venerdì 3 maggio 2024

It's friday!: poesie inedite di Sarah Talita Silvestri





















It's friday! è una rubrica a cura di Annalisa Ciampalini



Oggi mi parla il dorso lapideo di questo cielo.

Cieco il discorso principio del mondo.

Sophia, enigma irrisolto sulla pagina.

Quanto vince il segreto linguaggio

                                                di un demente

agonizzante per l’astuto?

Percorrendo la linea tortuosa comprendo che

sei tutto

come l’indigente promessa. Risuona

d’intonazione ciclica il tuo nome,

radice di ogni mio sogno,

                                Ostaggio d’intelletto.

**



Cosa dura davvero intoccato?

Tu, gemmata di pietà

sei prediletta nella vergogna.

Un insulto. Ti risuona nella notte

l’inclemente potenza, ingloriosa

l’unghia incupita tra la veste

increspata del mare: il tuo specchio.

Ciò che vedo distesa

è l’immagine che fallisce

nel suo intento benevolo.

Nell’ora in cui lo stuolo incresce,

cerco l’assoluto varco

di un ordine inesistente.

**




Non lontano da te

brucia febbrile il pensiero.

Senza forza crea un tarlo nella notte

e per poco manca il vuoto.

Come secoli di secondi perduti

chiedo asilo e la pena distingue

solo inutili foglie.


Gole serrate le nostre.

Ti cerco nel crogiolo del labbro;

sei appeso al t’amo che solo le menti

d’incenso sanno dire con gli occhi. Sulla pelle

livida d’offese la tua mano si tinge

del genio di mille piante nutrici.

Adesso so che se da te mi stacco

posso amputare il mondo cingendolo da dentro.

**



Chi ci separerà dall’amore

ora che l’ombra appaga quelle bianche dita,

turgide nel silenzio interrotto?

Meglio avere un raggio dentro,

meglio soccombere alla consolazione.

Correre senza movimento, senza

la dispotica armata che spia sulle colpe.

Flettersi all’amore solo

per incarnare il volo di schiere benedette.

Se ti guardo io mi scruto,

evasa la luce, ti rifletto.

**



Questo è il sillabario del niente.

Non si muore.

Non si vive. I fiumi in piena.

Mi venderai pietà per oro

e una fede tradita

chiama ancora il deserto manna.

Espiatemi le vene allora,

suggetemi la santità.

La dannazione che mi rendi

è mezzo di niente,

è il pieno che svuoti ad ogni inchiesta.

Cristallina l’eugenesi d’elezione:

caccia al nemico,

rintocco d’agonia.


Sarah Talita Silvestri (Palermo, 1982) vive a Bra, in provincia di Cuneo. È laureata in Archeologia e Storia antica presso l’Università degli Studi di Torino. Si occupa di numismatica antica, i suoi studi trovano collocazione in un volume del Notiziario del Portale Numismatico dello Stato e nella recente pubblicazione di un catalogo su un medagliere civico. Docente presso la Scuola Secondaria, collabora con associazioni culturali museali e con la redazione di Atelier online. Scrittrice e traduttrice, suoi inediti sono stati pubblicati su alcuni blog, e ha tradotto in esclusiva per la rivista Atelier alcuni inediti di Delmira Agustini e poesie di Saffo, Orazio, John Donne, Dylan Thomas, Vladimir Nabokov, Blas de Otero, Octavio Paz, Vicente Aleixandre, Juana de Ibarborou e Nancy Cunard, Emily Dickinson. 







(Polaroid XXV): Padre Elia Spezzano

 


Polaroid: istantanee di poesia è una rubrica a cura di Luca Pizzolitto
Foto in copertina di Luca Pizzolitto


Sanno di luce i nostri canti / in attesa del mattino


 Da Croci del Sud (puntoacapo, 2020)



MEDITERRANEO INTERIOR

Seconda Cantata di libertà.
Prima di Amore e Silenzio.
Nuova di Mediterraneità.

