lunedì 19 marzo 2012

News da Adele Desideri

 Amici

vi segnalo alcuni eventi:

*Cosa c’è quando c’è la poesia? Certezze e ambiguità del nostro tempo. Dialogo intorno a libro di Francesco Napoli, Poesia presente in Italia dal 1975 al 2010, (Raffaelli 2011), con Francesco Napoli, Ermanno Paccagnini, Milo De Angelis, Adele Desideri, Roberto Mussapi, Antonio Riccardi, Alessandro Rivali. Centro Culturale di Milano, via Zebedia 2, 3 febbraio 2012. Per il video, link:http://www.cmc.milano.it/Programma.asp?IdCategoria=4&IdEvento=6237#appro

*Recensione di Adele Desideri a Gilberto Isella, Mappe in controluce, Book Editore, 2011, pag. 132, euro 14. In allegato

*Recensione di Adele Desideri a Franco Loi, Educare la parola, a cura di Giuseppe Mari, La Scuola, 2011. In allegato

Lieta con voi 

Adele  Desideri





Gilberto Isella, Mappe in controluce, Book Editore, 2011, pag. 132, euro 14

Gilberto Isella, critico sottile e pungente, in questa raccolta di poesie si dimostra artista capace di coniugare l’armonia, il ritmo dei classici greci e latini a un linguaggio assolutamente metaforico, ricco di profetici neologismi, di parabole dal sapore futuristico, di assonanze - e dissonanze - spettacolari.
Mappe in controluce è dedicato a Saturno, il dio esiodeo che mangia i propri figli, e che, quindi, crea e annienta.
Eppure Saturno non è il protagonista del libro: ne è solo il motivo ispiratore. Primo attore, infatti, è il pianeta globalizzato: una sorta di Torre di Babele costruita con i precari materiali dell’individualismo, del relativismo valoriale, della standardizzazione tecnologica.
Vincenzo Guarracino, altro valido poeta e critico letterario, nella prefazione al volume di Isella sceglie il seguente incipit: “Un protagonista (o un colpevole) c’è sempre. Anche qui, non diversamente da ogni altra cosa o situazione dell’essere e della vita”.  
Ebbene, il colpevole, in Mappe in controluce coincide con il protagonista: è l’uomo, il colpevole. L’uomo che adora false divinità, l’uomo che si inchina, per poi programmarne la distruzione, al “Dio-pianeta saturo, saturo per esaurimento./”.
Isella propone immagini apocalittiche, drammatiche visioni nelle quali i “dispersi”, i sopravvissuti, cercano vie d’uscita comunque occluse: “occhio per occhio spettro per spettro/ o re di bastoni per re di denaro/ lo sguardo scoronato inzuppa il vetro/ su lui fa schermo un altro sguardo amaro// (…)/ col chiodo inverso ogni chiodo è compatibile/ rete di cloni in un solo reliquiario//”.
La sua scrittura - permeata da un’acuta tensione etica - sussulta nelle frequenti sincopi ironico-satiriche e si protende verso una ricerca metafisica ansiosa e malinconica: “Forse continua a vegliare su di noi, i melanconici./ Forse la sua ombra cammina con ostinazione intorno ai mortali,/”.
“In controluce” Isella studia “la mappa” che illustra il sentiero della salvezza: tuttavia, la prima è oscura e il secondo irrintracciabile. L’esito non è felice: ciò che resta è una paradossale, mortifera, confusione.
I miti antichi, e quelli biblici in particolare - da cui Isella attinge copiosamente – sono, d’altronde, codici di lettura fecondi, e l’autore vi si rivolge, nella speranza che qualcuno ancora sappia ascoltarli e, soprattutto, interpretarli: “vela d’orbace issata sul pontile/ vibra col sangue di Caino molesto/ dal dì che ignara un’ampolla si ruppe/ e l’acre fluido si sparse su Abele//”.
L’informe moltitudine contemporanea, però, è stordita dagli effimeri stimoli consumistici della “società liquida”; non sente e non vede. Non ha quiete, né più verbo: “continua tu nel quadro a strisce e spettri a rigirare/ la larva appesa al chiodo di una diva senza età// o per spazi d’insonnia le veline a sparpagliare/ ronzanti sul miele ambiguo della tua identità// prova a ricuperarle nel miracolo di un volo/ plana sul telecomando, chiedi che tempo fa//”.
I poeti e gli artisti, invece, scrutano negli abissi inconsci dell’umanità, per ritrovarvi l’archetipo che allude e turba, l’oracolo che indica l’impervio cammino, il sogno che illumina la realtà quotidiana. La strada, insomma, di un’autentica libertà: “sole nero che il poeta ricalca/ sul cielo impassibile del canto/ povero dire o dir quasi niente/ meglio allora in soli tizzi umani/ sillabare basso il cuore infranto//”.
Il miraggio, l’oasi refrigerante, si incarna - per Isella - in una semplice, curiosa, domanda, per ora priva di risposta: “ma che farà ma che farà mai Orfeo?//”.

