lunedì 26 marzo 2012

Su La luce e il grido

INTRODUZIONE ALLA POESIA DI ELIO FIORE di MARIA DI LORENZO
recensione di Salvo Zappulla pubblicata in ART-LITTERAM
Sabato 24 Marzo 2012 12:59

Ci sono essere umani che nascono indifesi, impossibilitati a difendersi, perché di animo nobile, col cuore di bambino, refrattari alle tentazioni materialistiche di questa società perversa e votata al protagonismo, all’apparire a tutti i costi. Sono i poeti, i sognatori, spesso avulsi dal contesto che li circonda, immersi nel loro mondo magico. Sono persone destinate all’immortalità, la loro presenza su questa terra ha lasciato un segno indelebile, ha contribuito a rendere migliori quanti li hanno conosciuti, hanno sparso ricchezza di sentimenti, luce da attingere, acqua pura in cui dissetarsi Elio Fiore è stato uno di questi. E il libro di Maria Di Lorenzo (Fara editore, pagg. 71 € 11,00) è un atto di giustizia nei confronti di quest’uomo. Chi meglio di lei poteva tracciarne il percorso esistenziale e poetico? Maria è donna sensibilissima, oltre che intellettuale autentica, sa discernere la pula dal grano, sa addentrarsi nelle miniere profonde e impervie per estrarne le pepite più preziose. In questo libro, a dieci anni della scomparsa del poeta, ha voluto riportare all’attenzione la sua arte, il suo esempio di essere umano, il suo desiderio di solitudine, lontano dalle contaminazioni, ai margini di una società falsamente brillante e maleodorante. Eppure Elio Fiore era capace di porsi al centro dell’universo, portatore di verità incomprensibili agli altri, messaggero di fede e di etica. La sua poesia lo liberava da uno stato di apparente staticità, percorreva un itinerario sacrale dell’anima, un canto di fede ed esultanza, un inno di lode e di gratitudine. Un uomo che coltivava dentro di sé una ricchezza straordinaria, la fede e la speranza. Un pellegrinaggio spirituale il suo, che assurge a simbolo di ricerca della Verità. Un’inquietudine che potrà placarsi soltanto quando potrà scoprire la propria identità profonda, del mistero insondabile che egli è. Come scrive la stessa Maria Di Lorenzo: "La poesia era la luce e il pane della sua esistenza. Era uno sguardo (non omologato) levato ogni giorno verso il cielo, quel cielo che noi – tutti noi – abbiamo perso di vista, annegato nei simulacri della modernità. Uno spazio amoroso, trasparente come una fiamma, capace di custodire, dentro il turbine della storia, il semplice segreto della vita, nella lampeggiante incandescenza di un verso. Era preghiera e sorella della fede".
Maria ha avuto modo di conoscerlo di persona, sicuramente è stato un incontro tra due spiriti eletti, che ha arricchito entrambi. Elio Fiore ha conosciuto anche gli orrori della guerra, i bombardamenti, la deportazione degli ebrei, tutto il male che gli uomini sono in grado di esercitare sui propri simili. Esperienze che hanno segnato il suo carattere e hanno inciso sulla sua produzione poetica, oggi frettolosamente dimenticata. Eppure Elio Fiore riscuoteva la stima di letterati come Mario Luzi, Carlo Bo, Eugenio Montale, Giuseppe Ungaretti.



Maria Di Lorenzo, scrittrice, giornalista culturale, autrice cinematografica e teatrale, vive e lavora tra Roma e Milano. Dopo gli studi classici si è laureata col massimo dei voti in Lettere Moderne all’Università di Urbino, con una tesi di carattere psicoanalitico su Giacomo Leopardi. Ha quindi lavorato come giornalista per il quotidiano "Il Tempo", per la RAI e per altre testate italiane. Attualmente è direttore responsabile del magazine In Purissimo Azzurro, mentre dal 1° giugno 2009 cura sul web il forum letterario Flannery dedicato alle donne che scrivono. È autrice di una decina di saggi tradotti in sei lingue, di due raccolte poetiche, Voci dal muschio (1992) e Quaderno Siciliano (1994) e di un romanzo, La sera si fa sera (2004). Come ricercatrice ha condotto con l’équipe del Centro Studi C.I.O.F.S. di Roma uno studio sulle problematiche femminili dell’est e dell’ovest europeo attraverso il cinema, confluito nei saggi collettivi: Donna e cinema nell’Europa 2000 (1994) e Donne e cinema fra immaginario e quotidianità (1998) in uso presso alcuni atenei italiani. Al momento sta lavorando alla stesura di un nuovo romanzo e a un soggetto per il cinema (cortometraggio) di cui curerà anche la regia.







