lunedì 16 novembre 2015

Laura Pecoraro nel Giardino dei poeti

Laura Pecoraro

16 novembre 2015 by redazionegiardinopoeti


recensione di Vincenzo D'Alessio
*
Laura Pecoraro, Ladro di sabbiaFaraEditore, 2015


Ogni libro è la piccola tessera del mosaico che contiene il Tempo della vita degli uomini. Il libro è il racconto dell’esistenza di un essere umano e del mondo che lo contiene. Le pagine del libro, anche virtuale, sono paragonabili agli atti di un notaio, crudele, che redige rogiti i quali racchiudono le vicende e le cose degli uomini a partire dai piccoli villaggi per finire alle megalopoli inventate dall’uomo. Il ricercatore legge e sceglie quanto gli giunge dagli scritti: le vicende che hanno lasciato un segno indelebile, altre destinate alla dimenticanza.
La raccolta di poesie ha, rispetto agli altri libri, un intenso profumo di Natura compresso in ogni pagina: aceri, boccioli, gelsi, ricotta, sabbia di mare e la vivacità dei colori: bianco, nero, cobalto; l’empatia scaturisce dalla nostra attenzione; il trasporto dalla delicatezza con la quale giriamo pagina dopo pagina.
Laura Pecoraro ha pubblicato la sua raccolta poetica con il titolo Ladro di sabbia (Fara Editore, 2015) con la prefazione della poeta Narda Fattori. La copertina riporta una bottiglia contenente sabbia e sull’etichetta compare la scritta: “Love 99% Poesie 250ML”: le indicazioni sotto esatte.
L’intera raccolta vibra di una intensità di sentimenti che bisogna seguire con molta attenzione per raggiungere l’identità che la poeta rivela nei versi; a pag.47: “(…) Torno selvaggia creatura / nulla mi ferma”. Il racconto che seguiamo in questa raccolta ha molto delle vicende personali , del dolore intimo, della fine delle illusioni: “ (…) Cadono le mie illusioni / e raccolgo sogni feriti.”pag.48. La sabbia nella bottiglia / clessidra è stata rubata dalle vicende dell’esistenza, simile a tante altre, unica quando viene condivisa con il lettore.
Qui sta il coraggio di affrontare lo scorrere della sabbia nel silenzio dell’ampolla e far parlare quel silenzio immortale con l’alfabeto umano della vera poesia. Vorrei, a questo punto, prendere in prestito i versi di un immortale poeta che ha cantato l’Amore, difficile, dei suoi giorni: “ Ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia / è la mia nostalgia / cresciuta sul ramo inaccessibile / è la mia sete / tirata dal pozzo dei miei sogni” (Nazim Hikmet: Poesie d’amore, Berlino,1961).
La Nostra ha messo a nudo i suoi sogni, la disillusione, la forza della rinascita che non è l’imperativo nelle mani degli altri ma nell’intimo richiamo alla sua natura selvaggia: “Non ti è dato chiedere / alla muta voce del fato / (…) Affidati al passato / che aprirà le verità di una vita / prendi in dono uno scrigno / e custodisci ricordi di nenie / in un’eternità di frastuoni.” (Al padre, pag.59). Il percorso inverso, il ritorno ai ritmi conosciuti, alle memorie sopite, ai valori che hanno intessuto i fondamenti della morale dalla quale si riceve l’abbrivo del distacco dalla conosciuta riva famigliare.
Un testamento, dunque, caro lettore di una navigante che ha attraversato un mare insidioso ed è alla ricerca della giusta costellazione per tornare alle rive del costruire, della serenità, della sabbia da riprendere per alimentare la clessidra del Tempo. La Nostra ce lo fa comprendere in una delle poesie più belle della presente raccolta, Occhi di cenere (pagg. 26/27) nella “fabula” vera che è la storia della civiltà contadina di ogni luogo del nostro pianeta e della quale abbiamo dimenticato il modo di tramandarla oralmente: “Su rughe di carta / oggi leggo / una storia che profuma d’antico. / (…) / Osservo il passaggio / di volti e di storie / sui nodi delle tue dita / distorte dal tempo / e dalla fatica nei campi / all’ombra di decenni di novene”. Casa e chiesa, marito e figli, lavori nei campi e lavori domestici, dolori dei parti e dolori delle violenze subite, morti e tradimenti, la nera sabbia della clessidra che troppe donne hanno visto scendere nella loro esistenza senza alcuna libertà.
Il riscatto da questa condizione disagevole è il punto di partenza del racconto di Laura Pecoraro. Una voce poetica chiara, forgiata al fuoco della memoria, alla conoscenza meditata della poesia contemporanea. Una partenza necessaria per avventurarsi lungo “(…) le strade che riescono agli erbosi / fossi” (E. Montale, Ossi di seppia), per raggiungere un ruolo nelle voci narranti di questo inizio secolo avversato da troppi affanni.
Bene ha scritto nella prefazione Narda Fattori della Nostra circa la padronanza della lingua poetica indicandola come chiamata al comporre. Proprio della Fattori vorrei citare alcuni versi dalla sua raccolta Cambiare di stato morire di natura (Edizioni CFR, 2014) che si possono accostare alle motivazioni della poeta Laura Pecoraro: “Me ne uscirò da me prima che si faccia buio / il cuore nasconderà nel suo guscio duro / ancora sabbia dorata e merli sui castelli” (pag. 17).  



coverLadrosabbiaw
*
ATTO I

Fluido armonioso

e perturbante

il tuo aroma
come fiamma
sui mie sensi
slegati e senza rotta ( che hanno perduto la rotta)
sotto poi mani turbolente
e corpi conturbanti.
Desiderio codardo
contraccolpo
di una famelica passione.

