mercoledì 29 maggio 2013

Sulla silloge di Mariangela Ruggiu in Scelte vincenti

a cura di A. Ramberti, FaraEditore, 2013

recensione di Vincenzo D’Alessio



Al di sopra della miriade di sofferenze, sparse nel nostro contemporaneo, ci sono voci poetiche che si nutrono di profonda speranza. È un bene che ci siano,per non perdere definitivamente la rotta che in passato prevedeva la fine della Poesia. La Poesia è viva e vera:  nei versi, nelle poetiche, nelle raccolte. Dobbiamo molto alle poetesse, che già dal secolo scorso, hanno tracciato solchi che oggi accolgono nuovi filoni e vive contaminazioni.


La raccolta Mi hai lasciato uno scrigno di parole, della poetessa Mariangela Ruggiu, inclusa nell’antologia Scelte vincenti, compie questa congiunzione traghettando l’armonia della poesia del Novecento nelle sue composizioni recenti. Vibra nell’intera raccolta una musicalità che riprende motivi stilistici, uso dell’enjambement, delle similitudini, delle sinestesie, delle metafore, degli irrisolti interrogativi,  appartenuti anche a poetesse come Alda Merini. Nella poesia SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), che apre la raccolta la Nostra, scrive: “Dio, ti parlo con gli occhi che diventano / questa voce stridula che non mi appartiene / dimmi di questa vita, qual è la vita” (pag. 207). Scriveva la poetessa Alda Merini: “Padre, se scrivere è una colpa / perché Dio mi ha dato la parola / per parlare con trepidi linguaggi / d’amore a chi mi ascolta?” (da Ballate non pagate, Mondadori, 1995).

La figura del padre, dell’appartenenza ad un inzio, respira forte all’interno della poetica della Ruggiu: “Passa il tempo e non mi sei mancato / (…) perché mi hai riempito così tanto di te / nei gesti, nei pensieri, negli odori / che ancora non sono arrivata ai ricordi” (da  Padre, pag. 213), come legame sincretico con la propria terra, le tradizioni, le risorse sotterranee: tradite, impoverite, incenerite, dalla furia devastatrice dell’avere, degli uomini: “Pane, vino, carbone li puoi comprare / (…) polvere sottile di guerra che corrode da dentro, / ruggine nelle speranze tradite” (da Mio padre, pag. 217). C’è, nello sviluppo della raccolta, un racconto doloroso, uno sviluppo nel  presente proteso a esorcizzare il tempo che viene, che verrà, che apparentemente è vittima dell’ingiuria degli uomini: “Venne un giorno / che le parole di tutte le poesie caddero all’improvviso / e andarono in frantumi come bicchieri di cristallo, / (…) La disperazione, l’ingiustizia, la fame, / la violenza non si scomposero, / da sempre fanno a meno delle parole” (da Venne un  giorno, pag. 209).

Gli interrogativi sono tanti, e si dispongono agli occhi del lettore come sguardi lanciati nelle varie direzioni alla ricerca delle certezze, della possibilità di colmare desideri: “ quando vorrei una coperta calda di pioggia,/(…) o l’abbraccio di un silenzio senza domande” (da Inverno, pag. 208). La poesia non offre risposte concrete alla realtà fatta di sofferenze; aiuta a difendere “la bambina”, più volte richiamata dalla Nostra, aiuta a preservare il sogno da raggiungere, anche se fa esclamare alla Ruggiu: “La poesia, che verbo inutile!” (da Metto un punto, pag. 212). Sono convinto, come scrive di sé la poetessa, che: “le poesie, una volta scritte, diventino autonome dal loro autore, per questo sono felice di lasciarle qui, perché vadano da sole” (pag. 225).

Bella e completa è la considerazione che dà dell’intera raccolta della Nostra la componente della Giuria del Premio Pubblica con noi 2013, la poetessa Teresa Armenti: “Sono tanti i punti interrogativi che attendono risposte. E bisogna fare i conti con i sorrisi di circostanza, di compatimento, mentre si coltiva il dolore indeclinabile, compagno inseparabile di una vita” (pag. 18).

Ma è proprio per la forza sincera della Poesia; per l’inviolabile valore della parola poetica, che la voce di una poetessa diventa il coro capace di superare la precarietà dolorosa dell’umano, traghettando  l’anelito della vita verso “lo scrigno” dove trovare parole che diano “un colore per gli occhi” desiderosi di sogni.


Zanzare in serenata a Cesenatico dal 9 giugno al 6 luglio 2013




LA SERENATA DELLE ZANZARE
Rassegna di incontri con la poesia organizzata da Casa Moretti
Seconda edizione - estate 2013


Tornano anche nell’estate 2013 gli incontri con la poesia a Casa Moretti. Da alcuni anni infatti l’istituto culturale che ha sede a Cesenatico nella casa sul canale che fu di Marino Moretti ha allargato il proprio fronte di attività, dedicandosi, oltre che agli studi e la critica, anche alla poesia “attiva” e militante. Una occasione per mettere in relazione Casa Moretti con le nuove esperienze della poesia contemporanea e per continuare ad essere, soprattutto, ancora una casa, ovvero un luogo di incontro e di familiarità. Il piacere di ascoltare i versi accompagnati dalla musica nell’appartato e crepuscolare giardino o sul pittoresco porto canale di Cesenatico, fa della “Serenata delle zanzare” una esperienza unica ed un evento letterariamente tra i più significativi proposti in Riviera.

Dal primo originale esperimento di reading di poesia davanti alla casa di Marino Moretti, nel 2011, la rassegna ha preso piede nel 2012 proseguendo nell’attenzione verso i giovani con incontri che hanno mescolato registri e intonazioni diversissimi tra loro, originali e legati alla tradizione, provenienti da territori lontani o vicinissimi, e che sono rimasti nella memoria degli eventi dell’estate scorsa.

Con la sua proposta di incontri dedicati alla poesia in rapporto con altre arti come la musica, la danza e l’arte nel giardino di Casa Moretti e altri luoghi di Cesenatico, organizzati per valorizzare le voci del territorio e non solo, Casa Moretti ha così allargato il proprio fronte di attività (più spesso onorando una vocazione per gli studi) occupandosi anche della poesia “attiva” e militante. Questa rassegna estiva infatti è una occasione per mettere in relazione l’istituto di Cesenatico sorto nella casa natale di Marino Moretti, con le nuove esperienze della poesia contemporanea. Il piacere di ascoltare i versi accompagnati dalla musica nel contesto dell’appartato e crepuscolare giardino o del pittoresco porto canale di Cesenatico, fa della “Serenata delle zanzare” una esperienza unica e un evento letterariamente tra i più significativi dell’estate.

