venerdì 22 marzo 2013

24 marzo 2013: Le poesie di Enzo Rega a Cefalù



Domenica 24 marzo si presenta a Cefalù (Palermo), al Caffè Letterario “La Galleria”, in via XXV Novembre-via Mandralisca, alle ore 17,30, il libro di  Enzo Rega, Indice dei luoghi. Poesie da viaggio (e d’amore), Laceno Edizioni (Atripalda, AV, 2012, pref. di Armando Saveriano; postfaz. Di Pasquale Gerardo Santella).. A parlarne con l’autore sarà il prof. Mario Macaluso, direttore di “Cefalunews”. Il libro di Enzo Rega è stato recentemente recensito anche sulla rivista “Poesia”, con un articolo a firma di Luigi Fontanella.

“Il luogo, in poesia, diventa occasione di lascito che restituisce un respiro vasto e meditato alla ricerca incessabile del significato privato, personale e dunque universale, dell'esistente nella necessità etica dell'identità umana e culturale. È attraversamento del più vasto scenario dell'anima, ove vengono stabiliti e scanditi i segni della trasfigurazione nel rapporto tra senso e suono, emozione e sentimento, persistenza e slacciamento. Il poeta si aggira, infatti, con passione ed intelletto per i viali, le piazze, i meandri della città dell'anima con la sua singolare attitudine ad usare lo sguardo come una parola, che smembra se stessa, cerca e fornisce indicazioni di vita e di poetica. E se l'autore si svela e si confessa, il linguaggio scavato, istigante, sofferto, esaltante, liquido, erotico, vitale, dà vigore alla natura e all'aspetto strabiliante della parola, quando essa possiede e si fa possedere. Il viaggio di Rega soprattutto non si limita ad essere percezione, interpretazione, riconciliazione o reiterabile strappo emotivo-sensorio indubbiamente catarsi inconscia ma nella calma o nel trasporto esige e offre un tempo senza regole” (dall’Introduzione di Armando Saveriano)

Nato a Genova nel 1958, Enzo Rega risiede a Palma Campania (Napoli), con frequenti soggiorni a Siracusa, dopo un decennio trascorso a Bergamo. Laureato in Filosofia all'Università "Federico II" di Napoli con una tesi su "Heidegger interprete di Nietzsche", si occupa di letteratura, filosofia, cinema e critica della cultura. Insegna Scienze Umane nel Liceo classico "A. Rosmini" del suo paese e collabora con l'Università di Salerno e ha collaborato con l'Università "Suor Orsola Benincasa" di Napoli. E redattore di “Gradiva”(State University of New York) Scrive tra l’altro  per le riviste letterarie “L’Indice dei libri del mese”, “Poesia” e “Italian Poetry Review” (Columbia University), "Yale “OBLIO” e per il bimestrale siciliano “Le Fate” Tra le ultime pubblicazioni in volume, due libri con le edizioni l’arca e l’arco di Nola: La coscienza dell’utopia. Vincenzio Russo, giacobino napoletano (2011) e Derive mediterranee. Immagini letterarie da Napoli all’altra sponda (2012).

 Cefalù 

La bambina con la gonna scozzese
che giocava sotto la frangetta nera
quasi dirimpettaia,
fatta salva l’estensione d’un mare ch’unisce,
ho ritrovato nel suo passato
e nel nostro presente
dall’altra parte del Tirreno
– fossi io a Genova a Napoli
e con i suoi occhi di allora di oggi
ho visto sotto il monte
(kefalé, testa che sorge dall’acqua)
le guglie del Duomo
nave pronta a essere varata
come quelle di Liguria, diceva il poeta


  

La neve di Francesco Filia a Bologna 4 aprile


kairosCentro di poesia di Bologna - Stella variabile. Programma
Stella variabile – Incontri e laboratorio di poesia

Tutti i giovedì dal 7 marzo al 4 aprile al Menomale, Via De’ Pepoli 1/a - Bologna

Programma

Giovedì 28 marzo o

re 21.00
Corrado Benigni, Bernardo Pacini, Martina Campi

Giovedì 4 aprile ore 21.00
Biagio D’Angelo, Francesco Filia, Domenico Ingenito

giovedì 21 marzo 2013

Nota su Finestra cosmica di Gladys Basagoitia

di Maria Pia Moschini

“… I ponti si costruiscono, a volte, con ragnatele…” questa leggerezza, questa sospensione aerea, rendono la scrittura di Gladys simile a una brezza che sfiora e vivifica il reale, trasportandolo in una dimensione fluida, luminosa “ … c’è bisogno di spazio…” un anelito alla liberazione, alla ricerca di percorsi diversi, di panorami incontaminati, purissimi.
È infatti per G.B. la scrittura un volo, una navigazione, un viaggio in cui le annotazioni si concatenano legate di un filo argenteo come le pagine di un libro etereo, non frammentario ma sinuoso, spiraliforme.
La musica che pervade ogni visione scritta dell’autrice è fortemente annodata alla sua natura profonda in stretta relazione con il cosmo, una musica siderea che è simile a un’assonanza segreta, a un suono armonico complesso e misterioso.
I personaggi che compaiono nella prima metà del libro hanno la dimensione di ritratti dinamici, una visione alla Chagall in cui fluttuano come intravisti dai finestrini di un treno arcaico volti, dettagli, percezioni cromatiche. “… Che forma ha l’impossibile? … aria che non capisci…” ma per G.B. l’impossibile è il suo regno, la dimensione in cui semina parole esatte, ricche di vibrazioni anche quando descrive “la forma cangiante della angoscia, il contorno impreciso della gioia” riesce a non essere vaga, incerta.
C’è una padronanza relativa al riverbero acceso dell’esistenza in questa appassionata scrittrice, al punto che ti senti trascinato nella sua dimensione attenta, nella sua ricerca pittorica che va dalle impronte naturalistiche dei fiori, al mare, al vento, alla notte… Il verde, ad esempio appare come un colore magico descritto mirabilmente a p. 45 (episodio n. 39): “come turchese dovrà essere il colore dell’eternità”.
Le passioni attraversano l’anima di G.B. che combatte con il ricordo, talmente vivo da ricreare le stesse emozioni in un presente attualizzato.
Il desiderio di essere compresa fino alla profondità dell’anima si esprime nella poesia a p. 52:

FORSE

qualcuno commosso
aprirà la sua anima
accoglierà la sensazione vitale
dello spirito delle mie poesie
conoscerà
l'anima dei miei pensieri
qualcuno
abbraccerà le parole
dalle mie emozioni
coglierà l'energia
qualcuno
che mai prima mi aveva incontrato
solo allora mi donerà l'abbraccio
che mai nessuno mi aveva dato
come se io fossi ancora corpo
come se io fossi vicina ancora
come se io fossi vita

lunedì 18 marzo 2013

Tra Terra e Cielo


Mariangela De Togni, Frammenti di sale, Fara Editore, Rimini 2013, pp. 56, € 11,00.

recensione di Rosa Elisa Giangoia di prossima pubblicazione sulla rivista Satura

    Questa nuova silloge di Mariangela De Togni, suora orsolina e musicista, che ha ormai alle spalle oltre una dozzina di raccolte di liriche, è la continuazione di un’incessante salmodia (vocabolo che è anche il titolo di una lirica, p. 45) che percorre tutto il suo dire poetico, in cui la sensibilità dell’autrice penetra nello spirito profondo della natura, nelle sue pluralità fenomenologiche di mare, terra, aria, flora e fauna, per percepire con immenso stupore (“Rimasi come sospeso / nello stupore della meraviglia”, Ho inciampato nel giorno) le sensazioni di manifestazioni del divino ed esprimerle attraverso parole che abilmente costruiscono le liriche, sempre pervase da una soffusa musicalità.
    Questa penetrazione della natura in tutta la sfaccettatura delle sue manifestazioni fa sì che nel dire poetico di MariangelaDe Togni avvengano incontri ed intrecci di aspetti diversi che espressivamente nelle liriche si traducono in un variegato ed abile gioco di sinestesie, in cui si combinano soprattutto i piani percettivi, con particolare attenzione ai nessi dei cromatismi con i piani fonici, in cui la valenza sonora del lessico sa creare effetti di armoniosa musicalità.
    In questa consonante penetrazione delle realtà naturali l’animo dell’autrice trova risonanze e corrispondenze che i versi delle liriche sanno trasmettere al lettore in una concentrica dilatazione di immagini e di sensazioni che permettono di attingere progressivamente alla percezione dell’infinito, percezione che attrae in una dimensione di acquisizione del divino, capace di donare sensazioni di pace e di beatitudine, che nascono proprio dal possesso di un senso di sicurezza nei confronti del trascendente e dell’eterno. In definitiva l’unitarietà ispirativa di queste liriche comunica una visione della realtà naturale, percorsa ed animata da una rete di sottili fili d’infinito e d’eterno, che riescono ad attrarre e coinvolgere il lettore.
     A legare la sfera terrestre a quella celeste è soprattutto il fatto che la natura, epifania divina della sfera celeste, è pervasa dalla bellezza. La bellezza, d’altra parte, è il mistero che platonicamente eleva dal piano terreno al mondo celeste (“nello stupore / della bellezza / d’una goccia di rugiada”), anche tramite le realtà apparentemente più piccole ed insignificanti. Ma la bellezza non è che un aspetto del più ampio manifestarsi del mistero, o meglio dei misteri, che pervadono e si nascondono nella natura e che solo lo sguardo vigile, attento ed indagatore del poeta sa percepire, anche se non risolvere (Dove nascono gli angeli), per il fatto che la realtà naturale  attende il suo teleologico compimento, per cui  “Non è silenzio d’assenza / quello che scorre / fra le mura del chiostro”.
     In qualche modo, però, le presenze misteriose si materializzano nella percezione degli angeli custodi. Uno di loro, sceso sulla Terra, dice: “E mi incamminai / sulle strade degli uomini. / Capiranno, vedendomi, / che sono l’angelo loro custode? / Raccoglierò nell’anfora / dell’eterno / le loro pene, le loro gioie, / le loro infantili paure. / Li guiderò finché / un’altra aurora sorgerà / più splendente del sole: / la beatitudine.” (Ho inciampato nel giorno).
      Oltre a quella degli angeli custodi, pochissime le presenze di persone nelle poesie di Mariangela De Togni, innanzitutto la madre, già luminosa nella gloria eterna (A mia madre) e poi Yara, la giovinetta vittima di un atroce, ancora insoluto delitto (A Yara), e forse una persona amica (Sei tornata), a conferma del fatto che il mondo è popolato solo di comparse in attesa del loro compimento nell’eternità, come ci ha insegnato e dimostrato nella sua narrativa Flannery O’ Connor.
      La silloge si conclude con una lirica molto significativa, Perdonaci Signore, in cui la poetessa fa dono della sua voce a tutti per chiedere al Signore perdono dell’umana inadeguatezza a comprendere proprio questa dimensione di incompletezza terrena che troverà il suo completamento nell’eterno, situazione per gli uomini difficile da accettare e da capire (“ad indicare l’approdo / rimane il cielo la sola meta / a dirci l’infinito” Il cielo).
      Proprio per questa sua visione di saper collocare la dimensione nella vita terrena in una prospettiva di attesa di compimento, espressa con liriche di forte suggestione emotiva, Mariangela De Togni riconferma la validità della sua voce poetica.

