lunedì 28 gennaio 2013

TRA OCCIDENTE E ORIENTE

Alessandro Ramberti, Sotto il sole (sopra il cielo), FaraEditore, Rimini 2012, pp. 86, €11,00.

recensione di Rosa Elisa Giangoia di prossima pubblicazione sulla rivista «Satura».


È di grande ricchezza di pensiero e d’immagini la nuova silloge poetica di Alessandro Ramberti, autore che ha già al suo attivo un’ampia produzione poetica, interessante anche per l’intensa ricerca di sempre nuove e più efficaci modalità espressive condotta nel tempo. In questo nuovo testo, più disteso e pacato nell’espressione, il poeta avverte tutta la ricchezza del sapere dell’uomo, un sapere che viene in larga misura dall’eredità dal passato, soprattutto biblico (“Scopriamo, sì, prendiamo in mano / il destino impastato di Adamo - / il peso concretissimo dell’anima”, in Implicitamente); “Va’ sulla scala di Giacobbe / anche se ne resterai sciancato: / vedrai che nervi e muscoli / li anima / uno spirito più grande.” in Conversione) e che, nello stesso tempo, si arricchisce di quanto elaborato al di là dell’asse privilegiato della cultura classico-giudaica, grazie ad un incrocio che permette di inglobare, anche graficamente, l’Oriente per metterne in evidenza la persistenza storica, la vitalità e la ricchezza di ieri e di oggi. Infatti alcuni dei testi di Ramberti, conoscitore per studi accademici delle culture orientali, sono tradotti in cinese da don Pietro Cui Xingang, coordinatore della Comunità Cattolica Cinese in Italia, e da Alessandro Centanni, come anche in cinese sono riportati alcuni passi biblici. Sintomatica pure la lirica Istantanee, in cui Istanbul è vista come congiungimento di due mondi (“due continenti e una fessura di mare”).
La conoscenza si manifesta per accostamenti ed intrecci, per illuminazioni, che creano un percorso sapienziale all’interno di una percezione esistenziale e storica, che si arricchisce anche con la suggestione che può derivare da figure che hanno compiuto un particolare e coinvolgente percorso di ricerca e di spiritualità, come quella di Pavel Aleksandrovič Florenskij, a cui è dedicata la lirica 8 dicembre 1937, che ricorda la data della morte in un gulag sovietico del matematico, filosofo e mistico, la cui voce di verità, proprio da quel momento, si fa più forte e si diffonde a più ampio raggio: “I fucilieri ti hanno silenziato - /adesso sei nel vento che non soffia: / hai scritto che possiamo // sognando, colorare il paradiso / ammalandoci, scoprire le carte / stupendoci, pregare.”
Il sapere acquisito dalla tradizione e dalla cultura è, però, anche quello che permette di orientarsi nell’attualità, come dimostra la lirica Mangiati, mentre Epicedio è una poesia chiarificante dell’intreccio tra sapere tradizionale ed acquisizioni della nuova cultura scientifica. Infatti nella memoria e nell’omaggio ad una giovane donna defunta (“ad Ilaria”) il poeta vuole rappresentare l’inserirsi del divino nella nostra materialità biologica, come dimostra la tessitura lessicale scientificamente precisa (“cellule”, “neuroni”, “geni”), per mettere in evidenza nella strofa finale (“Noi che sorella morte fa tremare / siamo attirati più dal vuoto del Nirvana / che dalla inquadratura esatta / di una Croce”) la tendenza della cultura odierna a privilegiare un vago ed indefinito al di là, piuttosto che accettare con determinazione e coraggio, anche per gli obblighi che determina nella vita di ogni giorno, la verità della croce di Cristo. In questa linea la meditazione sulla morte, come dissolvimento o diversa persistenza, si fa intensa in liriche (Ai margini del sacro, Notte senza fine) fortemente suggestive per le riflessioni (“come sarà la carne / non più circolata dal sangue / ma semplice impronta dell’anima?”) e per le immagini (“Una matita traccia un segno delebile / ma resta per sempre / il disegno di Dio”), che aprono ad una speranza innervata di fiducia nel divino.
La verità per il poeta non è solo, però, frutto di personale intuizione ed illuminazione, ma è anche adesione ad una Verità, rivelata e tramandata nella storia, come si può dedurre dall’oratorio Rabbunì, dove ad orientarci verso la rivelazione della Verità sono già le parole di Marco (15,38) poste in esergo: “il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo.”), ma ancor più quelle di Maria di Magdala: “I fatti del mio Rabbi sono veri // compiuti: non si possono negare.” Questo oratorio costituisce la seconda parte (Sopra il cielo) della silloge poetica ed in essa, come in un’antica sacra rappresentazione, si susseguono le scene drammatiche della crocifissione, della morte e della resurrezione di Gesù, rievocate con versi di alta tensione spirituale. Quello che viene tracciato è un cammino difficile da accettare per gli uomini, di fronte al quale ci si può decisamente allontanare, come fa Giuda, o si può vivere la tentazione di rinnegare, come avviene per Pietro. A tenere la strada giusta è Maria di Magdala, sempre animata dall’amore verso Gesù che affronta la morte, ma la vince con la risurrezione, donando la salvezza a tutta l’umanità, rappresentata ai piedi della croce dall’apostolo Giovanni, a cui Cristo affida sua madre. A noi resta lo “spirito”, quella ruach biblica, misteriosa manifestazione per sempre di Gesù, come dice Maria in chiusura del testo: “Non ti trattengo più Maestro mio / tu sei, tu vai, tu resti come Rùach.” Oratorio questo di grande fascino, anche alla lettura individuale, seppure molto più intenso nella recitazione che era stata messa in atto di una precedente versione nel monastero di Fonte Avellana con le voci di MassimoSannelli e Antonella Catini Lucente durante la kermesse del 13-15 maggio 2011.


Apprezzabili nel volumetto anche i disegni di Francesco Ramberti, che ritraggono personaggi della Scrittura (Maria, Geremia, Elia, la Samaritana, Giuda, Pietro, Pilato, Giovanni, Maria di Magdala), della tradizione cristiana (Agnese) e della storia della cultura (Boezio, Pavel Aleksandrovič Florenskij, Regine Olsen) con tratti essenziali, ma molto efficaci per la connotazione individuale, soprattutto spirituale.

1 commento:

Mariangela De Togni ha detto...

Bellissimo "Sotto il sole (sopra il cielo) di cui ancora non ti avevo ringraziato, e altrettanto bella la recensione di Rosa Elisa Giangoia.