Su La generazione entrante. Poeti nati negli Anni Ottanta a cura di Matteo Fantuzzi


recensione di Vincenzo D’Alessio   

Con il titolo La generazione entrante Poeti nati negli Anni Ottanta, l’editore Giuliano Ladolfi ha messo a fuoco le voci poetiche di alcuni autori nati negli Anni Ottanta, i quali hanno dato prova della loro vocazione e aperto, con le loro opere, strade nuove, energia che il curatore, Matteo Fantuzzi, delinea nell’introduzione con queste parole: “Qui ci troviamo al contrario di fronte a un’identità sfilacciata e solitaria, debole e poco battagliera, una potenziale nuova 'generazione in ombra', non classificabile in una sola semplicistica categoria, ma in grado di creare col proprio lavoro, come è già accaduto per i nati negli Anni Sessanta opere importanti, e proprio dalle opere dobbiamo ripartire se vogliamo risuscitare lo stato della poesia italiana contemporanea, l’unico antidoto (e questi nuovi autori lo hanno ben capito) sono i testi. Solo la carta può risolvere le cose” (pag. 8).

Gli autori inseriti nella presente antologia sono: Dina Basso, Marco Bini, Carlo Carabba, Giuseppe Carracchia, Tommaso Di Dio, Francesco Iannone, Domenico Ingenito, Franca Mancinelli, Lorenzo Mari, Davide Nota, Anna Ruotolo, Giulia Rusconi, Sarah Tardino, Francesco Terzago, Matteo Zattoni; quindici note, realizzate da altri autori, introducono alcune delle loro poesie. Chiude una postfazione dell’editore Giuliano Ladolfi.

La copertina di questo lavoro è illustrata con il famoso quadro di Pelizza da Volpedo, Il Quarto Stato, che a noi sembra voler rappresentare il cammino che la generazione entrante, degli Anni Ottanta, realizza “col proprio lavoro”. La maggiore difficoltà è, oggi, il lavoro. Sud e Nord, mai come in questi anni, si sono avvicinati e combaciano di fronte alla mancanza di lavoro e di sicurezza sociale. Interessa proprio alla generazione entrante, il presente, ed un possibile futuro. Bene ha scritto il curatore nella sua introduzione quando intende “affrontare i luoghi e gli spazi” al fine di sollecitare “l’attenzione, sempre più viva, più accesa nei confronti della percezione del fruitore” (pag. 9).

Questa Antologia, che accoglie tra gli altri autori meridionali, siciliani e campani, rivela “importanti realtà” (pag. 10) che sovente sfuggono ad un Nord convulso, preso nella morsa produttiva che purtroppo impoverisce l’azione della Poesia nella quotidianità. Bisogna guardare alle Antologie prodotte nelle diverse realtà italiana: “Quattro giovin/astri” a cura di Chiara De Luca (Kolibris edizioni, 2010) nella quale compaiono già i nomi di Francesco Iannone e Anna Ruotolo, ripresi in questo lavoro. Il silenzio della poesia a cura di Alessandro Ramberti (FaraEditore, 2008) nella quale figurano poeti da Nord a Sud della penisola, come Antonietta Gnerre, irpina, oggi collaboratrice della rivista internazionale di poesia italiana «Gradiva», diretta dal poeta Luigi Fontanella. Le antologie Poeti del Sud 1,2,3 a cura di Paolo Saggese (Elio Sellino Editore, 2003 e seguenti). Tutte voci importanti prodotte da case editrici non meno importanti, ma con scarsa visibilità dovuta ai mercati dominanti.

Non ci sono troppi poeti in Italia. C’è scarsa lettura, questo sì! Si evince, forte, dalle parole di Matteo Fantuzzi, curatore di quest’opera: “Quando ci si racconta che la poesia è questione per pochi eletti, questione di nicchia forse è anche perché non si sono letti autori in grado di interrompere questo stillicidio; ora (probabilmente) un’intera generazione si è accorta della patologia di cui la nostra poesia soffre” (pag. 11). Ha molte ragioni questa affermazione. Ma come intervenire sui mercati di produzione se non ci sono grandi capitali da investire? La frammentaria forza delle piccole case editrici non rompe i muri di gomma delle grandi case editoriali. Alimenta semplicemente un circuito minore, dal quale sovente emergono autori che brillano di luce propria, o di luce riflessa.

Lo scopo di questa Antologia, curata da Fantuzzi e rafforzata da Ladolfi, tenta in qualche modo “di leggere gli incerti segni di novità attraverso qualche bagliore: l’adozione di una parola 'chiara e forte', la liberazione dal 'lutto' di una parola al negativo, l’ampliamento di prospettive filosofiche capaci di superare le secche del nichilismo e del relativismo e l’aggancio alla tradizione” (pag. 160). Crediamo che l’impegno assunto sia andato a buon fine, non solo per la validità dei poeti contenuti in questo scrigno, nel quale brilla anche il dialetto regionale, quanto per la presenza femminile, finalmente portata in luce dalla sua “cuna”.

La voce, che per noi rappresenta quella solarità “meridiana” che il critico letterario Franco Cassano ha così bene delineato nel suo libro Il pensiero meridiano (Editori Laterza, 2010), è quella di Anna Ruotolo: poetessa sincera, viva e vulcanica, nei suoi versi qui riportati dalla raccolta “Dialoghi da Moleskine”, da noi recensita per il sito di farapoesia. Moralità ricostruita nella sua essenza ideale e sociale. Compartecipazione, fino all’estremo, nell’essere “prossimo” che ci viene incontro dal mare o dalla porta accanto alla nostra: “(…) unica unità, / che ci distingue ombra dalle ombre, / acqua dalle acque”. E qui interviene l’acqua fetale della nascita che ci accomuna, della purificazione battesimale, del mare in cui si naufraga per riunirsi all’eternità che ci circonda. E continua: “E a tutta questa storia sembra venire / in più uno straniero che non ti porta / in tasca (perché non ne ha nemmeno / una – se due non ne può avere –) / tu non gli sei neppure famigliare / in una stampa, una fotografia / così come lo sei per me” (pag. 121).

