri, abbandonandoli alla propria desolazione. Le poesie dedicate al giovane figlio scomparso sono struggenti e se pure rappresentano una parte della prima sezione della raccolta, che include scritti dal 2007 al 2009, un senso di agonia - il cuore ha mille ferite - sembra stendersi davanti ai suoi occhi e alla sua percezione. È attraverso quel travaglio che oggi legge la sua realtà.

Amore mio chi vive / ha nel cuore il dolore / stridente del silenzio / pungente dell'invincibile destino.

D'Alessio, però, non si lascia andare, non smarrisce la via sulla quale corre il senso di sé e delle cose. Nella consapevolezza di dover convivere con la piaga, non perde di vista gli alti concetti che dovrebbero appartenere all'uomo: il senso della propria dignità e dell'onore, termine detto e ribadito a più riprese, e l'aspirazione a un punto nell'infinito nel quale tutte le sorti alla fine s'incontrano. Solo così le rotture non saranno mai definitive e i destini possono ricongiungersi.

L'uomo è frammento di eterno / disperso nel firmamento.

I versi della raccolta si ricompongono intorno ad una meditazione di grande spiritualità, sia riguardo a sé sia intorno alla sorte degli uomini.
Nel libro è compresa un'appendice, con testi dedicati alla sua terra, che datano 1996. Si evidenzia un contrappunto tra la parte paesaggistica e descrittiva e le considerazioni generali ed esistenziali, che mostrano come faccia parte dell'indole del poeta una certa malinconia. D’Alessio riesce a percepire in senso tragico dell'accadere nelle vicende più comuni: Grida il grano sotto/ la falce, urla l'incudine/ dove cala il maglio, / incendia la terra/ il tormento del niente.
Per quanto guardi/l'orizzonte è cieco. / Il mare/ spegne sotto vento/ schiume di rabbia sugli scogli.

Poco prima: Quante pietre/ le nostre vite/ Il mare/ entra a tratti violento/ porta a fondo/ pezzi di cielo.

Alla fine i poeti non imparano mai a essere felici.
Strutturalmente la silloge contiene scrittura matura. Si presenta di lettura piana, col vezzo nella prima parte di un abbandono quasi totale della punteggiatura e a verso libero. In verità molte composizioni sono sonetti, scanditi di solito in settenari e ottonari, con rime e assonanze varie, che accompagnano versi dal ritmo sempre grave e dolente.

Roma, gennaio 2011

Franca Fabbri a San Mauro Pascoli 4 feb

venerdì 4 febbraio alle ore 21
Miro Gori (sindaco poeta e scrittore) presenta Franca Fabbri (che ha recentemente pubblicato con Fara Sto consumando l'ultima casa) e altri due poeti alla Casa dei Sammauresi a S. Mauro Pascoli. Segue Buffet.

mercoledì 19 gennaio 2011

Dante Maffia, Cinzia Demi e non solo a Bologna

Cari amici, vi segnalo queste iniziative, che mi vedono coinvolta
sperando in una vostra partecipiazione.
Cari saluti. 
Cinzia Demi

Entrambe gli eventi vedono la partecipazione dell'illustre scrittore, poeta e critico
Prof. Dante Maffia.
 
Centro di Poesia Contemporanea dell’Università di Bologna

TEATRO DI POESIA
secondo appuntamento. l’altro modo di entrare nella notte.
sbandamenti, accensioni, illuminazioni, risate, brindisi e abissi.


questa volta in scena
 
La biblioteca di Alessandria con Dante Maffia; maledetti, cioè assoluti;  E partiva l'emigrante; i 7 minuti di R.S.; Al di là dello specchio fatato; Dialogo cubano; danza Rebirth; Paul Valery; La poesia marocchina contemporanea; recensioni fulminee; letture e jam session di musica e poesia. Brindisi. 

Mercoledì 26 gennaio 2011, ore 21.00   
Teatro San Salvatore. Via Volto Santo, 1 - Bologna.                               