1998

Ad Astor Piazzolla, Joaquin Rodrigo, John Whelan e alla loro musica.
Ascoltando “Oblivion”, di Astor Piazzolla
e il “Concierto De Aranjuez” di J. Rodrigo.
Riascoltando “Celtic Crossroads” di J. Whelan
One World, One Music, One Freedom, One Humankind


Cambio mi vida,
Porqué mi vida es volver,
Qui dove le pietre sembrano
Così mute, eppure non lo sono,
Ed hanno secoli di voci
E di volti, impressi come ombre
Nell’apparente fragilità dei licheni
E dei muschi, con le loro intensità
Di profumi, e gradazioni di colore.
Y regreso donde sale una fuente
Limpia, de luceros y de noche,
Mediterraneo Interior, que trapasas
My alma con flechas de Silencio.
Non so guardare più inattivo
Il trasmutarsi della vita, i passaggi
Così lievi e forti delle vive
Stagioni, con il loro avvicendarsi
Di luci e di ombre, così intense
Eppure mai nette e definite.
Mi sento addosso gli occhi della vita
Che mi scrutano, e torna quasi sempre
Il ricordo, come un passero in settembre
Che si confonde nella muta intensità
Di questo azzurro, cielo che riflette
La mia antica solitudine e il mio
Bisogno di libertà, silenzioso
Come sono, versato in pensieri
Di luce che vorrei
Fossero meno grandi e che
Non portassero morte ma solo
Pace ad ogni uomo e ad ogni cosa.
Eppure è questa morte di stagioni
Che cammina al mio fianco quasi sempre
E che plasma la mia vita, in un continuo
Trasformarsi. Tendono le voci
Al silenzio, i giorni ad una smisurata
Notte, il presente al ricordo ed ogni moto
Interiore si spegne in una quiete
Che vorrei fosse eterna.
Ho bisogno d’infinito, ed ogni fronda
Di questi alberi racconta
Alla mia anima la sua
Inquietudine di vento che la scuote,
E la vita ritorna
Prepotente a impossessarsi del mio
Cuore, con i suoi desideri,
E le sue passioni. (Sono un vento
Che non ha trovato ancora
Querce abbastanza forti
Che ne spengano il vigore). Vibra
Di canto la mia terra, di voci
Così piene di vita, così arse
Di sole, Mediterraneo Interior
Que trapasas mi alma con flechas
Asì ardientas de Silencio.

giovedì 2 maggio 2024

Versi che trascendono l’autore: la poesia è anche amicizia

Alessandro Ramberti, Non so resistere, Fara 2024

recensione di Gianni Criveller


Non so resistere, l’ultima silloge pubblicata dal poeta-editore Alessandro Ramberti, mi è subito sembrato un titolo enigmatico. L’ho ricevuto proprio il 25 aprile, il giorno in cui la nazione italiana celebra la Liberazione nata dalla Resistenza. ‘Non so resistere’ potrebbe significare: non ho ancora imparato a esercitare la resistenza, una pratica di fortezza, quanto mai utile nella vita, e non solo sul piano civile. Più prosaicamente, ‘non so resistere’ potrebbe essere, d’altra parte, una dichiarazione di debolezza e impotenza di fronte alle tentazioni della vita, alle quali appunto, non si sa resistere.

Questa enigmaticità e persino ambiguità l’ho ritrovata nei versi di Ramberti. “Languisce l’anima / quando è in ricerca / senza risposte / mentre i segnali / paiono ambigui (…) ogni paura / ha una scialuppa / per navigare” (p. 18).

Non sono un critico tecnico di poesia, piuttosto so dire se una cosa mi piace, mi emoziona, mi lascia qualcosa. Ho trovato che Alessandro riveli in queste pagine la fatica di un passaggio esistenziale: la consapevolezza della vita che passa e non sarà più, ovvero dell’incombenza della morte (p. 49 e soprattutto il racconto Naquatl a p. 77); il venire meno di punti fermi (p. 26); momenti di fragilità, buio e vuoto (in vari versi); la malinconia per chi non è più con noi.