Conveniamo con Ladolfi, che cita il poeta Domenico Ingenito, introdotto in Antologia, che oggi: “Il cittadino 'globale' avverte l’angoscia di essere spossessato del potere di decisione, perché in balia di forze occulte che decidono le sorti del mondo” (pag. 164). Quelle forze indeboliscono l’esercizio dell’esistenza, l’involucro della Speranza, l’essenza della fiducia nel presente delle generazioni a confronto.

La Poesia è chiamata a governare le forze in campo. Sovente indomabili, legate ad un Dio furioso e crudele: l’economia. Su tutto però interviene la forza dei giovani, che è quella del mutamento, nella quale noi abbiamo riposto e riponiamo la nostra sincera fiducia.

giovedì 22 marzo 2012

Il Viaggio di Tonino


© Andrea Parato 2012, tutti i diritti riservati

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Tonino Guerra se n'è andato a novantadue anni all'inizio di questa primavera, proprio nel giorno dedicato dall'Unesco alla poesia in tutto il mondo.
E non mi dispiace che ci sia questa coincidenza del ricordo, un legame che unisce la natura che rifiorisce, l'intento di richiamare tutto il mondo alla bellezza della poesia e la figura di questo artista.
Chi vive in Romagna come me e in particolare è cresciuto nella Valmarecchia sa quanto le opere di Tonino Guerra abbiano segnato il paesaggio delle piccole cose e del quotidiano: qui una poesia scolpita nella roccia, lì una fontana con l'acqua che zampilla dal fusto di un albero. E ancora profili di donne, farfalle multicolori, le tracce delle mani dei contadini russi che si avvolgono alle mani dei contadini romagnoli, da un tempo poco lontano, ma che non c'è più.
Tonino Guerra porta con sé anche quella lingua poetica e meravigliosa che ha fatto a partire dal dialetto del suo paese. Un linguaggio poetico intimo ma divulgato a livello nazionale, un dialetto che non è più tale, che è musica, e che non è neppure lingua, perché parlato da pochissimi, eppure artistico. Il suo dialetto è suono della memoria donata a chiunque abbia voglia di leggerlo, eppure è già finito, perché è proprio del dialetto nascere e vivere nel parlato spontaneo, arrabbiato dei bar o nel chiasso del mercato settimanale. E morirà lentamente in una tomba di carta che lo manterrà a nostra memoria, come in uno splendido mausoleo di vetro.
Si dice che in questi ultimi anni Tonino abbia ripreso a parlare in dialetto in maniera quotidiana, come quegli anziani che, giunti agli ultimi giorni, ritrovano i volti e le parole dell'infanzia. In realtà, da quando ritornò in Romagna, Tonino Guerra riprese un percorso ideale a ritroso nel tempo, di riscoperta e di salvaguardia delle cose e delle persone dimenticate.
La Valmarecchia, è stata tanto segnata dalle sue opere, dai monti oltre la Carpegna alla foce del Marecchia a Rimini: opere di memoria, così ben adagiate sulla stratificazione edilizia e storica da sembrare sempre adeguate, sempre parte necessaria del panorama delle cose.
In un libro in particolare Guerra ha ripercorso idealmente la sua vallata: nel Viaggio, racconto poetico in romagnolo (e traduzione), egli ha descritto l'itinerario a piedi di due anziani sposi, decisi a vedere il mare, via dal borgo medievale di Petrella Guidi in collina sino alla foce del Marecchia, sulla spiaggia di Rimini. Per me questo libro è sempre stato l'emblema di un viaggio iniziatico a rovescio: un viaggio di riscoperta delle persone e dei luoghi (non-luoghi) della terra solcata dal fiume Marecchia, un viaggio in cui gli incontri con povera gente si mescolano a ricordi in una dimensione onirica, ma per nulla ricercata, semplice come i protagonisti. I miei nonni, o quelli di tanti miei coetanei, avrebbero potuto intraprendere quel viaggio avanti verso il mare e la modernità, indietro verso il ricordo della fanciullezza e la vita di campagna, che non è più.

Ora Tonino può riposare sotto un melo cotogno, o in una chiesa sgretolata sotto il sorriso benevolo di una madonna senza più occhi, tra i ciottoli bianchi del fiume vicino al vecchio mulino.

E per noi cosa resta? Ritroviamo le sue opere visive, leggiamo i suoi libri. Sentiremo tutta la melodia di una lingua da sogno, la lingua dei nonni e dei contadini. Sentiremo tutta la malinconia di una lingua che scompare, se nessuno la sa leggere più.
E allora leggiamo le poesie dei poeti romagnoli “a voce alta”, magari nella piazza dell'arco di Santarcangelo, con semplicità.
E – perché no – concludiamo le letture con un viaggio a ritroso, a piedi, dal mare e dalla città verso la Madonna arrampicata a Saiano, o sotto al mantello di marmo cadente di quella di Antico, oppure ai piedi della torre di Bascio.
Riprendere il viaggio verso le sorgenti del fiume che segna la nostra valle, oltre che richiamarci al senso della vita, potrebbe essere il più bel gesto da fare in un giorno di primavera, per non dimenticare.

