giovedì 5 ottobre 2017

Commento a "Al Largo" di Alessandro Ramberti

di Tommaso Meozzi

La cosa che più mi è rimasta impressa di Al largo, è questa sinergia tra superare i problemi della vita e affidarsi. Come se per agire in modo ragionevole, occorra prima di tutto riconoscere la propria fragilità e impotenza ("Penetra lo spazio/supera i dilemmi/quando si presentano/senti che sei fragile/prova ad affidarti"). È proprio così, bisognerebbe sempre riuscire a mettere da parte l'egocentrismo, in modo da accogliere l'attimo e piantare semi altrove.
Il pensiero assume nei tuoi versi una sostanza sensibile, ma in fondo così è il pensiero, quando se ne ascolta il movimento.
Non voltarsi indietro… per non essere trasformati in “sale”, lasciare che l'incontro con l'altro renda nuova la nostra esperienza. Forse solo la misericordia può levare il peso dei rimpianti? La misericordia è un qui e ora attivo, che non ha tempo per i rimpianti.
Mi piace l'"onestà" di cui parli, una specie di fedeltà a se stessi che consente di vivere la vita liberi e protesi verso un futuro in cui ci si riconosce… senza nascondersi dietro altri, senza cercare di ingannare prima di tutto sé stessi.
Una curiosità: cosa avevi in mente con “la danza degli scheletri” a p. 67? Una specie di vanità del tutto, che come in una danza macabra ci rende fratelli?

[La risposta è sì. Una vanità che l'uomo contemporaneo tende a dimenticare, e in casi funesti facendosi di fatto dio di sé stesso e di coloro che riesce a sottomettere a sé stesso o a plagiare, non rendendosi di conti di aver innanzitutto pervertito e plagiato sé stesso, AR]

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