martedì 18 novembre 2014

Francesca Luzzio su "Neoplasie civili", silloge poetica d'esordio di Lorenzo Spurio


Lorenzo Spurio, Neoplasie civili
Edizioni Agemina- Firenze, 2014

RECENSIONE DI FRANCESCA LUZZIO

Leggere le poesie di Lorenzo Spurio è come leggere le pagine di un quotidiano. Certo un quotidiano speciale, perché non si tratta di scarne pagine di prosa che descrivono e commentano gli eventi e la realtà, ma di poesia che con immagini potenti ci fa riflettere su tanti drammatici eventi nazionali ed internazionali che in quest’ultimo periodo hanno rattristato la nostra “globale” società. Non a caso il titolo della silloge è Neoplasie civili”, infatti l’autore è come se già attraverso il titolo volesse denunciare i cancri delle ingiustizie, degli imbrogli, delle guerre e delle immoralità  che caratterizzano i nostri giorni e a causa dei quali ”Gea si occulta la vista/ e corre ad occhi serrati/ verso rovi e sterpi  acuminati/ per accecarsi”. ( A una madre, pag.15) Ma il poeta di fronte a  “verità talmente vere da non credere realmente”(pag.31), nell’accorata ed amara denuncia sente la sua solitudine, la sua impotenza e serra “i pugni con sovrumana forza/ con la speranza di  polverizzar(si)”( Polvere e sangue, pag.35), anche se in fondo non cessa di sperare e, come il fiore giallo che riesce a crescere “al  margine di un marciapiede”, rompendo il duro cemento che vuole impedirgli la vita, anch’egli rompe il silenzio, si immerge nel mondo ed agogna elevazione, ma  la ricerca, il desiderio non trovano sbocco, non bastano a dirimere, ad annullare il substrato di tristezza, di angoscia che il poeta ed ogni animo sensibile nutrono in fondo al proprio cuore, così il fiore giallo che nel suo sbocciare pur esprime anelito di vita, raccolto e posto “all’occhiello della giacca”, (Il fiore giallo, pag.33) sembra esprimere la comune tristezza, il comune bisogno d’amore, di serenità che nessuno sembra in grado di soddisfare. In genere l’eccessivo egotismo, il prevalere degli interessi economici sull’uomo e sulla natura stanno annullando ogni sensibilità, ogni alito di spiritualità, ogni voglia di volare oltre l’hic et nunc.
 Così non  serve la corsa furiosa per evitare “Quei mostri tentacolari” che “s’avvicinavano minacciosi/ come un’atroce pena da espiare ( Corsa furiosa per evitare....,pag.51).  Per chi ha visto “ un bambino/ con strani lividi al volto” (Ho compreso perché, pag.30), o “impavidi cecchini” sparare “uccidendo soldati amici”(Polvere e sangue, pag.31), o porporati cadere”di fronte a spietate accuse incontrovertibili/ su angoscianti verità taciute (Fumo bianco,fumo nero, pag.32),  di fronte ad una umanità che non guarda più l’uomo, che distrugge la natura-madre, la poesia diventa possibilità di salvezza, diventa pioggia lustrale,  “occasione”per dirla con Montale, per denunziare la condizione franante della nostra attuale realtà.                                                                                                                      
L. Spurio, affinché la poesia assolva appieno tale funzione e il verso non risuoni di monotonia, adopera una scrittura polimorfa, come sostiene il critico Ninnj Stefano Busà, e al lessico forte, realistico (arrugginito, ferro, cemento....) affianca quello etereo, sognante (aere, rinverdire, beato...), creando un chiaro-scuro verbale che diviene correlativo formale del chiaro-scuro storico-sociale, ulteriormente ribadito dall’alternanza ritmica dei versi, ora musicali, ora aspri e duri, vibranti dell’amarezza emozionale che l’ispirazione ha dettato.


                                                                           FRANCESCA LUZZIO


Palermo, 04.11.2014

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