(Rimini, 21 marzo 2012)

La Poesia siamo noi


La Giornata Mondiale della Poesia ha avuto luogo stamane in molti luoghi d’Italia e nelle altre nazioni che riconoscono il valore fondante della parola e della memoria. I giovani della classe Quinta B, della Scuola Primaria Statale “Madre Teresa di Calcutta” di Montoro Inferiore, hanno preso parte a questo giorno di Primavera iniziando con un minuto di raccoglimento, la recita del Padre Nostro, in memoria delle vittime della scuola ebraica di Tolosa in Francia.

Le poesie scelte dai ragazzi di quinta sono state: Marzo di Salvatore di Giacomo; Le viole sono dei fanciulli scalzi di Rocco Scotellaro; Nella mia terra di Emilia Dente, dalla raccolta “Tarassaco e viole” in Legenda (Fara Editore 2009); Oggi sono una prolunga di rami dalla raccolta Dialoghi da Moleskine (Kolibris edizioni 2010), di Anna Ruotolo. In più è stato inviato un saluto alla poetessa lucana Teresa Armenti e letto Il Manifesto dei Poeti Irpini. Le voci che hanno recitato le poesie sono, nell’ordine riportato, quelle di Flavio Sabatino, Michelangelo D’Alessio, Federica De Gregorio e Miriam Gallo. Alessandro Troisi ha letto il Manifesto dei Poeti Irpini. In più è stato firmato, da tutti, il documento “La Poesia Siamo Noi”, che sarà inviato all’editore Alessandro Ramberti di Rimini a ricordo della giornata.

Giornata all’insegna della “meraviglia” di fronte ai versi che affollavano l’aula e al sole, caldo, che entrava dalla finestra: veniva voglia di uscire all’aperto e unirsi al coro degli uccelli che inebriava i terreni colmi di piantine tenere in germoglio. La maestra Albina Carpentieri ha fatto da moderatore per l’intera durata dell’appassionata lezione.

La Poesia non offre guadagni economici, questi i giovani studenti lo sanno bene, ma offre un forza sempre nuova, sempre viva, forte: la Speranza!

21 marzo 2012









lunedì 19 marzo 2012

Ugo Piscopo sugli Epigrammi di Marziale tradotti da Mario Fresa




Mario Fresa

Poesia, crisi, cultura. Una riflessione (di Andrea Parato)

In ogni istante è pronto a nuovi compiti.
Se deve aspettare, aspetterà.
Lo dicono cieco. Cieco?
Ha la vista acuta del cecchino
e guarda risoluto al futuro
– lui solo.

(L'odio, Wislawa Szymborska)

Siamo rassegnati all'idea che solo l'odio può avere prospettive di futuro nel nostro Paese, come riflette pacatamente  la poetessa Szymborska? Oppure ci sono nuovi spazi per chi oppone allo stato di frustrazione e degrado - che rischiano di generare violenza – la cultura e la conoscenza come strumenti di crescita?
L'inserto Domenicale del Sole24Ore del 19 febbraio 2012 titolava Niente cultura, niente sviluppo: in sintesi, il quotidiano ha proposto “una costituente che riattivi il circolo virtuoso tra conoscenza, ricerca, arte, tutela e occupazione. Occorre una rivoluzione copernicana – continua il giornale – nel rapporto tra sviluppo e cultura. Da “giacimenti di un passato glorioso”, considerati beni da mantenere, i beni culturali devono tornare a essere determinanti per il consolidamento di una sfera pubblica democratica, per la crescita reale e per al rinascita dell'occupazione”.
In sintesi, la testata propone il ripensamento del modello di sviluppo nazionale non solo in funzione di parametri economici e fiscali, ma anche considerando cinque azioni: una costituente per la cultura, una strategia necessaria di lungo periodo, una cooperazione tra i ministeri, la rivalutazione dell'arte a scuola e della cultura scientifica, sgravi ed equità fiscale tra pubblico e privato nei beni culturali.
Nel solco tracciato dall'iniziativa del quotidiano di Confindustria, che tutti i giorni in maniera martellante propone esempi e suggerimenti per l'attuazione di questa rivoluzione copernicana della cultura, sembra interessante fare confluire il dibattito su come la poesia possa contribuire a questa proposta di valorizzazione dei saperi finalizzata a impattare direttamente sulla crisi socio-economiche che soffoca l'Italia.
Sarebbe interessante che quanti più poeti e scrittori si cimentassero con questa riflessione: può la poesia avere un ruolo rispetto alla crisi economica? E come può concretamente contribuire al progetto di riattivazione della cultura in Italia?