Ingresso libero. Info.051220666 – www.centrodipoesia.it
 
  ******************************************

Fondazione Idente di Studi e Cultura
Sala Santa Caterina, Via Tagliapietre 17, Bologna
 Giovedì 27 gennaio - ore 17.00
presentazione del libro di

D A N T E   M A F F I A
"La donna che parlava con i libri"
(Edilet)
ne parlano con l'autore
Cinzia Demi, Alda Cicognani, Marina Sangiorgi

 

 

Su La poesia, il sacro, il sublime a cura di Adele Desideri

recensione di Daniela Monreale su Riforma del 24-12-2010
scheda del libro qui

martedì 18 gennaio 2011

Su Il fiume di Alessio Brandolini

LietoColle 2010


recensione di Caterina Camporesi 

«Non è vero che la poesia sia fatta di nulla: la poesia è fatta di storia, di storia che è vita morale, ed è sempre contemporanea» (Stephen Spender)
Alessio Brandolini ha confermato negli anni una dedizione sacerdotale alla scrittura in generale e alla poesia in particolare. Nel tempo poi all'attività di scrittore e poeta ha affiancato quella di traduttore, in particolare per quel che riguarda la letteratura contemporanea dell'America Latina. È anche l'ideatore e coordinatore di Fili d'aquilone, rivista web di “immagini, idee e Poesia” nonché l'organizzatore di letture e incontri letterari, soprattutto con I Libri In Testa.
Il fiume nel mare è la sua sesta raccolta poetica nella quale con empatica pietas coinvolge il lettore a partecipare al dramma di coloro che, lasciando la miseria delle loro terre, affrontano le peripezie di un lungo e pericoloso viaggio nelle acque di mari, sempre comunque insidiosi, nella speranza di approdare su sponde materne accoglienti per ri-iniziare una vita più umana.
Lo sguardo, soffermandosi sulla realtà sociale contemporanea, coglie le drammatiche vicissitudini di quella parte di umanità diseredata, sofferente e avvilita che è costretta a vivere ai margini di un benesessere, quanto meno, non ben distribuito.
Il lettore, almeno sul piano emotivo, è sollecitato a partecipare alla sua sofferenza.
Visioni reali e ideali si alimentano a vicenda e attraverso la parola poetica catturando squarci del “sentimento del tempo” che è sotto gli occhi di tutti.
È una poesia che riesce ad inquietare le coscienze, nonostante l'avanzare dell'individualismo più sfrenato ed apatico, conseguente al collasso sempre più accentuato dei legami tra gli esseri umani.
La ricerca stilistica mescola sapientemente reale e surreale e accosta frammenti di carattere intimo e autobiografico.
L'andamento è per lo più narrativo, fluido, carezzevole e musicale nella concatenazione dei versi, che lo fa sembrare un poema. Si caratterizza per il rigore nel controllo del linguaggio intrecciato in un tessuto dalla struttura variegata e coerente.
La natura nei suoi principali elementi – acqua, aria e fuoco – con i quali l'uomo, consapevolmente o meno, è costretto comunque a mettersi in relazione, occupa un posto di primo piano.
A conferma basti ricordare alcuni titoli delle raccolte poetiche del Nostro: Poesie della terra, Mappe colombiane, Tevere in fiamme, sino a Il fiume nel mare, alle quali si deve aggiungere la collaborazione all'antologia Poesia e Natura - Nuova coscienza ecologica (Le Lettere, 2007).
Il critico letterario Antonio Spadaro suggerisce, in accordo con Margherita Guidacci, una visione biologica e botanica della poesia la quale, attraverso processi di osmosi con gli elementi organici del mondo, può assorbirne succhi più o meno nutritivi e colori più o meno oscuri.
La rielaborazione che ne consegue mette in moto il processo creativo, producendo immagini, pensieri, visioni e parole.
Il poeta quindi inspira il mondo e lo espira come opera poetica. È ciò che è avvenuto in Paul Celan nella raccolta Atemwende, Svolta del respiro.
La poesia di Brandolini nasce soprattutto dalla gamma di esperienze umane, dal suo esserci e dal suo modo di abitare il mondo, vale a dire, nel suo compromettersi, nel lasciarsi attraversare dagli eventi che incontra nel suo cammino e quindi rielaborarli attraverso la parola e il suono.
Al fine di smentire un destino segnato viene messa in campo la speranza che non lascia svaporare la volontà e l'impegno affinché il possibile si realizzi tra i morti che affossano il mare, vale a dire, che ciò che è stato separato possa riunirsi, come quel braccio di marmo (...) che cerca il resto del corpo.
Il mare nella sua immensa placenta è chiamato a ricomporre le componenti sparpagliate perché diano luogo a nuove nascite.
L'intera raccolta è solcata da squarci di vita personale e famigliare, nonché da frammenti di vita amorosa sofferta, qualche volta trattenuta: sto nei baci che voglio darti. Spesso l'incapacità di dire porta il poeta a chiudersi nel silenzio: l'orgoglio prendeva al guinzaglio / e ogni volta sfigurava l'amore. / Ce lo tiravamo dietro per giorni / quel lupo senza faccia, né sguardo.
Poi nella solitudine irrisolta può anche succedere di stringersi al deserto, o al soffocante calore della menzogna.