La giornata mondiale della Poesia con Rocco Scotellaro e Fara Editore di Rimini

Montoro, marzo 2013, Gruppo Culturale “F. Guarini”

 
Giovedi 21 marzo, alle ore 10,00, presso l’Auditorum della Scuola Secondaria di 1° Grado “Michele Pironti” di Montoro Inferiore(AV) – www.scuolamediamontoroinferiore.gov.it i giovani studenti delle classi 1° sezione D e sezione A, si cimenteranno con i versi delle poesie di Rocco Scotellaro, in occasione del 90° della nascita e a sessant’anni dalla scomparsa, affrontando con passione i contenuti rivolti al riscatto dei contadini e delle terre del Sud della nostra penisola: problematiche rimaste irrisolte in quella che stancamente viene ripetuta, ancora oggi, come “Questione Meridionale”.

Montoro ha un bacino ampiamente agricolo, con una memoria storica legata al mondo contadino, il quale va lentamente scomparendo sotto l’incalzare del cemento che ha invaso anche le belle colline che conservavano fauna e flora ancora allo stato brado. Poche le colture che sono sopravvissute allo spopolamento dell’aria agricola: fra queste “la cipolla ramata”, rinomata per le proprietà organolettiche legate alla presenza di materiale vulcanico nei terreni montoresi. Sono scomparse invece le ampie colture di pomodori “Sammarzano”, dei carciofi, delle vigne, degli agrumi.

Accanto alla poesia di Scotellaro ci saranno i versi dei poeti inclusi nelle edizioni Fara di Rimini, vicini per tematiche all’emigrazione, alla realtà meridionale, alla sete di Carità e Giustizia che le giovani generazioni cercano in contrapposizione al malessere sociale che gli adulti hanno portato loro, per mera sete di denaro ed esasperato benessere.

Si ringrazia la dirigenza scolastica e l’infaticabile sostegno della professoressa Bernarda Montone che da quasi quarant’anni ha educato gran parte delle generazioni che oggi si distinguono nel Sud e nei paesi lontani dal luogo di origine. Un grazie al dottore Alessandro Ramberti per l’abnegazione dimostrata con i libri di poesia donati. L’augurio sincero è che i giovani studenti si arricchiscano dell’energia della Poesia per essere consapevoli del ruolo che dovranno ricoprire nel tessuto sociale che li aspetta.

Su Piano di Alberto Mori

recensione di Antonio Manco

pubblicata su deCOMPORRE - Pubblicazione Letteraria - Marzo 2013 - N. 14

Geometria, Musica, Fisica, Fotografia, Cinema… L’unica parola di cui è formato il titolo di quest’opera, Piano, trova una sua dimensione in ognuno di questi ambiti moltiplicando i suoi significati e la sua stessa natura iconografica, basti pensare a un piano  euclideo o a un piano sequenza cinematografico. E come ci viene insegnato fin da bambini, un titolo è efficace se riesce a concentrare in sé tutta l’essenza che l’autore ha riservato all’interno dell’opera e questo obbiettivo è stato raggiunto appieno dal Piano (e di conseguenza da Mori che l’ha scelto). I versi proposti dall’auotre lombardo a una prima lettura sembrano monoliti essenziali e minimalisti, immobili nella loro essenza e di granitico significato che sorprende l’impreparato lettore colpendolo violentemente con le immagini che vengono evocate. Ma ecco che ad una lettura più attenta (e preparata) i monoliti, crollano,mutano diventano portali che collegano letteratura, musica, immagini. Quello che all’inizio sembrava essere un agglomerato di versi inconsueti appare poi come un mosaico pixel, di immagini e  di suoni che assieme formano il mondo caotico, tranquillo, moderno antico, iperbolico, statico che ci circonda. E Mori riesce a descrivere il suo (il nostro) mondo in maniera talmente minuziosa da trasformare la parola su carta in vera e propria fotografia: Quando il pomeriggio vede quetore / la chiarità dell’ora intaglia l’ombra fresca / obliqua la staccionata / accompagna i sussurri del perimetro /dall’altra parte della strada /nella meridiana naturale  del bordo. La parola abbandona la “semplice” funzione semiotica e semantica per abbracciare quella più complessa dell’empatia che può scaturire tra caos ed equilibrio, con tutte le costanti gravitazionali che potrebbero rompere il nostro “piano” facendo crollare il tutto. Ma Mori è estremamente abile a ritrovare il baricentro per riportare tutto in ordine prima che l’angolo di capovolgimento faccia il suo lavoro. Ma a volte l’equilibrio non è sinonimo di serenità, nonostante gli alberi che circondano la grande autostrada piena di automobili siano perfettamente allineati c’è un leggero malessere, come se ci fosse qualcosa di sbaglaito. Così com’è in “errore” il SUV ricoperto di polvere sotto l’arco antico,per ora risultano in equilibrio, ma quanto questa convivenza sarà serena e pacifica? Potrebbe essere necessario un “piano” di fuga,come quella che ha portato qualcuno a rompere il vento da frantumare solo “in caso di emergenza”. L’intera opera  quindi è un concentrato di equilibri, di immagini che vengono proiettate nella mente del lettore, anzi potremmo dire che la stessa opera è IN equilibrio, con il componimento iniziale e quello finale a fungere da contrappesi perfetti. Un libro quindi non solo da leggere ma da RI-leggere più volte e non meravigliatevi  se dopo l’ennesima lettura il mondo, le persone, la musica, il vostro letto, voi stessi sembrerete dondolare alla ricerca di una stabilità.

martedì 12 marzo 2013




Gli Epigrammi di Marziale 
nella nuova versione di Mario Fresa

recensione di Enzo Rega


Mario Fresa

Mario Fresa, raffinato poeta e critico salernitano, dedica un Omaggio a Marziale, scegliendo e traducendo per le Edizioni L’Arca Felice (Salerno 2011: Hermes. Collana di poeti tradotti da poeti) ventiquattro epigrammi del grande autore latino: Marco Valerio Marziale (39 o 40 d.C. -104 d. C. circa), nato e morto nella iberica Bilbili (attuale Catalayud in Aragona), è stato il più importante epigrammista latino.
Ricevuta la prima formazione a Tarragona, in Spagna, si trasferì a Roma nel 64, dove verso l’80 pubblicò i suoi primi epigrammi nel Liber de spectaculis in occasione dei giochi inaugurali dell’Anfiteatro Flavio (ovvero, il Colosseo). Verso l'anno 84 o 85 comparvero altri due libri di epigrammi:Xenia (doni per gli ospiti) e Apophoreta (doni da portar via alla fine del banchetto).
Dopo l’assassinio di Domiziano e sotto Nerva e Traiano, il nuovo clima instaurato a Roma si rivelò poco favorevole al tipo di poesia epigrammatica di Marziale, il quale nel 98 tornò nella sua città natale, dove l’aiuto di una ricca vedova gli permise di vivere agiatamente e di continuare a scrivere. Alla fine, sono quindici i libri di epigrammi pubblicati da Marziale, per un totale di 1561 componimenti.
Il giudizio, non completamente lusinghiero di Plinio il Giovane (Epist. III, 21): «era un uomo d’ingegno, acuto, pungente, che aveva nello scrivere moltissimo sale e fiele e sincerità; […] ma non saranno eterne le cose che scrisse».
La previsione non s’è avverata, però. 
Ecco un assaggio delle versioni in italiano di Mario Fresa:



I, 30
Faceva il chirurgo, ora il becchino. Poco male:
si vede che gli piace, il cliente orizzontale.