Partiamo da una riflessione generale: la dimensione della crisi caratterizza l'esistenza umana. Però in alcuni momenti storici e in alcuni particolari contesti tale aspetto che riguarda la vita delle persone si acutizza tanto da sembrare endemico e così diffuso da passare a un piano socialmente condiviso, un piano di “crisi globale” (almeno per come viene proposta dei media o percepita). Se quello che la nostra società sta attraversando è uno di questi momenti, cosa possiamo fare? Il tentativo di trovare soluzioni per gestire la crisi in senso lato (crisis management) si collega alla gestione del cambiamento. Secondo questo approccio, ci sono due modi per affrontare la crisi:

1)    rifiutarla, ignorandola oppure opponendosi in maniera distruttiva
2)    rileggere la crisi come fonte di cambiamento.

Il cambiamento nella vita umana avviene di continuo, sia a livello fisico che mentale. Questo può essere doloroso – infatti la teoria della “dissonanza cognitiva” dice che spendiamo più energia a fare quadrare ciò che non corrisponde alla nostra percezione del mondo, invece di accettare le difformità – ma può essere un momento creativo e generativo.
Parlando di creatività del momento di cambiamento, ci rendiamo conto che, mentre il mondo politico cerca soluzioni alla crisi di carattere tecnico ed economico, anche la cultura può dare il suo contributo.
In particolare, la poesia può intervenire in tre dimensioni:

    1- La dimensione personale. Non sono i valori economico-finanziari, ma è l'uomo che va posto al centro. Per questo occorre riscoprire dimensioni vitali come il Tempo inteso quale risorsa per vivere, la Memoria, l'Interiorità, fondamentali affinché l'uomoritrovi l'uomo.

    2- La dimensione politica e sociale. Poesia intesa come attenzione al disagio, alla condizione sociale di un certo territorio, il rilancio quindi di una poesia immersa nel suo tempo e nella storia. Poesia delle piccole cose, del quotidiano, ma anche poesia degli ultimi e dei minimi. Poesia attenta all'altro, mai dimenticato nella rete, ma semmai coinvolto e ritrovato grazie a nuove relazioni.

    3 – La dimensione globale, il recupero di valori etici e l'introduzione di nuovi valori rivolti al mondo e all'Umanità. La capacità di parlare di un nuovo rapporto con la Natura e di partire dall'inquietudine umana – ultimamente saziata più con beni di consumo che con sapere – per riflettere su un nuovo necessario Umanesimo, la capacità di opporsi a un sostanziale inaridimento della terminologia e dei valori umani, ma anche la capacità di disinnescare la violenza e il suo linguaggio, di gestire la crisi con una guida pacata e chiara.

La crisi si svela così non solo come concatenazione economica-tecnica, ma come incapacità di scandagliare il nostro tempo e di vedere oltre, verso nuove prospettive. Accettare passivamente la crisi è lasciare il futuro in mano all'Odio.
In realtà occorre ricominciare e rispondere alla crisi. Ricominciare significa prendere coscienza e possesso nuovamente i valori culturali che sottostanno alla società, fare ripartire la macchina della cultura prima di quella finanziaria. Rispondere alla crisi con soluzioni economiche senza riattivare il circolo benefico del sapere, significa correre il rischio di avere un motore sistemato ma senza benzina, un corpo perfetto senza un cuore funzionante.
Contro un certo appiattimento materialista, contro la “tirannia del denaro e del potere”, non basta risanare e fare crescere l'economia, ma risanare e fare crescere quanto di umano e di culturale negli ultimi anni è stato lasciato da parte per dare spazioa facili profitti e rapidi interessi.
La poesia può aiutare a vincere un certo stato di indifferenza permanente, a indagare il senso di quanto accade, a riattivare, sia nel personale che nel locale, il desiderio di ricominciare a fare cultura e arte per continuare a interrogare (e magari cercare risposte) al senso di inquietudine che né la ricchezza facile né il consumo eccessivo hanno saputo saziare. Consapevoli che “in realtà la scelta non è tra cambiare e non cambiare, ma tra cambiare o lasciarsi cambiare” (E. Spaltro).

Dove troveremo la felicità?
Siamo figli della terra,
nostro destino è ritornare.
Come il tiglio che rinasce
nel giardino vecchio,
il bruco sull'anice
non pensa a volare,
il seme nel coccio
aspetta di crescere,
l'uovo attende la cova.
Siamo felicità potenziale.
Il nostro dolore, così piccolo
di notte sotto Orione,
è lo stesso della ghianda che cade,
della quercia che cresce,
quando perde le foglie
e cede all'inverno.
Ma ci sarà un risveglio,
la stessa radice
avrà nuova forma
provata dal gelo
e saremo pronti ad alzare
rami nuovi a nuovo cielo.

