sabato 30 aprile 2011

Mario Fresa. Ritratti di poesia (14)




Marisa Papa Ruggiero


Instancabilmente ondosa e impaziente, procellosa e imprevedibile, la cifra poetica di Marisa Papa Ruggiero tende a consegnare la chiave dei suoi segreti agli elementi imponderabili del suono e del movimento, rendendo la stessa scrittura un luogo «aperto» e in divenire: uno spazio, cioè, sempre in attesa di essere colmato ed esplorato (diremmo «interpretato») fino in fondo. Tale direzione non vuol dire, naturalmente, anteporre i valori del significante a quelli del significato: ché la liquida scorrevolezza del dettato poetico della Papa Ruggiero abbraccia e contempla il senso e il suono degli eventi riassumendoli in un indivisibile organismo, nel quale ciò che appare corrisponde a ciò che realmente è. Perciò, mai si rileva, in questa ribollente e increspata scrittura, il pericolo della «finzione» letteraria, né di un approccio edonistico o evasivo, giacché in essa tutto scorre, incalza e finalmente si slancia con il senso di un’estrema e naturale libertà che invita a leggere ogni verso come un’unica, potente risonanza che disdegna le barriere e i limiti dell’inizio e della fine, approntando continuamente rivelazioni inaspettate, sorprese incalcolate, molteplici vie di uscita. Nella presente poesia inedita, la Papa Ruggiero dà prova di un notevole gioco di condensazione e di sovrapposizione di lampi, segnali, avvertimenti e illuminazioni intelligentemente concentrati in una struttura compatta, di natura sinestetica, riuscendo a far dialogare la verticalità di una tensione aerea e impalpabile con la densa fisicità di un atto del quale si evocano e si diffondono, con materica definizione, le più accese manifestazioni tattili, visive e sonore. La poesia cresce, cresce, cresce fino a esplodere in una specie di immisurabile costellazione, dirigendo i versi nel deflusso di una corrente inarrestabile, in cui si avverte una violenta fusione di moto e di luce, di canto e di pensiero, che sembra concedere – al poeta e al lettore-ascoltatore – la magnifica, momentanea sospensione di una felicità inconosciuta, in cui si sono, per un istante, azzerate e superate le basse finalità semplicemente «comunicative» della parola e si è imparato, letteralmente, a danzare in uno spazio dilatato e pre-logico, registrando vibrazioni, sapori, pigmenti e riflessi di estesa e vulcanica indomabilità.



Satellite glance

(inedito)


In punta di freccia

sparata dove

in quale abisso o distanza

squarciato il tempo


s’aprono i tasti

a ventaglio sferico

su plaghe ondose in volo

nel foglio piatto

del monitor



a spirali elettriche sull’ampia

crosta rugosa

che dilaga e sferza

sul nervo ottico maree

informali

in visione esplosa

fra crateri in corsa

planando


a giro d’archi

ad ali spalancate

nel fermo immagine

che vertiginoso schizza

nel fosforo

dell’occhio


ed ecco il borgo

a spilli luce

il passo rallentato

il campo

di calcio dove teso

ti scruti



fin dentro il futuro occhio

che ti guarda



e lanci in rete

più in alto più distante

il tuo pallone



Marisa Papa Ruggiero è nata a Roma, e vive nella città di Napoli, dove ha insegnato per un trentennio nei Licei. La sua attività creativa (poesia lineare-visuale, prosa e critica) è documentata in diverse pubblicazioni antologiche e in riviste quali: «L’area di Broca», «Offerta Speciale», «Oltranza», «Lettera Internazionale», «Novilunio», «Risvolti», «AD HOC», «Paradossi Visuali», «Accenti Mundus». In «Poesia» è apparsa nella rubrica a cura di Mariella Bettarini: «Donne e poesia». Tre sue raccolte poetiche: Terra emersa (1991); Limite interdetto (1993); Origine inversa (1995, Premio Minturno); Campo giroscopico (1998); Persephonia (2001, presentato più volte come evento teatrale); Oblique ubiquità (in Locus solus –2003); Energie di campo (in Al di là del labirinto, 2010). Tra i libri d’artista: Il passaggio dei segni (2003); tra le opere in prosa: Le verità bugiarde (2008). È stata redattrice delle riviste: «Oltranza» e «Risvolti». Ha collaborato come redattrice alla fondazione della rivista di letteratura «Levania», di prossima uscita. Segnalata al Premio L. Montano 2010 per la poesia inedita.

don in paradiso la serial killer a Genova 4 mag

venerdì 29 aprile 2011

Su Esco di Manuela Giabardo

DaZeroaMille: poesia con Manuela Giabardo

Edizioni del Leone, 2011

nota di lettura di AR

Come

Come una gallina
con la testa mozzata corro
in un cerchio impazzito
prima di diventare cosa
morta
sotto le tue coperte.