Venti sonetti di Massimo Sannelli e-book

venti sonetti - nella nuova versione, in e-book a cura di Emilio Piccolo

http://www.vicoacitillo.it/ekesy/41.pdf

con ogni bene, sempre
massimo

domenica 16 gennaio 2011

Three poems from The Quest

translated by the author himself (cfr. In cerca, pp. 45-47)

Stages

I felt the breath upon me
my mind contracting the limbs
eager to relax.
I knew I had to go on.
From a plateau things
are less touching: we cannot
post them in others' boxes
but they become lighter and our faces
more confident to whom we have just
encountered. Our shame falls to pieces
the thin-fast statisfaction of whom is not
humble fades away.
We are beyond the pride that
limits what we think to be:
here we are
tired to question
ready to listen to.

I have been walking errantly
hoping each stage may finally
compose a way.




High Montefeltro (climbing eyes)

(On foot the distance is greater.)
Which is the name of those trees
with olive-tree colored leaves
lined at five hundred meters
from my eyes? They cross
a quite steep field
bordered by woods of a darker
green – while far away emerges
the beautiful turquoise profile
of the grey matter called Sasso Simone.

«Willows» they told me.




Uncertain target

You've been waiting for  the arrow to arrive
concentrated
on the vibration of the rope.

venerdì 14 gennaio 2011

Certamen

di Massimo Sannelli


Questi testi sono stati scritti per un gioco, tenuto a Venezia il 6 luglio 2005, a cura di Riccardo Held. (m.s.)





1.Inversione di Petrarca, R.V.F., I
Noi siamo sordi a questa prosa unita.
Qui non c’è il suono in nulla e nulla nutre
il corpo, mentre la tua età fiorita
non erra: l’uomo che fosti non muta.
Con lo stile che pesa, in cui sragioni
e ridi, con disperazione e gioia,
perché nessuno può capire l’odio,
non speri né la rabbia né il rancore.
E tu non vedi quanto a poca gente
importi poco. Hai poco tempo. E poco
di te stesso puoi essere orgoglioso
e dalla serietà non nasce gloria
o sicurezza o ignorare quella
stabile veglia che qualcuno odia.


2. Quattro centoni da Eugenio Montale, “Non chiederci la parola…”

1.
Il sì risplenda
come le lettere
e la canicola
di fuoco secco.

E ogni muro
è un ramo secco
e informe, storto,
sillaba sé,

non stampa ombra,
non è un croco.
Oggi va qualche
parola, amico,

che tu dichiari
come una formula
e squadri, solo,
e non ci cura!

2.
Oggi splenda codesto
prato. Non possa un croco
aprirti la sua ombra
da ogni lato: oggi è solo

canicola, sicuro
fuoco, che non vogliamo.
Stampa, perduto, ciò
che squadri: tu dichiari

te stesso informe, agli altri
amico. E oggi, come
va un uomo, anche la sillaba
va agli altri, tu sei solo.

3.
Ah il croco è formula a se stesso,
l’uomo no, oggi, perduto l’animo
storto. Le lettere sono ombra.
Con le lettere squadri sillabe:
la parola risplende ai cani.
Non siamo immondi, non vogliamo
l’ombra secca che cola in qualche
lato solo, calcina, polvere
o muro. Vogliamo un amico.

4.
Amico, squadri l’animo, quel croco
sopra uno scalcinato muro. Informe
un ramo se ne va, perduto, e l’ombra
non cura la canicola: ciò è chiaro,

in mezzo agli altri. Noi vogliamo dirti
una parola umana, e possa aprirti
i mondi: da ogni lato oggi non siamo
un prato polveroso o qualche storta

sillaba e secca. Non siamo codesto.
Non domandarci altro, non vogliamo.
Ma a lettere di fuoco di’ la formula:
risplenda la parola, che si stampa.

giovedì 13 gennaio 2011

Su Objects di Alberto Mori


recensione di Angela Passarello, apparsa su Il Monte Analogo n. 12, novembre 2010