II, 13
Soldi al giudice, e al cancelliere, e all’avvocato.
Ma pagare i creditori, scusa, non è forse più sensato?


II, 88
Non ci leggi mai nulla,
caro Antonello,
ma ti passi per poeta.
Bene, te lo concedo:
a patto che continui
a non leggerci mai nulla.

Sarà più bello.


VII, 16
«Non ho un centesimo, Mario!
Allora, quasi quasi, quei regali
Che mi hai comprato
Me li rivenderei.
T’interessa, per caso, ricomprarli?»



VIII, 51
Ad Aspro, il cieco, Amore finalmente oggi concede
Una magnifica ragazza; e già per lei stravede.



Nella Nota finale che accompagna i componimenti, Mario Fresa precisa le modalità del proprio lavoro: «Le versioni saranno intese come una interpretatio ludica dei testi: la scelta della rima nasce dall’idea di una costruzione burlesco-sintetica della parola tradotta, nell’ipotesi di un travestimento di trasversale giocosità straniante. Non c’è “modernizzazione”, ma, al contrario, una specie di regressione gioiosamente infantile, in cui lo strumento edonistico del suono tende alla demolizione della presenza, e soprattutto dell’autorialità, dello stesso traduttore-giocatore».
Del ludus Mario Fresa beneficia dunque il lettore di questa scelta d’epigrammi. Fresa, che ha esordito nello “Specchio della Stampa”, presentato da Maurizio Cucchi, ha pubblicato in varie riviste prestigiose, da “Paragone” a “Nuovi Argomenti” e nell’“Almanacco dello Specchio” Mondadori. Ha pubblicato i volumi di poesia Alluminio (LietoColle, 2008) e Uno stupore quieto, edizioni Stampa 2009, «La collana», n. 27, a cura di Maurizio Cucchi, Varese, 2012 . ha pubblicato anche diversi saggi.
L’elegante plaquette è ulteriormente impreziosita da due interventi visivi di Carlo Villa, autore romano apprezzato da Sinisgalli e Pasolini.








un disegno di Carlo Villa che illustra la plaquette di Marziale





L’eredità d’affetti di Aniello DE CHIARA



Martedì  19 marzo, a Solofra (AV): città nota per la concia delle pelli e unico polo nel  meridione d’Italia in questo settore manifatturiero, nella sede comunale sarà presentata la monografia dell’onorevole dottore Aniello DE CHIARA, realizzata dalla figlia Maria, pubblicata dall’Associazione “Aniello De Chiara” .
L’onorevole DE CHIARA nel 1985 diviene Presidente del Consiglio Regionale della Campania, dal 1990 al 1992 è Consigliere Regionale, nel 1994 diviene sindaco della città natale, Solofra, e morirà da sindaco proprio il 19 marzo 2001. La monografia, che verrà presentata dopo dodici lunghi anni dalla sua scomparsa, rappresenta  oggi il primo passo per rimuovere la polvere che i suoi detrattori hanno sparso alla sua morte.
Inesorabili tornano alla mente i versi “Dei Sepolcri” di Ugo Foscolo:

                      Sol chi non lascia eredità d’affetti
                      poca gioia ha dell’urna; e se pur mira
                      dopo l’esequie, errar vede il suo spirto
                      fra ‘l compianto de’ templi acherontei,
                      o ricoverarsi sotto le grandi ale
                      del perdono d’Iddio; ma la sua polve
                      lascia alle ortiche di deserta gleba
                      ove né donna innamorata preghi,
                      né passeger solingo oda il sospiro
                      che dal tumulo a noi manda Natura.

Il volume raccoglie sia il pianto innamorato della moglie che l’ha amato, sia l’amore profondo dei figli e dei nipoti, oltre alle numerose testimonianze accorate di affetto e stima di chi ha vissuto accanto a lui il tempo che Iddio ha voluto donargli. Riemerge il viso dell’uomo onesto e sincero che ha lottato per anni contro la camorra, contro le ingiustizie sociali, aiutando i meno abbienti a sollevarsi dal dolore delle malattie e assistendoli nell’ora triste della scomparsa. Medico, politico e uomo: lo racconta in modo sincero la figlia Maria, curatrice dell’opera:

“(…) Occhi di un uomo non tanto alto, anzi diciamo basso, con un naso lungo e sottile che giunge ai suoi bei baffi neri che rendono quel viso a tratti simpatico e a tratti autoritario. Occhi ricchi di passione, occhi che guardano la realtà che verrà e non quella presente, occhi che sanno leggere le persone per quello che sono e capire a fondo le loro azioni. Quegli occhi castani che ogni giorno so essere parte integrante della mia vita; bhè, spero amore mio tu possa ereditarli perché prendendo la loro essenza avrai preso la metà dei pregi che hanno caratterizzato la vita di tuo nonno.” ( pag. 7, Prefazione)

Pochi sindaci sono ricordati a Solofra lungo tutto il percorso del Novecento: c’è  Vincenzo NAPOLI (Solofra 1882 - ivi 1958) il quale da grande antifascista restituì alla cittadinanza la sua risorse più grande, l’acquedotto, caduto nelle mani degli aristocratici locali e risorsa indispensabile per la concia delle pelli. Accanto a questo illustre figlio del nuovo Risorgimento  c’è la figura di Aniello DE CHIARA che, grazie a questo libro, si staglia nitida agli occhi delle nuove generazioni, e a quelle che verranno, grazie alla molteplicità delle opere civiche realizzate nel tessuto cittadino,alle leggi promulgate alla Regione Campania, all’amore sincero verso la propria famiglia.
I suoi detrattori, il 19 marzo prossimo, saranno sconfitti definitivamente e il volto del Nostro risplenderà di quel sole che egli tanto decantava nei suoi discorsi rifacendosi alla paternità dell’ illustre politico, meridionale, Francesco DE MARTINO (Napoli 1907 – ivi 2002).

Montoro, marzo 2013                               

lunedì 11 marzo 2013

Libri di D'Alessio in Biblioteca



www.faraeditore.it/html/siacosache/valigiamerid.html

farapoesia.blogspot.it/2011/01/su-figli-di-vincenzo-dalessio.html

farapoesia.blogspot.it/2011/02/antonio-dalessio-una-poesia.html

www.faraeditore.it/html/neumi/profilicritici.html

Su Verticali di Bruno Galluccio


Einaudi, 2009

recensione di Dante Maffia

Si è vociferato per lungo tempo sulle pagine dei giornali, soprattutto negli anni cinquanta, sessanta e settanta che molta della poesia e della narrativa italiana, che avevano importanza, era frutto di uomini di scienza e della tecnica. E giù i nomi di Sandro Penna (ragioniere), di Leonardo Sinisgalli (ingegnere), di Salvatore Quasimodo (perito agrimensore), di Eugenio Montale (studente delle scuole professionali), di Carlo Levi (medico), di Carlo Emilio Gadda (ingegnere). Naturalmente l’elenco si allargava coi nomi stranieri con in testa Celine. Un vezzo che conteneva qualche verità? Un caso? Una verità che svezzava dagli eccessi del classicismo la scrittura? Forse tutte questa cose insieme, ma ce ne corre poi dall’affermare, in maniera categorica, che il Novecento italiano si sia mosso in una sola direzione, anche perché a guardare bene poi il classicismo di ritorno è stato adoperato proprio dai così detti tecnici, Quasimodo e Penna in testa.

Premessa doverosa per poter entrare senza pregiudizi e senza convinzioni errate nel libro di Bruno Galluccio che, essendo un fisico ed avendo lavorato per anni in un’azienda tecnologica, si è tentati di “schedarlo” come frutto di quella stagione complessa a cui ho accennato.

Bruno Galluccio è poeta con e senza la sua fisica, con e senza il suo linguaggio improntato alla scienza, perché vive intensamente le angosce del nostro tempo nel quale non trova la chiave di volta per scoprire i misteri che accompagnano l’uomo e se il suo linguaggio, apparentemente fiorito di nessi e di sconnessioni, sembra deviare dal percorso, è perché la rincorsa per focalizzare certezze non trova slarghi, non trova traguardi e apoteosi. Egli cerca di focalizzare il nonsenso del fluire del tempo e delle cose per far scoppiare la sua angoscia in frantumi dinanzi al fluire degli eventi.

Non c’è idillio, non c’è lirismo giocato sull’armamentario della tradizione e non c’è ricorso ad attributi del serbatoio degli archetipi, ma c’è la forza del canto, un canto che sa guardare alla fermezza di Rilke, per esempio, e che quindi non divaga, non concede al gratuito, al sentimentale.

Eppure se si entra dolcemente nella sintassi di Verticali, nella sua necessità di chiarire e di capire che chiarendo tuttavia non si va da nessuna parte, anzi… si capirà che Galluccio non forza le metafore e che le pone in essere per farle fermentare, consapevole che si riparte sempre e che gli approdi sono momentanei ed effimeri.