Il tono di questa raccolta ci sembra eminentemente lirico amoroso, eppure poesie come quella qui sopra, sanno trasfigurare il sentimento in qualcosa che scolpisce lo spazio, lo movimenta e fissa una “storia” con le sue dinamiche, tensioni, lacerazioni: “quest'anno ci accoglierà / con un abbraccio nero seppia / la via del ritorno sprangata” (Primavera, p. 13); “Ma il mio angolo è sempre lì / e promette, sicuri, nuovi abbagli” (E tu sei già, p. 16); “Gli uccelli si danno al vento / (…) / come pietre / come pure corpi neri, / di puro peso. // E al vento vorremmo darci / anche noi, / saettando oltre gli alberi / fino a quella gola di luce” (Pomeriggio, p. 17); “Prova a sporgerti, mi hai detto un giorno / per vedere oltre… / ma non vedi che cammino nel vuoto” (Prova, p. 21); “e noi ci guardiamo l'un l'altro / asppettando una sola goccia, / un brivido di gelo. / Il segnale che si potrà ricominciare” (Tempo d'attesa, p. 31).
E troviamo anche ritratti di persone “vicine”:  si veda la bella poesia Ti alzi o L'oste o Quella di ieri di cui proponiamo alcuni versi: “La ricordo bene. / Non sa stare ferma / e ride, con lacrime tornite / (…) / Sento a volte il suo canto / quando, sola / cerco la fragranza di altre ore / alla luce pulita del sole d'autunno. / Ma eccola, dopo un attimo / dritta come un cardo nell'erba / mentre sfida, ad occhi chiusi, / il volo radente delle rondini” (p. 39).
Una raccolta che, se a volte indugia in lirismi e scelte lessicali un po' “poetiche” (es. "nel vuoto siderale dell'oblio”, La luna, p. 36), offre tante pagine intense e rivela una grande capacità di “inquadrare” visivamente ed emozionalmente con poche esatte parole situazioni e persone: “La bocca di ognuno è sigillata / in una lenta fusione / di sguardi disabitati” (Le ferie, p. 40); “Sono il volto perfetto, prisma / che riverbera ogni solitudine / (…) / il cuscino di ghiaccio” (Sono, p. 41).

Una videopoesia di Matteo Veronesi ispirata alla Comedìa curata da Massimo Sannelli

http://dailymotion.virgilio.it/video/xhxnyk_chi-di-lassu-discende_creation

Matteo Veronesi

giovedì 28 aprile 2011

Su A dieci minuti da Urano di Carla De Angelis

di  Piero Lo Iacono  21 aprile 19.47.45

Dirompenti queste poesie come l’urlo di Munch. Vibranti di immagini, sinestesie, sentimenti, passioni, vitalità. Versi da cui passano universi di amore e morte, bellezza e malinconia, terra e cielo, il tempo e le ombre, il desiderio e la lontananza, il sonno e la veglia.
Una confessional poetry, uno stream of consciousness, introspettivo in cui ti denudi e scorri declinandoti col lettore che abbia la capacità e la volontà a sua volta di mettersi a nudo davanti agli “specchietti” che tu gli porgi… Consapevole che “non è la conoscenza è / l’assenza di verità che uccide”.
Col tuo inconfondibile dono di levità e grazia, intarsi versi di aspra dolcezza e di delicata suggestività, attinte al lavorio faticoso di autoscavo e di spietata autoanalisi coraggiosa….
“Affamata di innocenza e di carezze” ti riprometti di amare e di amarti di più.
Volendo seppellire pietosamente quei frammenti, i cocci di te, “in una buca profonda”.
Esprimendo il bisogno di offrirti un guado, delle stepping stones, e “attendere con fiducia l’angelo”. Che bellezza!
Si intravede cosa ti cruccia, il non sapere come poter “profumare tutti i fiori”, si vede cosa t’impaura, “temo la vita senza emozioni”. Si vede la tua / nostra vexata quaestio: “In cerca / del filo che accorda / mente e cuore”. Si vede un tuo ritratto mignon in miniatura:
“Rincorro la bimba afferro l’adolescente/ resto mistero – sono una donna”.
“Obbedisco ignorando la meta” e il bellissimo “PER PIANGERE ASPETTO LA PIOGGIA”.
La bellezza “ci as/serve” tu dici. La poesia forse ci salva. Le parole sono caronti e traghetti-culle per le ferite. “Innalzo una scala dall’abisso/ poso piano il piede sul gradino”.
E all’étalage du moi, parallelo all’intimo io sgranato fa capolino il sociale coi suoi problemi: il “dovere scuse/ al pane che butto”.
O la domanda apparentemente naif: “Siamo ancora buoni?”
O credere che “un contatto su facebook fosse un amico”. Che bellezza!

