martedì 2 gennaio 2018

Un poeta in obliquità di postura

Paradigma di esse
di Evaristo Seghetta Andreoli
Passigli poesia

nota di Claudia Piccinno

Il tempo come fondamento dell'essere perché tutto muta e nulla resta uguale a se stesso col fluire del tempo resta il filo conduttore di questi versi.
L'autore è ai margini in obliquità di postura, mai un accenno di narcisismo, né di vanagloria, questa è la forza di Evaristo, la potenza dei suoi scritti rimbalza come eco nel cuore del lettore senza mai alludere al trionfo ma altresì incitando a una costante ricerca della verità.
Cerco nella piazza il coraggio/ per gestire la mia difesa lì/ presso la fontana, dove scroscia,/ fluida e sincera, la Verità.
Altre costanti della poetica del Nostro sono la fede e la perseveranza che restano intrinseche al cammino dell'uomo, diviso a metà tra il peccato e la speranza di redenzione, tra vuoto d'essere e un quid fuori della mente che ci restituisca l'identità perduta.
Non meno belli sono i componimenti dedicati agli amici d'infanzia o all'amata, in cui tutta la Natura dei suoi luoghi partecipa come comprimaria al sentire poetico (poi il tuo pensiero ho cacciato/ nella sacca dei rimpianti/ non senza quel raggio di sole./ Ma il tuo sapore di ginepro è rimasto/ e ancora passo la lingua sul sogno/ convinto che ti rinconterò...), ai rimpianti del poeta, alle attese in bilico sull'impercettibile gravità del sogno.
Numerosi i rimandi al gioco del calcio come metafora del vorticare della vita tra goal e punizioni, dribbling e fuorigioco e ora che la partita è finita resta quel gesto di intesa tra spettatore e giocatore, tra autore e lettore che offre riparo e riassume il senso di ogni punto di incontro, dando ciascuno l'interpretazione che più gli aggrada.

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