“… dalla distretta / non so resistere / all’entusiasmo / del tuo sorriso // sento il conforto / del sangue in me / tuo dalla nascita / ribolle il cuore // in apprensione / come facevi / quando aspettavi / il nostro arrivo” (p. 19). Versi che, insieme ad altri, tra i quali quelli a p. 22, e poi a p. 31 e 66, sembrano evocare il lutto familiare che ha recentemente colpito Alessandro. Non mi permetto tuttavia di chiedergli se la mia interpretazione sia corretta: la poesia ha regole di discrezione.

Non saprei se Alessandro sia cosciente che questi versi rivelano, insieme ad altre cose, anche fatica, incertezza, ansia e paura rispetto al passaggio esistenziale sperimentato. Consciamente o meno, perché come ha confessato Alessandro nella premessa, questi versi ‘hanno voluto nascere e io li ho assecondati’. Dunque c’è qualcosa di misterioso – piuttosto che di razionale – in ogni esito poetico: i versi trascendono lo stesso autore.

In questa silloge Ramberti ha uno stile piuttosto sobrio e asciutto che rasenta, talora, una certa durezza: pochi articoli, congiunzioni e preposizioni. Niente ‘virgole e punti e appigli’, come ha notato Martello. È la forma più adatta, credo, per descrivere la fatica del passaggio e la durezza dei temi evocati.

Infine vorrei riprendere un verso del primo quinario: “mi urge qualcosa / proclamare un’amicizia / in contumacia” (p. 15). Amicizia che ritorna in seguito in altri versi. In realtà gli amici del poeta Ramberti non sono contumaci. Sono presenti a prefazionare – con il dotto breve saggio di Luigino Bruni – e a epilogare le poesie di Alessandro, con affettuosi e sentiti interventi di ben otto amici poeti. La poesia è tante cose e nello stesso tempo rimane piuttosto indefinibile.

Nel mondo di Alessandro Ramberti poesia è anche amicizia. Con la sua generosità e professionalità negli anni ha costruito attorno a sé – e alla sua editrice – una rete di poeti e scrittori che si sentono comunità. È impossibile immaginare le kermesse di Fonte Avellana e in altre suggestive località (anche fuori Italia) senza la leadership e la coinvolgente passione di Ramberti. Poesia è anche questo.

Chiedetelo al vento che passa

È uscita la raccolta postuma
di Swami Prem Salvatore Mannella
a cura di Stefania Longo
v. la scheda 

L’aria vitale della poesia… un soffio di sillabe

recensione di Ivano Mugnaini pubblicata su Dedalus

Nella nota introduttiva al libro, Donatella Nardin precisa che Ixòe de aria – Isole d’aria è il frutto del suo peculiare interesse per gli haiku, ma precisa che pur avendo tentato di aderire ai canoni sia stilistici che concettuali del genere si è presa “alcune libertà come quella di usare il dialetto odierno delle isole treportine/veneziane”.
Questo brano dell’introduzione (e questa considerazione vale sia per questo specifico volume che a più ampio raggio per tutta la produzione poetica della Nardin) conferma che la poetessa sa affiancare allo slancio e alla passione uno studio, una preparazione preliminare che incanalano l’ispirazione nell’alveo di un’espressione conscia che, senza perdere niente della freschezza e dell’immediatezza, consente di produrre lavori compiuti e maturi.
L’utilizzo degli haiku nell’ambito della poesia occidentale è un’operazione complessa e rischiosa. Perché all’origine del genere haiku ci sono secoli di cultura, usanze, visioni del mondo che sono di difficile comprensione e assimilazione. I poeti consapevoli e attenti, come la Nardin, sentono, per istinto oltre che per riflessione profonda, che un tentativo di riproduzione pura e semplice dell’haiku in una lingua differente e in un contesto estremamente diverso darebbe dei risultati insoddisfacenti, rischiando perfino il tonfo nel bathos, nella comicità involontaria. 
(…) 

continua su Dedalus

Salvare il bene in partenza al fine d’insegnarlo

recensione di Marina Minet pubblicata su LucaniArt Magazine



Dopo aver letto Enchiridion Celeste lo scorso anno, mi giunge gradita questa nuova raccolta di Alessandro Ramberti, Non so resistere Fara Editore (2024). La copertina è un abbraccio sorridente di mani, perfettamente in linea con il flusso accogliente dei versi. Anche qui, sin dalle prime pagine, ci si rende conto della sua vena poetica dal grande valore etico e spirituale. Quanto può costare dirsi veramente degni? Non è mai abbastanza la fatica che conduce al dono. La lettura dei suoi versi ci ricorda che non è mai come vorremmo, perché la vita non è soltanto luce, le tenebre si aggirano se c’è dimenticanza. Che fare dunque? E leggendo oltre, il poeta risponde, verso dopo verso, con accurata precisione.