Da qui l’angoscia ancestrale che serpeggia nelle pagine, quel mistico e ombroso dubbio che sfoglia i significati e li sparge come semi che però delirano e delirando si tuffano in altro senso. Il poeta ci fa entrare in un ruotare infernale di accensioni che si sfaldano e si ricostruiscono, che lacerano le apparenze e subito dopo le riverniciano di nuova approssimazione semantica. Un andare rutilante, un’orgia di sogni che s’avviluppano e scantonano, che riordinano il passo e subito dopo lo spingono nel baratro.

In questo modo Galluccio ha l’agio di disseminare di enigmi sogni e realtà in modo da crearsi l’illusione che prima o poi arriverà a un poggio da cui sarà possibile vedere, proprio come è detto nell’Aleph di Borges, presente, passato e futuro.

Intanto è inchiodato a percezioni scomode, a un dolore sordo che spesso non sa nemmeno da dove arriva e quando e per quale ragione finirà E così rincorre il mutevole, il fuggevole, l’imponderabile e per salvarsi si dilata e si trasforma “in simboli capaci di spostare verticalmente le immagini, le distanze, i nodi irrisolti”.

Siamo dinanzi a una poesia che mi verrebbe di chiamare mutevole, che si “adatta” alla temperatura del lettore ed è perennemente pronta ad essere duttile e malleabile. Ciò significa che Galluccio sa assegnare alla parola una dose di energia che non si disperde in cunicoli aridi, ma che diventa lievito e proposta di nuove essenze. Così si giustifica l’appassionato uso dei termini matematici e fisici, i concetti che nell’impatto respingono fino a che non si stabilisce la sintonia, perché “i residui cercano ogni occasione per abitarci”.

domenica 10 marzo 2013

“Racconto della Riviera” di Gianfranco Lauretano. (Raffaelli 2012)




recensione di Cinzia Demi

Con la poesia si può raccontare un fatto, una storia, un accadimento? Si può parlare di ciò che abbiamo visto succedere, di ciò che ci ha colpito come fosse una cronaca in versi ed elevare la narrazione tanto da portarla verso il sacro ? Evidentemente sì. Gianfranco Lauretano lo ha fatto, e in modo esemplare. Ha in fondo lanciato un messaggio, una sfida: guardate, poeti dal verso incomprensibile, dalla metafora  oscura, dal significato che lascia incompiuto il suo ruolo, guardate come si racconta una storia in poesia. Con quale arte si possono trasmettere le immagini, disegnare i personaggi, descrivere le sensazioni, i colori, gli odori, la vita, la morte… con quale poesia, figlia dei nostri padri, nostra sorella di sangue si può imprimere nella mente un semplice ragazzo, Marco, e renderlo attraverso il suo calvario e la sua resurrezione, una figura cristologia. E’ così: il protagonista di Raccontodella Riviera  fugge da un padre che non sente tale, quasi putativo; si butta nel branco, tra la gente, ma se ne estranea, li guarda quei suoi compagni come dall’alto di un’altra dimensione e in fondo li accetta, senza giudicarli; sa riconoscere il bello, ciò che lo avvicina al divino e lo sente suo ma, prima di raggiungere quello stato di grazia, dovrà avere la sua crocifissione, per poi tornare di nuovo dal padre. Intanto, intorno a lui la vita scorre come sempre, il tempo non ci pensa neanche a fermarsi, la notte si alterna al giorno, la discoteca allo jogging, la birra alla droga, le parole alle botte…  Cambiano i miti, invece, non ce n’è più uno che duri un po’ a lungo, che lasci un reperto, una scia sulla terra da seguire, un rifugio sicuro. Tutto è veloce e crudele, neanche l’amore sopporta quel ritmo, si ritira, si annulla, si fa da parte per non disturbare. E la poesia lo raccoglie e lo racconta, tutto questo. Si mette in gioco per cantare ancora una volta coi suoi legami di assonanze, con le parole che crea come nuove ciò che sente dell’uomo. Questa volta tocca al branco, allo spazio di cui si appropria nella vita di un Marco qualunque, di questo Marco che subisce,che soffre, che muore dentro per rinascere una mattina
Ma i versi di Lauretano, se pure raccontano un fatto, non si limitano a descriverlo estraniandosi dall’evento, come se in questo teatro di strada il poeta fosse un attore – descrittore di metodo brechtiano, non propongono una realtà come mero accadimento, lasciando che il lettore giudichi la situazione secondo i dati rappresentati. Lauretano non ce la fa a non essere partecipe di ciò che mostra, le sue emozioni sono forti, toccano il lettore e, aristotelicamente,  gli propongono la catarsi finale dove l’immedesimazione nel protagonista consente, attraverso il suo desiderio di salvezza, di avere una possibilità di scelta. 
Riuscita la partitura del testo nei titoli lapidari: Partenza, Branco, Chiara…, Amore e morte, Musica!, Un mare di guerra, Sogno e non sogno. I titoli, infatti, segnano la scansione e il ritmo di questa breve ma intensissima raccolta, di questo poemetto incalzante che rende conto delle problematiche dell’adolescenza, ma che rende giustizia alla mente umana, a quei giovani che sanno fermarsi al momento giusto. Perché non è vero, e non è stato mai vero, che “i giovani sono tutti uguali” come si sente dire da un certo paternalismo esasperato. La poesia, per fortuna, sa dire anche questo e lo dice, quella di Lauretano in particolare, usando al tempo stesso toni forti e pacati, crudeli ma sinceri, costruendo parole che si fanno significato, oltre che significante, e che amplificano quel significato per mostrarsi portatrici di realtà senza moralismi, di comprensione senza pietismi. Per offrire con l’arte più antica del mondo, una via di fuga, come spiegano semplicemente i versi finali:
[…]qualcosa si è rotto, qualcosa/di infernale che non fa paura/una mano buona tiene/fermo il cuore, l’ha capito/ciò che è stato non va via/andrà a casa a mangiare/a casa a riposare a lavorare/e chissà magari sulla porta/con la faccia preoccupata/e gli occhi grandi, amabili/che aveva, certo, aveva/suo padre lo sta aspettando.
                                                                                                                     

giovedì 7 marzo 2013

Sono usciti i Frammenti di sale di Mariangela De Togni

Mariangela De Togni
Frammenti di sale

€ 11,00 pp. 58 (Sia cosa che # 96)
ISBN 978 97441 22 9

“Chi mi spazierà il cuore?” (La tua ombra).
Questa domanda è uno dei saporosi frammenti lirico-religiosi, quindi ricchi di stupore e tremore (ma un tremore pacificato, affidato), che come grani di sale grosso compongono questa raccolta. Sì, perché anche gli aspetti più dolorosi dell’avventura umana (si veda, ad esempio, la poesia A Yara) sono trattati con la fiducia in un Altro che salva, conforta, illumina, condivide, ascolta. Camminare fra questi versi musicali e vibranti è come percorrere un sentiero di montagna meravigliati dalla bellezza di un panorama (“Alte cime guardano / con occhi di neve e sole”, Autunno) e percepire il vento come un balsamo, quasi il suono di un flauto dalle note tese, dolci e abissali che allargano l’anima immergendola “Nel silenzio profondo / del cuore / dove nascono le attese” (Intrisi di beatitudine). Mariangela De Togni si affaccia sul mistero, gioisce del bello, accetta l’inevitabile fatica dell’esistenza, offre umilmente il suo empatico abbraccio “Come la vite appesa alla luce” (Trasfigurami), sapendo che “L’amore richiede luce, / come le costellazioni spazio” (Notturno). Facendoci suoi compagni di viaggio, potremo anche
noi dire: “Ho regalato i miei sandali / sulla scorciatoia del cielo. / E il cuore s’è fatto leggero / come una felicità” (Abbandono).


Mariangela De Togni è nata a Savona. È suora orsolina. Insegnante, musicista, studiosa
di musica antica, membro della Accademia Universale “G. Marconi” di Roma. Ha pubblicato, tra il 1989 e il 2011, undici sillogi poetiche. Tra i titoli (per i dettagli si rimanda al Profilo bio-bibliografico): Non seppellite le mie lacrime, Nostalgia, Una Voce è il mio silenzio, Chiostro dei nostri sospiri, Profumo di cedri, Un saio lungo di sospiri, Nel sussurro del vento, Flauto di canna, Nel silenzio della memoria, Cristalli di mare, Fiori di Magnolia. È presente in vari e accreditati studi critici su antologie e riviste letterarie, anche on-line (bombacarta.com - flannery.it - farapoesia - inpurissimoazzurro.it - lastanzadinightingale.blogspot.it). 
Ha ottenuto numerosi premi e segnalazioni di merito in concorsi letterari. Tra i più recenti: “Le Stelle” (Savona), “Abbazia del Cerreto” (Lodi), “Borgo Ligure” (La Spezia), “Premio alla Carriera” (Santuario Madonna di Gaggio), “Val di Magra - Roberto Micheloni” (La Spezia), “Borgo Ligure” (Santa Margherita Ligure), “Città di Salò”, “Portus Lunae” (Sestri Levante), “Satura - Città di Genova”, “Versi di mare” (Roma), “Il Golfo” (La Spezia), “Ibiskos” 2011 per un Racconto breve. Le è stata dedicata la «Lettera in versi» n. 21 a cura di Rosa Elisa Giangoia, gratuitamente scaricabile nel sito: bombacarta.com
Federica Galletto le ha dedicato il blog La mia contempazione all’indirizzo www.mariangelade.blogspot.it

L’Opera incontra la Poesia


Nella saletta del Bar Italia di Solofra, dedicata alla memoria del giovane poeta Antonio D’Alessio, scomparso prematuramente, è avvenuto oggi 6 marzo 2013, l’incontro con il soprano Carmen GIANNATTASIO, figlia della terra del Sud, incantevole interprete delle opere dell’intramontabile Maestro Giuseppe VERDI, a pochi giorni dal compleanno di Antonio. La grande artista, reduce da una splendida prova al Teatro “La Fenice” di Milano lo scorso 3 marzo in collaborazione con Veronica Simeoni, si recherà a breve a Roma dove si imbarcherà per Hong Kong dove l’attende dal 19 al 21 marzo proprio in occasione del Bicentenario della nascita del grande maestro “G.VERDI”, il pubblico cinese per godere della sua insuperabile interpretazione de “La Traviata”. Il successo ottenuto al Teatro “San Carlo” di Napoli, lo scorso 6 dicembre, fa ben sperare in un altro grande trionfo della Nostra nell’interpretazione di quest’opera sublime.

