lunedì 30 gennaio 2017

Quasi partita di Alberto Mori: l'uso elastico della parola

Alberto MoriQuasi partita, FaraEditore, 2016
recensione di Vincenzo D'Alessio

https://www.faraeditore.it/nefesh/quasipartita.html

Roger Federer, vincitore quest’anno degli Australian Open di tennis, ha dichiarato: “È da vent’anni che mi diverto.”

L’analogia con Alberto Mori ne viene di conseguenza: poeta da più di vent’anni ha sempre giocato le sue partite con la Poesia in modo eccellente, tanto che ai reading letterari, ai quali sovente prende parte, si concludono con tutto il calore del pubblico.

Quest’ultima raccolta, Quasi partita, si muove in nove set tutti giocati sull’uso elastico della parola quale strumento, similitudine della racchetta da tennis, per condurre  il lettore (il suo avversario) sul campo dell’attenzione.

Non sono facili le composizioni. Sono ricche di oggetti, di richiami al gioco reale del tennis, versi brevi, poche figure retoriche e solo qualche volta compare l’umano: “braccio aperto” (pag. 17); “sguardi / mani / sudore” (pag. 22) e pochi altri casi. Il resto è affidato agli oggetti, ai gesti, al campo.

In definitiva l’ironia giocosa di Mori provoca il lettore a sudare: lui che ha scritto e lo sguardo di chi scopre la parola/verso cercando la trama, il racconto, la partita.

La partita è l’esistenza di ogni essere vivente. La fatica, la pressione della poca Civiltà a cui apparteniamo per immagini percepite non più per contenuti reali, di fede, di contributi offerti ai propri miglioramenti e opere per agli altri.

Ogni set ha la sua funzione: “Sempre pressione / Gli sguardi acuti nel sudore / La salvietta tornata in altre mani / La fronte contro il sole spella abbrivi / Batte incipit e sfida sforzo” (pag. 22).

Meravigliosamente sincretica la parola dà il senso del tutto nel gioco, metafora pungente della quotidianità singola e universale.

“Incipit” come a dire “creare”, realizzare ogni momento in poesia, mimesi dell’anima umana avvertita nelle cose visibili, nell’ancestrale partita giocata sul campo dell’esistenza con un giocatore che non si stanca mai di agitare la sua racchetta: “Senza chiusura del campo aperto / Scivolando indietro /Allungato a ribattere ancora in avanti / nell’altra prospettiva laterale del colpo / concluso violento sulla barriera elastica / dove impatti assordati /  raddoppiano e muoiono attutiti” (pag. 46).

Bella similitudine trascendentale che realizza Quasi partita, non conclusa poiché la ricerca poetica è continua, costante, febbricitante in Alberto Mori.

Concordo pienamente con la postfazione di Franco GALLO in merito alla raccolta quando scrive: “(…) Alla lotta contro la fuga rovinosa nel nulla della percezione, e alla ricerca di una misura contro il plus godere visivo offerto dallo spettacolo del tennis, lavora infatti questo Quasi partita che, sia detto subito,  è sforzo estremamente originale e insieme esito di una poetica severa e consapevole, che ha astratto dalla sua materia un distillato formale sorprendente” (pag. 49).

Al lettore continuare la partita!

venerdì 27 gennaio 2017

Analisi e commento di una lirica pascoliana: Un rondinotto

di Thuy Lan Francesca Ritondale  - Classe II A
- Liceo Classico “Omero”, Milano, Tema in classe assegnato dalla Professoressa Carmela Fronte, a.s. 2016/2017



Un rondinotto 



Il giovane Pascoli


 
Giovanni Pascoli (1891) 






 








“È ben altro. Alle prese col destino
veglia un ragazzo che con gesti rari
fila un suo lungo penso di latino.

Il capo ad ora ad ora egli solleva
dalla catasta dei vocabolari,
come un galletto garrulo che beva.


Povero bimbo! di tra i libri via
appare il bruno capo tuo, scompare
come d'un rondinotto, quando spia
se torna mamma e porta le zanzare.”




 









Livello semantico di base

Il poeta inizia la lirica negando il titolo e dicendoci che è altra cosa.
Alle prese col suo dovere è sveglio un ragazzo che, con azioni inconsuete, analizza un lungo testo di latino.
A volte solleva la testa dalla pila di vocabolari, come un gallo che garrisce dopo aver bevuto.
Povero bambino!
Dai libri si alza la sua testa scura che subito si abbassa, come quella del rondinotto che guarda se sua madre stia tornando e porti il cibo.



Livello delle forme

Un rondinotto è una poesia costituita da due terzine e una quartina di endecasillabi.
Mentre nella prima terzina vi è un’ introduzione all’ idillio, nella seconda terzina e nell’ultima quartina i gesti del giovane sono più dettagliati e paragonati a quelli del rondinotto.
Il registro basso e l’uso del presente ricreano la scena sotto gli occhi del lettore, “portandolo dentro” la casa del ragazzo.
Le figure retoriche principali sono: La similitudine (… come un galletto garrulo che beva; … come d’un rondinotto, quando spia / se torna mamma e porta le zanzare.), l’allitterazione(
galletto garrulo), il parallelismo ( appare il bruno capo tuo, scompare; se torna mamma e porta le zanzare), l’aggettivazione, in qualche modo, onomatopeica ( garrulo) e l’enjambement ( Alle prese col destino\ veglia un ragazzo che con gesti rari / fila un suo lungo penso di latino; Il capo ad ora ad ora egli solleva / dalla catasta dei vocabolari; di tra i libri via / appare il bruno capo tuo, scompare…; come d’un rondinotto quando spia / se torna mamma e porta le zanzare.)



