lunedì 18 marzo 2013

Su Piano di Alberto Mori

recensione di Antonio Manco

pubblicata su deCOMPORRE - Pubblicazione Letteraria - Marzo 2013 - N. 14

Geometria, Musica, Fisica, Fotografia, Cinema… L’unica parola di cui è formato il titolo di quest’opera, Piano, trova una sua dimensione in ognuno di questi ambiti moltiplicando i suoi significati e la sua stessa natura iconografica, basti pensare a un piano  euclideo o a un piano sequenza cinematografico. E come ci viene insegnato fin da bambini, un titolo è efficace se riesce a concentrare in sé tutta l’essenza che l’autore ha riservato all’interno dell’opera e questo obbiettivo è stato raggiunto appieno dal Piano (e di conseguenza da Mori che l’ha scelto). I versi proposti dall’auotre lombardo a una prima lettura sembrano monoliti essenziali e minimalisti, immobili nella loro essenza e di granitico significato che sorprende l’impreparato lettore colpendolo violentemente con le immagini che vengono evocate. Ma ecco che ad una lettura più attenta (e preparata) i monoliti, crollano,mutano diventano portali che collegano letteratura, musica, immagini. Quello che all’inizio sembrava essere un agglomerato di versi inconsueti appare poi come un mosaico pixel, di immagini e  di suoni che assieme formano il mondo caotico, tranquillo, moderno antico, iperbolico, statico che ci circonda. E Mori riesce a descrivere il suo (il nostro) mondo in maniera talmente minuziosa da trasformare la parola su carta in vera e propria fotografia: Quando il pomeriggio vede quetore / la chiarità dell’ora intaglia l’ombra fresca / obliqua la staccionata / accompagna i sussurri del perimetro /dall’altra parte della strada /nella meridiana naturale  del bordo. La parola abbandona la “semplice” funzione semiotica e semantica per abbracciare quella più complessa dell’empatia che può scaturire tra caos ed equilibrio, con tutte le costanti gravitazionali che potrebbero rompere il nostro “piano” facendo crollare il tutto. Ma Mori è estremamente abile a ritrovare il baricentro per riportare tutto in ordine prima che l’angolo di capovolgimento faccia il suo lavoro. Ma a volte l’equilibrio non è sinonimo di serenità, nonostante gli alberi che circondano la grande autostrada piena di automobili siano perfettamente allineati c’è un leggero malessere, come se ci fosse qualcosa di sbaglaito. Così com’è in “errore” il SUV ricoperto di polvere sotto l’arco antico,per ora risultano in equilibrio, ma quanto questa convivenza sarà serena e pacifica? Potrebbe essere necessario un “piano” di fuga,come quella che ha portato qualcuno a rompere il vento da frantumare solo “in caso di emergenza”. L’intera opera  quindi è un concentrato di equilibri, di immagini che vengono proiettate nella mente del lettore, anzi potremmo dire che la stessa opera è IN equilibrio, con il componimento iniziale e quello finale a fungere da contrappesi perfetti. Un libro quindi non solo da leggere ma da RI-leggere più volte e non meravigliatevi  se dopo l’ennesima lettura il mondo, le persone, la musica, il vostro letto, voi stessi sembrerete dondolare alla ricerca di una stabilità.

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