La Nostra ha ricevuto in dono le poesie di Antonio D’Alessio, e nell’incontro le è stata conferita la nomina a Socio Onorario del Gruppo Culturale “F. Guarini” che opera da 1976 nel territorio della Regione Campania, specialmente in Irpinia. A consegnare la pergamena è intervenuta la figlia dello scomparso sindaco di Solofra, dottore Aniello De Chiara, che da anni sostiene come Socio Onorario le attività della stessa Associazione. Sono intervenuti inoltre il fratello Giuseppe e il cugino Eugenio.

Il papà di Antonio, Vincenzo D'Alessio, ha fatto dono al grande soprano della raccolta La valigia del meridionale e altri viaggi (Fara Editore, 2012) quale segno di riconoscenza e profonda stima per l’artista che ha voluto conoscere il giovane poeta e la sua esistenza attraverso le sue opere.

Marzo 2013 Gruppo Culturale “Francesco Guarini”

mercoledì 6 marzo 2013

Concorso Letterario “Premio B-Side” Prima edizione

L'associazione culturale B-Side Indice il Concorso letterario nazionale “Premio B-Side” I° Edizione (2013) INDIRIZZO SPEDIZIONE DEGLI ELABORATI: Gli elaborati devono essere spediti entro e non oltre il 30 Aprile 2013, previa iscrizione al sito www.radiobside.it all'indirizzo emaiL amministrazione@radiobside.it Per completare il caricamento basta seguire le indicazioni presenti sul sito. Si prega cortesemente agli autori di non attendere l'approssimarsi della scadenza del premio, ma di anticipare, se possibile, l'invio delle opere in modo tale da agevolare il lavoro della segreteria. REGOLAMENTO: Art. 1 Sono ammessi al concorso tutti i cittadini residenti sul territorio nazionale. Art. 2 Sono previste quattro sezioni: Aforismi (tema libero) Poesia (tema libero) Prosa (tema libero) Testi per canzoni (tema libero) Art. 3 Ogni autore potrà partecipare alla Sezione Poesia/Aforismi con un minimo di 1 componimento ed un massimo di 3 componimenti. Le singole poesie in gara non possono superare i 30 versi. Art. 4 Ogni autore potrà partecipare alla Sezione Prosa con un solo racconto della lunghezza massima di 6 cartelle (Times New Roman, grandezza carattere 12, interlinea 1, nessun rientro). Art 4 bis Ogni autore potrà partecipare alla Sezione Testi per canzoni con un solo testo Art. 5 Tutte le opere devono essere tassativamente inedite. Art. 6 L’autore deve inviare all'indirizzo amministrazione@radiobside.it ogni opera in 2 file word: 1 senza firma o altro segno di riconoscimento ed 1 con dati anagrafici, numero di telefono, indirizzo e-mail, dichiarazione esplicita e firmata in cui si affermi che l’opera è originale e inedita ed (eventuale) curriculum letterario. Art. 7 Per partecipare al concorso, è necessaria l'iscrizione al sito www.radiobside.it nella sezione REGISTRATI. Per concorrere in una delle due sezioni, è previsto un versamento (per iscrizione associativa /rimborso spese di segreteria) di 10 EURO. Per partecipare a entrambe le sezioni di 15 EURO.

Vincitori del Concorso Pubblica con noi 2013 XII edizione

Fara Editore e i giurati Anna Ruotolo, Elena Varriale, Davide Valecchi, Gianluca D’Andrea, Laura Corraducci e Teresa Armenti sono lieti di premiare per la
Sez. B – Silloge poetica
per la
Sez. A Racconto v. qui

v. scheda libro


Accade soprattutto per la strada di Vincenza Scuderi, Misterbianco (CT)

Esercitazioni in giorni di neve, per preparare quelli di sole.
Chiudete la finestra con determinazione, dimenticate il ghiaccio sul balcone.
Acceso il bollitore elettrico potete aspettare un buon tè,
immaginare un mattino sulla sabbia del Mare del nord,
che per lo meno ad agosto dovrebbe essere estivo.
Non temete il nevischio (passaggio ai giorni di pioggia)
che la settimana prossima vi sorprenderà per strada,
e senza un berretto perderete il tram notturno
e andrete a piedi a casa.
Apprezzate il letargo che previsto si ripete:
la sontuosa solitudine esamina le forze,
le concentra grado a grado,
le prepara per l’estate.

***

Nella città del Perugino

Nella fontana
maggiore restaurata
non ci sono più piccioni.
Prima andavano col telo da mare
tutti i giorni a fare i bagni.
Ma le portatrici d’acqua
che Rosso Padellaio fuse
per Nicola Pisano,
sono al sicuro se l’orda tornasse,
ellenizzanti di grazia antica
nella Galleria nazionale dicono:
“Il medioevo
non c’era nemmeno
nell’era di mezzo”.
Tuttavia è piena di piccioni la Galleria,
dallo Spirito Santo affilati come lampi
pronti a colpire il cuore di Maria.

Hanno un nido nella enne
a due passi da San Giorgio,
i piccioni di Ferrara.
Nella enne della Banca
Nazionale del Lavoro.


Esaltatore di sapidità

Nel volgere del giorno fino a noia
corteccia densa e dura mi separa,
con vivo senso dissennato e forte,
dal senso della vita come gioia.
In festa il mio pensiero mi addolora,
mirando tutto quello che non trova
misura per millimetri le lacrime
che l’anima non versa ma divora.
Consueto stato la sete costante
ai piaceri del sapore si fa muro:
che manchi glutammatomonosodico
alla mia percezione dell’istante?


Giudizi

C’è una perizia da equilibrista, in questa raccolta. Nel senso proprio del termine, nel senso – intendo – dell’atleta che si mantiene in perfetto equilibrio e, sebbene si sbilanci pericolosamente ora verso un lato ora verso l’altro, tiene una posizione elegante ed eretta; e nel senso grammaticale, per così dire, del termine. Sia “equilibrista”, sia “atleta”, infatti, sono sostantivi capaci di indicare sia il genere femminile che maschile, così generali, così aperti, piccoli affascinanti distrattori, a volte, e gusci aperti a mille possibilità. Ed è per questo che nel cambio repentino di metrica, registri semantici, ispirazioni, deduzioni, slanci, ci troviamo coinvolti in una Spoon River al singolare, fatta di un solo personaggio pieno di così tante alterità da non aver bisogno di inventare nomi e città che non siano quelle sue proprie, reali, conosciute, quand’anche si presentino sopra le righe, ironiche all’inverosimile, lati del suo non-luogo onirico, vicine allo zero nel senso di rese all’osso con una capacità davvero accattivante: Che non sono una grande, lo sapevo. / Ma nemmeno una donna, / non ne avevo idea. (Anna Ruotolo)

Una discreta pertinenza metrica convive con l’ironia piuttosto amara di un comune disorientamento. Esiste una ricerca sonora, anche se a volte degrada in virtuosismo; l'incarnato dei testi è lieve e aspro. In nuce si verifica un racconto, una trasmissione: la freschezza di qualcosa che si affaccia, giovane. (Gianluca D’Andrea)

Biografia
Vincenza Scuderi è nata a Catania nel 1972, dove vive e dovè germanista presso luniversità. È saggista, traduttrice, e defilatamente ma fortemente poeta. La sua raccolta Accade soprattutto per la strada, prima classificata nella sezione poesia del concorso “Pubblica con noi 2013” di Fara Editore, ha visto una tranquilla gestazione danni. Sta lavorando a una seconda, forse meno lenta raccolta, e ad ulteriori cose di cui dirà poi. Nelle sue vesti germanistiche si occupa di poesia contemporanea (in particolare poesia austriaca sperimentale), cultura visuale, gender studies, traduttologia, e qualcos’altro. Fa parte dellassociazione-casa editrice incerti editori (www.incertieditori.it). enzascu@tiscali.it




ex aequo Sguardi dentro e fuori di me di Ernesta Galgano (Genova)

ARRENDERSI

Arrendersi.
Non combattere.
Non difendersi.
Lasciarsi portare
da una corrente
di misericordia
e di perdono.
Arriveremo al mare
dove ogni goccia
è vivo oceano
e ride e salta
sugli spruzzi dell’onda
e pensa e crea
mondi sommersi,
ignoti e ricchi di colori,
assolutamente veri,
anche se sconosciuti.
Solo la luce può rivelarli,
come solo l’amore
può svelare
il mistero del cuore.