Contestualizzazione

Giovanni Pascoli è stato un grande poeta simbolista, nato nel 1855 a San Mauro di Romagna e morto a Bologna nel 1912. Suo padre Ruggero amministrava le terre del principe di Torlonia. Egli era come un pater familias per il poeta e alla sua tragica scomparsa, dovuta ad anonimi sicari, quest’ultimo dedicò alcune poesie, “riflettendo” il suo dolore personale in uno universale.
Dopo la morte del padre la famiglia Pascoli subì ripercussioni economiche gravi e tutti i figli furono costretti a lavorare. Alcuni anni dopo morirono la madre e le sorelle.
Nelle poesie di Pascoli i temi trattati sono l’incombere della morte, l’infanzia perduta, l’ingiustizia e il male del mondo. Pascoli, oltre ad essere poeta, è stato anche professore a Messina, Matera, Bologna e Palermo. Era appassionato di flora e fauna.




Commento personale

La lirica Un rondinotto è un quadro umile che, pur breve, è, a mio parere, carico di profonda tenerezza.
Lo studio notturno, che capita spesso agli studenti, visto “dall’esterno” suscita dolcezza sincera verso il ragazzo che, al posto di riposare, è ancora chino sui libri.
Mi ha colpito che l’Autore abbia usato “ragazzo”, “bimbo” e “rondinotto” per descrivere la stessa persona.
Vi è un anticlimax che induce il lettore a percepire lo studente come un essere piccolo, sempre più piccolo, alle prese con qualcosa di grande, sempre più grande, che da dovere diventa futuro e quindi destino.
Le azioni inusuali, quasi statiche, che si ripetono, il silenzio della quiete notturna e lo scorrere lento del tempo segnano il peso del lavoro.
Leggendo la poesia mi è sembrato che il tempo si fosse fermato e che il mio cuore si fosse commosso.
La semplicità emotiva di paragonare il giovane al rondinotto mi ha permesso di immedesimarmi ulteriormente e di “ritrovarmi” come parte della scena.
Anch’io a volte studio di notte e ripeto gli stessi gesti solenni con la stessa calma.
Non sono un rondinotto, sono “ben altro”, o forse in fondo in fondo sono un rondinotto anch’io, alle prese con i miei doveri che un giorno diventeranno la mia vita, con le mie azioni inusuali, “eterne” nel tempo, con un quaderno, una penna e due vocabolari aperti sul tavolo.

CONCORSO LETTERARIO NAZIONALE NAVIGLIO MARTESANA - Scadenza 20/01/2017


 
vi presentiamo la 7° edizione del
 
 
 
Le composizioni saranno dattiloscritte su fogli A4, in 3 copie, delle quali una soltanto dovrà essere corredata di nome, cognome, indirizzo, numeri telefonici, e-mail. Su ciascuna copia i concorrenti devono specificare, in alto a destra, la sigla relativa al tema cui concorrono (es. A1 per il 1° tema - poesie). Si può concorrere per più temi. l Il concorso è gratuito. A sostegno dei rapporti postali con i concorrenti è gradito l’invio di francobolli a mezzo posta a:

Circolo Letterario Naviglio Martesana, Via Grandi 10 - 20060 Cassina de’ Pecchi (MI).

La celebrazione delle premiazioni del Concorso Letterario Nazionale Naviglio Martesana e del “Programma “Sottotraccia” avverrà domenica 28 maggio 2017 dalle ore 9,00 alle 12,00, presso il "Piccolo Teatro della Martesana” a Cassina de' Pecchi - Viale Trieste 3/g (di fronte Biblioteca) - MM2 linea verde (direzione Gessate).

Per ciascun tema verranno premiati i primi 3 classificati. Inoltre il primo classificato di ogni tema riceverà un cofanetto regalo comprendente una notte in hotel o agriturismo, colazione e cena per due persone a scelta tra 655 località di tutta Italia. Uno dei cofanetti sarà offerto dall’Agenzia “Silvana Travel” di Cassina de’ Pecchi. Altri concorrenti, scelti per il loro valore tra le centinaia di testi inviati al concorso, saranno inseriti nell’Antologia. I risultati del Collegio Giudicante, insindacabili, verranno comunicati ai vincitori.

Gli elaborati non saranno restituiti; alcuni verranno utilizzati per la realizzazione dell’antologia “Le parole, testimonianza nel tempo” che verrà distribuita gratuitamente nelle scuole ai docenti di italiano per il Programma “Sottotraccia” finalizzato a far emergere le capacità creative degli alunni delle classi IVa e Va della scuola primaria e delle classi delle scuole secondarie di primo grado (medie inferiori). Gli elaborati premiati o prescelti per l’Antologia devono essere spediti dagli autori o comunque con il loro nominativo all’indirizzo Email: premionaviglio@baiasrl.com Ove non sia possibile l’utilizzo della Email si prega di darne sollecita comunicazione.

La partecipazione al concorso implica l’accettazione del presente regolamento. In base alla legge sulla privacy n.196/2003. Il concorso garantisce la riservatezza dei dati degli autori che saranno utilizzati solo al fine di permettere lo svolgimento dello stesso e la realizzazione della antologia.