Il titolo della Serenata delle zanzare, proveniente da un verso del “padrone di casa” Marino Moretti, è stato scelto pensando al ruolo scomodo (fin’anche fastidioso, come gli insetti punzecchiatori) attribuito alla poesia ai giorni nostri. Contemporaneamente però il pensiero di una dolce serenata, vorrebbe rappresentare il momento di celebrazione di quanto da sempre aiuta ad esprimere meglio sentimenti, emozioni, pensieri... ovvero un gesto d’amore per la parola poetica.
La scelta di selezionare nomi delle ultime generazioni di poeti nasce dalla volontà di istituire canali di comunicazione coi i più giovani e di contribuire soprattutto ad infondere loro incoraggiamento e rinnovato entusiasmo a chi intende approfondire l’esperienza della scrittura della poesia.



Così dunque nell’Ouverture di sabato 9 giugno con Martina Abbondanza, Stefano Maldini, Nicola D’Altri e Massimiliano Mandorlo coordinata da Gianfranco Lauretano, una “lettura ad alta voce” ancora una volta sperimentata sulle barche del pittoresco porto canale di Cesenatico, attorniati dalle vele che ispirarono anche tanta parte della poesia di Marino Moretti.
Sabato 22 giugno, si continuerà ad onorare il tema del mare così vicino alla realtà dei nostri istituti culturali: nell’occasione dell’inaugurazione della mostra di Giuseppe Mecconi, artista illustratore dei grandi poeti e cantautori liguri, Questo mare è pieno di voci..., Luigi Camilli leggerà alcuni brani con l’accompagnamento musicale di Egildo Simeone (chitarra, percussioni) e Livio Bernardini (fisarmonica).
Con La voce dei Padri e il dialetto lingua Madre, curato da Alessandro Ramberti, sabato 29 giugno, si ascolteranno i versi in dialetto straordinariamente moderni di Annalisa Teodorani, insieme alle voci di Serse Cardellini, Andrea Ponso, Caterina Camporesi, Saverio Simonelli, con gli interventi musicali di Fabrizio Flisi.
In occasione della Notte Rosa 2013, sabato 6 luglio, verrà infine ospitato lo spettacolo Per voci e corde. L’amore re-esiste, con la cantautrice Chiara Raggi accompagnata da Cesare Ricciotti, entrambi introdotti e presentati da Paola Baioni.


PROGRAMMA:

Domenica 9 giugno ore 18, Porto canale antistante Casa Moretti
Ouverture... dal porto
Reading di Martina Abbondanza,
Nicola D’altri, Stefano Maldini,
Massimiliano Mandorlo
A cura di Gianfranco Lauretano

Sabato 22 giugno ore 18, Giardino di Casa Moretti
Questo mare è pieno di voci... (poesia e musica dell’altra riva)
Letture di Luigi Camilli con accompagnamento musicale
di Egildo Simeone (chitarra, percussioni, voce),
Livio Bernardini (fisarmonica, voce)
Nell’occasione della inaugurazione
della mostra di Giuseppe Mecconi

Sabato 29 giugno ore 21, Giardino di Casa Moretti
Versi e musiche con Annalisa Teodorani,
Serse Cardellini, Andrea Ponso, Caterina Camporesi,
Saverio Simonelli, interventi musicali di Fabrizio Flisi
A cura di Alessandro Ramberti

Sabato 6 luglio ore 21, Giardino di Casa Moretti
Per voci e corde. L’amore re-esiste
Recital di e con Chiara Raggi e Cesare Ricciotti
A cura di Paola Baioni



Premio di poesia “Giuseppe Pisano” prima edizione – Montefredane (AV) 22 giugno 2013


martedì 28 maggio 2013

Il nostro sistema solare di Rosita Copioli al Museo della Città 31 maggio



Su Vincenza Scuderi, prima classificata

in Scelte vincenti, FaraEditore, 2013 

recensione di
Vincenzo D’Alessio


Nell’antologia Scelte vincenti è contenuta la raccolta “Accade soprattutto per la strada” di Vincenza Scuderi. Il giudizio critico offerto dalla componente della Giuria del Premio, Anna Ruotolo, indica appieno il valore delle “esercitazioni” poetiche di questa raccolta: “C’è una perizia da equilibrista, in questa raccolta. Nel senso proprio del termine, nel senso – intendo – dell’atleta che si mantiene in perfetto equilibrio e, sebbene si sbilanci pericolosamente ora verso un lato ora verso l’altro, tiene una posizione elegante ed eretta, e nel senso grammaticale, per così dire, del termine” (pag. 16).
Una poetessa funambola, per virtù poetica, scelta dalla poesia tra quelle voci nel coro per intraprendere la strada impervia della “passione” poetica. Dice di sé la Nostra: “Come da bambina / mi concedevo al cibo / nell’inganno cercato / d’un cartone animato o d’una fiaba” (pag. 135). Versi che animano gli oggetti del quotidiano, i viaggi intrapresi, le emozioni riflesse. Similitudini e rima alternata che invocano una performance forte, più vicina al dolore, con il distacco dallo scudo dell’ironia, alla ricerca della vera capacità di emozionarsi.
“Ti dono le mie rime, di carezze / s’adornano con arte inutilmente, / si vestono di forma ricercata / e vivono con me dure amarezze. / Annego nello sforzo di rubare / respiri che non neghino al presente / la vista, per mio male disperata, / di te che non saprò mai disamare” (pag. 137). Questi versi, maturi, sinceri, pronti per il passaggio di qualità verso la poetica di questo nuovo secolo, richiamano alla mente del lettore i versi delle “poesie del disamore” di Cesare PAVESE, specialmente nella poesia Vino triste: “La fatica è sedersi senza farsi notare. / Tutto il resto poi viene da sé. Tre sorsate / (…) Poi gli occhi si fissano / a mezz’aria, dolenti, come fossero ciechi.”
Vincenza Scuderi ha nel cuore la poesia vera, nascosta dietro un’ironia vestita di dodecasillabi, di rima alternata, che affonda nella strada degli studi seguiti finora. Ma la sua vera, “spudorata” personalità poetica aspetta di esercitare la vera forza creativa, come quel Rinascimento tanto atteso nell’Arte, tenendo per mano la bambina, e lasciare che tutto: “Accade soprattutto per la strada, / sotto gli occhi dei passanti” (pag. 135) “a tradimento”: “Intanto sono nuda e senza abbracci, / mentre il suo corpo sarebbe il mio vestito” (pag. 138).