La fede non è risparmiata, ed è ironicamente “ceduta” alla portata dell’umano, e ci si riduce a chiedere a un gatto, come già fecero gli egiziani che lo scambiarono per un dio, ciò che il nostro Dio non ci dice, non ci concede, rivelazioni geroglifiche sornioni, come i varchi montaliani, l’anello rotto che tradisca e spezzi la catena di omertà…

Ho amato versi come questi alla E.A. Poe da impararli a memoria:
“Un gatto fermo sulla soglia, / fingo di non vederlo / mi vuole appartenere / è il primo quadro che appendo” (pag. 18).

Ho amato la chiusa dickinsoniana di struggente bellezza a pag.35:
“Lascio aperta anche la porta / quando vuoi puoi andare”.
Ho amato questo verso del miglior Caproni o Sbarbaro: “Sono sui passi per non rimanere”.
Ho amato i tuoi versi… grazie Carla per avermene data la possibilità.
BUONA PASQUA!

Su La fata fatua e lo psichiatra di Claudio Roncarati

CFR Edizioni, 2011 – opera vincitrice del Premio Fortini

recensione di AR

"Per dirla con la fenomenologia l'essere nel mondo della poesia appare così in crisi che (…) non può non suscitare l'interesse degli psichiatri (all'origine si era alienisti).” (p. III)
“Sono uno psichiatra psicoterapeuta, poeta non residente, abito la poesia come la casa per le vacanze, così mi aggiro
in bermuda e sandali fra eleganti poeti residenti.” (p. IV)

Già da queste poche parole tratte dalla Nota dell'autore, il quid che informa questa raccolta poetica si delinea con una certa chiarezza: Roncarati cerca di rivitalizzare una poesia alienata in quanto alienista, con uno stile giocoso, ironico, finanche sarcastico, senz'altro pirronisitco e forse nostalgico di una trascendenza che non si riesce ad attingere perché considerata come una proiezione di desideri, di limiti, di angosce in fondo affatto umani. Il tono è a tratti scanzonato e satireggente, il ritmo, le allitterazioni e le rime vanno come a sondare il nucleo dell'infanzia che in nuce contiente il "programma" della nostra personalità.
Come osserva nella prefazione Lucetta Frisa: “L'occhio 'clinico' di Roncarati è acuto, quasi spietato (…). Con versi brevi, la musicalità sbeffeggiante delle rime, un tono cantilenante e canzonatorio, 'fa passare' un'amara, atroce verità…” (p. VIII)