(da Il polso dei miti, A. Parato, ne La forza delle parole, FaraEditore 2012)


Andrea Parato
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News da Adele Desideri

 Amici

vi segnalo alcuni eventi:

*Cosa c’è quando c’è la poesia? Certezze e ambiguità del nostro tempo. Dialogo intorno a libro di Francesco Napoli, Poesia presente in Italia dal 1975 al 2010, (Raffaelli 2011), con Francesco Napoli, Ermanno Paccagnini, Milo De Angelis, Adele Desideri, Roberto Mussapi, Antonio Riccardi, Alessandro Rivali. Centro Culturale di Milano, via Zebedia 2, 3 febbraio 2012. Per il video, link:http://www.cmc.milano.it/Programma.asp?IdCategoria=4&IdEvento=6237#appro

*Recensione di Adele Desideri a Gilberto Isella, Mappe in controluce, Book Editore, 2011, pag. 132, euro 14. In allegato

*Recensione di Adele Desideri a Franco Loi, Educare la parola, a cura di Giuseppe Mari, La Scuola, 2011. In allegato

Lieta con voi 

Adele  Desideri





Gilberto Isella, Mappe in controluce, Book Editore, 2011, pag. 132, euro 14

Gilberto Isella, critico sottile e pungente, in questa raccolta di poesie si dimostra artista capace di coniugare l’armonia, il ritmo dei classici greci e latini a un linguaggio assolutamente metaforico, ricco di profetici neologismi, di parabole dal sapore futuristico, di assonanze - e dissonanze - spettacolari.
Mappe in controluce è dedicato a Saturno, il dio esiodeo che mangia i propri figli, e che, quindi, crea e annienta.
Eppure Saturno non è il protagonista del libro: ne è solo il motivo ispiratore. Primo attore, infatti, è il pianeta globalizzato: una sorta di Torre di Babele costruita con i precari materiali dell’individualismo, del relativismo valoriale, della standardizzazione tecnologica.
Vincenzo Guarracino, altro valido poeta e critico letterario, nella prefazione al volume di Isella sceglie il seguente incipit: “Un protagonista (o un colpevole) c’è sempre. Anche qui, non diversamente da ogni altra cosa o situazione dell’essere e della vita”.  
Ebbene, il colpevole, in Mappe in controluce coincide con il protagonista: è l’uomo, il colpevole. L’uomo che adora false divinità, l’uomo che si inchina, per poi programmarne la distruzione, al “Dio-pianeta saturo, saturo per esaurimento./”.
Isella propone immagini apocalittiche, drammatiche visioni nelle quali i “dispersi”, i sopravvissuti, cercano vie d’uscita comunque occluse: “occhio per occhio spettro per spettro/ o re di bastoni per re di denaro/ lo sguardo scoronato inzuppa il vetro/ su lui fa schermo un altro sguardo amaro// (…)/ col chiodo inverso ogni chiodo è compatibile/ rete di cloni in un solo reliquiario//”.
La sua scrittura - permeata da un’acuta tensione etica - sussulta nelle frequenti sincopi ironico-satiriche e si protende verso una ricerca metafisica ansiosa e malinconica: “Forse continua a vegliare su di noi, i melanconici./ Forse la sua ombra cammina con ostinazione intorno ai mortali,/”.
“In controluce” Isella studia “la mappa” che illustra il sentiero della salvezza: tuttavia, la prima è oscura e il secondo irrintracciabile. L’esito non è felice: ciò che resta è una paradossale, mortifera, confusione.
I miti antichi, e quelli biblici in particolare - da cui Isella attinge copiosamente – sono, d’altronde, codici di lettura fecondi, e l’autore vi si rivolge, nella speranza che qualcuno ancora sappia ascoltarli e, soprattutto, interpretarli: “vela d’orbace issata sul pontile/ vibra col sangue di Caino molesto/ dal dì che ignara un’ampolla si ruppe/ e l’acre fluido si sparse su Abele//”.
L’informe moltitudine contemporanea, però, è stordita dagli effimeri stimoli consumistici della “società liquida”; non sente e non vede. Non ha quiete, né più verbo: “continua tu nel quadro a strisce e spettri a rigirare/ la larva appesa al chiodo di una diva senza età// o per spazi d’insonnia le veline a sparpagliare/ ronzanti sul miele ambiguo della tua identità// prova a ricuperarle nel miracolo di un volo/ plana sul telecomando, chiedi che tempo fa//”.
I poeti e gli artisti, invece, scrutano negli abissi inconsci dell’umanità, per ritrovarvi l’archetipo che allude e turba, l’oracolo che indica l’impervio cammino, il sogno che illumina la realtà quotidiana. La strada, insomma, di un’autentica libertà: “sole nero che il poeta ricalca/ sul cielo impassibile del canto/ povero dire o dir quasi niente/ meglio allora in soli tizzi umani/ sillabare basso il cuore infranto//”.
Il miraggio, l’oasi refrigerante, si incarna - per Isella - in una semplice, curiosa, domanda, per ora priva di risposta: “ma che farà ma che farà mai Orfeo?//”.

Adele Desideri

Pubblicata ne Il Quotidiano della Calabria, rubrica Libri e letture, 24 ottobre 2011, pag. 25







Franco Loi, Educare la parola, a cura di Giuseppe Mari, La Scuola, 2011, pag. 151, euro 9

