venerdì 12 aprile 2013

Mariangela De Togni: Frammenti di sale

FaraEditore, 2013

recensione di Vincenzo D'Alessio

Tra le mani ho la raccolta di poesie di suor Mariangela De Togni, orsolina, dal titolo: Frammenti di sale, pubblicato presso l’editore Fara di Rimini. Una raccolta semplice, senza prefazione, ché dichiara in versi l’Amore struggente per la Vita nelle sue forme più pure: la Natura nei suoi caleidoscopici colori, il mare nell’infinito azzurro congiunto al cielo, la solitudine divenuta dialogo tra l’essere e il suo Eterno.
È difficile seguire il cammino, petroso, che la De Togni ci invita a intraprendere attraverso le similitudini e le anafore ricorrenti delle sue composizioni: un deserto dove l’arsura viene compensata con il sale della sapienza, mentre il nostro corpo chiede l’acqua delle necessità. Le sue composizioni poetiche ci portano in un mondo non consentaneo all’umanità di oggi: umanità assente nel paesaggio. Poco si parla degli uomin/donne contemporanei e dei tumulti che afferrano ad ogni passo.
C’è nell’intera raccolta un dialogo tra la poeta e Dio, il finito e l’incalzante desiderio dell’Infinito, il riconoscimento nella Natura di ogni creatura vegetale, di cielo e mare, di continuo spazio per sperare: “Chi mi spazierà il cuore? / (…) Io non so mai che cieli / ed acque mi sveglino dentro / o quale assetato deserto. / Cercare Dio è trovare la notte / nell’ombra bianca / della sua misericordia.” (pag.17/18: La tua ombra). L’anima ha raggiunto l’estasi della contemplazione, l’armonia che la governa. Ma il cuore, tutto umano, fatica a calmare il tormento: “So che verrà / il giorno disegnato per me / a dirmi che il cielo / è aperto al mio cuore / stanco di rattoppare la vita / di parole inascoltate” (pag. 24: Rincorro il tempo).
La Nostra ha raggiunto, nel silenzio degli archi gotici, nella sublime tavolozza di colori che la vita gli offre, nelle pietre preziose prese in prestito dalla terra, nella citazione di luoghi sacri e melodie celesti, la beatitudine cantata nei Salmi: “ Sono vere / le mie luci, le mie voci, / come ala rosata del giorno, / appena, sul mare. / (…) Sono un granello di sabbia / che il silenzio trasfigura” (pag. 28: Come mi parla). Un lasciarsi plasmare continuo, dalla forza incontenibile del vento del Creatore, nel deserto dell’esistenza terrena.
Poche volte si affaccia, in questa raccolta, l’incontro con l’esterno degli avvenimenti. È il caso di due poesie dedicate: A mia madre (pag. 9): “Infranto il mistero / nel chiarore del mio ricordo / un’ombra apparirai. / Non diversa / da com’eri in vita.”, dove è possibile accostare i versi del poeta Giuseppe Ungaretti: “E il cuore quando d’un ultimo battito / Avrà fatto cadere il muro d’ombra, / Per condurmi, Madre, sino al Signore, / Come una volta mi darai la mano” (La madre). E nella poesia A Yara (pag. 30): “Le fontane piangono / non più lacrime d’attesa. / Oggi il cuore s’incammina / per sentieri di pietra. / (…) Avrai il nido nella sua mano / e gioirai dell’eternità. / Farai cadere petali di amore / su coloro che ti hanno amata.”
L’attimo di esitazione del cuore, cantato nei versi iniziali della poesia A Yara, fa trovare al lettore l’immediato conforto, ad una tragedia immane qual è la morte violenta di una “rosa di Hebron”, nella protezione delle mani dell’Eterno. Tutta la raccolta vibra di questa canto di Fede, sconosciuto all’Umanità dei giorni nostri in corsa nella furia scatenata delle guerre dei mercati, nelle morti silenziose dei più piccoli, inadatta all’ascolto dei Salmi. La De Togni affida proprio alla purezza dei fanciulli il riscatto dal presente nell’inno che chiude la raccolta di cui parliamo: “Lascia cantare la voce / dei fanciulli sulla tristezza / dei baccanali” (pag.50: Perdonaci Signore).
Vorrei concludere questo mio scritto riportando i versi di un altro grande poeta cristiano, partigiano di Dio, testimone del suo tempo: “(…) Appena scricchiola il giorno / i rami si accendono / come gli occhi dei fanciulli, / mentre io dalla torre / allargo le braccia / in forma di croce / e inizio così il mio giorno / di pescatore che esce nella notte / con le reti vuote” (David Maria Turoldo, Tu non sai tante cose,  da Il sesto angelo).

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