CELESTE NASCOSTO

Sì lo so
cos’è
lo struggimento
che può dirsi
amore 
e la pietà
di tenerlo nascosto.
Chiuso nel cuore,
nonostante,
canta.
Brilla
come puro azzurro
di laghetto alpino.
E’ una goccia
di tutto il celeste
dell’universo.
Mi illumina.
Ci credo.
E la dolcezza
supera la pena.


GRAZIE A TE

La mia persona si annulla,
ma lo spirito ascolta
armonie di emozioni
misteriose e difficili
e ti è sempre vicino
come una piccola porzione
della tua stessa ombra.
Mi hai consolata
quando cominciavo a morire.
Si apre, improvvisa,
una voragine in ombra,
non si vede il fondo ,
ma si sente
mugghiare l’Infinito,
e si scivola giù.
Un ramo del tuo albero
ha fatto appiglio
alla mia mano.
È solo un arbusto,
è scosso dal vento
e rabbrividisce anche lui,
ma ho potuto fermarmi
su una sporgenza di prato.
Un raggio di sole
ha illuminato le tue foglie,
iridescenza di colori
su un velluto verde,
ho sentito il canto
dell’aria tiepida
cullare un usignolo,
che solfeggiava sicuro
accordi di Speranza
Sto bene adesso
in questa nicchia di luce
e mi riposo,
attenta ad essere leggera.
Lacrime di riconoscenza
innaffiano le radici
per dare  più energia
alla bella pianta
della tua Vita
ed è un grazie di Gioia.


Giudizio

Scorrono leggeri, i versi, come tanti fotogrammi immersi nell’azzurro, percorsi da una luce che emana scintillii di gioia e proviene da un cuore verde-smeraldo, vibrante di Speranza, che invita a respirare la vita, camminando come un’equilibrista sul filo nel Circo del mondo. C’è un’immersione nella semplicità dell’Amore, dove l’anima galleggia serena e si lascia trasportare dall’onda della Fede, facendo riposare lo sguardo nelle acque limpide e chiare. (Teresa Armenti)

Biografia
Ernesta Galgano dice di sé: «Ho sempre avuto l'istinto e il piacere di trascrivere in versi le mie emozioni. Una professione molto impegnativa mi ha assorbita completamente. Sono un medico, ho fatto il chirurgo, quello vero, sul campo, in ospedali italiani e in paesi emergenti come volontaria. Con la pensione e con nuove emozioni ho ripreso a scrivere. Ho avuto riconoscimenti per poesie e racconti in concorsi nazionali ed internazionali. Continuo ad emozionarmi con la musica, con i viaggi, con il desiderio di capire e consolare chi incontro sulla mia strada, anche con le parole, assolutamente sincere.»




ex aequo Tredici meno di Luca Carboni (Pesaro)

I – Silvia

A Silvia F.

Silvia è una donna esile,
dal fragile, limpido sguardo,
smarrita per la demenza degli anni,
una donna bella, che dice a me
sconosciuto di passaggio:
«Scusi, sa a che ora viene a prendermi la mamma?»

“Noi siamo un colloquio”,
diceva un poeta vero,
non monadi fatte
per il proprio ego.
Siamo creature, Figli di un Creatore.
E il bisogno di aiuto per la debolezza,
è invece un Dono,
perché ci ri-dice ciò che siamo.

Siamo Figli.
Da giovani lo dimentichiamo:
sogniamo, il mondo è avanti,
le mani nel denaro, il potere, le donne.
Ma viene il tempo di impotenza e povertà,
che è davvero tempo di Misericordia.
Tempo per ritornare ciò che siamo.

Tranquilla, piccola Silvia,
“la mamma certo arriverà, prima di sera, a prenderti”.
E io attenderò insieme a te.


II – Di grezze stelle

Di grezze stelle piange il firmamento.
Il loro raggio è sale
una luce che sa di mare.
E io nato senza perle
sono una conchiglia,
un torrente che un argine imbriglia.
Tu che ignori
questa luce dei sensi
sei un lutto
d’amara innocenza.
I sogni imprigiona una dura fatica,
il fuoco delle parole
per questa carcassa
è il solo lenimento.
Ma quest’amore pure senza di me
t’avrà sempre.



III – […]

Corroso dai sogni
tutto il giorno contemplo la bellezza.
Ma io divento vecchio in mezzo ai sogni
alle musiche alle tempeste
e toccò a te, ultima ventata,
sradicarmi da dov’ero a dimora

Le vetrate rifulgono dolci
con echi affievoliti di luna.
Un sudario, lasciami sospirare.
La sera io mi vergogno,
si, mi vergogno di essere cosa di poeta.
Dell’invisibile intatto dentro il visibile devastato.


Giudizi

Poesia come risposta urgente al dialogo con il Divino, nel quale non si cerca un ristoro facile o scontato ma soprattutto uno sguardo nuovo sulla realtà. L’elemento dolore su cui l’autore, però, poggia con forza il desiderio di speranza, quasi come grido di rabbia al male e alla cecità umana, sembra essere il filo che lega tutti testi, sia quelli esplicitamente religiosi, che quelli in cui la tematica assume contorni più esplicitamente legati alle relazioni e alla fugacità dolorosa degli incontri. Queste ultime poesie risultano più centrate, più libere dall’artificiosità che a volte lega e appesantisce certi passaggi, ma l’atmosfera che avvolge l’insieme dei testi è espressione continua di un’urgenza del dire e dello svelare, fosse solo in impercettibile parte, la bellezza di un tu che è sempre meraviglia e buio di un mistero infinito. (Laura Corraducci)

La ricerca o il bisogno d’amore e di risposte in un mondo che celebra Caino piuttosto che Abele sono evidenziate dalla compattezza e geometria del verso e dalla forza icastica delle allegorie. (Elena Varriale)


Biografia
LucaCarboni è nato a Fano (PU) nel 1973 e risiede a Pesaro. Dopo aver conseguito la Laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna e l’abilitazione all’esercizio della professione, lavora da più di dieci anni presso l’Inail di Pesaro, lavoro che rivendica orgogliosamente essere analogo a quello svolto dal suo idolo letterario, Franz Kafka. Ha preso parte ai corsi di Poesia tenuti all’Università dell’Età Libera di Pesaro dal Prof. Gianni D’Elia. Sta ora frequentando i corsi di Filosofia Teoretica, Storia della Filosofia antica e medioevale e Teologia Fondamentale presso l’I.S.S.R. di Pesaro. Sue opere sono presenti in antologie on line e blog di poesia, ma sicuramente il momento culmine della sua breve carriera poetica è rappresentato dalla partecipazione a “Primavera di Poeti”, con letture tenute nella fascinosa Cripta di San Biagio, nelle immediate vicinanze dell’Eremo di Fonte Avellana.



ex aequo La semplicità dell’immenso di Michela Zanarella (Roma)


Viviamo

Viviamo
dove si uniscono elementari polveri
a linguaggi materni,
ascoltando le diverse identità del cielo
e le rotte di secoli disinvolti.
Parliamo di brezza, fatiche
e scogliere,
trasportando l'ombra del destino
nei colori e nelle ossa
della terra.
Dietro silenzi compatti
in corpi di luce ed aria,
nelle fronti limpide
di un mondo antico,
siamo fino alla fine
fedeli benedizioni del tempo,
sudore e segreto
di un'esistenza che si ripete.



Nelle stoffe di un quartiere (Monteverde)

Nelle stoffe di un quartiere
il sole setaccia
trame di verdi rossori
e negli strati di storia
infila ingenuità di silenzio,
fiati zuppi di pasoliniani
orizzonti.
Sotto le pietre Monteverde
mescola
vetri e detriti di poesia.
Non ho ancora imparato
a forzare intime gerarchie
di glicine.
Potrei indossare nudità
di marciapiedi
e smorzare avidità di luce,
dove hanno radice
fibre d' umane rivelazioni.



La vita ha bisogno del verbo

La vita
ha bisogno del verbo
della luce.
Aprirsi nel verde di terra
è ciò che il midollo umano
cerca sulle guance del cielo.
E forse nelle crepe
di un orizzonte
sosta un chiarore cerebrale
che matura
per amore
in polvere di destino.