lunedì 27 maggio 2013

Caccia – Nel fruscio feroce degli ulivi

recensione pubblicata in  www.circumnavigarte.it/caccia

 
Angela Caccia
Nel fruscio feroce degli ulivi  
(Fara Editore)

Un titolo che porta a chiedersi cosa potremmo scoprire nelle sue pagine, perché le fronde degli ulivi smosse dal vento possono generare un fruscio “feroce”? Nell’addentrarsi in quest’opera scopriamo ritratti immortalati da una attenta osservatrice di quanto ci circonda. Pagine intrise di passione che si incrociano con domande, risposte, ricerche intime e contraddizione dell’essere umano. Ma sono pagine che riescono a coinvolgere empaticamente il lettore. Angela Caccia con la sua poesia coglie esattamente nel segno di quello che dovrebbe essere la poesia: permettere a chi legge di appropriarsi e fare sue emozioni e sensazioni, magari da un angolo di visione differente da quello dell’autore, ma anche questo è uno degli scopi della poesia.
Nello scorrere dei versi sembrano trasparire momenti e passaggi di vita dell’autrice, il perdersi e ritrovarsi nell’intimo dopo delusioni e rinascite, come per voler affidare alle parole la centralità del suo mondo.
Cosi’ si racconta in due righe la poetessa “...poi un bel giorno mi chiesi chi fossi e rinvenni una tipa. Per alcuni versi la trovai estremamente buffa. La congedai. Il recupero dell’autenticità fu lungo ma non faticoso, probabilmente ero sempre rimasta nei paraggi di quel centro che oggi sento casa.”        

IL RESPIRO DEL CREDO NELL'INCANTO DEL CREATO


recensione di Elena Varriale  pubblicata il 25 Maggio 2013 in blog.libero.it/recensire

IL RESPIRO DEL CREDO NELL’INCANTO DEL CREATO

Recensione della silloge Frammenti di sale

di Mariangela De Togni
Fara Editore, Rimini, 2013

“Come scrivere di te / se sei stelo al cielo / giglio fiorito al dono / di una sillaba / greve di eternità?”
Inizia così, con una domanda rivolta a Dio, la bella ed organica silloge Frammenti di sale di Mariangela De Togni, edita da Fara Editore (2013).
Suora orsolina per vocazione e poeta per dono o per necessità, l’autrice nei suoi versi lascia convivere il sussulto o il respiro del Credo con l’incanto del Creato. Dio è nella mano che agita i rovi, in quella che dipinge i petali dei fiori, nell’aria che ricama e contiene le attese: “volesti Lei, la Madre, / per i tuoi giorni / di carne, così /rimanendo nel grembo /dei nostri respiri”. Ed è nel cielo che gli occhi trovano conforto, orizzonte che indica la strada, ma che dipana e giustifica anche la richiesta, questa sì, tutta umana, di un segno che spieghi o illumini: ”Cercare Dio è trovare la notte/nell’ombra bianca/della sua misericordia” scrive l’autrice.
Le parole, allora, si modellano sui battiti del cuore ed il silenzio si fa aritmia del verso, poi insperata o ritrovata quiete: “Non è silenzio d’assenza/quello che scorre/fra le mura del chiostro/illuminato dalla luna/ma solo quiete”.
Dio è dunque “l’invisibile evidente” come sosteneva Victor Hugo che non si mostra e non ha forma, è presenza inafferrabile che accompagna e preserva i misteri della vita, che si disvela e “parla chiaro” (...) “nella fragranza / d’un crepuscolo/di seta.”
Con questa consapevolezza l’autrice instaura un dialogo intimo con l’eterno, un chiedersi d’infinito che sfiora ombre per raggiungere con pensieri leggeri, quasi impalpabili, il senso più profondo della beatitudine: “Trasfigurami / come lo sfavillio del mare / a primavera. / Trasfigurami e saprò la beatitudine.”

Elena Varriale



L'AUTRICE
Mariangela De Togni è nata a Savona. È suora orsolina. Insegnante, musicista, studiosa di musica antica, membro della Accademia Universale “G. Marconi” di Roma. Ha pubblicato, tra il 1989 e il 2011, undici sillogi poetiche. Tra i titoli (per i dettagli si rimanda al Profilo bio-bibliografico): Non seppellite le mie lacrime, Nostalgia, Una Voce è il mio silenzio, Chiostro dei nostri sospiri, Profumo di cedri, Un saio lungo di sospiri, Nel sussurro del vento, Flauto di canna, Nel silenzio della memoria, Cristalli di mare, Fiori di Magnolia.
È presente in vari e accreditati studi critici su antologie e riviste letterarie, anche on-line (bombacarta.com - flannery.it - farapoesia -inpurissimoazzurro.it - lastanzadinightingale.
blogspot.it
).Ha ottenuto numerosi premi e segnalazioni di merito in concorsi letterari. Tra i più recenti: “Le Stelle” (Savona), “Abbazia del Cerreto” (Lodi), “Borgo Ligure” (La Spezia), “Premio alla Carriera” (Santuario Madonna di Gaggio), “Val di Magra - Roberto Micheloni” (La Spezia), “Borgo Ligure” (Santa Margherita Ligure), “Città di Salò”, “Portus Lunae” (Sestri Levante), “Satura - Città di Genova”, “Versi di mare” (Roma), “Il Golfo” (La Spezia), “Ibiskos” 2011 per un Racconto breve.  Le è stata dedicata la «Lettera in versi» n. 21 a cura di Rosa Elisa Giangoia, gratuitamente scaricabile nel sito: bombacarta.com/le-attivita/lettera-in-versiFederica Galletto le ha dedicato il blog “La mia contemplazione” all’indirizzo www.mariangelade.blogspot.it

sabato 25 maggio 2013

Esecuzioni e Conversazioni necessarie a Milano 31 maggio

Venerdì  31  Maggio  alle ore 18:00

Libreria  Odradek  Via principe Eugenio 28  Milano

Alberto Mori e Patrizia Villani presentano i libri Esecuzioni (Fara Editore) 
e Conversazioni necessarie (Raffaelli Editore)

con letture dei  loro testi  e ne discutono con il filosofo Franco Gallo 
ed il poeta Silvio Aman
La partecipazione
del pubblico è libera