Un impegno è possibile, la ricerca della perfezione può essere lontana, ma non estranea, può abbozzarsi se solo non sciupiamo il tempo -volutamente ignari di altri sguardi. Basta tracciarne i contorni nell’insieme delle prove quotidiane. Queste sue poesie mostrano, infatti, con ardente disciplina, che sperare non è vano, né folle. Nello scambio, nel confronto, nel sentire fraterno orientato a un percorso comune, la verità sgorga cosmica, miniera d’altruismo.  

Le relazioni / hanno variabili / che ci sorprendono / scalmi divini (pag. 43)

L’ammirabile fede aggiunge valore al canto del poeta, orientandoci al nucleo dei concetti. Le soluzioni concretano l’anima, l’armonizzano nel corpo come parte fusa, in quanto il bene in esso si sostanzia, innalzando le virtù nel sacrificio.

Il corpo è un’aspra / dolcezza luogo / di risonanze/scrigno di immagini (pag. 45)  

La parola quando tende al bene rivela chi siamo in rapporto al creato. La missione s’inoltra con la preghiera, il bisogno ci siede accanto e spetta scoprirlo e vederlo. Ed è così per il poeta che sa donare ricche spinte di abbandono cristiano, dove gli abissi innanzi non contano, poiché il passo non dubita – se puro-  e se cade, saprà risollevarsi nel conforto.

Vorrei vedere / il tuo splendore / l’olio prezioso / inesauribile. (pag. 54)

Ci s’incammina così a raggiungere l’unione, il momento che basta per toccare quel senso di pienezza che a volte sembra batterci la schiena dicendo – ‘sì, sono qui, eccomi aratura alle tue costole’. E affidarsi inermi è ciò che vogliamo, e ciò che frastornati trascende. E lo esprime bene tutta la raccolta, esortando ogni possibile variante d’umiltà per non tornare indietro.

La poesia di Ramberti, nella sua purezza cristiana, potenzia la certezza che non c’è illusione nella fede. Aprire la mano buona, che sia dare o prendere, è salvare il bene in partenza, al fine d’insegnarlo senza condizioni. L’equilibrio versatile dei versi è un inno all’amicizia che cerchiamo, alla perseveranza, alla gioia del fiore piccolo che sbuca dal gelo, alla lealtà condivisa. La sua voce dona la brezza che al mattino ci  sorprende.  

Ariccia, 26 aprile 2024

Marina Minet

Di seguito due poesie tratte dalla raccolta Non so resistere di Alessandro Ramberti, Fara Editore 2024

Basta ben poco
per scomparire
in una faglia
minima o grande

di spaziotempo
materia e spirito
non li controlli
il tuo miscuglio

è sempre instabile
fiamma che trema
al vento oscilla
desiderosa

eppure l’alito
che le dà ossigeno
può anche estinguerla
perciò è preziosa

(pag. 16)

*

Da chi dipende
il mio destino
quanto da me
quanto dal fuori

dove mi colloco
per valutare
l’area di scelta
di libertà?

Siamo compagni
di Giobbe d’Uz
scoordinati
da fatti alterni

siamo in balia
di quanto accade
ma c’è un messaggio
che abbraccia tutto

(pag. 17)

SOLUZIONE: CUORE E AMORE NON SI BACIANO

recensione di Graziella Proto pubblicata su Le Siciliane Casablanca n. 82, marzo-aprile 2024

Un piccolo volumetto, un libro di poesie, La soluzione, scritto da Vincenza Scuderi – germanista presso l’Università di Catania – edito da Fara Editore, che ha conquistato il terzo posto al concorso Narrapoetando 2024.
La soluzione… Soluzione per cosa? Per chi? Forse per affrontare i problemi e le emozioni della vita? Del resto, “le cose sono come le racconti”, dice l’autrice.