IL COLLEGIO GIUDICANTE: Serena Siniscalco, presidente di giuria Elisa Balconi, psicoterapeuta Fabiano Braccini, poeta Piero Cigada, professore Antonio De Santanna, scrittore Rodolfo Vettorello, professore Direttore Creativo: Aldo Carrier Ragazzi, giornalista Presidente ad memoriam: Poeta Professor Sirio Guerrieri

giovedì 26 gennaio 2017

Il nostro mondo interiore

Claudio Lamberti, Le cose piccole non si vedono in autostrada, poesie, FaraEditore, 2016
recensione di Federica Vasconi


Claudio Lamberti è un poeta che, con la sua raccolta di poesie Le cose piccole non si vedono in autrostrada, ha vinto il concorso Faraexcelsior. Il suo libro è diviso in cinque capitoli, prologo ed epilogo compresi che, a mio parere, vengono poi suddivisi in due parti. La prima parte è formata dalla sezione centrale "Umani", dedicata al rapporto con gli altri, e dalle due sezioni "Note" ed "Elementi", principalmente incentrate nel rapporto con il mondo, citando fenomeni atmosferici ed altri elementi naturali aventi significati "allegorici": essi, infatti, descrivono il panorama interiore dell'autore, che imprime alla poesia una certa vitalità ("Emano / calore / come il jazz all'alba / improvviso", "Non posso scivolare / dal cielo grigio / da dove sono / fino al futuro", "Le mani cingono / spalle tremolanti / al vento di mare", "L'odore del pino / che guarda il tramonto / e guarda sè stesso / non morire mai", "Non esiste colpa / nè cosa più calda /di un abbraccio nell'aurora", "L'orizzonte morirà / nel nostro abbraccio").
La seconda parte, invece, è formata dalla sezione finale "Essendo"; qui l'autore esprime tutta la vitalità della poesia: i diversi elementi si congiungono in un dettato vitale che traccia un percorso sinuoso e pulsante di sfumature nel suo rapportarsi con il mondo e il panorama poetico si sfoca ulteriormente acquistando una dimensione interiore in cui il linguaggio viene piegato ed esteso ("Incisivi nella terra / mi imprigiona / mi conserva / Terrorizza / venatura sulla gola / il perbenista", "Le dita sono matite / disegno / la cosa più verosimile / all'idea di bellezza / Disegno / lacrime / fiocchi di neve / capovolto / su quei palazzi...").

mercoledì 25 gennaio 2017

Vita e natura

Germana Duca, Orlo Invisibile, poesie, Manni, 2017
recensione di Federica Vasconi


http://www.mondadoristore.it/img/Orlo-invisibile-Germana-Duca-Ruggeri/ea978886266770/BL/BL/01/ZOM/?tit=Orlo+invisibile&aut=Germana+Duca+RuggeriIn questa raccolta poetica, la poetessa Germana Duca narra storie con un linguaggio molto chiaro, semplice e moderno, ironizzando in molti versi, come succede nelle favole: "Fermi nei negozi / vuoti, in piedi dietro le vetrine / a Milano-Stazione Centrale, / o sugli scogli di Ventimiglia, / portano scompiglio in Europa / gli scampati ai traffici spietati", "Hanno stivali di muschio e corteccia, / candidi cappelli a punta, ali / trasparenti".  Si parla soprattutto di azioni e scene di vita quotidiana ("Col ferro si stampano i passatini...", "Nel sole di mezzogiorno vi ho visti correre sul prato...", "Piantano vigne, frumenti, foraggi..."), dell'aspetto positivo e negativo della natura ("Sul monitor, la vita di tre mesi / ha occhi grandi, oltre i battiti / del cuore, e manine che già salutano", "Giusto insegnamento il cielo, / vela del sentimento su alture / di stoffe e nuvole, lungo campi / e boschi vivi...", "Il Mediterraneo continua / a ruotare i sommersi, li mischia / agli oppressi serrati nelle stive."), del ciclo della vita di ogni essere umano, a partire dalla pronuncia delle prime parole, fino, appunto, allo svolgere lavoretti e ad ammirare e analizzare cose che da piccoli non avremmo mai pensato di fare. La raccolta viene divisa in due sezioni: nella prima troviamo una ballata ricca di allitterazioni e assonanze, Melusina, personaggio medievale che si trasforma se viene violata; la farfalla è una metefora dell'anima stessa del poeta; le immagini sono rappresentate in modo semplice, ma sono impreziosite da suggestioni sonore e visive pregnanti ("La calura / fiara"). Nella seconda sezione, invece, vengono descritte scene di vita, coinvolgendo i nipoti e ricordando Ancona, portandoci le linee delle colline marchigiane frequentate e dipinte anche dal grande Piero ("Resta la linea d'ombra / della commozione. / Lo sguardo non distingue altro."). Tutto questo ciclo di poesie è suddiviso in tre parti della raccolta, ciascuna delle quali termina con una descrizione dei mesi dell'anno così meravigliosa e ben curata da renderli quasi attuali e concreti.

martedì 24 gennaio 2017

L'assenza del divino


Antonio Vittorio Guarino, La costellazione dell’assenza, poesie
recensione di Federica Vasconi*



Con questa raccolta di poesie, Antonio Guarino ha vinto il concorso Faraexcelsior. Il tema principale di questa raccolta è la realtà utilizzata per rimuovere il divino, realtà che in passato ci ha conciliato, invece, con il cielo. Questa realtà è un’offesa al Dio dei credenti, che contempla sé stesso nello specchio celeste, assente agli uomini caduti in un triste anonimato: “Questa povertà manifesta / non compresa, è il limite di ogni discorso / sul mondo, la negazione di una ragione / intrinseca alle cose”. L’uso delle similitudini è così ben curato ed esaltato da dare vita agli oggetti quotidiani presi in considerazione: “Fogli come colombe si alzano da terra, / piroettano in aria, lambiscono i rami, / restano impigliati nelle reti arancioni / per i lavori stradali”.

Il poeta, inoltre, utilizza la tecnica dell’enjambement, per accelerare l’energia che si irradia nella sete millenaria di fede che accompagna l’umanità ovunque. Troviamo, poi, la destrutturazione delle religioni monoteiste presenti ai giorni nostri, nella poesia Quando tutte le nostre parole saranno deportate in terra straniera: saremo eterni nel mistero, e l’unica energia alternativa al bene resterà il male.