Duchamp ci svela il destino delle cose. Magritte ci mostra la chiara consapevolezza della
perdita d’identità dell’oggetto. Per Braque la nostra anima vuole un oggetto che la interessi
come suo complemento. Nel volumetto Objects  di Alberto Mori ci viene offerta una rappresentazione metalinguistica dell’oggetto. Riammesso attraverso la lingua nello spazio
della memoria o sospeso in una dimensione a-temporale.
Heidegger citando un verso di Stefan George afferma: “la cosa senza la parola non esisterebbe”. Nella raccolta di Mori l’oggetto si fa cosa attraverso il segno impresso dalla
scrittura: ”Nell’afocus simmetrico / la controfigura resta scontornata / Al primo episodio della autobiografia / entra in rapporto amichevole con la mano destra / Falange subito
incenerita dalla scrittura” (pag. 27).
L’oggetto di Mori, benché scontornato e privato dalla forma, diventa cosa, acquista peso, dignità. Modificato, assume ruoli diversi nella geometria  della lingua. Scarnificato, dissacra
il mito e se ne appropria. Mori ci rende consapevoli di nuovi miti, quasi divinità, che
presenziano con leggerezza ossessiva la nostra quotidianità: “Il Termopersefone / riscalda la dea  seduta accanto / a contemplare il seme di melograno sulla rivista d’arredi / Esso possiede il calore interattivo del mito / applicabile durante fasi mitologiche idolatriche / Autoinstallante nei salotti a buona temperatura etica” (pag. 45).
Gli oggetti apparentemente di piccole dimensioni assolutizzano lo spazio metapsichico
dell’uomo  contemporaneo: “L’incontro quotidiano / posa sul tavolo / piattino e bicchiere… /
Nell’atto visibile /coniuga silenzi alterni” (pag. 32). ”Il proprietario affittuario / propone agli sposi / camera con ametista / sul comodino nuziale” (pag. 40). Gli “Objects” contestualizzati nei confini dello spazio della lingua, aderiscono a nuovi e potenziali signficati dettati dai diversi sensori percettivi. Privati dalle proprie caratteristiche hanno smarrito l’originalità, il senso per cui sono stati brevettati: ”Il brevetto è un piccolo pupazzo / nato da una formula magica / dilungabile soltanto con un timer / durante le trattative commerciali” (pag. 21). ”La cassa acustica è strumento dedicato / alla sola audiorisonanza  del denaro / Dopo la melodia della euro esecuzione / porge resto silenzioso” (pag. 19). “il palindromo / letto da entrambe le parti dei bastoni / rimane infisso nello specchio… /” (pag. 38).
In questa operazione linguistica Mori ripercorre strade poetiche e artistiche già esperite.
Non a caso l’esergo della raccolta riporta i versi di Francis Ponge, che su mote-chose
ha molto indagato. Sulle orme del maestro francese, gli Objects di Alberto Mori trovano
spessore nella denominazione semantica che con humor soggettivizza le piccole cose:
“il raccendino emana fuoco dal basso / Il pollice preme in alto… / (pag. 17). Nel sottile
gioco linguistico il significante vibra tra i versi della raccolta e ci induce a riflettere sulle
identità dei corpi o oggetti della parola, sul significato di nuovi segnali acustico-tattili-visivi
funzionali al sistema delle “Cose”.

Novembre a Salerno 15 gen

PRESENTAZIONE DEL LIBRO “NOVEMBRE” di Domenico Cipriano

Sabato 15 gennaio, ore 18,00 – Circolo del Tennis – Cava De' Tirreni (SA)


Si presenta presso il Salone delle Feste del “Social Tennis Club” di Cava de' Tirreni (SA), il libro di Domenico Cipriano NOVEMBRE, edito nella preziosa collana Inaudita dall’editore Transeuropa, sabato 15 gennaio alle ore 18,00.

La presentazione ha il Patrocinio morale del Comune di Cava de' Tirreni e della Lectura Dantis Metelliana. Presenteranno l’autore irpino i critici: Carlo Di Lieto e Fabio Dainotti. Coordinerà la serata Virginia Celentano, saranno presenti, oltre all’autore, il Presidente del Tennis: avv. Francesco Accarino e il Sindaco di Cava de’ Tirreni, prof. Marco Galdi.

Durante la serata sarà proiettato il video ispirato ai testi a cura di Anna Ebreo e Federico Iadarola, per la voce di Enzo Marangelo e le musiche di Fabio Lauria e Vito Rago

Una raccolta di poesie sofferte, che parlano del sisma dell'80, dell’Irpinia, della sua gente, di ricordi, di ricostruzione, di futuro. Un libro di grande spessore e originalità, che si avvale della prefazione del Prof. Antonio La Penna, che così scrive: “I numeri dei versi corrispondono a un jeu de chiffres: le strofe sono 23, perché la data del terremoto è il 23 novembre; ciascuna strofa è di 7 versi e il prologo è di 34, perché il terremoto scoppiò alle 7 e 34; l’introduzione poetica è di 11 versi, perché novembre è l’undicesimo mese dell’anno. Credo che sia ben difficile trovare, nella poesia di oggi, qualche cosa di analogo o affine. Senza avviarci in una ricerca di esito incerto, diciamo che l’architettura è una traccia paradossale del terremoto, che di architetture ne ha distrutte moltissime”. La scrittura ha un difficile compito se si incarica di unire la riva del passato con quella del futura, e la poesia può sanare le ferite tra presente e futuro, e legare il tessuto antropologico-culturale tra le generazioni – come in più occasioni ha sostenuto Cipriano.