Adele Desideri

Pubblicata ne Il Quotidiano della Calabria, rubrica Libri e letture, 24 ottobre 2011, pag. 25







Franco Loi, Educare la parola, a cura di Giuseppe Mari, La Scuola, 2011, pag. 151, euro 9

Franco Loi ha pubblicato, nel 2011, la raccolta di poesie Angel de aria (Aragno) e il libro-intervista, a cura di Giuseppe Mari, Educare la parola (La Scuola).
In Angel de aria - già preceduto da L’angel, in 4 parti, Mondadori, 1994 -  l’autore conferma la scelta di un dialetto milanese innovativo eppure rispettoso della tradizione popolare, mentre impreziosisce lo stile fortemente lirico con schegge d’ironia, timbri quasi “angelici”, memorie appena sussurrate.
Ma in Educare la parola Loi offre al lettore, oltre alla sua toccante vena artistica, qualcosa in più: la saggezza dell’uomo maturo di sentimenti, la ricchezza delle acute riflessioni filosofiche, la negazione di ogni ideologia, la denuncia della frequente ipocrisia politica, il fecondo dialogo con gli adolescenti, l’umiltà e la coerenza nelle problematiche questioni religiose: insomma, il pacato racconto della sua stessa vita. Una sorta di manifesto esistenziale, sintesi dei temi cari allo scrittore: in primis la costante “aspirazione alla giustizia sociale” e un moderno umanesimo corroborato da letture mirate, approfondite.
Loi, provato dalle vicende della Seconda Guerra Mondiale e da un’innata repulsione verso il fascismo, aderisce, sin da ragazzo, al marxismo e al Pci. Se ne distacca, poi, in quanto l’uno “non si lascia declinare in chiave spirituale”, e l’altro gli appare, in realtà, antidemocratico.
Lavora come ferroviere, quindi come impiegato alla Rinascente. Infine, nel ‘60, entra in Mondadori in qualità di curatore della rassegna stampa. Qui, nel ‘70, Vittorio Sereni lo scopre poeta, e ne promuove subito le prime pubblicazioni.
Il resto va da sé: prestigiose consulenze, eventi, nuove edizioni e sempre poesie, in un dialetto milanese efficace, vibrante: “Quando cominciai a scrivere in milanese, feci una scoperta: non seguivo più la logica della parola ma i suoni”.
D’altronde, è pur vero che “in piazzale Loreto i fascisti parlavano italiano e il popolo, milanese” e che la lingua della gente comune di Milano è proprio “melodica e scorrevole come un rigo musicale”.
Anche grazie all’amicizia con padre Turoldo e agli incontri con don Milani, la spiritualità di Loi si caratterizza, intanto, nel segno di un’adesione critica al cristianesimo (“Sono religioso ma non «chiesastico»”) e di una colta ingenuità: “Oh Dio, perdona il mio dimenticare,/ perdona i mancamenti, quegli smarrimenti/ che mi prendono nel disamorarmi,/ (…)/ e, Dio, perdona la febbre della mente,/ (…)/ perdona questo mio sordo addormentarmi,/ ché io sono orbo nel fosso del mio male/ e i tuoi spintoni soltanto mi fanno svegliare/”.
Anziano - non “vecchio” - Loi piace ai giovani, per le sue tesi schiette e prudenti, lievi e ferme: “Non è il sesso, ma l’uso del sesso senza amore, la mancanza di conoscenza e controllo del sesso da parte dell’uomo così come la pretesa di sentirsi come Dio attraverso l’uso logico della conoscenza, il vero peccato originale”. E per i suoi interventi contro il “«pedagogismo libresco»”, che provoca nella scuola la “riduzione d’ogni materia a sillogismo scolastico” e l’incuria nei confronti della complessa personalità dello studente.
“Educare alla parola”, significa, allora, per Loi, indicare la dimensione della conoscenza e dell’interiorità, la rinuncia del sovrappiù, l’accoglienza del Trascendente. Significa “far capire che il mistero non si supera con la razionalità, ma con il potenziamento del nostro spirito”, affinché la parola e i suoi molteplici rimandi, nel silenzio, sgorghino “come l’acqua da una sorgente”.
Loi preferisce la serenità, sia come poeta che come uomo. Pure quando l’ombra lo sfiora. L’ombra, che forse bisognerebbe sapere guardare con trepida attenzione:  “Camminare con l’ombra è necessario/ come al respiro il corpo o la notte/ il fioco della luce, alla canzone/ il greve delle note o della voce…/ L’ombra mia cara della vita il peso,/ questa stupidità che ci consola/ come degli occhi il sonno nell’attesa/ o l’aria tra il pensare va leggera”.
(Trad. in italiano dei testi poetici a cura di F. Loi)

Adele Desideri

Pubblicata ne Il Quotidiano della Calabria, rubrica Libri e letture, 14 novembre 2011, pag. 25


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