Franco Loi ha pubblicato, nel 2011, la raccolta di poesie Angel de aria (Aragno) e il libro-intervista, a cura di Giuseppe Mari, Educare la parola (La Scuola).
In Angel de aria - già preceduto da L’angel, in 4 parti, Mondadori, 1994 -  l’autore conferma la scelta di un dialetto milanese innovativo eppure rispettoso della tradizione popolare, mentre impreziosisce lo stile fortemente lirico con schegge d’ironia, timbri quasi “angelici”, memorie appena sussurrate.
Ma in Educare la parola Loi offre al lettore, oltre alla sua toccante vena artistica, qualcosa in più: la saggezza dell’uomo maturo di sentimenti, la ricchezza delle acute riflessioni filosofiche, la negazione di ogni ideologia, la denuncia della frequente ipocrisia politica, il fecondo dialogo con gli adolescenti, l’umiltà e la coerenza nelle problematiche questioni religiose: insomma, il pacato racconto della sua stessa vita. Una sorta di manifesto esistenziale, sintesi dei temi cari allo scrittore: in primis la costante “aspirazione alla giustizia sociale” e un moderno umanesimo corroborato da letture mirate, approfondite.
Loi, provato dalle vicende della Seconda Guerra Mondiale e da un’innata repulsione verso il fascismo, aderisce, sin da ragazzo, al marxismo e al Pci. Se ne distacca, poi, in quanto l’uno “non si lascia declinare in chiave spirituale”, e l’altro gli appare, in realtà, antidemocratico.
Lavora come ferroviere, quindi come impiegato alla Rinascente. Infine, nel ‘60, entra in Mondadori in qualità di curatore della rassegna stampa. Qui, nel ‘70, Vittorio Sereni lo scopre poeta, e ne promuove subito le prime pubblicazioni.
Il resto va da sé: prestigiose consulenze, eventi, nuove edizioni e sempre poesie, in un dialetto milanese efficace, vibrante: “Quando cominciai a scrivere in milanese, feci una scoperta: non seguivo più la logica della parola ma i suoni”.
D’altronde, è pur vero che “in piazzale Loreto i fascisti parlavano italiano e il popolo, milanese” e che la lingua della gente comune di Milano è proprio “melodica e scorrevole come un rigo musicale”.
Anche grazie all’amicizia con padre Turoldo e agli incontri con don Milani, la spiritualità di Loi si caratterizza, intanto, nel segno di un’adesione critica al cristianesimo (“Sono religioso ma non «chiesastico»”) e di una colta ingenuità: “Oh Dio, perdona il mio dimenticare,/ perdona i mancamenti, quegli smarrimenti/ che mi prendono nel disamorarmi,/ (…)/ e, Dio, perdona la febbre della mente,/ (…)/ perdona questo mio sordo addormentarmi,/ ché io sono orbo nel fosso del mio male/ e i tuoi spintoni soltanto mi fanno svegliare/”.
Anziano - non “vecchio” - Loi piace ai giovani, per le sue tesi schiette e prudenti, lievi e ferme: “Non è il sesso, ma l’uso del sesso senza amore, la mancanza di conoscenza e controllo del sesso da parte dell’uomo così come la pretesa di sentirsi come Dio attraverso l’uso logico della conoscenza, il vero peccato originale”. E per i suoi interventi contro il “«pedagogismo libresco»”, che provoca nella scuola la “riduzione d’ogni materia a sillogismo scolastico” e l’incuria nei confronti della complessa personalità dello studente.
“Educare alla parola”, significa, allora, per Loi, indicare la dimensione della conoscenza e dell’interiorità, la rinuncia del sovrappiù, l’accoglienza del Trascendente. Significa “far capire che il mistero non si supera con la razionalità, ma con il potenziamento del nostro spirito”, affinché la parola e i suoi molteplici rimandi, nel silenzio, sgorghino “come l’acqua da una sorgente”.
Loi preferisce la serenità, sia come poeta che come uomo. Pure quando l’ombra lo sfiora. L’ombra, che forse bisognerebbe sapere guardare con trepida attenzione:  “Camminare con l’ombra è necessario/ come al respiro il corpo o la notte/ il fioco della luce, alla canzone/ il greve delle note o della voce…/ L’ombra mia cara della vita il peso,/ questa stupidità che ci consola/ come degli occhi il sonno nell’attesa/ o l’aria tra il pensare va leggera”.
(Trad. in italiano dei testi poetici a cura di F. Loi)

Adele Desideri

Pubblicata ne Il Quotidiano della Calabria, rubrica Libri e letture, 14 novembre 2011, pag. 25


venerdì 16 marzo 2012

Giornata Mondiale della Poesia - L'Aquila, 21 marzo 2012


in collaborazione con AMA/Cartel
affissione locandine poetiche su autobus urbani dell’Aquila

in collaborazione con il Conservatorio di Musica “A. Casella” dell’Aquila
ore 17,30 – presso il Conservatorio di Musica “A. Casella” (Via Francesco Savini)
Nella musica la poesia si manifesta
 - Felix Mendelssohn ( 1805–1842), Quattro Lieder per due voci e pianoforte op.63
Ich wollt’meine Lieb‘ ergösse sich / Abschiedslied der Zugvögel/ Grüss / Herbstlied
Vittoriana de Amicis e Erica Realino, soprani – Alessandro Sette, pianoforte;
- Matyas Seiber (1905–1960), Due Canzoni popolari francesi
Rèveillez-vous / Le rossignol
- Joaquin Rodrigo (190 –1999), Adela
- Mario Castelnuovo Tedesco ( 1895–1968), Due Songs dal Divano of Moses Ibna- Izra
Fate has blocked the way / The garden dons a coat
Alessia Paolini, soprano, Federico Pendenza, chitarra;
- Goffredo Petrassi ( 1904–2003 ), Dialogo angelico
Claudia Vittorini, Matteo Esposito, flauti;
- lettura di testi poetici;
- diffusione di testi poetici alle/ai presenti

