sabato 20 agosto 2016

Gli Specchi Critici - La vertigine dell'assenza negli inediti di Mario Famularo - di Luca Cenacchi

Inauguro questa sottosezione de "Gli Specchi Critici" di cui mi avvarrò, da una parte, per presentare e sondare quella parte del territorio poetico di valore ancora inedito, da l’altra per ampliare e arricchire il discorso critico principale.
Lungo il percorso della rubrica principale, secondo me, può già cominciare a vedersi la tendenza a interiorizzare e confrontarsi con il quotidiano in modo eterogeneo, anche negli stili meno sobri.
Anche le cinque poesie che presenterò oggi (La strada, gli occhi moderni, l’intreccio della lama,un tempo l'uomo intendeva il respiro, il senso delle cose di Mario Famularo poeta di origini napoletane) sembrerebbero non fare eccezioni, ma procediamo con ordine.
L’interpunzione mancante nella versificazione di Famularo costringe a una lettura continua, ma non affrettata: difatti le pause e gli incisi del discorso conferiscono ritmo e limite a ogni strofa, guidano il lettore, affinché non si perda a l’interno del dettato. Queste poesie fanno leva su una cronaca poetica: toni asciutti vengono supportati poeticamente da accostamenti suggestivi ma che, per così dire, non escono troppo fuori dai contorni. Scena di questo stile maturo talvolta, come nel caso della strada, non è tanto lo sviluppo del  fatto quotidiano isolato in se, come accade per molti autori, ma una certa meccanica  sottesa al fatto stesso:  più ampia e meno specifica. Così Famularo dipana la critica del poeta alla società massificata che è, allo stesso tempo, vittima e araldo degli agenti esistenziali come la morte, l’assenza, il vuoto etc…
Dunque dal particolare fatto quotidiano si tende sempre a sconfinare in dimensioni sentimentali e concettuali assai generali, che talvolta ampliano e confondono il limite di quest'ultimo, anche quando preso separatamente.
Così in queste poesie aleggiano toni di denuncia e reazione assai neri, fino alla totale resa di fronte a l’inevitabile dilagare del vuoto nelle sue varie forme. Dove si può trovare dunque consolazione? Paradossalmente nel dissolversi stesso dell’individuo. Difatti l’io lirico, se si presta sufficiente attenzione,oscilla tra un lessico vario, che integra vari registri anche extra letterari, fino a una dissoluzione totale o un graduale auto-decentramento, mentre si concentra e profonde la sua analisi di un presente percepito come senza speranza e a cui si contrappone l’atto liberatorio di un inevitabile auto dissoluzione ( Gli occhi moderni).
Questa conclusione può essere coerente a l’interno di un individuo se e solo se egli sia partecipe delle teorie giapponesi della trans-permanenza (Nishitani Keiji, Karatani Kojin, come l'autore dimostra d'essere), le quali decentralizzano l’io per svalutare la minaccia che il nulla ha su di esso, e dunque il nichilismo stesso.
Mario Famularo, dunque, interpreta fino ai limiti più estremi, un disagio presente in tutti i poeti presi in considerazione da questa rubrica: un rapporto, in alcuni puramente in alti solo a tratti, esistenziale col mondo, che in Famularo si conclude nel suo stesso annientamento.


( La strada)

la strada
è un solco di vestiboli
incrinato
sotto il peso del formicaio che
sgorga

tra le pieghe dei vestiti
un ricordo di ammorbidente
le coperte smosse
dal primo caffè

è tardi
tra i marciapiedi sporchi
le vetrine
stropicciano lo sguardo ai passanti
che evitano
ogni cosa

“buongiorno, tutto bene”
circospetta noncuranza
il tempo
trasuda troppo sporco
nei tombini

la sera non distende
le nevrosi cittadine
nel tramonto troppo bianco
è il silenzio
la finzione più accogliente

l’odore dell’assenza
si ravviva col riposo
nella contemplazione
di un mondo
senza l’uomo

riesco quasi a carezzare
la mancanza

*
(Gli Occhi Moderni)
gli occhi moderni
drappeggi di luci artificiali
l’esperienza della vista sedentaria
la pigrizia di una ricerca
insignificante
il risultato della conoscenza
del viaggio
l’immediatezza della percezione
mediata
dalla macchina

e crepita
tra le fessure invisibili
dissimulate, incorporee
la vertigine dell’assenza
che si è fatta
endemica

il bisogno di spegnere tutto
ricevere il desiderio
del silenzio
assaporare l’aspirazione deviata
alla rinuncia
per dormire, finalmente

e sentire scivolare addosso
confortevole
uno sterminato senso
di vuoto


*
(L'intreccio della Lama)

l’intreccio della lama
rivela strane immagini
tra le periferie estreme
dei ricordi

il tessuto è familiare
ma il dettaglio riflette
un’estraneità profonda

un dolore pungente
diffonde lo squarcio dell’infezione
l’errore nel codice sorgente

rimetti a fuoco la scena principale
i frammenti
è tutto sotto controllo

osserva il loro impulso
come ogni cosa con naturalezza
frana nel vuoto

*(Un Tempo l’uomo intendeva il Respiro )

un tempo l’uomo intendeva il respiro
della ginestra,
la fragilità originaria
contatto leggero con la terra
il segreto innocente
del sussurro dell’iris

dopo secoli di rumore prepotente
per le strade
stanze di cemento bianchissimo
un’ordinata
mortificazione

la recrudescenza ostinata
di quella parola
nel silenzio della metropoli
che sovrasta

i fiori troppo limpidi
non parlano a voce bassa
tra gli ordinati salici
non basta più ascoltare

è inutile chiamarli
risponde il tuo riflesso
soffocati in un feretro
di galaverna e poliuretano
quei fiori sono
morti

*
(Il Senso delle Cose)

il senso delle cose
lo avverti nella persona gentile
che frantuma l’indifferenza
di un istante
un sorriso
tutto qui
banale

il senso delle cose
quali cose poi
un disordinato
pianificare
la sopravvivenza

e ogni tanto
nelle fratture del progetto
si insinuano le variabili
del disfacimento

una cortesia imprevista
un affetto inaspettato
ricompensa l’equazione
tra lo zero che annienta
e il senso che si sgretola
in un’impenetrabile
raggiera
di possibilità

 Mario Famularo è nato nel 1983 a Napoli. Ha realizzato il portale dedicato alla poesia e alla critica letteraria  Kerberos Bookstore, attraverso il quale ha cercato di promuovere l’interesse per la tradizione e per le voci
 nuove della poesia giovanile contemporanea, in collaborazione con diverse realtà, e in particolare con il  forum letterario Gladiatori della Penna. In tale ambito, ha pubblicato ilBreviario di metrica di base per pigri (2014), organizzato le selezioni per le antologia di poesia Arenae Florilegium, Volumi I (2014) e II (2015), e segue l’iniziativa Kerberos Gymnasium, una serie di esercizi collettivi sugli strumenti del linguaggio poetico, che convergeranno in una autonoma pubblicazione. Le sue raccolte di versi sono disponibili al pubblico tramite diffusione diretta ed editoria al dettaglio, sia cartacea che digitale. Tra queste: Juvenihilia (2009), la tragedia Res Publica Iustitia Privata, scritta a quattro mani con Vittorio Cerruti, Le Nascoste Cose (2011), Il Canto del Domatore (2016).

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