venerdì 3 marzo 2017

Su Quasi Partita di Alberto Mori

recensione di  Andrea Rompianesi 

https://www.faraeditore.it/nefesh/quasipartita.htmlAlberto Mori in un suo testo di poesia del 2010, “Performate”, aveva sviluppato una particolare interpretazione del gesto fisico, della corporeità creativa. Oggi, questa espressione si decide per un’applicazione tangibile in Quasi Partita, la più recente novità poetica dell’autore, dove il gesto si identifica, apparentemente, con una teatralità rappresentata da una “quasi”, appunto, partita di tennis. La pagina si fa campo di gioco ma, in realtà, spinge l’osservatore/ lettore a ben altra indagine. L’occhio osserva con pietà e riconoscenza, citando Camus, dove l’esistenza è segno grafico che si ritraduce in voce. L’elasticità è sinuosa ipotesi di ampliamento sensoriale, come il destino quotidiano che non tarda a deviare dal nostro progetto. Obliquo diviene l’accorto accorrere delle visite accelerate e deterse. C’è forte un sentimento di liberare i confini in modo netto e inesorabile, senza ignorare il fragile indizio di ricerca che si contiene, smarrito. I componimenti, spesso di quattro o cinque versi, inducono a percepire, nel timbro dei colpi inflitti dalla vita, sudore frutto dello sforzo battente; così come le parabole disegnate nell’aria ricaduta divengono schemi analitici di geometrie inconfessate. Virgulti taumaturgici di esplicate sinestesie ove l’incrocio delle traiettorie diviene poiesi, nella lunghezza imprevista di un invio imprendibile. L’immagine conduce al ritratto della vita stessa che implica l’accettazione dei confini entro i quali agire, cogliere, pensare, amare. Il movimento vince la sua sfida inesausta; condensa nei segni il punto / regola della trattazione imminente. Non è il gioco ma “si” è in gioco, quotidianamente, applicando allo spazio una “strategia naturale”, sempre dal fondo delle nostre inquietudini. “Al momento del fato / … la velocità slitta”, mentre “la pausa vola via” come la sussistente iterazione concordata dalle regole dell’inizio. Certo, nella sfida esistenziale raffigurata nella metafora tennistica, Alberto Mori ci riconsegna l’emozione di una sfida performativa “dove impatti assordati / raddoppiano e muoiono attutiti”.

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