Il mio gusto personale non sempre si è sintonizzato con in versi più giocati sul sarcasmo, sui doppi sensi o sulla battuta salace (quasi sempre però con un retrogusto che porta il lettore a pensare “oltre”) o con quelli più descrittivi. Ho trovato invece più consonanti con le mie corde le molte parti in cui c'è una tensione fra lirismo ed etica, fra visione del mondo e attività professionale, fra empatia e razionalità, tensione che le rende memorabili e memorizzabili (come un tempo si richiedeva a scuola), incisive e ben assestate. Alcuni sporadici e frammentari esempi (notare come la “chiave” offerta dal titolo della poesia sia essenziale per assaporarne la ricchezza aforismatica):
“Noi siamo quelli dentro le scialuppo / incerte, zuppi, navighiamo a vista” (Psichiatri, p. 1); “Provaci tu ad esistere nel vuoto / strizzacervelli che vuoi darmi un voto” (Disturbo dell'umore, p. 5); “Dimagrisco sì ma con orgoglio / la fame mia d'amore imbroglio. / (…) / vuol dire che non faccio lo sbaglio / di abboccare al cibo, esca / sulla punta della parola amo” (L'anoressico, p. 8); “Sarà la guazza, l'anima tracima” (Iperidrosi, p. 15); “la mia mente non ce la fa a pensare / va nel corpo l'eccesso di emozione” (Somatizzazione dello stress, p. 17); “Metto su un disco del vecchio Bobby / Solo come me, scende la nebbia” (Depressione senile, p. 21); “Io mosca bianca, il mondo è un ragno” (Sincerità patologica, p. 25); “La rabbia è un cane vuole carne / morde la mano che gli porta il pane” (La rabbia, p. 32); “Foste vati, aedi, ora siete scarti / abbassate l'audience, superflui all'arte” (Scrivere poesie è un disturbo dell'adattamento?, p. 34). Queste citazioni appartengono alla Parte prima – Psichiatria poetica.
Segue la Parte seconda – Poesia applicata: “Discendiamo da scimmie litigiose / non da bisce che se ne stanno assorte” (Psicologia sociale, p. 37); “Oggi il nipote gli ha baciato, / piccole labbra morbide di bimbo, / la sua faccia di anziano ammalato. / è traccia del contatto una briciola / di biscotto in fronte fra le rughe, / sembra un Tilak: il terzo occhio indiano. / Lo vuole conservare come un baro / che tiene l'asso di cuori in camicia / non mi pulire – dice all'infermiera” (Geriatria, p. 38).
La Parte terza – Rimando in Romagna (dove il gerundio è voce del verbo rimare ma credo anche sostantivo) fa il verso a poeti, tic e luoghi comuni romagnoli (e non solo): “Dov'è la Vittoria? / S'è tinta la chioma / è escort a Roma / e costa un bel po'.” (Addio al Po, p. 51); “Turista solo a fine stagione / il tuo è l'ultimo ombrellone / rimasto sulla spiaggia, protegge / dalla pioggia, certo non dal Sole” (L'ultimo comunista al mare, p. 52); “Una stele a Premilcuore / ci ricorda che in quel loco / s'è fatta panna una fata / per farsi montare dal cuoco” (L'Amore, p. 53).
Seguono la Parte quarta – Citazioni: “Dici è saggio appendere ai rami / per sempre la cetra, chiedi 'chi ama / oggi le rime di un vecchio poeta?' / Una fata fatua, uno psichiatra” (Appendere la cetra, p. 63); La Parte quinta – Carpe Diem: “Surfisti dell'Adriatico / la sorte vi dà l'onde corte, / fate un surf metaforico” (“Quant'è bella giovinezza…”, p. 67); e infine la Parte sesta – Marcondirondello: “I colli emri sono cari al Leopardi / non a chi ha male ai calli su senteri impervi. / Dracula invece i colli tiene fermi / ai paggi imberbi, poi li morde ingordo” (Reading, p. 79).
Un libro dunque da gustare, fa ridere, titilla l'intelligenza, si insinua empaticamente e simpaticamnte nei difetti dei poeti, dei “malati”, dei "sapienti”, un libro carico di autoironia e con un fondo amaro che gioca eppure snuda all'uomo la sua condizione, ponendogli implicitamente la scommessa di Pascal (lasciandogli ovviamente tutto il peso della scelta se accettarla o meno). Si consideri al proposito una delle ultime poesie (p. 81) che riproduco integralmente:

Il mistico e il ranocchio

In un eremo dell'Appenino
vive un mistico anacoreta
spard ad un crocchio di pellegrini
la lieta novella del Dio uno e trino.
Passa una stella, una cometa.
Guarda dal basso un laico ranocchio
solo, nel fosso, perplesso saltella
fare un girino è la sua meta.

Ovviamente la parola “girino”, come spesso accade in questo libro, è  polisiemica. Ma quello che ci interessa è il dettato disincantato e scettico, giocoso eppure venato di tragico umorismo, che caratterizza la poesia di Roncarati. Nonstante Bergman sia sostanzialmente più tragico, non ci pare del tutto incostitente accostare questa poesia e altri brani di questa raccolta alla confessione di Antonius Block nel Settimo sigillo:
http://www.youtube.com/watch?v=QIjfLs3B-l4


In fondo tutti giochiamo a scacchi con la morte (e i poeti e i medici con una più acuta consapevolezza della partita… credo sia questa, in estrema sintesi, l'atroce verità evocata da Lucetta Frisa). Leggere queste pagine non può che farci crescere perché la poesia non offre una salvezza tout court, ma ci indica un percorso in cui il valore della nostra libertà viene messo assolutamente in gioco.

