sabato 26 gennaio 2013

Su In-chiostro di Giovanna Iorio

Delta3 Edizioni, 2012

recensione di Vincenzo D'ALessio


Le donne che lavorano, in casa, in fabbrica, nei campi, sono un’energia vitale che in pochi sanno riconoscere. Le donne che scrivono, romanzi, poesie,racconti, fiabe, sono la ricchezza del mondo. Scopriamo queste forze con l’aiuto del tempo. Prendiamo in prestito i versi di Emily DICKINSON: “(…) la terra ripone queste vite stanche / nei suoi cassetti misteriosi / troppo teneramente, perché qualcuno dubiti / di un ultimo riposo” per aggiungere un’altra tessera policroma al mosaico poetico di Giovanna Iorio. L’ultima raccolta titola: In-chiostro, ed è stata pubblicata presso le Edizioni Delta3 a dicembre dello scorso anno: “Trafitta da un raggio di sole / la luce scrosta / il legno urla il desiderio / di pelle / si scrolla di dosso / la polvere del mondo / apre cassetti pieni / di terra e radici.” (In-cattedra). Qui la Nostra ricorda i versi del Nobel Salvatore Quasimodo.

Una raccolta sincera e profonda, quasi un pozzo – figura retorica richiamata più volte nelle poesie - dove le acque della nascita del verso si intridono delle luci caleidoscopiche dei percorsi che formano la storia della poeta e quelle di ogni lettore: “Abitano i pensieri / accanto a un pozzo” (Carrucola) – “pozzi che sanno / ingoiare tutto” (Pozzi) e nel contempo l’acqua lustrale compare per indicarci il cammino del desiderio e l’anabasi nel mare della speranza: “rumore di sogni / in un secchio / di metallo” (Pelle) – “il secchio risale piano / gocciola una storia / cigola la carrucola / racconta invano” (Carrucola). Anche qui torna prepotente la lezione novecentesca del Nobel Eugenio Montale: “Cigola la carrucola del pozzo, / l’acqua sale alla luce e vi si fonde. / Trema un ricordo nel ricolmo secchio, / nel puro cerchio un’immagine ride.” (Ossi di Seppia,1920-1927)

La poesia che nasce, in questo nuovo secolo, racchiusa nelle pagine delle raccolte che leggiamo spesso disattenti, accoglie tutto il dolore di una guerra dichiarata alla memoria mediante la velocità delle storie che ci inseguono ogni giorno, come se non esistesse più il Tempo, attraverso i mezzi di comunicazione di massa Il messaggio è raccolto nel verso citato in precedenza : “racconta invano”. Chi ha voglia di ascoltare la memoria collettiva? Chi vuole vestirsi di “vero” per sapersi finito nell’Infinito? La poesia della Iorio, in questa raccolta, diventa sincera proprio quando sfida i luoghi comuni e conduce il lettore verso luoghi impossibili a passi impreparati poeticamente: “Non stare a pensare / a me / (…) a questa voce / sporca di vero / (…) a questo inchiostro che non so / ingoiare / nemmeno ora che tu / sei fuori e io dentro / alla clausura” (In-chiostro).

Il chiostro e la clausura: che testimoniano il tempo che scorre, la solitudine del poeta difficile da condividere perché essa si pone al di fuori del caos circostante: “Un livido sul cielo / cambia colore / ora rosso ora azzurro / ora nero / intenso dolore / che nessuno sente”(Temporale & Imbrunire). La poesia non ha mète né soluzioni da offrire. La poesia è un canto che continua all’infinito, brucia sulla lingua e nella mente: “(…) si appiccica alle dite / sporca pagine di vita / (…) qui dove tutto / torna indietro / qui e in nessun altro luogo / nasce il canto” (Qui). Questa raccolta ricca di anafore, che si affida all’enjambement per raccontare verso su verso la poetica della Iorio, che sceglie l’assonanza e la rima per rendere musicale il percorso, che si affida ai colori per indicare la gioia di vivere, che odora di sole nelle scelte di luoghi e amori, è il frutto fecondo di una poeta che oggi ha raggiunto il buono del suo percorso, ha maturato l’inchiostro della semplicità che dura nel tempo: “Vorrei una pagina bianca / larga una vita / (…) una pagina bianca / tutta mia / dove essere / inchiostro” (Punto e basta).
Questi versi profumano di nuovo. Anche il dolore diventa pudore nel verso che si snoda: “(…) io scrivo / a brandelli con la carne / che chiede aiuto” (Inchiostro rosso) – “e la vita / t’avvita la gola” (Pochi minuti). Vengono alla mente i versi della conterranea Maria Luisa Ripa, scomparsa in giovane età al culmine della sua carriera artistica: “… e Dio ci tende la mano / ci soffia la speranza nel cuore / finché il corpo si assopisce / e lo spirito emerge / oltre la vita…”. Tutto scorre in quell’acqua dell’inizio, nel chiostro di un luogo fantastico, nel pozzo che raccoglie miti e ricordi. La carrucola cigola, risale il secchio grondante gocce che sono lacrime e ricordi, ci si affaccia a guardare, a sognare, a sperare, nell’immensità del silenzio la parola è colore.

Bella l’immagine di copertina rappresentante un pettirosso: piccolo e battagliero, solitario e silenzioso uccello delle siepi. Come apre solenne l’epigrafe posta all’inizio della raccolta ripresa dal poliedrico profeta Pier Paolo Pasolini: “Io sono una forza del passato. / Solo nella tradizione è il mio amore”. L’invito è chiaro dall’inizio di questa raccolta dedicata, come un desiderio, ad Alan: marito e druido della poeta.

1 commento:

Giovanna Iorio ha detto...

Grazie Vincenzo per queste parole che rivelano la tua profonda poesia, oltre che presentare la mia. Volevo aggiungere che l'autore della bellissima copertina è Simone Massi. L'opera da cui è tratto il pettirosso si intitola "Lieve, dilaga" ed è una animazione di un minuto, di grande poesia. Vi suggerisco di guardarla nel link che allego. Ancora grazie e saluti carissimi a tutti i fariani.

http://video.repubblica.it/arcipelagofilmfestival/lieve-dilaga/97825/96207