Alla pubblicazione di Domenico Cipriano si accompagna un lavoro musicale, il CD di Pippo Pollina dal titolo “Ultimo Volo - orazione civile su Ustica”.



notizie:

DOMENICO CIPRIANO

www.domenicocipriano.it



TRANSEUROPA

http://www.transeuropaedizioni.it/?Page=libro.php&id_collana=20&id_volume=104&id_libro=109



LECTURADANTISMETELLIANA

http://www.lecturadantismetelliana.it/index.php?option=com_frontpage&Itemid=1

martedì 11 gennaio 2011

Linguaglossa su Carla De Angelis

urano
Cara Carla,

checché ne dica il tuo cognome da non confondere con quello dell'illustre milanese, la tua poesia, che ho letto attentamente e con piacere, rivela una autrice molto attenta al dato referenziale delle parole e una indubbia capacità di restare nell'orbita della inautenticità della società delle merci (anche linguistiche). Molto azzeccato il titolo A dieci minuti da Urano, con quell'ammiccare al surrealismo della bella copertina e molto interessanti le
tematiche post-moderne che utilizzi, anche se io, nella stesura dell'opera, avrei accentuato il lato grottesco e surreale delle composizioni... che comunque stanno molto bene insieme (tout se tient) dove il verso breve annuncia implicitamente (e rinnega) la brevità dello spot della civiltà mediatica... complimenti. 
Saluti e Buon Anno da  

***

Cara Carla,

con quell'espressione volevo alludere che Salutami il mare riesce meglio quando buca l'utopia del quotidiano, ovvero, buca le fraseologie delle poetiche quotidianiste (ad es. “L'Angelo ribelle / Non infligge pene // Inconsapevole / Ognuno / È carnefice dell'altro”; “La vita si è fermata / Nessuno tesse la tela / Il tempo non scorre / Nella stanza pietrificata”); le composizioni invece "paesaggistiche" ricadono inevitabilmente sotto la pesante eredità della poesia dell'epifania e del dono che tanto ha contribuito ad inquinare il Novecento. È vero che sono più leggibili ma restano anche più consumabili e gastronomiche. E quindi perlustrabili. Insomma, volevo dire che quando accentui il lato grottesco o surreale la tua poesia ne guadagna indiscutibilmente.

"Ci vorrebbe un poeta in ogni strada" Cesena 19 gen

Incontro con la poesia inedita di
FRANCO CASADEI
organizzato dalla Società Dante Alighieri di Cesena.
 


a Cesena, mercoledì 19 gennaio, ore 17,00
presso la sala Luigi Einaudi della Banca Popolare Emilia Romagna
in Gall. Einaudi n. 6 (angolo Corso Sozzi)
Ingresso libero
Per informazioni: T. 335 6110875
Grazie dell'attenzione
Franco Casadei



lunedì 10 gennaio 2011

Su Sto consumando l'ultima casa di Franca Fabbri

recensione di Nicoletta Verzicco


Ciò che rimane

Desidero iniziare a dipanare i miei pensieri su Sto consumando l’ultima casa con la chiusa di Non ho nessuno con la quale la poetessa esprime magnificamente il concetto di ciò che rimane: “Mi è rimasta ancora una fotografia. / Uno scatto a vuoto. / Sono io: / ormai, un’ombra...”

Ciò che rimane sfida la Morte e non è la sfida di un impudente, ma il vissuto stesso a sollecitarLa in un confronto; la vita calda, profumata, intensa si palesa provocando la Signora che strappa i cuori di chi è giunto alla fine del proprio cammino. Quei cuori però, hanno pervaso con il loro caldo e intenso pulsare le mani di chi li abbracciati, accarezzati, amati e ostinatamente continuano a vivere.

È il senso dell’accettazione della Morte, il non vivere in funzione di essa o nella sua attesa che ne determina di conseguenza il rispetto e Franca Fabbri ne è cosciente palesando nella sua poesia, in contrapposizione all’Inseguitrice, la luminosità acciecante della vita: “Ogni giorno / recito le prove / della mia morte, / ma il gran finale / è sempre / della vita”.

Leggendo questa sua creazione ci si sofferma a pensare, si sorride, ci si rattrista, in una commistione di sentimenti così veri che è impossibile non sentirli nostri.

La Morte legge queste righe, accanto a noi si sofferma e le parole della poetessa possono, in alcuni momenti, farla apparire quasi come nostra ‘amica’, rendendoci consapevoli che ci accompagna dal primo vagito.