La raccolta tratta di un amore profondo verso Dio che deve essere raggiunto. Il vero Dio si mostra al poeta nella lotta contro il male che è in tutto l’universo. Resta, infine, il mistero del bene, che tranquillizza lo spirito interiore, il quale avverte la costellazione dell’assenza divina come un cattivo presagio, poiché non riusciamo a raggiungere Dio. Ergo, in questa raccolta poetica si parla di un Dio che si trova ovunque, in ogni creatura, animata o inanimata, ma se noi non lo sentiamo vicino, dobbiamo cercarlo. È proprio questo “allontamento” da Dio che ci suscita infelicità.




*Federica Vasconi frequenta il quarto anno al Liceo classico “Giulio Cesare” di Rimini. Ha svolto uno stage nel percorso ASL (Alternanza Scuola Lavoro). Le piace leggere i racconti storici e libri di critiche letterarie. È una cantante presso il gruppo jazz MYO, Mondaino Young Orchestra.


lunedì 23 gennaio 2017

Concorso “Daniela Cairoli” sc. 18-1-17

L’Associazione  Per un Mercoledì Diverso,
e l’Associazione
Helianto
con il Patrocinio del Comune di Rovello Porro

www.albergomunsci.it

organizzano:

Concorso Nazionale di Poesia “Daniela Cairoli
Quattordicesima Edizione



Tema
Libero

Premi
1_Classificato: 500         
2_Classificato:
300         
3_Classificato:
200

Quota di partecipazione
La quota di partecipazione è di 5 per ogni poesia da versare su:
-
c/c 07701659, intestato all’Associazione “Per un Mercoledì Diverso”, presso “Banca di Credito Cooperativo di Barlassina” - Filiale di Rovello Porro - CODICE IBAN BANCA IT98E0837451740000007701659 - Piazza Porro, 2
OPPURE su:
-
c/c postale 59238485, intestato all’Associazione “Per un Mercoledì Diverso “.
Causale di versamento: “Concorso di Poesia Daniela
Cairoli”.
L’organizzazione declina qualsiasi responsabilità dallo smarrimento del denaro inviato in modo differente da quanto sopra esposto.
Il ricavato verrà devoluto in beneficenza in favore della ricerca scientifica.

Modalità di Partecipazione

Sono previste
2 modalità alternative di partecipazione:
 
1-
Invio in busta chiusa di sei copie anonime e dattiloscritte con allegata la seguente documentazione:
- Scheda di adesione al Concorso (da scaricare sul sito www.helianto.it– o documento scritto che riporti quanto richiesto nella scheda)
- Copia del giustificativo attestante l’avvenuto versamento della quota di partecipazione.
Ciascuna opera dovrà essere spedita o consegnata,
entro sabato 18 febbraio 2017 al seguente indirizzo:
“Associazione per un Mercoledì Diverso”
Via Piave, 23 22070 Rovello Porro Como
La Busta contenente le opere e la documentazione dovrà riportare la dicitura:
“Concorso di Poesia Daniela
Cairoli”.
Farà fede il timbro postale
 
2-
Iscrizione on-line tramite invio e-mail contenente la documentazione di cui sopra all’indirizzo concorso.danielacairoli@gmail.com (istruzioni di dettaglio disponibili sul sito www.helianto.it)

Ogni concorrente potrà partecipare con un massimo di cinque opere in lingua italiana o in vernacolo. Nel caso di poesie in vernacolo è gradita la traduzione in lingua italiana e l’indicazione della regione di appartenenza.
Non vi sono limitazioni al numero di versi. Le poesie inviate possono essere edite o inedite.
 
Giuria
Le opere saranno esaminate e valutate da apposita giuria il cui giudizio è insindacabile e inappellabile.
La giuria sarà composta dal Professor
Manrico Zoli e dai poeti Claudio Pagelli, Giovanna Sommariva, Alfredo Panetta e Ivan Fedeli.
Gli elaborati non saranno restituiti, e l’organizzazione si riserva il diritto di pubblicare le opere senza ulteriori riconoscimenti per i diritti d’autore.

Risultati
La premiazione avverrà alle ore 17.30 di sabato  25 Marzo 2017 presso La Sala Conferenze del Centro Civico di Rovello Porro.
Ai vincitori sarà data tempestiva comunicazione, l’elenco dei vincitori sarà disponibile sul sito
www.helianto.it.
Per il ritiro dei premi è necessaria la presenza dei vincitori o di loro famigliari delegati.
L’Albergo
Munscì (Rovello Porro - Vicolo Castello, 1/3 Tel: 0296754050 - www.albergomunsci.it ), offre al primo classificato il pernottamento in camera doppia e al secondo e terzo classificato un pernottamento a prezzo convenzionato.
La partecipazione al Concorso implica l’accettazione di tutte le norme del presente regolamento, ogni violazione delle stesse comporta l’esclusione dal Concorso.
Per ulteriori informazioni scrivere a
info@helianto.it, consultare il sito www.helianto.it oppure telefonare nelle ore serali al numero 339/5958953.  









 

sabato 21 gennaio 2017

Quasi Partita di Alberto Mori su Crem@online





20-01-2017 ore 14:42 | Cultura - Libri
di Tiziano Guerini

Alberto Mori. L'estetica del tennis incontra raffinata poesia, è uscito Quasi partita




 
Il gioco del tennis come metafora del destino, che volta a volta gratifica o penalizza in modo apparentemente casuale, ma che alla fine pareggia sempre le diverse occasioni che il gioco – o la vita – presentano. Con il nuovo anno arriva sugli scaffali delle librerie di Crema il nuovo libro di poesie del poeta cremasco Alberto Mori, dal titolo
Quasi Partita (Fara editore), si presenta come un volume dedicato al gioco del tennis.