Atto I di una NONFINE.
*
ATTO II

Ho incontrato la luna stanotte

tra cunicoli sparsi

di vuoto e di buio.


Ho incontrato la luna stanotte

tra sassi deserti

ed echi senza voce.
Un tonfo da alture senza pareti
e braccia tese.


Ho incontrato la luna stanotte

dietro prigioni di paure

per peccati senza colpe.
Ho incontrato la luna stanotte
e ci siamo mostrati
su terrazze senza sponde
e cieli senza tetti.
Nudità opache.
Tremule le mani
sotto voglie strozzate
dentro strappi
senza toppe.

Atto II di un NONSENSO.
*
ATTO III

Paure occultate

come matrioske:

inarrivabili spazi
e parole di nebbia
su questo calvario
adorno di cinque croci.


Ma non sei qui

e io non sono là.


Invisibili e bugiardi noi

dentro cunicoli usurati

e strade senza luci.
Portoni mai chiusi
e imposte mai serrate.


Spiano gli occhi

dietro mattoni senza calce.

Vacilla la trave
su muri senza forza.


E noi QUA

fustigati da noi stessi

attorno a fuochi ribelli
e vestiti di passioni bagnate
da lacrime che non piangono.

Atto III di una NONASSENZA.
*
COME…

Come sabbia sottile

tra le dita del tempo

ogni istante che muoio su te.
Come buio spento
e luce perpetua
tra nebbie di inverno
la tua presenza
in giorni senza vita.
Come pepite d’ambra
i tuoi occhi tatuati nelle mie iridi.
Come fiume che straripa
e corrente travolgente
vorrei la tua pelle nuda
sulla mia carcassa arrendevole.
Come pendolo esaurito
il tuo cuore acciaccato
nel dondolio di mani
che come figlio sostengo.


Come cavalli selvatici

e senza dimora

le nostre anime ribelli
danzano nel fuoco.

*
Ed io CI voglio.

Su versi acerbi scivolerà il tuo calamo

e le mie dita sporche d’inchiostro

calcheranno la loro impronta
sotto la spinta rassicurant del tuo abbraccio di seta.
Plasmerai, spoglierai e rivestirai
l’anima indomita ed irruentae
istruendo ed impartendo una lezione
che non si insegna e non si apprende
Slegherai, limerai e piallerai
la grafite anonima e frammentata
che disincanta e incanta
l’opposto del tutto
il tutto nel niente
il niente che freme e trema.

*
PAURA

Nascosta in fondo al buio di una casa

chiusa sempre troppo

desolata sempre troppo.
Fumi e nebbie
intorno al fuoco
calore e luce in lotta
contro un inverno di ghiaccio.


La scintilla scoppietta

coriandoli di carta

ti incendiano.
Coni di deboli luci
intorno a colori
che non vogliono vivere,
a voci
che decidono di non gridare
a mani
che hanno smesso di afferrare
e unghia usurate
che non sanno più graffiare.

*
BOLLA DI SAPONE

Ho tra le mani

bolle di sapone

dall’indaco colore.
Riflessi in gioco
sfumature di allegria.


Ho tra le mani

misteri di costruzioni

e costruzioni senza sostegno.
La precarietà di una illusione
la caducità di un amore
la tenerezza di una paura.


Ho tra le mani

aritmie di cuore

la pienezza del niente
il vuoto di una scelta.
Ho tra le mani
la sofferenza di una rinuncia
e l’egoismo di un dono.


Ma non c’è scelta…

Tu sei già lì…

*
Laura Pecoraro (1980) nasce a Nocera Inferiore (SA) e cresce a Campobasso in Molise. Attualmente risiede a Rimini. È docente di scuola primaria e svolge attività di libero professionista in qualità di Pedagogista clinico. È referente regionale P.Ed.I.As. – Pedagogisti e Educatori Italiani Associati per l’Emilia Romagna. Ha pubblicato la raccolta di poesie e racconti brevi Frammenti di Sterlitzia (Gump Edizioni 2014). È presente nell’antologia poeticaTra un fiore colto e l’altro donato (Aletti Editore 2015) con la poesia Bocciolo. Ha prefato i libri La cura del sogno (2013) ePietre, rose e altri versi (2013) del poeta molisano Sergio Marchetta (Regia Edizioni).


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