Giudizio

Silloge organica che scava nei meandri del cosmo, della luce, del verbo e dell’essere con intensità espressiva ed una ben riuscita cadenza allegorica del verso. (Elena Varriale)


Biografia
MichelaZanarella è nata a Cittadella, Padova, il 01-07-1980. Vive e lavora a Roma. Inizia a scrivere poesie nel 2004, e la sua poesia è ora tradotta in inglese, francese, spagnolo, arabo. Ha pubblicato sei libri Credo (ed. MeEdusa), Risvegli (ed. Nuovi Poeti), (Vita, infinito, paradisi (ed. Stravagario), Convivendo con le nuvole (ed. GDS), Sensualità (Sangel Edizioni), Meditazioni al femminile (Sangel Edizioni). È Premio Speciale “Poeti per la Repubblica” nella 23^ Edizione Premio Nazionale di Poesia “Rosario Piccolo” 2012. È tra i vincitori del Premio Internazionale di poesia Tredici, indetto dal Centro di Poesia Roma.



ex aequo Mi hai lasciato uno scrigno di parole di Mariagnela Ruggiu (Suni, OR)

SLA

Dio, ti parlo con gli occhi che diventano
questa voce stridula che non mi appartiene
dimmi di questa vita, qual è la vita,
quella che hai soffiato dentro corpi perfetti,
questa che hai messo in questa prigione
senza darmi di evadere?
Tanti guardiani mi hai messo accanto
che si fingono te e mi dicono: vivi!
tu dove sei? hai lasciato deleghe in bianco
guarda, guardami ora,
sono la tua immagine, ti riconosci?
sono fatto di macchine che respirano,
che mangiano, che parlano per me,
ed io vorrei farmi leggero
e uscire da queste mani inchiodate,
senza aspettare che il cuore mi ami,
fermandosi.



la poesia più bella

La poesia più bella l'ho scritta di te
senza cercare parole
per ogni respiro che abbiamo confuso
per ogni pensiero che abbiamo diviso
per  mille voli nel cielo più alto
e poi le cadute a scoprirci di pianto,
per le distanze che abbiamo colmato
di dubbi scavando certezze
di fame inventando carezze
di impronte sul tempo trascorso
di figli che abbiamo cullato
di gioie che abbiamo rincorso
per farne oggi questa collana di perle.




è ancora tempo

Ne ho visti soli volgere al tramonto
con dubbio di un'alba possibile,
ho vibrato al brivido della paura
poi mi ha trattenuto la tua mano,
mi hai abbracciato come quercia
e ho sentito le tue radici
sicure sulle mie incertezze.
Le tue dita come foglie nuove
a inventare carezze sconosciute
le tue braccia come rami intricati
che mi hanno portato in cielo.
fiori e frutti abbiamo maturato al sole,
è ancora tempo di colorare foglie
e aspettare insieme
quest'inverno da passare.



Giudizio

È un unico, prolungato, lacerante grido di dolore, che diventa singhiozzo, spasmo, silenzio soffocante. Viene lanciato al cielo e rimbalza sulla terra, irrorandola di copiose gocce di sangue. È la Passione di Cristo che si rinnova all’ennesima potenza. Sono tanti i punti interrogativi che attendono risposte. E bisogna fare i conti con i sorrisi di circostanza, di compatimento, mentre si coltiva il dolore indeclinabile, compagno inseparabile di una vita. (Teresa Armenti)


Biografia
Mariangela Ruggiu dice di sé: «Sono insegnante di discipline scientifiche, amo la poesia da sempre, ma ho ripreso a scrivere da pochi anni, sono solo dilettante nella poesia cercando di non mancare mai di rispetto a quest’arte. Non ho molto da raccontare, di me, penso che le poesie, una volta scritte, diventino autonome dal loro autore, per questo sono felice di lasciarle qui, perché vadano da sole. Intanto io continuo a vivere la mia normale vita.»



ex aequo L’angelo morto di Mario Campanino (Santa Maria a Vico, CE)

I.

Ho visto un angelo sul marciapiede
i
n mezzo a tante irrilevanti cose
come apparso allimprovviso
ma non come una sorpresa
o una cosa serbata
né come un enigma
a
pparso lì semplicemente
come in unepifania
non di cosa violata
ma di cosa che si svela
.


II.

Era qualcosa come un segno
come un annuncio o un messaggio
ma non in codice e non da interpretare
n
on certo unaltra annunciazione
e nemmeno una buona novella
ma qualcosa soltanto da vedere
i
n effetti solo un corpo tra altri
senza nemmeno la portata di un mistero
s
e non perché era morto e giaceva
come la più scontata delle cose
.



III.

Giaceva a capo chin
annerito di morte e di fumo  
ed era senza volto
sotto le palpebre senza occhi  
senza i due buchi delle naric
senza bocca e senza orecchi
e ununica lunga cicatrice  
verticale dalla fronte al mento
col vecchio filo di sutura ancora teso  
in un cappio attorno al collo
.



Giudizio

Ciò che colpisce di questa raccolta è l’impoeticità apparente di una fiaba moderna e cruda e subito dopo questa sorta di resoconto che oscilla tra lo scientifico e l’emozionale non mieloso (limitatamente all’emozionale mi riferisco, soprattutto, alla fine della storia). Il merito è quello di incollare il lettore a un’osservazione partecipata, esterna, interna, superiore… Non c’è scampo. Come alla morte, a ben vedere. (Anna Ruotolo)


Biografia
Mario Campanino è nato a Milano nel 1967 e si è trasferito a Napoli all’età di dodici anni, pochi mesi prima del terribile terremoto del 1980. Musicista e musicologo, appassionato di volo, da sempre alla ricerca della “verità in scrittura” – per parafrasare Cézanne e Derrida – ha già pubblicato alcune raccolte poetiche su temi diversi. La vita concentrata in 1 moglie, 2 figli, 3 tartarughe, 2 cani e 1 criceto, tutto a Santa Maria a Vico (nella provincia di Caserta) dove vive e legge pochissimo, e oramai solo opere di Joyce.



ex aequo Mangrovia di Luca Immordino (Albenga, SV)


L’Aria.

I
è assolata e rovente l’oscurità della mia fragile stanchezza,
avvolta in coincidenze da circo, attanagliata da paure di strada.
infondo alla piazza circolare tutti stanno mimando i passanti e le lenzuola penzolano piano
inermi dai portoni; è un silenzio falcidiato da plumbei sorrisi e sbiechi movimenti di massa.
qualcuno ha pronunciato il mio nome in fondo al vicolo, è il senso di accerchiamento
che mi porto arpionato dietro alla cintura: smarrimento distrettuale plurimo.

sei stata la prima a pugnalarmi frontalmente e l’ultima a farmelo notare
in un’orgia di tensioni e fugaci brandelli di crepuscoli troppo stretti per farti respirare
sotto un roteante desiderio di fuga, breccia di angosce, campionario di fazioni.
sbiadite ormai ai lati del ciottolato si stringono le gerarchie emozionali:
strali di passioni male amalgamate si fanno largo a spallate improvvise
nel notturno delle nostre menti, folli di inutili minuti passati.

è un parallelo di paure a compartimenti stagni, imperniati su una leva
dileguabili quando la diga perderà la tenuta e si abbandonerà sulla pianura
seminando detriti sulla tua visuale lineare e talmente poco geniale.
screpolate da un millennio di buone intenzioni camuffate, le ansiose dita
si allargano fino a toccarmi le spalle, fino a graffiarmi la fronte
assolata e rovente la mia ora del crepuscolo crea una rima senza pietà.

sei rimasta a tenermi la mano anche durante la terza guerra e hai preso posto
oltre le staccionate issate mentre eravamo distratti dalla luce:
hai attraversato la stanza così piena di persone con il passo fiero e scalcinato
accompagnata da un sorriso che era anche un’autoaccusa straziata
germogli di veleno e un siero di naftalina da supermercato, restano laggiù
nella tempesta delle tue labbra, folli di inutili minuti passati.

è la quinta ora
le decisioni scarpinano sul pavimento
grattano alla porta:
cedi il passo a sua altezza.

verso le ventidue s’è udito un crepitio sordo, da distanza siderale
la camicia dimenticata, poggiata sullo schienale della sedia,
la bottiglia poggiata stancamente sul lavabo sorride alla luna che filtra dalla finestra semiaperta;
priorità e paralleli si aprono un varco fra le tue intenzioni
ben lontane dall’essere innocenti come lo sguardo che ora stai indossando
il viandante che canta sotto la tua finestra ha le scarpe che vorrei io:
due misure più strette di quelle che volevi impormi tu.

sensoriale e notturna la tua paura crolla sovrana
micromacerie d’amore lambiscono il muro:
ho separato l’amore dall’odio, stanotte
e non ti ho trovata da nessuna parte.



Giudizio

Un fluire magmatico che investe il lettore come un torrente in piena, tra aulicismi dal sapore ironico, mimesi del parlato, versificazione del quotidiano vivere dove una miriade di linee narrative, riferimenti alla cultura popolare, alla filosofia e alla letteratura si intersecano e si intrecciano proprio come nelle radici di una mangrovia, pianta che non a caso è stata scelta per dare il titolo a questa silloge. Talvolta vicini al flusso di coscienza i testi offrono molti spunti che rischiano di perdersi in un oceano di materia troppo densa per essere colta nella sua interezza ma che, nonostante tutto, conferiscono a questa scrittura-limite un fascino incontestabile. (Davide Valecchi)

Biografia
Luca Immordino nasce nell'autunno del 1974 in Italia, da madre italiana e padre italiano: primi indizi di una coerenza che lo porterà a scrivere per poter leggere e leggere per poter scrivere. Appassionato di musica, poesia e arte è ancora oggi alla ricerca del vero senso dell'esistenza; sembrava averlo trovato nella pioggia, fino al giorno in cui scoprì gli ombrelli. Le sue poesie sono dedicate quasi esclusivamente a sconosciuti/e, per cui sentitevi pure tirati in ballo, se vi va.



Opere segnalate con pubblicazione di estratti e giudizi in questo blog

Esodo. Sentieri in estate (2010-2012) di Annarita Zacchi (Firenze)

Natrum


isola universale

I
si apre nell’occhio un nuovo sentiero
la frana del tempo ti ha
condotto al monte assoluto
declivio
attrezzi di lieve lavoro
la baia scorre via

acqua del mondo di sotto
la retina senza memoria
aggancia il mare
salpa ogni risacca.