Il tennis, in trasparenza
Il libro si articola in nove “movimenti”, quasi fosse un match fra il lettore e l’autore, dove alla fine, grazie alla poesia, vincono entrambi. Naturalmente non si tratta di un libro di sport, come suggerisce il fatto che l’autore sia poeta (a questo link il sito internet personale). Eppure in trasparenza la partita di tennis è presente: nel tracciato sempre imprevedibile della pallina, nei labili segni che lascia sulla sabbia, nella tensione mutevole sul volto e negli atteggiamenti dei giocatori.

Sport, estetica, creatività
“Apprezzo e seguo il tennis – dice l’autore – e lo considero un vero fatto estetico oltre che sportivo, e sopratutto credo dia il modo allo spettatore di compiere osservazioni e valutazioni psicologiche da una posizione privilegiata. Quale migliore occasione per eccitare ed esercitare la creatività poetica e per piegare la parola alla ricerca più accurata e più raffinata?”. Il libro di Mori è impreziosito da una intelligente postfazione di Franco Gallo: una ragione e uno stimolo in più per leggerlo.

 Vedi anche

Alberto Mori, il sito internet

“Meglio se lascio scoperchiato il cuore”

Lorenzo Ciufo, Come se tutto biancoGheNoMeNa 2016

recensione di AR

http://www.ghenomena.it/prodotto-142951/Come-se-tutto-bianco.aspx
Questa raccolta che presenta poesie anche in inglese e polacco, si apre con le famose parole di Pasolini: “Solo l’amare, solo il conoscere / conta, non l’aver amato, / …” ed è dedicata al padre dell’autore. Il primo verso (p. 10) recita: «Non accendete luci per favore», e il quarto: «Mi basta la memoria, quel fermo immagine». A pagina 12 troviamo questa descrizione-ricordo vitale e malinconica: «Posato ho la tua voce sul cuscino. / Mi terrà compagnia in questa notte / scura. La tua voce roca, severa. / Emanava decreti, ma leggeva / poesia. E amava. A modo suo, ma amava.»

Tutto il libro è una tensione fra il desiderio di fare memoria degli affetti che per tutti sono fondamentali e che pure sono destinati a lasciarci o a trasformarsi e la consapevolezza della sofferenza che tale ricordo comporta; un dolore che nel bene e nel male ci cambia e cambia la nostra percezione del mondo («… È la vita di dentro / che dipinge il mondo.», p. 36), per cui lo stesso: «Ulisse, già a Itaca, è perplesso: / è quella la sua terra? / Quelle le bianche pietre, quelle / le sabbie, asciutte, calde, nelle unghie, / a grani nella congiuntiva?» (p. 16).

Tante le immagini che costellano come punti-luce di forza e bellezza questa silloge: «Di ore donami un container.» (p. 20); «Con le manine giunte dicevamo / preghiere che non capivamo / come dialetto d’un paese / straniero. E alle parole legavamo / pensieri liberi, lingua del cuore.» (p. 25); «Hai il potere dell’innocente fare, / la virtù del non detto  che fa male.» (p. 29)

Già da queste brevi citazioni, si rileva la musicalità sobria dei versi (spesso endecasillabi e settenari, anche doppi come a pagina 32: «Bussare alla tua porta come bussarmi dentro.») e l’auspicio di trovare nelle parole poetiche quegli strumenti potenti e proteiformi che ci permettono di leggere la realtà nel suo tessuto complessivo (e sorprendentemente bello nonostante tutto): «Sì ai colori diversi, ma le tessere / rimangano a posto e tutto quadri.» (p. 38); «Raggi del sole che rincasa / sfuggono alla serrata delle nubi. / Io mi ci aggrappo e mi ci impiglio / sì come fa mio figlio al parco giochi / tra reti e corde dell’arrampicata» (p. 40); «… Ops, dimenticavo / di mettere il coperchio sulla pasta / che riprenda l’acqua il suo bollore. // Meglio se lascio scoperchiato il cuore.» (p. 48); «Se scrivo nel buio, la mano è più libera / sul foglio, dove le righe non tengono / e il campo s’apre senza confini, / come se tutto bianco.» (p. 52).

In fondo il poeta è un agricoltore che ha raccolto e selezionato con cura i semi per spargerli con sapienza e amore lungo il solchi del silenzio… il campo bianco che a loro permette di dar frutto e a chi lo “ascolta” di far vibrare la propria anima in empatica e amorosa sintonia: «Da dove nasce questo mio tacere / se non dal mio guadare l’inatteso. / Resta la mia parola / (…) / … Perdonate, / senza capire, per amore.» (p. 54).


giovedì 19 gennaio 2017

Un corpo a corpo con la Sapienza che perdona



nota di lettura di Anna Maria Tamburini



Come potere esprimere in breve la sensazione che suscita questa riflessione in versi? Non si possono spendere infatti troppe parole per restituire una nota di lettura minimamente adeguata a fronte di un testo così essenziale e pulito qual è Lo spazio e la luce. Scevro da ogni artificio retorico, ma prezioso nel nitore della selezione lessicale, il testo Lo spazio e la luce scaturisce da un corpo a corpo con il libro biblico di Sapienza nel tempo di grazia dell'anno giubilare, Anno Santo della Misericordia che si è appena concluso con il gesto di chiusura delle porte sante per affermare, del resto, che nessuna porta si chiude. 
Il tempo della luce è tempo del perdono e il libro di Sapienza lo richiama con alcune argomentazioni di rara saggezza: «hai compassione di tutti perché tutto puoi, chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento» (Sap 11,23). Soprattutto nella terza parte di questa pericope biblica, che è quella da cui l'autrice cita, è l'esperienza di un popolo consapevole della propria elezione, nel conforto di una familiarità con il proprio Custode, che, insieme al riconoscimento delle proprie colpe, fa dire ancora al saggio israelita: «La tua forza è principio di giustizia, e il tuo dominio universale ti rende tollerante verso tutti. Tu, padrone della forza, giudichi con mitezza e ci governi con molta indulgenza. In tal modo hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini. Inoltre hai reso i tuoi figli pieni di dolce speranza, perché tu concedi dopo i peccati la possibilità di pentirsi» (Sap 12,16-19).