in collaborazione con l’associazione Bibliobus
dalle 16,00 alle 18,00 il Bibliobus sarà presente al Progetto C.A.S.E. di Coppito con diffusione di volantini poetici;
ore 18,00 – presso Bibliocasa, Piazza d’Arti (Via Ficara) – letture collettive ad alta voce di poesie scelte dalle/dai presenti all’incontro;
- diffusione di testi poetici a fruitrici/fruitori della Biblioteca e alle associazioni di Piazza d’Arti

in collaborazione con Circolo ARCI Querencia e Associazione Insieme Strumentale “Serafino Aquilano”
ore 21,15 – presso il circolo ARCI Querencia, Piazza d’Arti – reading di poesie di autori/autrici vari/e con accompagnamento musicale:
Duetto per Violino e Viola di Wolfgang Amadeus Mozart K.V.423
Lucia Ciambotti, violino – Umberto Giancarli, viola;
- diffusione di testi poetici ai/alle soci/e presenti e alle associazioni di Piazza d’Arti

in collaborazione con “Dedalus” – teatro-laboratorio e le associazioni e le/gli abitanti di Monticchio
a partire dalle ore 21,00 - Piazza della chiesa - Monticchio
Di-versi in strada - "passeggiata tra lembi di poesia" nei luoghi disabitati di Monticchio
- installazione: "lembi di poesia"
- concorso fotografico: "risvegli per luoghi assenti"
- proiezione del Video "Identità perdute" di Gabriele Nardis
e per concludere un brindisi alla Primavera

centro storico dell’Aquila – intera giornata
- volantinaggio testi poetici per le strade del centro
- affissione striscioni poetici
- performances varie
- carovana poetica

in collaborazione con le scuole medie superiori dell’Aquila
(Liceo Classico, Liceo Linguistico, Liceo di Scienze Sociali, Liceo Scientifico, ITIS, ITASS, Istituto per Geometri, Istituto per l'Agricoltura, Istituto d'Arte, Istituto Alberghiero)
produzione e affissione striscioni poetici e volantinaggi

in collaborazione con Caffè Polar e Cinema Olimpia drink&store
dalle ore 16,00 – presso Cinema Olimpia drink&store (Corso Vittorio Emanuele) –
proiezione video poetici, ascolti, banchetto libri di poesie, performances poetiche

in collaborazione con “Bar del Corso” e “La Banda”
dalle ore 16,00 alle 21,00 – presso i Quattro Cantoni (centro storico)
Fiori di Rima-vera, installazione di un campo letterario “aperto” nel quale “raccogliere o seminare” poesie, i fiori dell’animo

in collaborazione con “la cantina del Boss”
dalle ore 19,00 letture “estemporanee” di poete e poeti presenti alla Giornata

 periferia – intera giornata
volantinaggio testi poetici presso:
- progetti C.A.S.E.
- Facoltà di Lettere e Filosofia e di Ingegneria dell’Università dell’Aquila
- ospedale regionale
- centri commerciali


La “carovana” – percorso poetico/performativo – partirà alle ore 15,30 dalla Villa Comunale e si snoderà per le vie del centro storico dell’Aquila.
Interverranno i poeti: Sara Davidovics, Alessandro Morino, Fabio Orecchini, Federico Scaramuccia, Ivan Schiavone.
Parteciperanno inoltre: Andrea Franzoni, con testi di Emilio Villa, Antonin Artaud, Savonarola; Fabrizio Pambianchi, con testi dal Bardo thodol.
Organizzazione del suono: Fabrizio Pambianchi

Eventi poetici collaterali:

Corrispondenze – Visioni e Versi per questo luogo – installazione fotografico-poetica
a partire dalle ore 11,00 – presso il Centro Direzionale Valentini (Via dell’Arcivescovado)
ideazione: Danilo Balducci e Rino Bianchi
evento promosso da: Associazione Culturale Le Chat Noir e Gruppo OCCHIO QUADRATO
hanno aderito per la fotografia: Danilo Balducci, Rino Bianchi, Tania Cristofari, Dario Orlandi, Paolo Porto, Valentina Protopapa, Francesca Speranza
per la poesia: Francesca Bellino, Elena Bello, Maria Grazia Calandrone, Claudio Damiani, Riccardo Duranti, Daniela Fabrizi, Antonietta Gnerre, Maria Grosso, Anna Manna, Cony Rey, Lidia Riviello, Gabriella Sica, Luigia Sorrentino, Patrizia Tocci

La poesia dei colori nei paesaggi aquilani
mostra personale di Juan Alfredo Parisse
dalle ore 9,00 alle 20,00 – presso la sala conferenze dell’Hotel Castello (Piazza Battaglione Alpini)

E altro ancora in giro per la città… perché la poesia “manifesta!”

Ideazione | Organizzazione
Anna Maria Giancarli
Alessandra Di Vincenzo
Isabella Tomassi

Informazioni | Stampa
Alessandra Di Vincenzo
divincenzo.alessandra@yahoo.com
Isabella Tomassi
isabellatomassi@yahoo.it