Immersa, avviti
fasci di luce trascini
erbe lucide e in vita
rimani e parte del fondo.

II
si sposta nei talloni l’estate
polpacci signori, vie di lucertole
il sentiero muore nel caldo

non scavalca se non
luce
scorda conforto
e macchie scure,
nel sole esaurire
come ramarri cambiare

l’estate cola
senza imbuto
straripa di famiglie animali
sulla polvere, senza suono.


Giudizio
Una silloge che disegna con un taglio stilistico tra il lirico e il prosastico una cosmogonia rurale fatta di piante, animali, luoghi e voci in un orizzonte geografico ben definito della campagna toscana. Flashback di scenari pre-tecnologici e richiami alla vita contadina passano attraverso i nomi di attrezzi da lavoro e termini regionali (o gergali) in un flusso di scambio fra il presente di un viaggio (o di una permanenza estiva) e il passato dei luoghi evocati da ciò che di essi rimane oggi. Un’operazione piacevole che pecca un po’ di eccessivo ricamo linguistico quando sottende a tematiche che avrebbero trovato forse una miglior collocazione in testi di tipo lineare e narrativo. (Davide Valecchi)

Biografia
Annarita Zacchi dice di sé: «Sono nata a Castelnuovo di Garfagnana, vivo e lavoro a Firenze, dove insegno italiano e tengo laboratori di scrittura a stranieri. Mi sono laureata in Filosofia ed ho un Master di Lingua Italiana a Stranieri. Di una mia raccolta poetica abbiamo realizzato con Leonardo Gandi una lettura scenica, Lavoro e antilavoro. Sogno dell’insegnante errante, replicata più volte a Firenze e a Pieve di Compito, Lucca. Miei testi si trovano in alcuni volumi collettivi, tra cui Varianti urbane. Mappa poetica di Firenze e dintorni, Damocle editore. Partecipo a laboratori e Festival per promuovere la poesia e la lettura. Ho vinto due premi di scrittura, uno nazionale per poesia inedita a Jesi nel 2005.



La Vocazione della Balena di Claudio Pagelli (Rovello Porro, CO)

And that is Jacob’s ladder  (Jack Hirschman)

Il fischiare è questo voler ammutire i cani (Luigi Di Ruscio)

Ormai è un furto ogni prospettiva di fuga (Simone Cattaneo)


 DON CHISCIOTTE ALL’INFERNO

tatuaggi”

per un filo sbilenco d'inchiostro
s'insegna l'antica disciplina -
una benda di sassi agli occhi,
in gola la pietra più nera.
è nel buio, si dice, che s'affilano
i ferri del sangue, che s'impara
il mestiere feroce dell'inganno.
eppure la luce persiste scaltra,
mondo dopo mondo,
a tatuare di stelle la schiena della notte...



call center”

ora che tutto riparte
in questa selva lampeggiante di voci,
le cuffie come meduse leggere
sulla teste degli operatori
e le bocche tritate di parole, promesse d'occasioni nel mercato virtuale,
l'abbonamento migliore alla novità in visione -
l'estrema spremitura della buona volontà...


gli schiavi”

sette contatti utili l'ora, mi raccomando,
che il cliente va soddisfatto ad ogni costo,
soprattutto contratti - da bravi -  anche slogando un poco gli arti,
che senza fatica la lingua non trotta il mercato non tira
e non per cattiveria ma per nesso causale -
sapete, la tediosa legge per cui ad ogni causa
seguirebbe scaltro un effetto....
noi certo ci troveremmo culo all'aria
e voi schiavi bradi senza neanche un padrone a cui leccarlo…

Giudizio
Ci sono un paio di versi, forse quattro, che dicono tutto e di più, nonostante il resto della raccolta sia perfettamente dosato e necessario alla comprensione ampia, totale: “l’umana commedia che riapre il sipario”, “è così che si va, nel viaggio dritto alla Bovisa / come il plancton in bocca alla balena...”, “e come pesci non si domanda, / s’entra a branchi involontari”. Quel titolo che inserisce un’opzione di significato, in realtà, è così familiare al/col mondo che, in chiusa, diventa tutto questo e il suo contrario: la “vocazione della Balena” (che ingloba) ricomprende anche la vocazione propria delle cose che entrano (secondo la loro azione) dentro di lei, a volte inconsapevolmente, a volte con coscienza arresa, a volte con lucida previsione degli effetti. Buoni gli slanci meno controllati, quelle ispirazioni che danno aria al contesto a volte attestato su premesse sin troppo chiare e incontrovertibili. Bello quel “qualche lisca di sogno” (non a caso messo alla fine), sebbene tenga a denunciare il suo sapore di involontaria “sbandata”. (AnnaRuotolo)

Biografia
Claudio Pagelli nasce a Como nel 1975. Pubblica alcuni libri di poesia ("L'incerta specie" con LietoColle, "Le Visioni del Trifoglio" con Manni, "Papez" con L'Arcolaio). Premiato e segnalato in una cinquantina di concorsi letterari di interesse nazionale. Dal 2004 è Presidente dell'Associazione Culturale Helianto (www.helianto.it). Altre info:  www.claudiopagelli.weebly.com


Torpore di Martino Feyles (Roma)

I sapienti che parlano al plurale
spiegano l’uomo con una teoria
e mettono in scatola il reale;
ma la pietà non sanno cosa sia.
Sono falsi, una razza maledetta!
chi crede in loro è solo e dispera
La Pietà è l’unica parola vera
che sia mai stata detta
Gli uomini per bene hanno paura
di guardare in faccia il dolore,
la distrazione è cieca e rassicura
sembra rendere il male minore
Ma questa miseria è familiare
come la compagna di una vita
ed inevitabilmente riappare,
inattesa perché a lungo sopita
Prima che la maschera dell’orgoglio
sia calata sugli affanni del viso
dissimulando dietro a un imbroglio
la paura e un rammarico impreciso
Prima che la vita di società
restituisca ad ognuno il suo ruolo
e di conseguenza la dignità
lasciando ogni attore da solo
Prima che la vanità tiri a lucido
l’argenteria dei sorrisi splendenti
inghiottendo un conato di acido
che dallo stomaco sale tra i denti
Prima che l’ideologia personale
che misconosce le più gravi offese
e che giustifica il proprio male
abbia ricostruito la sue difese
c’è un attimo, un breve momento
in cui l’io più vero prende coscienza
di sé stesso e della sua esistenza:
sbalordito, in silenzio, sgomento
È allora che di nuovo si sente
sepolta nelle proprie interiora
una voce flebile ma insistente
che senza sosta implora

Ore 8:00. Di nuovo nel traffico
Grigio come l’asfalto il mattino
risveglia dentro a stanche giornate
la cadenza delle solite angosce
Vedi? Guarda fuori dal finestrino:
questa gente ha delle povere mete
e aspirazioni. Eppure non riesce
Quell’uomo che s’aggiusta la cravatta
è sempre preciso e puntuale
ma in ufficio nessuno l’aspetta
e se non andasse sarebbe uguale.
Quella donna, lì dietro, che si trucca
si è messa addosso troppo rossetto
e nervosamente arriccia la bocca
davanti allo specchietto
Guarda fuori durante il cammino
Guarda gli uomini e il loro destino
Questa strada intasata si gonfia
come un’arteria ostruita
e accumula l’ansia
di ogni destinazione impedita



Giudizio
La raccolta è la fotografia della società di oggi: inquieta, malata, disorientata, ansiosa, diffidente, multietinica. Vengono colti con piacevole ironia i vari momenti di vita: in casa, nel traffico, in ascensore, sulla metropolitana, sul treno, per strada. Vengono presentati in rima: la solitudine della vedova, la stanchezza abitudinaria dell’adolescente, i volti muti di uomini come fantasmi, con sguardi che fissano il vuoto, la ressa degli immigrati e delle badanti, le urla di un folle, dall’aspetto elegante. C’è una carrellata di uomini così vicini e così estranei / compagni momentanei di un muto tragitto. I saltelli spensierati ed incoscienti di un bimbo danno un po’ di euforia, che viene subito repressa alla vista di un mendicante seduto su un cartone. (Teresa Armenti)


Biografia
Martino Feyles è nato a Torino, il 10/07/1981 e risiede a Roma, ha studiato filosofia presso l’università di Roma La Sapienza e si è laureato in Estetica con 110 e lode nel 2006. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Filosofia e Studi Teorico Critici presso l’università degli studi di Cassino nel 2010. Durante il dottorato ha studiato a Parigi presso l’École des hautes études en sciences sociales (E.H.E.S.S.). Nel 2007 ha vinto la borsa di studio del CUC, Centro universitario cattolico. A partire dal 2008 collabora con la cattedra di Estetica dell’università di Roma La Sapienza. Attualmente è professore incaricato di Filosofia della Religione presso L’Istituto teologico San Pietro di Viterbo. Ha pubblicato diversi articoli scientifici di filosofia in riviste italiane e internazionali e ha curato il volume Memoria, immaginazione e tecnica (Neu, Roma 2010). È autore di due studi monografici di filosofia: Studi per la fenomenologia della memoria (Franco Angeli, Roma 2012) e Ipomnesi. La memoria e l’archivio (Rubettino, Soveria Mannelli 2013, in corso di stampa). È giornalista pubblicista e attualmente è responsabile di redazione del magazine mensile Laurentum.