Francesco Tomada a Forlì 30 apr

ASSOCIAZIONE CULTURALE POLIEDRICA
Sabato 30 Aprile 2011 – ore 18.30
Collina dei Conigli, Parco Urbano di Forlì

FILIPPO AMADEI E STEFANO LEONI presentano il poeta goriziano

FRANCESCO TOMADA

Un respiro e un orizzonte infiniti trovano dimora nei versi di Tomada, che recuperando con cura i fatti, le emozioni, gli affetti, le memorie e gli avvenimenti
del vivere quitidiano, innesta riflessioni di portata esistenziale in grado di parlare alla vita di tutti.
Dialogando con il poeta i presentatori, attraverso letture di poesie edite e inedite, cercheranno di fare emergere i temi centrali della poetica di Tomada e
il senso del suo scrivere.

Il terremoto del ‘76

Quando venne il terremoto del ‘76
era sera ed io avevo otto anni
uscimmo tutti di corsa nei cortili
così come eravamo, noi bambini già in pigiama
ricordo la casa che tremava nel buio
e non ho mai pensato che potesse cadere
ma avevo paura, paura per il rumore
e perché si muoveva la terra
e restava ferma l’aria
una cosa sconosciuta

il contrario del vento.

(Francesco Tomada, da A ogni cosa il suo nome Ed. Le Voci della Luna, 2008)


Biobibliografia essenziale

Francesco Tomada, nato nel 1966, vive a Gorizia. La sua prima raccolta L’infanzia vista da qui (Sottomondo) è stata edita nel dicembre 2005 e ristampata nel marzo 2006. Nel 2007 ha vinto il Premio Nazionale “Beppe Manfredi” per la migliore opera prima. Nel 2008 pubblica la sua seconda raccolta poetica A ogni cosa il suo nome (Le Voci della Luna Poesia). I suoi testi sono apparsi su numerose riviste e pubblicazioni in Italia, Slovenia, Canada, Francia, e sono stati tradotti anche in inglese e cinese.



Poliedrica è una Associazione culturale, apolitica e senza scopo di lucro. Nata da un gruppo di artisti forlivesi desiderosi di diffondere il messaggio artistico nelle sue molteplici forme. Così come un poliedro è un solido composto da innumerevoli facce, allo stesso modo riteniamo che l'espressione artistica non sia univoca ma che si manifesti attraverso innumerevoli sfaccettature, diverse e complementari, unite da "lati" comuni e tendenti, seppur attraverso strade uniche e mai ripetibili, ad un fine espressivo e comunicativo medesimo: da qui il nome "Poliedrica".

Ufficio stampa Poliedrica

Marco Viroli & Silvia Navoni
info@poliedrica.it

mercoledì 27 aprile 2011

Senza fiato 2. Non solo versi ma un atto d'amore

articolo pubblicato su «Corriere Romagna» del 27-4-11 (Cultura & Spettacoli)
scheda del libro qui

martedì 26 aprile 2011

Meeting "Incontri poetici all'Amiata" 4-5 giu

presso il teatro Servadio di Abbadia San Salvatore (SI)
4 e 5 giugno 2011 Città di Abbadia S.Salvatore.

I poeti interessati alla lettura o all'esposizione dei loro elaborati dovranno prenotarsi entro il 20 maggio 2011 chiamando il numero 3395904072 oppure il numero 0577778324 ( Proloco di Abbadia San Salvatore (SI))

Allegato al convegno, il programma di visita organizzata a Buonconvento, museo della civiltà contadina ,Abbazia di Monte Oliveto, Abbadia San Salvatore,paesi della montagna, borghi caratteristici.
Prenotazione del pacchetto ( chiamando il numero 3395904072 ): euro 40 a persona da effettuarsi entro il 26 maggio 2011. su POSTAPAY N° 4023 6004 6563 5961 intestato a Tiziana Curti La quota versata verrà scalata dal costo del pacchetto, ma non potrà essere restituita in caso di rinuncia.
Il programma comprende due pranzi, una cena, un pernottamento e una prima colazione.
Per il recupero delle spese organizzative, l'intero pacchetto ha un costo complessivo massimo di euro 80,00 e prevede quanto scritto sopra. Eventuali spese aggiuntive verranno conteggiati a parte.
Le camere singole subiranno un costo aggiuntivo di euro 15,00
Albergo mezza pensione presso l'hotel Chiccogarden (Cena,pernottamento,prima colazione)
Pranzo di sabato cinque giugno a San Quirico d'Orcia, pranzo di domenica sei giugno ad Orvieto.
Per ogni pasto non utilizzato verranno scontati euro 15,00 dal pacchetto.
Per l'hotel (mezza pensione) non utilizzato, verranno scontati euro 30,00 dal pacchetto.
Per poter usufruire di quanto sopra, è necessaria la prenotazione