Ci appare chiaro, nel susseguirsi delle pagine, che c’è morte in ogni cosa, in ogni sentimento, in ogni azione, in ogni tipo di vita e proprio di questo noi spesso ci dimentichiamo, scordandone le ‘sensazioni’ più disparate: “il silenzio, / dopo la neve, / immobile, / come la morte.”

Si manifestano i ricordi, in maniera preponderante, con le immagini della mente, con le fotografie, nei profumi che li hanno intrisi e nelle tinte che li hanno colorati.

Nonostante la memoria si difenda dalle morti con pervicacia alimentata dall’amore per la vita, in alcuni momenti il dolore è costretto a ripulire la pellicola invecchiata che lo ricopre ravvivandone l’intensità: “...mi stupiscono, / ad ogni primavera, / i fiori ritornati a sbocciare.”

Nonostante la Morte sia primadonna nell’opera, essa non è vincente, suo malgrado non lo è, ciò che rimane vince su lei.

Chissà se “consumando l’ultima casa” si riesca a trovare la traccia del senso della vita di ognuno di noi per accettare a testa alta la Morte, sia essa un’ ‘Illusione’, una ‘Constatazione’ o una ‘Delusione’.

sabato 8 gennaio 2011

Scanzoniere

di Luca Ariano

L’educazione è il pane delle anime vostre.
Senz’essa le vostre facoltà dormono assiderate.
Avete il dovere di educarvi.
(Giuseppe Mazzini)


L'Emilio pochi minuti la mattina
a piedi per andare a scuola,
dall’altra parte del paese
dove si vedono catene innevate.
Lontani un binario – forse asburgico,
Nicoletta e la metropoli di tram,
omnibus e albe fumanti.
Scendono lupi a valle, in periferie
ululando a neonati,
lì milioni di anni fa foreste e ominidi
come in quell’isola di civiltà misteriose,
di bucanieri e conquistatori nei secoli;
l’hanno saccheggiata di vetro e cemento,
di appalti al ribasso che truccano
la spiaggia vista mare di pesci scomparsi.
Teresa trepidante in seno per un colloquio,
curriculum e cartelletta in mano
tra marciapiedi brinati e il fumido della sera
nell’odore di cucina sulla tromba delle scale.


***


L’Emilio forse prenderà un’ora
di permesso par andare al funerale
d’un partigiano: è morto lassù,
non troppo lontano da dove combatté
– si dice sia stato compagno di Turoldo.
Pianteranno olmi e salici,
ma quei boschi non saranno le tenute
di signori scesi dalla capitale per cacciare
quaglie e cinghiali con il falcone:
spareranno tutto l’anno a tortore e germani
da esibire in salotto.
Merli bianchi non si anneriscono su comignoli
ma sporchi di smog muoiono su tetti
mentre legiferano leges ad mafiam approvate
con il televoto direttamente da casa.
Tramonta il sole dietro gli Appennini innevati
e anche l’autostrada bianca ai lati di capannoni
invenduti ha il sapore di caffè di pompa di benzina.


***


La neve di marzo si squaglia rapida
diventando fango tra la massicciata:
vestigia di civiltà contadine
– pare il pleistocene – resti industriali
e casermoni ai limes dei campi.
L’Emilio e i giorni tutti uguali
con l’ansia di tornare a casa:
la vista dei monti rosati
e il sapore di freddo nel paese dei suicidi,
solo per ón morsèll de pàn la sera.
L’Amalia un sospiro ad ogni giro
di chiave nella toppa e il tempo inesorabile
come le foglie del melo in giardino.
Teresa e Fiulìn in una corsia d’ospedale
tra chi s’inventa una malattia per passare
la notte al caldo e figli assonnati
di madri come bambine doloranti;
il rumore di sirene si ovatta tra fiocchi,
odore di medicine e flebo stillanti.


***


Anche di notte l’Enrico lavüra,
come i cinesi o i giargianès
negli anni Sessanta: l’imprenditùr
lo chiamano ma per arrivare a fine mese
insegna lingue morte senza profitto.
L’Amalia assapora una caramella
alla liquirizia sentendosi bambina
quando tutti stavano bene
e l’Andrea – forse un po’ di freddo
o una mala bevuta – vomita
in qualche angolo e senza di lei
sarebbe un barbùn.
Era l’antico mattatoio – orgoglio
di generazioni di beccai, ora cimitero
di amianto, taniche
e una smagliante Casa dei Giovani
durata una conferenza stampa.
Fiulìn – in testa Teresa, come fuoriuscito
da una sezione fumosa anni Cinquanta
ma non ci sono rivoluzioni, scioperi,
Guerra Fredda, destra, sinistra
e in auto un libro di Berlinguer…
uno scherzo… solo uno scherzo.
Campi di fiori gialli nel fresco del viaggio
da far l’amore fino a tardi
mentre le strade mutano e invecchiano discreti.