Esecuzioni di Alberto Mori

Da rumori e suoni organizzati, da musica di consumo e da sonorità intenzionali ben progettate, da scarti di Muzak a paesaggi sonori veri e propri, l’orecchio di Mori valorizza la varietà autosufficiente ed evocativa dello scenario  uditivo e prova a immaginare una riorganizzazione dello spazio percettivo intorno al fatto sonoro in sé e per sé.L’esecuzione capitale della poesia, la sua lettura ad alta voce come fatto sociale, diventa a sua volta un altro di questi eventi sonori, cancellazione intenzionale dell’autosufficienza del testo poetico, sua reinvenzione come spartito e suo affidamento allo strumento profondamente onirico del corpo e del risuonarvi profondo, oltre la coscienza, della stimolazione acustica.
                                                                                                                   
www.faraeditore.it/html/siacosache/esecuzioni.html


 


Conversazioni necessarie   
Conversazioni  necessarie di Patrizia Villani
        
«L'incipit del libro di Patrizia Villani, la serrata composizione in corsivo che apre la raccolta, ha la necessità di un ouverture: anticipa e riassume il tono, il registro dell'opera. Il dettato in corsivo è teso, fermo, ispirato ai grandi modelli di Montale e Luzi. [...] C'è una sostanza di pensiero elementare, presocratico alla scaturigine di questi versi, felicemente incorporata, e quindi resa impercettibile, dalla piena adesione al divenire della vita, nel naturale scorrere delle immagini. Un respiro ampio, un background internazionale muove questa poesia in cui l'elegia coincide con la narrazione, il lirismo è trasparente, controllato, pensante.»

www.raffaellieditore.com/conversazioni_necessarie








Info : Tel. 02 314948 E mail: odradek.milano@libero.it
www.odradek.it/html/librerie/libreriamilano.html

Pensieri a Sud

recensione di Angela Caccia a La Valigia del Meridionale e altri viaggi di Vincenzo D’Alessio, FaraEditore, 2012

pubblicata ne ilciottolo.blogspot.it


Chi nasce nel sud è depositario di un eredità: può rivendicarla o rinnegarla, può andarne fiero o vergognarsene, ma mai potrà sfuggirle. (Jean Rouberol)

Anche volendo, mi chiedo come sarebbe possibile sfuggirle.

Il sé si impasta sempre della realtà contingente e l’oggi, poi, consente di coglierla, tra ricordo e immaginazione, altalenando nelle tre dimensioni temporali.

È il paradigma poetico di D’Alessio. Il suo presente ha il luccichio di una finestra lontana, ora chiusa sul tramonto Mio nonno amava il grande cielo/di questi monti i boschi senza fine/poi è morto senza avere pretese/e mio zio ha comprato il sogno” (pag.18), ora schiusa all’ alba “Siamo fili di speranza lieve/che si apre al mondo clandestina” (pag.40).

Un fiume carsico quella nostalgia, sullo sfondo di ogni verso, nella pausa di ogni virgola. Rispecchia appieno l’origine del suo nome: nostos ritorno e algos  dolore, il neologismo appare nella discussione di una laurea in medicina tenutasi a Basilea nel 1688, “Dissertazio medica de nostalghia”. Una patologia comune al mercenari svizzeri, pare. Lontani da casa, ‘s’ammalavano’ al solo suono di una campana che evocava i campanacci al collo di mucche al pascolo su una terra così pianta e così amata. Solo dopo si capì di quanto slancio creativo fosse capace quel sentimento, di quanta e quale dolcezza è foriera in D’Alessio. Una nenia e un inno: il meridione non è solo radice “Canto meridionale dove sei?/bussi alle porte antiche delle/case, scendi le scale ripide/che vanno verso il mare/svegli i miti/nel verde dei lecci,/sopra sassi puri/reggi le armonie dei cieli” (pag.53), è marchio, essenza, modus vivendi “Le donne di Calvanico/hanno il passo sincero/della gente di montagna/il silenzio nella bocca/la dolcezza nel cuore” (pag.31).

Ma c’è un altro meridione a lui molto familiare: la direzione Sud è un viaggio dall’interno e nell’interno, il punto cardinale a cui tende il cammino introspettivo, un laggiù dove si discende per incontrarsi conoscersi e familiarizzare con l’io più pudico e più vero – forse, il più dolente. Se in una geografia spirituale penso all’anima, come il pezzo più autentico di me, la colloco a sud, lì il sole sarà forte e sempre allo zenit: non fa ombra. È il “paese dentro”, in Vincenzo D’Alessio è specchio della sua Campania, com’era, com’è, comunque  amata.

C’è un preciso pensiero di Kant che, penso, decifri e chiarifichi la nostalgia che pregna il libro, “si ha nostalgia non di un paese o di un luogo ma del tempo vissuto in quel luogo. Si ha nostalgia di come eravamo noi in quel tempo vissuto in quel luogo. E poiché il tempo è irreversibile, quando noi torniamo in quel luogo, quel luogo non è più lo stesso che abbiamo lasciato, e anche noi non siamo più gli stessi, dunque si ha nostalgia di noi di come eravamo in quel tempo ormai perduto”.

Ma D’Alessio, se retrocede nel passato, attuando una sorta di faticata curvatura su se stesso, non è solo per ritrovarsi e ricompattarsi, non resta rinchiuso in quel bozzolo. Ha qualcos’altro di più urgente e più nobile da svolgere: ricordare. Il tempo e i tempi hanno già distrutto i fiori, ma che si conservino almeno le radici!... “Proteggete le tombe dei poeti/che non le raggiunga la morte/moneta della dimenticanza/pulitele dalla fretta dell’addio” (pag. 41).

