martedì 16 febbraio 2016

Echi di voci e memorie di un paesaggio antico: Monte Guastanella e il Platani nei versi dei poeti raffadalesi Giuseppe Serroy e Salvatore Maragliano


Sito archeologico di Monte Guastanella

Quanto segue si configura come un piccolo omaggio ed affettuoso tributo alla memoria di chi, originario dello stesso paese dei miei genitori, Nicolò Lombardo e Giuseppina Gueli, dalle cui testimonianze  aediche tutte le mie indagini e ricerche storico-archeologiche ed etno-antropologiche sono dapprima scaturite e quindi culminate nella pubblicazione del saggio L’ultima dimora del Re. Una millenaria narrazionesiciliana “svela” la tomba di Minosse (Fara Editore), in tempi diversi  ma con la stessa temperie sentimentale e trasporto affettivo ha celebrato un luogo a me così caro come Monte Guastanella, ubicato nelle remote campagne agrigentine della media valle del Platani.


Giuseppe Serroy (Raffadali, 23 0ttobre 1795 – Agrigento, 3 ottobre 1881), poeta, studioso di tradizioni popolari, saggista, nonché medico, scienziato, politico antiborbonico, patriota dell’Unità d’Italia, originario di una stirpe di olandesi che emigrarono nella provincia di Agrigento a Raffadali, dopo essere passati da Malta, fu spirito di uomo  focoso, indomito e ribelle contro ogni male, torto o vessazione ai danni dei deboli da parte dei potenti.
Amò visceralmente il paese di Raffadali a cui dedicò diversi scritti e componimenti lirici e per cui raccolse suggestive cantate popolari contadine che un tempo echeggiavano per i sentieri e le trazzere di campagna all’alba e al tramonto.



Qui sottoriportati alcuni  versi  in vernacolo siciliano, frammisti a foto d’epoca, che eternano la memoria storica di Raffadali e Monte Guastanella:










Da Salvatore Di Benedetto, Giuseppe Serroy. Uomini e canti da non dimenticare, 1988

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Salvatore Maragliano (Raffadali, 8 settembre 1944 – Raffadali, 16 giugno 2010), indimenticabile poeta raffadalese profondamente legato alla sua terra natia, nonché mio caro ed affettuoso cugino, nelle sue appassionate liriche, ove la parola poetica si libra e si libera potentemente  con rara efficacia espressiva in suono e canto dal sapore antico e con accenti simili, a tratti, a quelli della dell’antica lirica greca, attraverso il filo della nostalgia rievoca il Passato come un bene agognato ma irrimediabilmente perduto e ora vagheggiato con amaro rimpianto.
Nei versi che seguono la sua voce si leva, accorata e fiera, contro  l’incuria, il saccheggio e la deturpazione di una natura, pregna di Storia, in questo angolo di Sicilia, fino a tempi or sono  di solenne e incontaminata bellezza.








Tratto da Salvatore Maragliano, Voci nascoste,1993



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