***


La ciamavan Toro Seduto
e stava lì vicino alla Piassa
– quando ancora gh’eran i burdell
e già malata cantava e urlava per strada;
dopo quei nomi… l’avvocato… l’ingegnere…
il dottore… l’han trovata strangolata
in una roggia.
Dal Borgo si vedono le Alpi,
da dove sono scese le truppe Cartaginesi,
Franche, Spagnole, Francesi, Tedesche;
il Gigi in quella casa troppo grande
lasciata andare dal tempo, con la madre
anziana mangia solo Nutella, salame,
uova fino a scoppiare di colesterolo.
L’Enrico lavora anche nelle notti di festa,
fuori clacson pallonari, fuochi d’artificio
e il Maurone con il suo biciclettone
all’alba dalla radiolina
«Cerco amore ad ogni costoo,
perché adesso ne ho bisognoo…»


***


L’Enrico pochi ghèll in saccoccia,
anche oggi lavora fino a notte fonda
e in testa frasi da professore di paese:
“Sarete la classe dirigente di domani!”
Primo ora che la fiolètta l’è andà
solo sul divano fumerà un torcione
guardando vecchi film e fuori vista Metropoli
di voci sui marciapiedi.
Il mare ridà antichi tesori greci e romani
affondati in qualche tempesta
e Carletto operaio di tempi postmoderni
cronometra ogni gesto prima di essere
delocalizzato dall’altra parte del sole.
L’Andrea dopo un giorno a scrivere storie
in poche righe ha voglia di parlare,
di ascoltare dal canale il canto delle rane
come fossero altri tempi.


***


Marcellino a digiuno
un cucchiaio d’olio d’oliva
come voleva sua madre:
è tutta salute tra l’odore di limoni,
basilico e la risacca del mare.
Il cantiere navale fin da ragazzo,
le prime sigarette e le notti al porto:
tra i fumi d’inverno è spirato
poco dopo la pensione coi polmoni asciugati.
L’Armando bancario da sette generazioni
– forse ebrei scappati dalla Spagna –
ha iniziato con il nonno a giocare a carte
per ammazzare il tempo.
Si è bruciato a poker,
cacciato per un ammanco di cassa,
“Commissario… commissario…”
Ancora più caldo il vento d’estate
tra viali che trasudano azoto e l’odore dei tigli
in bicicletta è quasi archeologia.


***


L’antica via romana accanto al mare
è una superstrada di grattacieli sulla spiaggia
– pare Dubai – piste go kart, parchi acquatici
e le ultime contadine accanto a puttane bambine.
All’alba Roberto, pancetta e capelli radi,
apre ombrelloni al bagno 56 dove nessuno
lo riconosce più: ha vinto uno scudetto, due coppe
e allenato grandi campioni.
Ora qualche intervista revival e d’inverno
a pescare pesciolini per i nipotini.
Teresa cucina musclos tra il profumo di trito:
con Fiulìn celebreranno un compleanno
in una festa tipo Unità, clima padano di fine epoca.
Le stesse abusate risate di sempre
ma lontano da un tavolo di poeti
che si azzannano per un misero piatto
mentre accanto un altro nubifragio
sfarina colline di seconde case abusive.


***


L’Emilio quella chiamata
l’ha aspettata per giorni:
forse era al bagno… a comprare il pane
o aggiornarsi per nuovi corsi.
Non è rimasta che la preghiera mattutina
e il capo chino oltre il portone.
Gianni quando spegneva le prime candeline
non si sentiva un bambino come gli altri;
bastava un attimo per perdere il respiro
e ascoltando Faber con gli occhi lucidi:
“Spiare i ragazzi giocare al ritmo del mio cuore malato…”
Ancora li vede giocare sospirando per strada
ma alla sera quel bacio è un sorriso
lungo una sorsata al tramonto.
Fiulìn torna come se nulla fosse cambiato
tra gli ultimi postumi d’estate:
un fiume di fango travolge case abusive,
un sindaco colpito a morte
e domani ricominceranno le scuole
come il vento che volta pagine s’una banchina.



***


Ben poca cosa è un poeta se non è in grado
di comporre senza angosce,
passo dopo passo, in qualsiasi momento
e con sicura efficacia stilistica qualsiasi motivo
che sia riuscito a concepire con chiarezza.