È fondato il suo lamento, soffuso o gridato, per un meridione con un altro cielo, una terra altra rispetto al settentrione Il Sud ha sapori/di ruggini e tradimenti/del poco lavoro della sofferenza” (pag.33). Qui si cresce tutti più terrosi e, così assetati di luce, si fatica di più a raggiungere ogni sole “Figli lontani dal sole/nelle nebbie tristi di torpore” (pa.33). Non tutti lo sanno, non tutti lo capiscono. Viene facile e, soprattutto, comodo e sbrigativo, etichettare una viva protesta di puro vittimismo. Ma la vittima subisce, qui si continua, e da sempre, a combattere per e a morire di meridione.

Sì, D’Alessio usa parole meridionali, di quelle un po’ curiose a sentirsi, con le vocali aperte - tutta l’acqua dell’Arno non basterebbe a lavarle, le sue e le mie, e restituirle con una dizione accettabile.
Aperte come braccia…
Mi distraggo sempre al momento del Padre Nostro: si slanciano a ramo, altre si pongono quasi in posizione di resa, altre ancora, curve, con le palme in alto … pare che attendano accolgano cingano. Quelle di Vincenzo le sento possenti: hanno imparato da tempo ad abbracciare e stare in quell’abbraccio che, nel bene e nel male, è la vita “al sud”. 
Se la sua voce si affievolisse, saremmo tutti un po’ più poveri.                                                                                                                                                                                                                             

Su Scelte vincenti antologia dei vincitori: Ernesta Galgano


a cura di A. Ramberti, FaraEditore, 2013

recensione di Vincenzo D’Alessio
C’è un libro che da diversi millenni sollecita la curiosità dei lettori, sensibili alla Fede, avvicinandoli alle vicende storiche di un popolo, di genti che si sono sentiti prescelti da un Dio (Divinità) unico, protettivo e geloso della sua venerazione. Ha sollevato invidie e persecuzioni. Ha sviluppato nuove forme di pensiero e di Fede. Questo libro è, il libro per eccellenza: “La Sacra Bibbia”. La parola contenuta nel testo è stata tramandata, con una forza indescrivibile, come fondamento del dialogo tra il Divino e l’umanità. L’Eterno e la moltitudine umana costretta a fare i conti con la Morte: la scomparsa dall’esistenza terrena. Vigile, in tutto il percorso narrativo, è la Promessa: di una terra dove vivere in pace, di un prescelto che proteggesse, di una eternità riparatrice di ogni sofferenza terrena.
In questo modo il libro è divenuto uno strumento ambito e prezioso, per trasmettere i sentimenti umani: dolore, gioia, guerra, eventi naturali, lasciti, natalità. La parola, da sola, non superava lo scoglio temporale. La scrittura, invece, riportata in tacche su un bastone da pastore si affidava al dire, come tutte le cose umane, e non scompariva dalla memoria con il passare dei secoli. “Fate questo in memoria di me!”
La memoria scritta è divenuta l’anima della Speranza: l’ultimo segno della nostra appartenenza al divino,ultima energia a lasciare le nostre tombe. Gli uomini hanno pochi strumenti a disposizione per superare il muro del tempo, tra questi la parola collettiva che permane nel tempo: il libro – rotolo di pelle animale, tavoletta d’argilla, papiro, disegno in una grotta, figura su un vaso, pietra scolpita. Gli occhi che scoprono questi messaggi avvertono la profondità dell’ignoto e il fulmine del divenire.


Scelte vincenti per restare in contatto con gli uomini del tempo presente e dei tempi che seguiranno. Libri che occupano un piccolo spazio nelle mani del lettore, nelle biblioteche e un grande posto nella memoria. Poi il ciclo esistenziale decompone in polvere anche quest’atto volontario contro il Tempo. Il Curatore dell’opera si prodiga, da guardiano del faro, ad illuminare l’ampia distesa del mare Oceano per far giungere in porto le piccole imbarcazioni: i partecipanti. Stefano Martello, del quale amo la postfazione a questo volume perché teneramente coerente con tutto il resto, si prodiga nel segnalare ai nuovi arrivati la postazione momentanea raggiunta e la via per riprendere il largo. Un binomio che ha portato nella collana “Neumi” e al Concorso Poetico Pubblica con noi sempre maggiori consensi, come questi raccolti nel volume Scelte vincenti pubblicato dall’editore Fara di Rimini (aprile, 2013).

I partecipanti prescelti per la sezione poesia sono: Vincenza Scuderi, Ernesta Galgano, Luca Carboni, Michela Zanarella, Mariangela Ruggiu e Luca Immordino. Per adesso prendiamo in considerazione la raccolta di poesie di Ernesta Galgano che reca il titolo: “Sguardi dentro e fuori di me”.
La componente della Giuria, poetessa e scrittrice Teresa Armenti, così conclude il suo giudizio critico sulla raccolta: “C’è un’immersione nella semplicità dell’Amore, dove l’anima galleggia serena e si lascia trasportare dall’onda della Fede, facendo riposare lo sguardo nelle acque limpide e chiare” (pag. 17). Le poesie realizzate mediante versi brevi, tagliati secondo l’ispirazione, impreziositi da similitudini e anafore, sono un dialogo costante tra la poetessa e il proprio vissuto. Tutto consegnato all’attenzione del mondo disattento verso il bene: dare senza chiedere nulla di più in cambio.
Si scopre, questo concetto, nella poesia L’albero (pag. 158): “È un albero vivo, / disegnato contro l’orizzonte. / Al tramonto del sole / la sua ombra si staglia precisa / nel prato come ricamo traforato. / Non ha padroni. / Non è mai stato potato. / Sale irregolare, quasi irrequieto, / nelle nuvole e nell’azzurro.”
L’analogia con la personalità dell’Autrice è delineata in modo perfetto: una vita dedicata ad aiutare chi ne avesse bisogno, anche lontana da madre patria, senza piegare se stessa alla volontà dei potenti, di chi vorrebbe comandare per forza. Preziosa esistenza come un ricamo difficile realizzato da mani esperte. Una dignità viva, equilibrata, precisa di fronte allo sguardo degli uomini, nella similitudine è l’orizzonte, colta nel tramonto del sole, cioè sul finire della propria esistenza.
Il verbo ricorrente nelle poesie della Nostra è “correre”. Fare presto perché le cose da dire sono tante. Fare in fretta per comunicare tutta l’esperienza vissuta. Raccontare in versi le gioie, i disagi, i dolori, l’amore ricevuto e quello offerto, sintesi reale tradotta in versi sciolti affidati agli occhi attenti del lettore: “È un albero saggio. / Sa che prima o poi la legna / dei suoi rami e del suo stesso tronco / dovrà sentire i colpi di una accetta” (ivi, pag. 158). Testamento spirituale versato, semplicemente, in questa buona raccolta. Un riavvolgere il filo della memoria, intriso di profonda e sincera Fede, per consegnarlo alla Poesia.
Poesia per chi scrive. Poesia per chi legge. Poesia che suscita sentimenti forti. Poesia che parla ai cuori. Poesia che si sdegna per il dolore del mondo. Poesia che ritorna sui banchi di scuola. Poesia che inizia il rito dell’Amore. Poesia che danza al ritmo di note antiche o moderne. Poesia che annoda presente, passato e avvenire. Poesia immortale, irrequieta. Poesia del Creato.
“Impareremo che il dolore / può non essere tutto, / il buio può non essere eterno” (pag. 169). Questi versi sono la richiesta che Ernesta Galgano chiede alla Poesia, che le sue mani hanno inciso sul foglio bianco per annodarsi al coro infinito di voci poetiche che attraversano il mondo degli uomini e illuminano l’Universo.