Così questo libro greco che è il più recente dei testi veterotestamentari e che ci è tramandato come opera di Salomone, il più saggio dei re di Israele, colui che ha chiesto a Dio la sapienza nel governare, profetizza l'universale giustizia dell'amore. E tenendo fede alla modalità del confronto con la parola della Sacra Scrittura, riportato come testo a fronte, che è divenuta la modalità peculiare della poesia di Ardea Montebelli, questo dialogare in forma di preghiera con il libro di Sapienza raccoglie le considerazioni più acute del testo biblico al tempo stesso in cui esprime quelle più necessarie per il proprio personale vissuto come per il nostro tempo:  Plasmi i nostri progetti / scavalchi frammenti di esistenza / ad ogni passaggio / insegui e consoli / il lamento della terra. 

Tutto muta nella scena di questo mondo, tutto ci è donato e sottratto, anche gli affetti più cari. Anche a questo allude la poesia in soli due versi: Quanto è più caro / muta all’invito folle / che dirige il nostro vivere / al termine del viaggio.

Il folle viaggio dell'Ulisse dantesco rischia di essere infatti il viaggio di ognuno. Solo in forma di preghiera può mettersi a nudo l'anima, riconoscere la propria povertà, la propria mancanza, la propria creaturalità… Solo in forma di preghiera può svolgersi persino un vero dialogo – in questo caso con la parola di Sapienza ma al tempo stesso – in una profondità capace di autentico ascolto – con il creato tutto con cui l'uomo è strutturalmente solidale – capace di riconoscere che il lamento dell'uomo è lamento della terra stessa perché il nostro male intacca e contamina tutto “l'ambiente umano” e quindi il creato tutto.

Eppure il male che ci affligge / nella quotidiana cura / conduce a Te / inconsapevolmente.

Non occorre pensare alle grandi vicende o alle grandi colpe nella storia dell'umanità per credere che c'è bisogno di salvezza intesa in primo luogo come perdono: è nella quotidianità che in primo luogo va continuamente tenuta a riferimento la rotta. Al quotidiano richiama con insistenza il testo. L'immagine del viaggio non è più nemmeno metafora, ma più che metafora, giacché un mistero / scuote e provoca / le impronte inconfondibili / dei passi. Ogni nostro passo, giorno per giorno, contato, unico, irrevocabile: passi “inconfondibili”  come le impronte digitali; ma di passi compiuti si parla nel testo, non solo della unicità di ogni creatura. E quindi della storia si dice… personale e collettiva. Dunque solo la speranza di un perdono può meritare il tempo del vivere, solo una familiarità con un Tu che ha a cuore la vita – Tu,  indulgente con tutte le cose, perché tue, Signore, amante della vita (Sap 11, 26). 

Abbiamo bisogno di superare le cadute.  Ne avvertiamo l'urgenza: ci interpella l’abbraccio / del tuo cuore innamorato /recupera la voce / ogni vivente. Così si fa spazio la preghiera, l'invocazione del perdono… e la speranza.

«Per questo tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano e li ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato, perché, messa da parte ogni malizia, credano in te, Signore» (Sap 12,2). Così la preghiera si fa attesa, grande attesa, e supplica: Un poco ancora / e un preludio di luce / plasmerà l’universo intero.

La speranza messianica si dilata in senso escatologico, ma come da una vicinanza: Mi attendi? / Lo stupore in un attimo / si allarga. //  Il perdono /è come una grande festa. / Facendomi obbediente / mi adagio / e Ti chiedo /il senso della vita.

Una fiduciosa lieta consegna.



martedì 17 gennaio 2017

Lo spazio e la luce di Ardea Montebelli


pro manuscripto, Rimini 4 settembre 2016
Canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta
 
nota di lettura di AR

Questa plaquette è un inno alla misericordia del Padre che – come troviamo nell’esergo tratto dalla Misericordiae Vultus di papa Francesco – “ci ama e vuole condividere con noi la sua vita”. È dunque poesia d’amore nel senso più alto e più ampio, un amore che si fa vicino e ci capisce molto meglio di quanto noi stessi riusciamo a capirci, così limitati dalle imperfezioni personali e dai condizionamenti sociali, dalle malattie, dai lutti, dai traumi e dalle ferite che caratterizzano la condizione umana intrisa di bellezza ma costantemente insidiata dal maligno. A questo amore misericordioso che si è reso visibile in Cristo, Ardea si rivolge  con versi-preghiera di grande eleganza e trasporto fiducioso, icastici ed empatici al tempo stesso: «Il male che ci affligge / nella quotidiana cura / conduce a Te / inconsapevolmente». Le poesie, costellate di aforismi, sono precedute da citazioni dal libro della Sapienza e ci donano la luce di una voce ardente perché sa farsi infiammare dalla Parola e sa riconoscerla negli incontri quotidiani con le persone, specie se fragili, bisognose, neglette; anche nelle persone più dimenticate e “improbabili” l’occhio della fede può riconoscere in umiltà un nucleo infinito di bellezza: «Facendomi obbediente / mi adagio / e Ti chiedo / il senso della vita». Sono gli ultimi versi di quest’opera che irradia di luce anche gli angoli oscuri e difficili: «Superare le cadute / le giustificazioni personali / gli ostacoli che umiliano» e ci invita a farci sorprendere  («Lo stupore in un attimo / si allarga») da un preludio di luce che è già ora un assaggio di paradiso se ci rendiamo conto che: «Un mistero / scuote e provoca / le impronte inconfondibili / dei passi» e che «Il perdono / è come una gran festa».