(Gabriel Ferrater)



Lüìs non lo riconoscerebbe il suo paese:
era un borgo da romanzo di Fenoglio o Gadda.
Ora Ndranghetisti a dettar legge tra auto bruciate…
pizzo ancora caldo e appalti pilotati.
Dopo una partita a carte e on biccér de vín
«Se vedèm!» all’uscita del circolo
travolto da un’auto a folle velocità;
è sepolto in un cimitero nebbioso
accanto al fiume pieno di gamberi della Luisiana.
In un caffè vagamente francese
per scrittori e intellettuali dissidenti
– oggi un fast food – un poeta decise
che non sarebbe vissuto oltre mezzo secolo:
se n’è andato nel suo appartamento
tra fogli volanti una notte d’inverno.


***

Tiberius etiam ad rapinas convertit animum.
(Gaius Suetonius Tranquillus)


Di carovane nel deserto
già ne parla la Bibbia,
nella città dove sostò Abramo
conquistata dai Romani ora dai coloni.
Svetonio narra che Tiberio
nel suo secessus Caprensis adescasse pueros
e un vecchio senatore sdentato
offrisse carne fresca per l’Imperatore.
Tacito non conferma né smentisce.
L’Enrico tra colline nebbiose
odorose di legna arsa per l’inverno,
di Barbaresco appena stappato
e una canzone nella testa
“Pedala… pedala… pedala”
Teresa si sente come foglie secche
cadute nell’acqua e scarpe
che lasciano passi impantanati
in quei giorni di buio presto.



***


E cielo e terra e mare invocano
la nuova luce che sorge sul mondo,
luce che irrompe nel cuore dell'uomo,
luce allo stesso splendore del giorno.

(David Maria Turoldo)


Sarà stato il Settantasette
– forse il Settantotto – in un appartamento
non lontano da Botteghe Oscure
in un conflitto a fuoco coi brigatisti
è morto l’agente Pietro Ruotolo.
Lascia una figlia di cinque anni,
ora storica scrive su quegli anni
e non ha mai visto negli occhi gli assassini.
L’Emilio alla festa di Natale con gli studenti
tra un Padre Nostro, un Ave Maria
e canti di Natale – magari fosse una poesia
di Turoldo – vorrebbe salire su un tetto… una gru…
in piazza come suo padre
tra zampe d’elefante e zazzere al vento.
Il tramonto è una crema al salmone
da spalmare su un cielo d’inverno;
Teresa e Fiulìn in un’autostrada
di campi oscurati si ricorda la torre della STAR:
«Mamma guarda quelli del brodo!»
ma il sapore delle verdure
è un volo interrotto prima della nebbia.


***

Lo sai che siamo tutti morti
e non ce ne siamo neanche accorti…

(Claudio Lolli)


Il controllore Severi Gino
– per volere del nonno ciclista –
come ogni giorno venti multe.
Lui non ha studiato molto per il concorso…
c’era suo zio oggi in pensione;
presto diventerà sindacalista,
un giorno amministratore delegato
ai pranzi che contano e a tagliare nastri.
L’Andrea e la sua vita spericolata
come Steve McQueen per Natale
porta gli scatoloni della sò murusa
e non berrà nemmeno troppo.
Per l’Amalia le feste sono il ricordo
di pranzi passati ora silenzi imbarazzati
e pochi auguri per quel dolore
chiuso dietro le persiane.
La casa vuota non odora più di natali,
di bimbi a scartare pacchi, profumo d’arrosto,
ravioli, panettoni Guglielmoni e gurgunzola
tra frutti secchi prima d’una partita a carte.
Verranno nuovi inquilini, cambieranno gli infissi,
una mano di bianco alle pareti
e sul citofono altri nomi venuti da chissà dove.



Luca Ariano è nato a Mortara (PV), vive ora a Parma. Ha pubblicato Bagliori crepuscolari nel buio nel 1999. Sue poesie sono apparse su riviste, blog e siti letterari. Collabora con le riviste «ALI», «La Barriera» e «clanDestino»,. Nel 2005 sono uscite una plaquette ne La coda della galassia (Fara) e la sua seconda raccolta Bitume d’intorno (Edizioni del Bradipo). Con Enrico Cerquiglini ha curato per Campanotto l’antologia Vicino alle nubi sulla montagna crollata (2008). Fa parte dello staff della casa editrice Kolibris. Nel 2009 ha pubblicato una parte di Contratto a termine ne La borsa del viandante curata da Chiara De Luca (Fara) e ha curato con Luca Paci l’antologia Pro/Testo (Fara). Nel 2010 per le edizioni Farepoesia di Pavia è uscita la plaquette Contratto a termine. La silloge Città perdute è inserita in Salvezza e impegno.