giovedì 23 maggio 2013

Sulla nuova raccolta di Angela Caccia

Nel fruscio feroce degli ulivi, FaraEditore, 2013 


recensione di Vincenzo D'Alessio


La raccolta di poesie di Angela Caccia reca il titolo Nel fruscio feroce degli ulivi e costituisce la novantanovesima prova contenuta nel ciclo evolutivo della collana Sia cosa che presso la Casa Editrice Fara di Rimini.  
L’ossimoro “fruscio feroce” utilizzato dalla poetessa richiama immediatamente il difficile percorso che l’Uomo Gesù, nell’orto del Getsemani, affrontò nell’ora più cupa della prova: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice, però non la mia ma la tua volontà sia fatta!” Il suo sudore divenne come gocce di sangue che cadevano in terra.» (Luca 22,18-52)
La similitudine che annuncia il prodigio del sudore divenuto sangue, nell’evangelista Luca, prende corpo nella poesia della Nostra Atto d
accusa nei versi che seguono: “racconto / e mi racconto / quasi pregassi un dio / che non si commuove” (pag. 26). L’intera raccolta poetica, in modi diversi, vibra di tanatologia: incontro inevitabile, al quale neanche la parola, la Poesia, riesce a fornire “il centro”: “(…) ma ogni geometria / rapina il sogno / e un nuovo scritto / è l’ennesima farfalla / infilzata al foglio” (ivi, pag. 26).
L’Orto degli ulivi accoglie nel momento del massimo dolore terreno, per chi ha Fede, il Salvatore del genere umano, l’Agnello che indicherà la strada verso “lo spicchio di cielo” (pag. 83). Intanto la radice “da questa terra amara” (ivi) lega ognuno di noi, nel corpo, al dolore possente del passaggio “la chiamano sorella / di fatto è linea di confine” (pag. 87). Un paradosso veramente feroce, tanto che nella poesia Autobiografia implode forte la voce poetica a chiedere risposte: “È campo di battaglia il foglio / se cerco di dare il nome a un dolore / implode / s’appanna la parola / dalla gola sputo il verso (pag. 22).
Meditazione, accelerazione dalla periferia al centro, contraddizioni nella normalità caduca raccontata a se stessi, nell’inquietudine naturale della continua ricerca: “ (…) dentro, una terra apolide e / ventosa come tante / s’azzuffano / incertezze.” (pag. 22). Si scrive per superare “il magnete” che attira al passato e al paesello natio. Ritorni che fermano momentaneamente il tempo (kairós) alla ricerca di un centro stabile nella solitudine che permetta di superare la macina del pensiero che strugge: “Nel tempo ti riconoscerò / tenerezza / vissuta e poi perduta / per anni sofferta / invano cercata / e forse ritrovata / quando ormai non sanguini più” (pag. 68). 

Le poesie di questa raccolta seguono un dettato ritmico alterno. Utilizzano l’enjambement per dare vigore al racconto poetico. Non interrompono il dialogo interiore che chiede con forza all’albero della Pace, per antonomasia, di staccarsi dalle radici terrene e piantarsi in quello spicchio infinito di cielo: capovolgere la realtà. Vengono alla mente durante la lettura, per analogia, i versi della poesia X Agosto di Giovanni Pascoli: “E tu, Cielo, dall’alto dei mondi / sereni, infinito, immortale, / oh! d’un pianto di stelle lo inondi / quest’atomo opaco del Male!”. Ma mentre in questa composizione il poeta dice: “io lo so ” nel primo verso, alimentando la sua fede nella Giustizia celeste, nei versi della poesia Incipit  Angela Caccia scrive: “Muore, e fino all’ultimo è spazio e tempo e sogno / muore perché non è più racconto. / Resta una traccia, forse un sentiero / è solo un dubbio!” (pag. 13). “Il fodero”, come difesa dalla lama ineluttabile della Morte, è nella nascita: l’incipit di altre storie, vittoria come nel sepolcro vuoto dove era deposto Gesù, l’unico risorto nella storia della Fede cristiana.
“Nasciamo nella penombra di una grotta”, così inizia il racconto poetico della Nostra srotolando gli episodi personali, i drammi, le esperienze, gli affetti, lungo la linea diseguale di un mare profondo e invitante all’abbandono. Sono versi che invitano il lettore a calcare i passi lungo la battigia, le orme che si sottraggono all’egemonia distruttiva dell’onda. Lo indicano le parole introduttive del poeta Davide Rondoni: “Lei sa anche per esperienza di impegno personale che la poesia non è un bene privato. E di certo il mettere in comune la poesia non ha come scopo la fornitura di sogni o di tavor. La poesia non è un tranquillizzante. E dunque pensare e ripensare poeticamente significa accettare di abitare la fertile inquietudine” (pag. 9).

martedì 21 maggio 2013

Quello strano e duro “feroce” del titolo


recensione di Fulvio Sguerso pubblicata ne ilciottolo.blogspot.it
dalla Rivista on line Trucioli Savonesi



Una summa che mi ha intimamente commossa per quanto ha saputo raccogliermi. Il mio Grazie al Prof. Fulvio Sguerso.

