giovedì 25 luglio 2013

Su Colibrì di Anna Maria Tamburini

di Valentino Ceneri

È dall’esatta allogazione delle parole, dal doverle imparare a scandire una dopo l’altra, una confrontata con l’altra, e dal succedersi delle pagine – normale/corsivo – che trovi la chiave di lettura e di interpretazione di queste pure liriche dell’umano – l’adamàh – di Anna Maria Tamburini. L’adamàh che emerge ancora indifferenziato e impara a parlare nella sorpresa inaspe
ttata del suono che fuoriesce dalla bocca e investe magicamente la valle dell’essere.
L’uomo, la donna, il bambino librati nella contemplazione degli spazi siderei del creato, delle acque, dei mondi, degli elementi della natura in un continuo gioco di creazione di suoni, nel tentativo di comunicare qualcosa che solo l’altro potrà identificare. Con l’invito implicito da parte della bambina che parla (Anna Maria) – il poeta nascosto – di indovinarne il significato dal sorriso di conferma che illumina la bellezza dell’essere prima che questi appaia. L’atto di fede fondativo della vita, e non lo sai ancora.
Come un colibrì, che sta a guardia della semantica che affiora dall’inconscio mare calmo. Che si nutre, però, di onde improvvise per accarezzare il bimbo che ama giocare nell’apparire e sparire nel bagnasciuga dove immagina di riempire la buca assetata dell’Essere infinito.
È anche la dinamica di un gioco di coppia, Colibrì di Anna Maria Tamburini.
La coppia degli opposti, la coppia delle forze contrapposte, che devono produrre energia per la vita. Per questo è dedicata, dall’autrice, alla coppia umana di Anna Maria (sé stessa) e Paolo (il suo sposo).
Dopo le lallazioni iniziali, il bambino inventa le olofrasi, per dire tutto e il contrario di tutto con un solo gorgoglio.
La poesia attinge da quell’incipit impercettibile, che sgorga improvvisamente dalla bocca di chi - per grazia ricevuta nel grembo materno - ha preso fiducia e ha già deciso di non rintanarsi nell’autismo, ma di farsi avanti per comunicare amore e conoscenza.

“E il logos si fece carne e abitò tra noi”.

Una bella, inconfondibile lezione di Vita e di Grazia da parte di Anna Maria Tamburini.

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