mercoledì 6 febbraio 2013

AA.VV. Faremo un giorno una carta poetica del Sud – Restituiamo la letteratura meridionale ai Licei

Delta3 Edizioni, 2012


recensione di Vincenzo D'Alessio

Ogni qualvolta mi pongo alla lettura di un nuovo libro affermo, con profonda riconoscenza, la lezione del napoletano Giambattista Vico circa i corsi storici del genere umano. I tempi sembrano cambiare ma gli uomini ritornano a franare negli stessi orrori senza alcun ravvedimento.

Agli albori di questo XXI secolo vengono incontro le medesime condizioni che spinsero lentamente la nostra povera nazione ad una prima guerra mondiale: “La crisi economica mondiale ha forti ripercussioni in Italia e colpisce sia le industrie sorte o profondamente rinnovate in età giolittiana (come l’industria metallurgica), sia quelle tradizionali come il settore cotoniero (…) Il 1913 è l’anno che vede la più forte emigrazione nella storia d’Italia” (Storia d’Italia,1815-1990).

Paolo Saggese, scrittore, ha intrapreso da circa vent’anni una sincera lotta contro la condizione di stallo culturale in cui versa l’intera area scolastica meridionale (non ultime le “indicazioni nazionali per i Licei” contenute e approvate con D.M. 211/2010), con la pubblicazione di una serie di libri, tra questi l’ultimo è Faremo una carta poetica del Sud – Restituiamo la letteratura meridionale ai Licei. Oltre ai libri, una varietà di articoli apparsi su tutte le testate nazionali ,anche a firma di grandi giornalisti, che hanno fatto propria la battaglia culturale del Nostro. A fornire un contributo notevole a quest’ultimo libro è stato il figlio, del premio Nobel per la Letteratura (1959) Salvatore Quasimodo, Alessandro, con una introduzione calorosa e illuminante: “Oggi, in un epoca in cui si rischia di essere travolti dall’orda caotica e inferocita dell’ignoranza, della banalità, del cattivo gusto, è utile ricordare che gli autori del Sud, gli stessi che l’insensatezza di una certa corrente di pensiero vorrebbe confinare nell’anonimato, hanno celebrato eventi; hanno dato voce a ideali; hanno dato corpo e immagini a idee, a sentimenti, a speranze e drammi epocali…” (pag. 11).

Il titolo di questo lavoro, Saggese e chi con lui ha condiviso l’idea sul campo, è tratto proprio dal discorso che tenne Salvatore Quasimodo sulla poesia nel 1953, oggi preso come testimone della posa della prima pietra deposta per la realizzazione di questa Letteratura Meridionale facente parte, viva e attiva ,di quella nazionale. Tutti i coautori di questo libro annunciano la necessità di liberare dalle prigioni ministeriali, dalle lobby segrete dell’editoria, dall’ingiusta collocazione nell’inferno letterario, le grandi voci poetiche del Sud della penisola: lo stesso Salvatore Quasimodo, Alfonso Gatto, Leonardo Sinisgalli, Leonardo Sciascia, Elio Vittorini, Rocco Scotellaro (del quale quest’anno si celebra l’anno storico/poetico della nascita e della prematura scomparsa), Ignazio Silone, Tomasi di Lampedusa, Domenico Rea, Corrado Alvaro, Francesco Jovine, Carlo Levi, Albino Pierro, Bartolo Cattafi, Luigi Fontanella, e le voci giovani che sorgono in questi cupi tempi di menzogne le quali lottano portando la freschezza della loro poesia civile a conforto degli studenti sempre più poveri di certezze e speranze di un lavoro sicuro. Anch’io citando poeti, poete e scrittori sicuramente non ho menzionato tutti, non riuscirei a farlo comunque, perché il filo rosso che lega le regioni meridionali è intriso di quel sangue unico, distinto e diseguale, che è alla base del creato poetico.

Questo libro, come quelli che l’hanno preceduto a firma di Paolo Saggese, sono le assi sicure di quell’Arca che dovrebbe accogliere le tante diverse voci poetiche che il Sud ha germogliato e germoglia sulle radici antiche irrorate, nel silenzio della terra, dalla creatività greca, dall’orgoglio contadino, dall’orrore dei fenomeni naturali che mietono vittime innocenti e imprimono nei versi il dolore delle perdite e l’infaticabile sforzo del ricominciare nella medesima terra.

Come hanno scritto Saggese, Iuliano, Di Napoli e Nannariello, nel prologo: “Attendiamo, comunque, con fiducia, che questo errore possa essere sanato dal Ministero entro la fine della Legislatura. Ma è inutile dire che, perché questo avvenga, abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti” (pag. 6). E lo stesso Nannariello ribadisce nel suo intervento a pag. 61: “Non tutti hanno prestato la loro voce come convintamente ha fatto da marzo «Il Corriere della Sera», specie con «Il Corriere del Mezzogiorno».(…) ossia che il Mezzogiorno d’Italia non produce cultura, a parte quella dei caciocavalli e dei formaggi, dei salumi e degli altri insaccati. Ma questo in verità non è stato, né davvero si poteva sperare, considerato che molti politici, amministratori e operatori culturali del Sud la sola cultura che nella loro sconcezza promuovono è quella dei prodotti tipici locali. Per questi ignoranti di sé, del proprio patrimonio e della propria storia, per questi dell’indecente cultura del ventre quell’altra non esiste o, se esiste, non vale la pena conoscerla neppure, considerato che «non si può mangiare» (Tremonti docet), non serve a niente.”

Sulla scacchiera italiana questo lavoro, a più voci, sintetizza e si rende testimone di un momento profetico della “battaglia” intrapresa, nel silenzio civile che distingue la Cultura, forte della “Voce” dei giovani: calda e splendente, sole che scalda e scioglie le brutture del freddo, che il Sud di ogni nazione sa offrire nei momenti più tristi della storia degli uomini.

1 commento:

Raf ha detto...

Mah! Io sono un poeta del Meridione, scrivo dall'età di dieci anni, ho pubblicato libri, saggi su riviste importanti, recensioni, ho sviluppato una strategia di lettura della poesia denominata "Critica Operazionale" che ha dato prove eccellenti... Ma non mi cita nessuno, e neppure qui sopra mi ritrovo, dove si ritrovano solo i soliti grandi nomi, benedetti dai baroni universitari. È perché non valgo niente? Ma mi avete letto? No. Neanche voi. E allora?!
Domenico Alvino