Nel fruscio feroce degli ulivi

È il verso – un decasillabo – musicale ed enigmatico con il quale Angela Caccia (poetessa nata e residente a Cutro, in provincia di Crotone, autrice de Il canto del silenzio, Napoli 2004) ha intitolato la sua nuova silloge poetica (FaraEditore, 2013) composta di visioni, idilli, paesaggi mediterranei, riflessi e ombre, fugaci autoritratti “frammenti di sé che / il giorno ha disperso”, dediche e cablogrammi quasi medianici a persone care, al di qua o al di là della “linea di confine” tra cielo e mare, acqua e terra, notte e giorno, superficie e profondità, visibile e invisibile, quotidianità ed eternità, incanto metafisico e “pane spezzato insieme”, confessioni e preghiere al Padre nostro ma anche racconti e invocazioni a “un dio / che non si commuove”...


Come si può intuire da questa veloce rassegna dei motivi e dei temi che s'intrecciano e s'inseguono da pagina a pagina, da lirica a lirica, e anche da silenzio a silenzio (“Ti perdo tra i fili / ai limiti di ogni pensiero Ti ritrovo / e piovono note senza musica...”), in una specie di poetica “arte della fuga”  e di contrappunto “parola che spiega” e il mistico ascolto del “silenzio di una rosa...” : “lo ascolto / aspetto mi stupisca / e lui m'innamora”, il registro della “narrazione” poetica dell'autrice va dalla percezione immediata dei segni, delle tracce, delle impronte che il tempo inesorabilmente lascia ai margini del foglio bianco (“Utero e ossario di parole”) alla meditazione sulla perigliosa “rotta” notturna verso la salvezza ma che “il giorno a tratti vanifica” e quindi “Si naviga a vista rotolando sull'onda gonfia...”, al tema della ricerca dell'assoluto (che riecheggia, forse, quello medioevale della queste del santo Graal): “pianto i miei passi nel buio / alla ricerca dell'istante aurorale / di un boccio di tempo fermato...), al tema leopardiano (e petrarchesco) dell'indicibilità della pienezza della gioia: “una gioia sottile / rimbalza dai marciapiedi alle case // l'arco della parola non la raggiunge / ha una freccia spuntata...”, a quello dell'eros: “Mano impudica / volteggi sul corpo amato / a spumeggiare sottopelle intime fibre...”, a quello della maternità (Sapevi di bozzolo, Gli occhi negli occhi, Ancora e per sempre), alla metafora di sapore montaliano del “ciottolo assetato di sale”, al dialogo tra l'Io e il Tu (“dalla parabola di Paul Celan Animus e Anima”), a quello della poesia come preghiera e ascesi, sulle orme della sua “stella polare” – il suo maestro di ars poetica Davide Rondoniai forti temi evangelici e Kerygmatici, presenti un po' dovunque ma soprattutto nell'Incipit, in Due parole, in Dal vangelo di Maria.

La poesia di Angela Caccia è fortemente caratterizzata dal senso della trascendenza e dai simboli della Passione, Morte e Resurrezione di Cristo: nella poesia che apre la silloge intitolata appunto Incipit incontriamo metafore, simboli e nomi di luoghi che si riferiscono direttamente ai testi evangelici: il monte Tabor, dove avvenne la Trasfigurazione, il “fruscio feroce di ulivi ignari” che allude alla scena del tradimento, del bacio di Giuda e della cattura di Cristo, il canto del gallo che richiama il rinnegamento di Pietro, la salita al Calvario, le “mani che si colmano alla sua pena”, probabile allusione al gesto della Veronica, “un'altra spalla al posto suo” che allude al Cireneo; la morte in croce e infine “un sepolcro profumato e vuoto...” a significare la Resurrezione. Con la Resurrezione di Cristo comincia una nuova storia che l'autrice vede come il fodero, la custodia di questa nuova vita. Rimane da interpretare quello strano “feroce” attribuito al fruscio degli ulivi, potrebbe alludere all'apparente indifferenza degli innocenti e ignari ulivi che assistono senza una lacrima alla ferocia degli uomini; oppure, come interpreta nella sua prefazione Davide Rondoni, quello strano e duro “feroce” del titolo “sembra collegarsi al duro e 'feroce' ultimo testo del libro, non a caso indicato come Il paradosso”. In che cosa consiste il paradosso? Consiste nel mistero della morte, di fronte al quale ogni sapere umano si vanifica e la stessa ricerca del senso della vita non avrà più senso: saremo di fronte alla Verità in persona, e a quel punto, come scrive ancora Rondoni, “ogni pensare e ripensare giunge a toccare il suo vertice profondo: una verità che non si presenta più come porta da aprire con il nostro fragoroso, pesante e vario mazzo di chiavi”. E tuttavia, al di qua di qull'ultima “linea di confine”, di quella estrema “dogana”, rimarranno i momenti e le immagini, come quella de L'ulivo che con il suo emergere dalla terra e il suo tendere verso il cielo offre figura e significato alla nostra condizione di creature terrestri ma anche celesti; e così anche l'anima dell'autrice può specchiarsi nella “Chioma rovente e arsa” dell'ulivo e nella sua ombra che “riflessa ti guarda / da questa terra amara / che ti lega”.


Fulvio Sguerso è nato a Bolano (SP) il 28/03/43. Già docente di italiano e storia, è ora ricercatore presso il Centro Studi Pedagogici Don Lorenzo Milani di Genova. Dopo essersi laureato in Pedagogia a Torino con una tesi sul giovane Gramsci ha continuato a interessarsi alle problematiche inerenti alla formazione, alla scuola, al volontariato, soprattutto  alla relazione  e al colloquio d’aiuto. Si è occupato, in qualità di referente scolastico per l’educazione alla salute, di psicologia dell’età evolutiva, di problematiche giovanili e di tossicodipendenza. Ha collaborato con l’équipe del Progetto 900 del Liceo scientifico Orazio Grassi di Savona. Recentemente si è diplomato in Counseling con una tesi sulla theia mania (la follia divina) nel Fedro di Platone. Collabora alla rivista online Trucioli savonesi. Suoi testi in prosa e in versi  sono tuttora sparsi su vari siti e in pagine di Fulvio Sguerso. Nel 2007 ha pubblicato per i «Quaderni Savonesi ISREC» l’articolo “Presenza della memoria e perdono del passato”; nel 2011, per le Edizioni di Cantarena (GE), il libro Appunti e contrappunti, nel 2012 ha pubblicato presso lo stabilimento grafico Marco Sabatelli, Savona, Una galleria di stampe, che raccoglie articoli e brevi saggi su argomenti etici, politici e teologici. Attualmente si occupa di pratica filosofica.

