lunedì 5 marzo 2012

Su Piano di Alberto Mori

FaraEditore, 2012

recensione di Vincenzo D'Alessio

Nuova prova di scrittura poetica di Alberto Mori. Nuova sostanza che si aggiunge alle sue capacità musico letterarie. Piano è il titolo della raccolta pubblicata presso le Edizioni Fara di Rimini in gennaio di quest’anno.

Il nostro Autore ci ha abituati al suo linguaggio scarno, profondo, a regolare acciaccatura jazzistica, colmo di improvvisazioni, scarno di orpelli, avvinto profondamente alla lezione dell’Ermetismo, asindetico.

Il tema conduttore della intera composizione lirica si dispone in questa sequenza di versi: “Il piano rimane per essenza / Equilibra riflessi affilati dai suoni” (pag. 49). Non possiamo, non citare, i versi del Nobel, Montale, che si accostano a questi del Nostro: “ (…) Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, / sì qualche storta sillaba e secca come un ramo” (dalla poesia Non chiederci la parola).

L’essenza del suono rimane, ma la figura sul pentagramma è solo la rivelazione del pensiero, non ha voce se non quando l’Autore pone le mani sulla tastiera del pianoforte e ne inizia l’esecuzione, la sequenza. I suoni pongono in equilibrio le parole, le cose che sono in quanto percepite dai nostri sensi. L’essenza degli oggetti, delle pulsioni, delle passioni, dei dolori, delle iperboli e delle litoti utilizzate, ancora una volta, “nella misura equilibrata” per raggiungere e fermare, solo un attimo, “l’ombra del timbro sonoro” (pag. 28).

Sono i verbi che sommuovono la poetica di Alberto Mori, la rendono concreta agli occhi del lettore e proiettano più campi sensitivi nello spettro cerebrale, creando una composizione poematica. Un poema degli oggetti che sfidano il Tempo e circondano l’Umanità irretendola nelle fessure dei piani associativi: l’Italiano e l’Inglese; i termini matematici e quelli tecnologici dei nostri giorni; la Storia dell’Arte e della Musica; il ritorno ai miti del Novecento come nei versi che seguono: “Quando il pomeriggio vede quetore / La chiarità dell’ora intaglia l’ombra fresca” (pag. 21). Associamoli ai versi del Nobel Montale: “Tendono alla chiarità le cose oscure, / si esauriscono i corpi in un fluire / di tinte: queste in musiche. Svanire / è dunque la ventura delle venture./ (versi tratti dalla poesia Portami il girasole) .

Il Nostro Mori si può paragonare al calafatatore: operaio che ripara lo scafo della sua barca, per riprendere il viaggio sulle onde di un mare di oggetti, reinserendo nelle commessure la stoppia e il catrame, parole e suoni, dove l’uomo è simile alla Natura: “La terra va nella terra / Lascia lavoro al tempo / Ricompone saggezza deposta” (pag. 13). La vita degli esseri umani è una cartina geografica, pronta per il viaggio: “Alla palma mostra linea vitale / Ad intersezione del raggio / spazia carne prensiva appianante” (pag. 15). Cerchio della vita, essenza del quotidiano lavoro; aggancio alle origini naturali sempre presenti nell’esistenza. La fine nella continuità della specie.

La ricerca poetica del Nostro Autore è illimitata, continuativa: “Parole d’animazione / in carattere arial del respiro / scritta dalla pianura / nel territorio comprensivo della lettura” (pag. 36). La sinestesia tra arial, carattere della scrittura, inteso come aria e il respiro, sostanziano la nascita delle parole nella mente, mentre le mani riversano, nel comune territorio umano della lettura, tutta l’energia dell’animazione. Versi brevi ed efficaci, penetranti ed essenziali. Continuo logorio per ottenere una paratassi verbale composta di blocchi asindetici che trasportano il lettore nel thaumazein della poetica.

L’aspro sentiero che traccia Alberto Mori, nei versi di questa raccolta, si può riassumere nei versi del Nobel Montale: “(…) Vedi, in questi silenzi in cui le cose / s’abbandonano e sembrano vicine / a tradire il loro ultimo segreto” (dalla poesia I limoni) . Scrive Mori: “Trova / Il muro / L’asse / Il secchio / La polvere” (pag. 48). L’invito è rivolto, in terza persona, verso chi legge: trova nei miei versi il filo della costruzione di un “piano” che accompagni l’opera della Natura nel suo comporsi e scomporsi in energie, a volte in musica, e troverai la via.

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