Viaggio in autobus Firenze-Abbadia e ritorno euro 50,00. Per il viaggio occorre prenotarsi, poiché sarà effettuato solo se verrà raggiunto un minimo di posti tali da compensarne il costo.

Programma dei giorni 04 giugno e 05 giugno:

Sabato 04 giugno:
Ore 08:30 partenza da Firenze
Ore 10:30 Appuntamento a Buonconvento presso il parcheggio fuori dalle mura
Visita al paese ed al “museo della civiltà contadina”.
Ore 12:00 visita all'abbazia di Monte Oliveto Maggiore
Ore 13:00 pranzo
Ore 15:00 arrivo ad Abbadia San Salvatore

Ore 16:30 CONVEGNO "Incontri poetici all'Amiata"
presso il teatro SERVADIO di Abbadia San Salvatore
E' prevista all'interno del teatro, l'esposizione di opere artistiche e l'allestimento di una bancarella dove esporre libri.
Ore 21:30 Saletta dell’hotel: “Canto quasi d'estate” spettacolo di canzoni e poesia condotto da Massimo Pinzuti
Domenica 05 giugno:
Ore 09:00 Partenza da Abbadia San Salvatore per il tour della montagna (Paesi versante grossetano).
Ore 13:00 Pranzo presso un ristorante tipico con degustazione di un piatto “DOC” del Monte Amiata.
Ore 15:30 circa Tutti a casa: Viaggio di ritorno “direzione Firenze.”

Il programma potrà subire piccole variazioni in caso di maltempo o per assestamenti organizzativi.
Gli orari sono puramente indicativi, potranno subire variazioni.
Gli organizzatori del seguente programma declinano in ogni caso qualsiasi tipo di responsabilità.
Copia della presente verrà data ad ogni partecipante, che prenderà perciò atto di quanto scritto precedentemente.
Chi è interessato può prenotarsi al numero 3395904072

Conversazioni su Cristina Campo a Bologna 30 apr

Luoghi diVersi II edizione




27 Aprile, ore 21, Bologna, Libreria Modo Infoshop, Via Mascarella 24/b
Luoghi diVersi si presenta, reading poetico: Marco Bini, Salvatore Della Capa, Carlo Falconi, Matteo Fantuzzi, Rossella Renzi.

29 Aprile, ore 10, Massa Lombarda (Ra), Mercato cittadino
Incursioni poetiche al mercato: Carlo Falconi, Matteo Fantuzzi, Rossella Renzi.
                 Ore 21, Massa Lombarda (Ra), Sala del Carmine, Via Rustici
Dialetti, suoni e immagini a confronto: i poeti Francesco Gabellini e Dina Basso, il musicista Pepe Medri, le fotografie di Paolo Gagliardi.

4 Maggio, ore 21, Imola (Bo), Sala delle Stagioni, Via Emilia, 25
I poeti dell’Arcolaio Editore: Maurizio Bacchilega, Salvatore Della Capa, Gianfranco Fabbri, Carlo Falconi, Rossella Renzi, Gabriele Xella.

6 Maggio, ore 21, Castel Guelfo (Bo), Cortile del Comune, Via Gramsci 10/a
La poesia dialettale di Nevio Spadoni; Carlo Falconi alla chitarra.

7 Maggio, ore 10.30, Conselice (Ra), Giardino della Biblioteca per ragazzi “Giovanna Righini Ricci”, Via Garibaldi 12
Anche i draghi sanno far versi, poesia e musica per bambini: Mirco Mungari e i suoi strumenti etnici, Rossella Renzi, i Narratori della Biblioteca Viaggiante.
            Ore 16.30, Lugo (Ra), Università per Adulti, Aula Magna Liceo Classico, Via Garibaldi 6-16
Bamboccioni e precari: versi e musica, con Matteo Fantuzzi e Francesco “Joe” Passerini.

