giovedì 15 giugno 2017

Versi che ci portano a fare i conti con l'orrore e ci trasformano

Vera Lúcia de Oliveira, Ditelo a mia madre, Fara 2017
 

recensione di Caterina Camporesi  per l'incontro con l'Autrice nell'ambito di Interazioni (Rimini, 11 giugno 2017)


http://www.faraeditore.it/html/filoversi/diteloamiamadre.html
Per entrare nella genesi e nel processo creativo di Ditelo a mia madre, è illuminante tenere presente parti di una intervista alla signora Regeni, nella quale, rispondendo a delle domande, confessava di non essere in grado di proiettarsi e identificarsi nel vissuto del figlio in quei momenti estremi, nonostante la padronanza di ogni strumento, d’analisi. 
Questo libro è anche un temerario tentativo di varcare quella soglia per affacciarsi sul male e guardarlo, per tornare poi di nuovo nella complessità e ambiguità del vivere.
La conquista delle parole, idonee a descrivere e comunicare quanto Giulio Regeni ha subito dai suoi aguzzini, esige una profonda e dolorosa elaborazione psichica e intellettuale, nonché uno straordinario coraggio nell’accogliere l’orrore unito ad un dolore indicibile.
Rassegnati al fatto che dal male non si può fuggire e quindi va comunque guardato, così come pure il dolore va sofferto, la sola strada che rimane da percorrere è quella che può consentirci di conquistare coraggio e capacità e quindi accogliere l’ambiguità e complessità dell’esistenza.
L’elaborazione psichica e mentale, che l’espressione creativa esige, aiuta a mitigare le forze distruttive che ci abitano mettendole al servizio del processo creativo, contribuendo così alla evoluzione di noi stessi e del mondo che ci circonda.
Ditelo a mia madre, oltre all’indiscusso valore poetico, ci porta a fare i conti l’orrore.
Un orrore, che va mitigato dall’amore con l’edificazione di un nido nel nostro mondo interiore, per accogliere le forze costruttive della pietas e dell’amore.

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