martedì 16 gennaio 2018

Versi per un nuovo cammino

Stefano IoriLascia la tua terra. Sinfonia del congedo – FaraEditore 2017

recensione di Vincenzo D'Alessio



La nuova raccolta di Stefano Iori dal titolo Lascia la tua terra. sinfonia del congedo è stata pubblicata presso l’Editore Fara di Rimini nella collana “Vademecum”, a ottobre del 2017: 80 pagine, cinque sezioni, una copertina dello stesso Iori invitante per il lettore.
Le sezioni sono: “Del morire”, “Nel nulla”, “Dubbi”, “Stupore” e “Oltre”.
Una buona introduzione, realizzata dallo stesso Autore, consente al di avviarsi alla lettura del testo considerando il lascito poetico: conoscere per un istante la Morte; avvicinarsi al Nulla/Assenza dall’esistenza; ritrovare i “Dubbi” al risveglio dalla Ruvida nube nera; cogliere lo “Stupore” dei sensi ritrovati e infine avviarsi “Oltre”, dove: “L’esito dei sensi / dona sentori d’aurora / Affanni sospesi / vertigini e tripudi / Fino a gemme di stupore / che vibrano perenni / dopo il primo morire” (pp.16-17).
L’esperienza descritta dal Nostro non è solo singolare: trova riscontro in molti casi clinici e in cammini di Fede dopo dolorose perdite e forti depressioni. Il ricorso alla Fede è nelle pagine della raccolta rappresentata dalle voci prese dalla Bibbia, da I racconti dei Chassidim di M. Buber, dalla forte volontà personale di uscire dalla palude dei sensi e prepararsi all’energia del concerto che tiene in vita l’Universo.
La Musica, come Arte dei suoni, fecondo equilibrio tra pensiero e parola, emerge in quasi tutte le composizioni: “Verdi canti dalla via / s’infrangono sui vetri / Ne colgo l’eco / sempre più flebile / Scivolo alla deriva / con la casa tutta” (pag. 12).
L’anafora percorre i versi brevi e asciutti, poche rime, diverse assonanze, sinestesie e ossimori “ Faro oscuro”, “ tenebra lucente”, i verbi declinati all’infinito, una robusta corazza utilizzata a difesa della scrittura per renderla fluida, non gemente alle possibili cadute prosaiche, capace di superare l’aliquota del pensiero.
L’atmosfera poetica che promana da questa raccolta è il paradigma di una lunga esperienza, la consapevolezza che: “(…) La presunzione / di possedere il verbo / passa dalla cruna / del respiro corto” (p. 42).
La raccolta di Stefano Iori è il suo (e del lettore) inizio di un nuovo cammino.

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