Caterina Camporesi premiata al Civetta di Minerva 2013

Consegna del terzo premio a Caterina Camporesi. Consegna Barbara Carle

Premiazione a Summonte (AV) 19 maggio 2013

 Motivazioni all'opera finalista Dove il vero si coagula 
di Caterina Camporesi
 
Una lirica essenziale per dare voce alle parole che provengono dal profondo. Interno ed esterno si rincorrono. Lacerti di sensazioni e forme di pensiero si riannodano per scandagliare l'io, la natura e il mondo, nell'intento di snidare grumi di verità presenti nella caverna dell'anima.
Immagini di chiara forza evocativa, dove il tormento e l'inquietudine vengono quasi a racchiudersi in un universo cristallizzato. Rivelazioni dell'essere e segmenti dell'esserci, tra il detto e il non-detto in un lessico febbrile e in poderose visioni che cercano di rinserrare l'enigma.
Tentativi di comunicabilità, l'oro dell'incontro, il disgelo, l'identità e le metamorfosi sono elementi qui espressi in economia, per sottrazione, come a sancire e a ridefinire il coagularsi delle parole, delle emozioni, delle cose – tra l'oblio e l'estasi – in una liricità dove il dettato giunge alla sua estrema semplificazione e significazione.

Starze di Summonte, 19 maggio 2013

Il Presidente  Domenico Cipriano                         Il Segretario  Lucio Dello Russo


CATERINA CAMPORESIDove il vero si coagula, Raffaelli Editore, 2011.
Caterina Camporesi è nata a Sogliano al Rubicone (FC) nel 1944 e vive tra Rimini, la Garfagnana e Roma. Svolge l’attività di psicoterapeuta. Già condirettrice de «La Rocca poesia» e redattrice de «Le Voci della Luna», è socia di Sinopia (www.sinopiaonlus.org) e collabora con riviste cartacee e on-line come «Fili d’aquilone». Ha pubblicato: Poesie di una psicologa, Sulla porta del tempo, Agli strali del silenzio, Duende (Marsilio, 2003), Solchi e nodi (Fara, 2008) e Dove il vero si coagula (Raffaelli, 2012). È presente con “La sorte risanata” nell’antologia La coda della Galassia (Fara, 2005) e altre sue poesie sono state inserite ne La linea del Sillaro (Campanotto, 2006).

Premio Antonio Guerriero Civetta di Minerva 2013: targa GAL a Vincenzo D'Alessio

Consegna della targa GAL Partenio «La poesia dedicata all'Irpinia» a Vincenzo D'Alessio  per La valigia del meridionale e altri viaggi.

Consegna un delegato GAL Partenio — con Vincenzo D'Alessio







Un grande grazie a Caterina Camporesi, ai giurati del Premio e a tutti coloro che hanno collaborato alla felice organizzazione dell'evento.

lunedì 20 maggio 2013

Con La neve Francesco Filia vince il Premio “Civetta di Minerva” 2013!

Vincitore della seconda edizione del Premio letterario Antonio Guerriero Civetta di Minerva è Francesco Filia con La neve - Fara editore, già vincitore del concorso Faraexcelsior! Complimenti vivissimi al poeta!




Seconda edizione concorso letterario per la poesia edita proposto dall'Associazione Spazio Incontro

Ufficio Stampa: Miriade & Partners Srl - Diana Cataldo tel. 329/9606793 - Massimo Iannaccone tel. 92/9866587 - e-mail: ufficiostampa@miriadeweb.it


L’Associazione Spazio Incontro bandisce la seconda edizione del premio letterario “Civetta di Minerva” intitolato ad Antonio Guerriero, che nella sua prima edizione riguarderà la poesia edita.
Il premio nasce dall’impegno della stessa associazione a favorire la diffusione della cultura all’interno del territorio della provincia di Avellino. Proprio con questo scopo, dieci anni fa, nasceva l’associzione di volontariato Spazio Incontro, che ha tra i suoi fondatori, Antonio Guerriero, prematuratamente scomparso nel 2008, e sempre pronto a prodigarsi per la divulgazione de “la conoscenza” sopratturro a vantaggio dei più giovani. L’obiettivo del concorso letterario è dare la possibilità a più persone di avvicinarsi al mondo della poesia, favorendo la scrittura e la lettura di un’arte tanto diffusa quanto poco conosciuta.
Per l’assegnazione del premio, infatti, è prevista, oltre ad una giuria di esperti, la presenza di una Giuria Popolare. La Giuria Tecnica, composta da Domenico Cipriano (presidente), Raffaele Barbieri, Cosimo Caputo e Stelvio Di Spigno, sceglierà tre opere tra le partecipanti. Successivamente la giuria popolare, composta da venti persone di diverse fasce d’età, decreterà il vincitore dopo aver letto i volumi e conosciuto gli autori finalisti.
Gli autori interessati alla selezione o le case editrici (in questo caso si sottende l’autorizzazione da parte dell’autore) dovranno trasmettere al seguente indirizzo:
Segreteria del Premio Letterario “CIVETTA DI MINERVA” - ANTONIO GUERRIERO
c/o Associazione Spazio Incontro - Via Starze I, 9 - 83010 Summonte (AV)
numero 5 (cinque) copie della pubblicazione di poesia entro e non oltre il 16 marzo 2013.
La partecipazione al premio è completamente gratuita ed il vincitore si aggiudicherà un’opera d’arte simbolo del concorso realizzata appositamente da Giovanni Di Nenna.
La premiazione si terrà il giorno 19/05/2013 presso il Centro Sociale Giovanni Paolo II di Starze di Summonte (AV).



IL CORRIERE DELL'IRPINIA 23 MAGGIO 2013