8 Maggio, ore 21, Borgo Tossignano (Bo), Biblioteca Comunale, Via Giovanni XXIII n.11
Reading poetico: Franco Brusa e Paolo Gagliardi.
                                    

domenica 24 aprile 2011

Mario Fresa. Ritratti di poesia (13)




Rita Pacilio


Eros e Thanatos, in simultanea coincidenza di intenti, si rincorrono e si uniscono nella tragica e appassionata poesia di Rita Pacilio. L’elemento che lega le due forme archetipiche del desiderio e della morte, del pieno e del vuoto, della volontà e dell’abbandono, è costituito dall’interrogazione del tempo e dei suoi inafferrabili, occulti segnali; ed è appunto nel dialogo con ciò che non potrà più essere, ovvero con ciò che manca per sempre, che si rivela uno dei nuclei salienti della riflessione poetica di Rita Pacilio: la contemplazione di un’orma lasciata, la constatazione di una voragine impossibile da colmare o da dimenticare. La poesia agisce, quindi, come il luogo dell’evocazione e della rimembranza, come il centro degli eventi già passati e irrimediabilmente consegnati, una volta per tutte, alla sofferta dilatazione di un infinito silenzio. Ed è certo un luogo che vibra di oscure risonanze, di assilli inconsumabili, di proiezioni che annunciano il persistere violento di una perdita irreparabile; ma l’alone, l’ombra, la propagazione di quella perdita ritornano affannosamente, con doviziosa costanza e con acuta ossessione: così la lingua poetica si fa pure, paradossalmente, strumento di salvezza e di assoluzione, perché nel nominare un evento fa sì che quello stesso evento non muoia mai del tutto; anzi permette che si ridesti a una vita rinnovata, e a una diversa sorte, più cangiante e indefinita. Affrontare e rivivere la ferita di un dolore, studiarne il volto e identificarsi con esso, risorgendo ogni volta con la virtù di un’amorosa dedizione: queste le principali, sensibili coordinate di un discorso che mai teme di confrontarsi con le trafitture del sacrificio e della disperazione, sempre e solo confidando nella risorsa di un invincibile amore: così tutto – il passato e il presente, la distanza e l’immanenza – spinge il poeta a vivere e a soffrire le scosse di una lotta interminabile, segnata da istanti di esaltazione e di sconfitta, nei quali s’intersecano e si succedono la malattia e il risanamento, il gelo e la passione, la sofferenza e l’affrancamento, la voluttà e il tormento.




Trasuda la costola di ricordi

si lamenta e danza sull’altare

riflettori accesi cinque volte

ed era festa sotto il vetro.


Mi sono procurata i lividi

di notte mi segnavo con la croce

tentavo i graffi con la carezza

facevo la morta sul calvario.


Indossavo il saio e il silicio

io ero l’orrore del suo letto

la strage degli agnelli innocenti

una guerra sulla pelle divina.


Ma ero un argine di veleno

addensata di rosso e castità

poteva bastare una parola

persino l’aria avrei baciato.


Invece piovevo cadaveri

e gli occhi piangevano nudi.

Ora accarezzo lenzuola di casa

le hanno messe nella mia chiesa.


Dove mi affanno in queste cose.


(inedito)




Rita Pacilio è nata a Benevento. Sociologa, si occupa di Poesia e di Musica Jazz e di Orientamento e Formazione nell’ambito dello Sviluppo delle Politiche del Lavoro Ha pubblicato le seguenti raccolte di poesia: Luna, stelle e altri pezzi di cielo (2003); Tu che mi nutri di Amore Immenso (2005); Nessuno sa che l’urlo arriva al mare (2005); Ciliegio Forestiero (2006); Tra sbarre di tulipani (2008); Alle lumache di aprile (2010); Di ala in ala (Pacilio – Moica, 2011). Nell’agosto 2006, l’autrice presenta al grande pubblico il progetto «Parole e musica» - Jazz in versi: una proposta progettuale ideata e curata dalla Pacilio che sceglie per alcune sue liriche la musica di Claudio Fasoli, noto compositore, arrangiatore, sassofonista di fama internazionale, il pianoforte di Massimo Colombo e di Antonello Rapuano, la chitarra di Giovanni Francesca e la tromba di Luca Aquino.