lunedì 16 gennaio 2017

Giancarlo Sissa: L'invisibile disagio

Cari Amici, cari Autori, cari Editori,
 
ecco qui sotto il Comunicato Stampa della Rassegna di Scrittura Sociale “L'invisibile disagio”. Se potete fate girare ai vostri contatti. Grazie di cuore e a presto,  
Giancarlo

 

“L’INVISIBILE DISAGIO”

(RASSEGNA DI SCRITTURA SOCIALE)
a cura di Giancarlo Sissa
La quotidianità del disagio nella scrittura di relazione


“Dopo quasi tre decenni di lavoro nel sociale sono convinto che sia venuto il tempo di proporre e ribadire l’importanza di una lettura e di una letteratura del quotidiano non arresa, solidale e di concreta adesione alla vita delle persone che ogni giorno vivono condizioni di fragilità e di disagio sia sociale che psichico, sia economico che di genere. La scrittura può raccontare il disagio (con la disarmata intensità del diario, dei versi di una poesia o delle tessiture rappresentative della prosa) e svelare la silenziosa emarginazione del quotidiano perché la scrittura riconosce i legami invisibili fra le cose del mondo e crea le ipotesi fruttuose della relazione e del dialogo con se stessi e con gli altri, libera il dolore dagli stereotipi di cui è prigioniero, propone libertà.”
(Giancarlo Sissa)

 Tre incontri dedicati alla scrittura in prosa e in versi “del sociale” presso la Libreria Irnerio Ubik, via Irnerio 27, Bologna. Con il patrocinio del Comitato tecnico scientifico di Ancora servizi coop. soc che si occupa di servizi nell’ambito dell’età anziana, della psichiatria e disabilità e dei minori.


martedì 7 febbraio 2017 ore 18,00

"Non ti curar di me se il cuor ti manca" (1 e 2) di AAVV Ed. Qudulibri (2015-2016)
(poesia e psichiatria in dialogo)
da un'idea del poeta e operatore sociale Roberto Ferrari, per il secondo anno consecutivo (l'anno scorso 11 e quest'anno 22) poeti raccolgono loro composizioni inedite in onore della Giornata Mondiale della Salute Mentale - quest'anno hanno scritto, fra gli altri: Alessandra Flores D'Arcais, Fabio Franzin (prefazione), Giovanni Fierro, Rossella Renzi, Giuseppe Nibali, Luca Mozzachiodi, Patrizia Dughero, Piero Simon Ostan. La prima plaquette è stata presentata lo scorso anno a Gorizia, Udine e Portogruaro con un incredibile presenza di pubblico (a dimostrazione del fatto che parlare di Salute Mentale è molto importante e che la gente lo sa). Per l'occasione leggeranno alcuni dei poeti partecipanti all'impresa;


martedì 21 febbraio 2017 ore 18,00

“Ricordi di alzheimer” di Alberto Bertoni Ed. Book Editore (2016) – (l’Alzheimer: la reciprocità infranta nella scrittura del poeta)
L’Alzheimer come metafora della dissolvenza della vita – il critico e poeta Alberto Bertoni racconta in versi gli ultimi anni e il silenzioso addio al padre colpito dal morbo – il libro è giunto, cosa straordinaria per un’opera di poesia italiana contemporanea, alla sua terza edizione.

martedì 7 marzo 2017 ore 18,00

"Leila della tempesta" di Ignazio De Francesco Ed. Zikkaron (2016) – (il carcere come laboratorio d’incontro fra culture)
Ignazio De Francesco è un monaco (dei poveri e nobilissimi di Montesole, dossettiani), eminente arabista, lavora con le detenute e i detenuti arabi presso il carcere di Bologna. "Leila della tempesta" (opera teatrale e di testimonianza) è la storia del suo incontro e del suo dialogo con una detenuta araba incarcerata per gravi reati di droga. Il testo è stato portata in scena inizialmente da Giancarlo Sissa e da Serena Dibiase in forma di spettacolo-conferenza e ora da Alessandro Berti e Sara Cianfriglia in un adattamento teatrale vero proprio.
 

Giancarlo Sissa
Poeta e traduttore, attivo in ambito sociale come educatore e formatore, ha pubblicato “Laureola(1997), “Prima della tac e altre poesie” (1998), “Il mestiere dell'educatore” (2002), “Manuale d'insonnia” (2004),Il bambino perfetto” (2008), “Autoritratto (poesie 1990-2012)” (2015) e “Persona minore” (2015). È presente in numerose antologie nazionali e le sue poesie sono tradotte in diverse lingue europee. Nel 2004 ha ideato e curato “Poesia a Bologna”, raccolta di scritti autobiografici di diversi autori. Ha collaborato come diarista e attore con il Teatro delle Ariette. Da anni conduce laboratori di scrittura creativa dedicati alle tematiche dell’autobiografia “professionale” e del silenzio. È presidente dell’Associazione Laboratorio Teatro (in)stabile. Membro del Comitato scientifico del Centro studi Sara Valesio. Fa parte del Direttivo del Festival della Fiaba di Modena.