2,5 MG
Ora nella mia cura
è in voga una misura:
d’ogni principio attivo
passpartout.


E a me – che di Vincenza Scuderi sono amica da quasi vent’anni – viene la pelle d’oca. Quel groppo alla gola che ti soffoca. Straordinario e coraggioso parlare e raccontare con ironia del proprio malessere o di una malattia, ma lei, colta e sensibile, lo fa con questi versi appuntiti come una lancia.
Poeta di intenso sentire, la sua scrittura è un percorso interiore dell’animo in mezzo alla quotidianità, in tutte le sue sfumature, dalle più tenere a quelle che non lo sono per niente, fino a una realtà amara e a volte crudele. Ma sempre guardata con distanza da sé:

A una cert’ora / porto a spasso / le ginocchia, / e tutti gli altri / il cane.

Certamente mi commuovono i versi delle poesie sulla cura, e leggere e scoprire questa autoironia su una sua fragilità me la fa sentire molto vicina. Di sé in quel periodo mi metteva al corrente minuziosamente, ma sempre con molto ottimismo, pensando alla guarigione come all’unica soluzione possibile.
I momenti difficili della vita la nostra poeta li affronta con l’ironia. Il sarcasmo. La fiducia. L’ottimismo, un’arma legata alla certezza e vicinanza dell’amore; un binomio che è stato utilizzato per elidere il pensiero della morte; un pensiero, questo, che non l’ha mai sfiorata.

“Graziella cara – mi scrive nella dedica – ti invio quarantadue poesiole vaganti per altrettanti momenti leggeri”. Come diventa leggero il fatto che le cadessero i capelli e non ne abbia fatto un dramma, anzi ne fa una poesia:

Della malattia / si vede / la cura. / E la gatta / da pelare / sono io.

Poesie brevi. Veloci. Saette che sprigionano la sua gioia per la vita e tutto ciò che la circonda;
lance che parlano di amore universale.
Ogni poeta, si sa, ha una sua fonte d’ispirazione profondamente radicata nel cuore. Una miriade di emozioni forti che costituiscono la sua vita. Sentimenti pieni nei quali l’autrice si identifica. Quando il lettore trova, nei versi che sta leggendo, qualcosa di sé, nasce un moto di simpatia (empatia si dice spesso e a volte anche fuori luogo) e il poeta diventa così un compagno di strada. Molto facile che ciò avvenga con questo libro.
Nei versi di Vincenza Scuderi cuore-amore non si baciano. I suoi versi sono irridenti, irriverenti, beffardi. Un’arte poetica – così come dice Alessandro Ramberti nella sua prefazione – icastica, lapidaria, essenziale:

Apprezzo / il quadrifoglio / per cos’è: / un raro / calcolo / errato. Oppure: Ellisse tendaggi, leggo. / Avrei trovato / più opportuno Eclisse.

Arguta. Sagace. Pronta e briosa. Tuttavia i suoi versi oltre all’ironia che pervade quasi tutte le composizioni, lasciano intravedere amarezza e concretezza.
Perché, dice l’autrice di sé, “non sono una pessimista ma nemmeno una ottimista: una realista sorridente”.
E pur nella sua brevità intensa e profonda la sua poesia arriva subito al cuore. Un dono per sé e per gli altri, perché la sua arte poetica è un’espressione di vita. La scelta di una esistenza.
Intanto che i fan della poeta riflettono sulle emozioni che i suoi versi ci trasmettono, lei ci fa sapere:

I solitari li ho / dimenticati tutti. / Gioco una mano / contro l’altra a tivitti.

E ci fa sapere anche che a Flossenbürg, oltre al lago per nuotare, c’è pure Flossenbürg.

Evviva l’umorismo – in tutte le sue espressioni – perché ci rende tutto più leggero e accettabile.

A Steccato di Cutro potrò vedere

uno steccato di fiori e
con gli abbaglianti guardare
negli occhi / i fiocchi di neve.