Commemorazione di Narda Fattori 29-1-17 a San Mauro Pascoli

di Bruno Bartoletti

Narda, oltre ad essere membro dell'Associazione Agostino Venanzio Reali, lo era anche dell'Accademia Pascoliana, il cui presidente Prof. Andrea Battistini chiede una riflessione per commemorarla il giorno domenica 29 gennaio, ore 10, presso la Sala Gramsci di San Mauro Pascoli, in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico. Saremo felici di farlo. Abbiamo fatto insieme questo viaggio presentando il suo ultimo libro – Dispacci – a Santarcangelo, Gatteo e a Cesena. E avevamo nel cassetto il sogno di attivare un corso di ascolto della poesia a primavera. Il viaggio continua perché la poesia resta e i poeti non muoiono.
Ho pensato, considerato l’amore e la passione che Narda nutriva per la poesia e la stima che aveva nei confronti di tutti gli amici con una predilezione particolare per i giovani, di coinvolgere il 29 un paio di ragazzi che Narda amava particolarmente.
Ho ricevuto molti attestati di partecipazione da parte di tutti gli amici, i poeti, i critici, persone conosciute e non – mi piacerebbe ricordare tutti. Ne trascrivo soltanto alcuni:


Alessandra Fichera di anni 22 di Siena
È con grande dolore che ho appreso della morte della poetessa Narda Fattori, conosciuta il 10 aprile 2016 in occasione della Premiazione per il Concorso Letterario “E. Cantone”, giunto alla sua XX edizione grazie al Lions Club di Savignano sul Rubicone.
Ricordo ancora con molta emozione il momento in cui mi è stata presentata da Bartoletti Bruno, e come il loro affetto mi sia arrivato subito al cuore.
Ricordo anche la dolcezza delle parole che mi sono state rivolte in merito alle mie poesie, l’abbraccio caldo in cui mi sono ritrovata; ho percepito una gratitudine profonda e reciproca per l’essersi incontrate e per aver un attimo tessuto un contatto, un contatto fatto di parole.
Grazie Narda, la porterò sempre con me.


Valentina Colonna di anni 27 di Torino
Addio a Narda Fattori, che conobbi cinque anni fa grazie a Bartoletti Bruno e che sempre grazie a Bruno ho potuto ancora rivedere, l'ultima volta a ottobre. Le parole belle, inaspettate, i consigli forti, la sua presenza mentre leggevo, quel parlarmi ancora sulle scale senza finire (nella fretta con tutto il tempo del mondo) e anche il suo insistere, prima di partire, a farmi riempire (con Piera) il pacchettino del cibo per il viaggio per Torino, lo scambio dei libri (e il mio arrivare sempre in ritardo nello scrivere, troppo in ritardo), me li porterò dentro, con la sua poesia e la sua forza, bella. Ciao Narda. https://blogger.googleusercontent.com/img/proxy/AVvXsEjbEluInb9kwNSeke4Bm15-cbZ_49Ux6IurLN_E_uDnhIBWBBvLp7a4yWQnEUB-RsmjWh8rZTnhcoufp4no777LfUZ-jgtzCP8O-xTqzc52Khaq0oWrAu31o_Ik5AsBxX_dvXEUGs5RQF8sqP84F-FwjX2n-SgcSefumyYvnOM=s0-d-e1-ft


Giancarlo Fabbri Editore di Forlì
Sono seduto a un tavolino di un bar di Savignano sul Rubicone. Dal cimitero di questa cittadina è partito il feretro di Narda alla volta del camposanto del proprio paese – Sant'Angelo di Gatteo. Di fronte al grande cancello di entrata i presenti si sono stretti, a semicerchio, attorno alla bara della nostra poetessa. Accanto a me c'erano, mesti e ripiegati su loro stessi, gli amici poeti Gianfranco Lauretano, Bruno Bartoletti e Franco Casadei. Una amica di Narda ha letto una poesia della nostra poetessa. Il sindaco ha ricordato la figura della propria concittadina: parole intelligenti e semplici. Il figlio ha pronunciato parole profonde e colme di amore per la sua mamma, ponendo al centro della riflessione la funzione futura della poesia di Narda. L'aria era di un grigio chiaro, quasi festoso. La terra di Pascoli ha accolto questa sua compagna di vita. Questa è stata la terra di Narda, che accoglierà le sue spoglie. E poi la gente del piccolo paese e delle grandi pianure limitrofe, laddove ancora contano le stagione, i lavori silenziosi dei contadini e il canto del gallo all'alba. Qui, cara Narda, avrai la tua pace – felice come un angelo, come un gabbiano del vicino Adriatico.

Paolo Polvani scrittore e poeta di Barletta
Un saluto a una cara amica appena partita per un lungo viaggio, per dirle che non la dimenticheremo.
Ciao Narda!
Che direzione ha preso quella tua risata? dov’è diretta
adesso quella tua guida spericolata che spettinava le strade
da Sogliano sulla utilitaria che aveva il colore e il calore e l’accento della simpatia di cui già ora avverto infinita nostalgia? 
Ti salutano i gatti di Gatteo e i tuoi bambini che ora sono cresciuti, ti salutano i poeti che anche se cresciuti non la smettono mai di restare bambini, e ancora tremano al ricordo della tua risata, di quella guida tua spericolata.


Ivano Mugnaini scrittore e poeta di Pisa
Ho incontrato Narda Fattori a Sant’Arcangelo di Romagna il 22 ottobre scorso. Era la terza volta che le parlavo di persona. Eppure, seduto accanto a lei, io, orso non di rado laconico, mi sentivo allo stesso tempo parente e amico, figlio e compagno di viaggio. Ti guardava fissa negli occhi, dava e chiedeva verità. Pur sapendo sempre capire e in fondo amare allo stesso modo, con la stessa forza, anche l’errore, l'imperfezione.

Questo è il manifesto che come Associazione culturale “Agostino Venanzio Reali” abbiamo fatto preparare:
Con profonda commozione partecipiamo al lutto dei famigliari per la perdita di Narda, nostra cara collaboratrice e amica che ci ha accompagnato per lunghi anni, contribuendo con i suoi preziosi consigli alla divulgazione della cultura, dell'arte e della poesia.
La ricordiamo con i suoi versi: «mi prenderò cura degli spigoli acuti / dei sassi che avete sotto i piedi / sì allora sarò leggera e avrò mani / quante bastano per acconciarvi / come non ho saputo fare prima».